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Riparte la formazione nella PA, Mochi: “Ecco i passaggi chiave per le competenze digitali”

In questo momento i fondi per aumentare la capacità amministrativa della PA e per far crescere professionalmente le persone che in essa operano ci sono. Solo il PNRR, per l’investimento “competenze e capacità amministrativa” mette a disposizione 489.9 milioni di euro. Il momento di passare all’azione è ora

Pubblicato il 29 Nov 2021

ITS - fondo repubblica digitale

Lo scorso 22 novembre il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha annunciato, sul magazine “Free news Online” la partenza di un grande piano formativo per i dipendenti pubblici. Si tratta di un piano per rafforzare le conoscenze e le competenze dei 3,2 milioni di dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

“Un’enorme ricarica delle batterie finalizzata a riqualificare il capitale umano pubblico e a migliorare la qualità dei servizi a cittadini e imprese” come ha detto il Ministro che ha anche dichiarato che “…a dicembre lanceremo una campagna di comunicazione perché tutti i dipendenti pubblici siano informati delle opportunità di formazione, che potranno valutare in base alle loro esigenze di lavoro, di carriera e di reddito. L’investimento formativo sarà premiato. Nei contratti di lavoro, vicini al rinnovo, sarà previsto un legame diretto tra formazione, produttività e dinamiche retributive. Torniamo a investire sui “volti della Repubblica”, come li ha definiti il presidente Mattarella. La Pubblica amministrazione riparte dalle persone”.

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Formazione PA, un percorso virtuoso a partire dalle esperienze fatte

La prima reazione a questo annuncio non può che essere di soddisfazione. Come molte volte abbiamo messo in evidenza (ad esempio nella nostra ricerca annuale sul pubblico impiego) i dipendenti pubblici sono pochi, troppo anziani e poco formati, con un investimento in formazione che è un decimo di quello che già nel 2001 era stato promesso, ossia l’1% del monte salariale.
Bene quindi ripartire con una formazione che sia estesa ad una larga maggioranza delle donne e degli uomini che lavorano nelle amministrazioni. Ed è bene che questa riguardi le competenze di base che servono a vincere le principali sfide che ci troviamo davanti: la transizione ecologica e quella digitale, che devono essere sorrette da una “transizione amministrativa” che adegui le tante e diverse unità operative della PA alle esigenze di questo complesso, ma decisivo periodo della nostra storia.

In questo contesto evolutivo e dinamico credo che possa essere utile partire dalle esperienze fatte e cercare, attraverso queste, di immaginare un percorso virtuoso per un piano formativo veramente utile ed innovativo nel campo delle competenze digitali di base che, pur non coprendo ovviamente tutte le esigenze formative della PA, costituiscono molto spesso un prerequisito per poter essere parte attiva e consapevole del lavoro pubblico.

Noi di FPA abbiamo, in questi ultimi mesi, portato in formazione, con la nostra FPA Digital School e attraverso la disponibilità di oltre 800 learning object, centrati soprattutto sulle competenze digitali di base, ma anche sulle cosiddette soft skills, oltre trentacinquemila dipendenti pubblici e abbiamo consegnato oltre quattrocentomila “open badge” che attestano, dopo altrettanti test di verifica, l’acquisizione di una specifica competenza. Questi numeri, assieme all’interlocuzione costante con decine di amministrazioni committenti, da Roma Capitale alle regioni Lazio ed Emilia-Romagna; dalle città di Firenze, Bologna, Parma, Verona, Ferrara a grandi Enti come INAIL e ISTAT, ci hanno permesso di mettere in evidenza alcuni fattori critici di successo che vorremmo portare all’attenzione di tutti gli attori, e anche del Governo, come lezioni apprese, speriamo utili per questa importante ripresa dell’iniziativa pubblica.

