Reputazione digitale

Siamo tutti schedabili online: il caso World Check



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Considerato che la reputazione, e i rapporti fiduciari che ne conseguono, sono alla base delle relazioni economiche, bisognerebbe rendere questo processo, ovvero la sua misurazione, quanto mai più trasparente, solido, veloce ed economico. Le tecnologie possono aiutare?

Pubblicato il 29 set 2023

Giovanni Vaia

Università Ca' Foscari Venezia



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Negli ultimi anni, per quanto il tema della reputazione personale sui canali digitali abbia interessato, a livello internazionale, testate giornalistiche, periodici di settore, lavori accademici, non si è mai consolidato un pensiero e un approccio determinato alla tutela della reputazione di ognuno di noi.

Reputazione digitale: il caso World-Check

Era il lontano 2017 quando sul quotidiano La Repubblica veniva pubblicata un’intervista al garante della privacy – Antonello Soro – riguardo un incontro delle autorità garanti dei paesi europei sull’attività di intelligence dell’azienda World-Check. Dall’incontro emerse che esistevano tre istruttorie aperte su questa banca dati: una in Inghilterra, una in Belgio e la terza in Italia. Nel 2017, l’inchiesta di Repubblica aveva rilevato la schedatura completa di soggetti politici e non come l’intera famiglia di Beppe Grillo a quella di Matteo Renzi (inclusa la bambina piccola), o attivisti politici come i NoTav o individui innocenti, che nove anni prima erano stati scagionati da accuse di terrorismo.

In quegli anni, la Banca d’Italia aveva reso noto un boom di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette a rischio di riciclaggio e terrorismo, oltre le 100mila unità, molte delle quali forse facevano affidamento su un database come World-Check.

Nel mentre, World-Check (attualmente il leader di mercato) e nuove iniziative private hanno continuato a raccogliere dati sulle persone creando dei veri e propri indici reputazionali.

Cos’è World-Check

La World-Check, ad esempio, è la più grande banca dati del mondo, contenente informazioni confidenziali di più di due milioni di persone (fisiche e giuridiche). Nasce, agli inizi del 2000, come strumento di risk intelligence, soprattutto utilizzato dalle banche, per prevenire rischi finanziari su movimenti di denaro legati al terrorismo islamico. Nel 2011 viene acquisita da Thomas Reuters, società leader nell’informazione finanziaria, è divenuta il principale fornitore di due diligence in termini di Know Your Customer e Politically Exposed Persons.

Banche, istituti finanziari creditizi e assicurativi, grandi corporations acquisiscono ogni giorno servizi di schedatura per attingere informazioni sulle persone, per vagliare la loro solvibilità finanziaria e per comprendere se tali soggetti siano legati a terrorismo, narcotraffico, riciclaggio di denaro, traffico di armi e di esseri umani, e così via.

Le informazioni contenute nel database World Check, dunque, costituiscono la base per calcolare il rischio nelle relazioni commerciali ed imprenditoriali, calcolo che parte dal dato meramente finanziario per sconfinare poi in un vero e proprio report globale sul soggetto richiedente.

Come funziona il rating

Il rating è generato attraverso lo scanning di diverse fonti di dati e notizie, classifica i soggetti per profili, in base ad eventuali categorie di reato, e inserisce i profili in determinate liste. Viene, quindi, a creare una vera e propria “anagrafica”, una scheda personale o aziendale, che contiene numerosissimi dati, al cui interno è possibile ritrovare le seguenti voci: categoria, sottocategoria, data di creazione, numero di previdenza sociale, nome, cognome, alias, appellativi, alias alternativi, data di nascita, certificato di decesso, ulteriori informazioni, passaporto, carta d’identità, numeri di società, riferimenti di fonte, cittadinanza.

Tale strumento risulta essere virtuoso se utilizzato in termini di compliancee nei confini delle leggi e regolamenti. Tuttavia, il vero problema risiede nelle fonti sulla cui base sono create le liste e gli indici.

Da dove arrivano i dati

I dati vengono estrapolati da oltre 100.000 fonti pubbliche e vengono inseriti nel database centrale, successivamente vengono analizzati e catalogati i cosiddetti “dati di pubblico dominio”, vale a dire informazioni personali disponibili al pubblico, in genere le informazioni presenti Internet. Questi dati provengono da fonti pubbliche quali Tribunali, Questure, Dipartimenti di Pubblica Sicurezza, ma anche da giornali, media e da una semplice ricerca su Google.

A titolo esemplificativo, si pensi ad un articolo di giornale che riporta la notizia riguardante il rinvio giudizio di un soggetto: tale news rappresenta la base per l’inserimento nella schedatura di massa e per la creazione di un apposito dossier reputazionale (su oltre 540 liste di sanzioni governative e report giornalistici su oltre 240 paesi).

Siamo tutti a rischio schedatura

L’inserimento nel database World-Check avviene in maniera del tutto indiscriminata, posto che chi entra a far parte della lista non riceve alcuna comunicazione a riguardo, con la conseguenza che l’ignaro “schedato” potrebbe non venire mai a conoscenza di far parte della lista di riferimento e che i suoi dati personali (ivi compresi quelli bancari e giudiziari) vengono segretamente trattati da soggetti terzi senza il consenso del diretto interessato ed a fini di lucro. Se alcune fonti consultate sono di assoluta affidabilità, e quindi non v’è ragione di dubitare, altre sono liberamente tratte dalla rete, caratterizzate da un incontrovertibile carattere di genericità, e spesso non aggiornate.

World-Check è che un database completamente confidenziale: chi lo usa non va in giro a dirlo. E chi ci finisce dentro spesso non lo sa e non lo scopre se non quando è troppo tardi, perché magari il conto in banca gli è stato già chiuso sulla base di informazioni che, in alcuni casi, non sono aggiornate e quindi affidabili, e a volte sono completamente arbitrarie. Questo servizio viene utilizzato da più di 300 agenzie governative e di intelligence, 49 delle 50 più grandi banche al mondo, agenzie di reclutamento e nove tra i dieci studi legali che operano a livello globale.

Nessuno vigila sugli indici reputazionali

Oggi i sistemi di determinazione degli indici reputazionali e gli algoritmi sottostanti al loro calcolo sono pressoché ignoti e non sono controllati da nessun organismo indipendente.

Il sito ReputationUP nel rapporto “World Check Risk Intelligence: La Guida Definitiva” afferma che spesso i dati raccolti nella determinazione degli indici si basano su notizie vecchie, obsolete, lesive, diffamanti e contrarie al principio del GDPR in Europa e al suo equivalente statunitense.

Negli ultimi anni una serie di importanti associazioni non profit britanniche, come la Cordoba Foundation, Cage e il Palestine Solidarity Campaign (PSC), si sono viste inspiegabilmente congelare i propri conti bancari, senza nessuna spiegazione (i loro nomi figurano all’interno del DB di World-Check). World-Check etichetta con un passamontagna rosso persone e organizzazioni, designandole come terroriste, a loro giudizio e senza contraddittorio.

“Le ripercussioni della caratterizzazione di un individuo o di un’organizzazione come terrorista sono serie, pregiudizievoli e punitive per una serie di individui, molti dei quali non sapevano di essere stati schedati da World-Check,” ha affermato a VICE News Ravi Naik, a capo del dipartimento di diritto pubblico all’ufficio legale londinese ITN.

I rischi dell’ingegneria reputazionale

In un’epoca più interessata all’apparire, alla presenza in rete, che considera i fatti della vita non comunicati in rete come mai accaduti, sembra poco interessante rimette al centro il valore più vero dei fatti comprovabili in un mondo che sempre più naviga in preda a voci, dicerie, notizie non verificate prese da Internet. Questa deriva sembra però pericolosa perché sta alimentando la cosiddetta “ingegneria reputazionale”, ovvero reputazioni false, gonfiate o depresse ad arte, su misura e su ordinazione, per finalità illecite, che dà luogo al pericoloso fenomeno del “riciclaggio identitario”, dove le identità reali sono del tutto svincolate dalle identità digitali.

Esemplare il caso delle attività di selezione del personale dove i recruiter scartano i candidati dopo aver controllato i loro social, in quanto non è agevole ed economica la ricerca della incontrovertibile reputazione (digitalizzata, documentata e tracciabile). Oggi basta un bel sito web o una serie di recensioni positive (spesso anonime, alimentate da un mercato illegale) per dimostrare la propria onestà, abilità, competenze e meriti che possiamo riassumere in termini come credibilità, affidabilità, professionalità e, infine, reputazione da cui discendono, generando a cascata fiducia e rapporti di agenzia.

Il valore della reputazione

L’economista George Stigler afferma che la reputazione denota la “persistenza delle qualità” e ha un valore in quanto economizza sulla correlata ricerca, nel senso che si può prescindere da una ricerca – e dai suoi costi – se la reputazione del soggetto ricercato è incontrovertibile. Considerato che la reputazione, e i rapporti fiduciari che ne conseguono, sono alla base delle relazioni economiche, bisognerebbe rendere questo processo, ovvero la sua misurazione, quanto mai più trasparente, solido, veloce ed economico.

Possono le nuove tecnologia digitali offrire delle soluzioni in questo senso? Sicuramente, ma sarà necessario determinare degli algoritmi adattivi nel tempo in modo che siano sensibili alle variazioni delle fenomenologie dei fatti riscontrati. Applicando tecniche di AI ed osservando l’intero cosmo di fatti descritti dalla popolazione “misurata” potranno essere conseguiti i seguenti obiettivi guida: identificare in automatico i pesi da adeguare in virtù di una aumentata presenza nei Rating valutati; generare proposte di modifica dei pesi per una valutazione più uniforme ed equa, ad esempio a livello di valutazioni culturali per paesi differenti.

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