Uniformare la formazione attraverso il Syllabus

Parlare di competenze digitali di base apre un insieme talmente vasto di temi, di aree e di obiettivi che è quantomai necessario fare ordine per ottenere due risultati indispensabili: uniformare la formazione verso l’acquisizione di competenze precise e definite, e, nello stesso tempo, dotarsi di uno schema su cui valutare i risultati raggiunti e verificarne in modo estensivo e replicabile gli impatti sulle organizzazioni. Per fortuna lo strumento adeguato esiste ed è stato elaborato proprio dal Dipartimento della Funzione Pubblica, che è l’amministrazione responsabile di questa politica così importante. Si tratta del Syllabus “Competenze digitali per la PA” che è il documento che descrive l’insieme minimo delle conoscenze e abilità che ogni dipendente pubblico, non specialista IT, dovrebbe possedere per partecipare attivamente alla trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Organizzato in cinque aree tematiche e tre livelli di padronanza il Syllabus rappresenta lo strumento di riferimento sia per l’attività di autoverifica delle competenze digitali che per la definizione di corsi volti a indirizzare i fabbisogni formativi rilevati.

Syllabus “Competenze digitali per la PA”: cos’è cambiato nella versione 1.1

Noi che abbiamo indirizzato tutta la nostra attività formativa in questo campo basandoci su questo strumento possiamo dire che non solo funziona, ma costituisce un indispensabile framework di riferimento, molto concreto, per non perdersi nei meandri di una materia potenzialmente infinita.

Inquadrare la formazione in un percorso sistemico di valorizzazione delle persone

Qualsiasi processo di formazione, a meno che non sia un banale addestramento per compiere gesti o per rispondere ad adempimenti rigidi, costituisce un percorso di crescita e di arricchimento dei lavoratori. La nostra esperienza ci porta a dire quindi che è necessario che anche la formazione per le competenze digitali sia inserita in un piano integrato e sistemico di valorizzazione delle cosiddette “risorse umane” che io preferisco chiamare semplicemente persone. Questa constatazione ci porta a guardare con una certa diffidenza processi esclusivamente top-down e invece a ricercare invece un percorso circolare che, partendo da un impulso “politico”, come quello che ha annunciato il ministro Brunetta, entri poi nel vivo di ogni organizzazione creando una volontà condivisa che deve allargarsi a diverse aree dell’amministrazione, rompendo così qualche silos, anche consolidato.

La proposta di una formazione a “pensare digitale” non può che vedere infatti insieme la direzione apicale dell’ente, che sia consapevole dell’approccio strategico alla trasformazione digitale, ma anche l’ufficio del responsabile di questa trasformazione e l’ufficio del personale, responsabile appunto di far crescere le persone che nell’ente lavorano.

Promuovere il dialogo e la collaborazione tra le amministrazioni

Nessuna amministrazione è una monade che si possa permettere di cercare l’innovazione da sola, indipendentemente dalle altre. La nostra esperienza di “costruttori di tavoli d’incontro” ci convince sempre di più che questa vada perseguita insieme. In questo senso ci pare particolarmente utile l’indicazione contenuta nella prima missione del PNRR quando parla appunto dell’investimento in “Competenze e capacità amministrativa” (è quello contrassegnato come M1C1-2.3 per chi ha familiarità con l’indice del Piano). Dice questo paragrafo che: “sono introdotte ‘comunità di competenze’ (Community of Practice) per sviluppare e contaminare best practice all’interno della PA (ad esempio, manager della trasformazione digitale o della transizione green). L’ambizione è di attivare circa 20 di queste community tematiche (ad es. su human capital, digital transformation , green transformation, ecc.), trasversali alle amministrazioni. I manager coinvolti (circa 100- 150 per ogni community) saranno supportati nell’implementare progetti innovativi all’interno delle proprie amministrazioni. A tali azioni si aggiunge inoltre la possibilità data alle principali amministrazioni di usufruire di voucher formativi per completare il retraining del personale alla luce delle nuove esigenze organizzative e funzionali.”

Ogni volta che abbiamo messo intorno ad un tavolo i vertici di amministrazioni anche diverse (come, ad esempio, nel nostro ultimo confronto sulle città digitali) sono nate sinergie, idee innovative, proposte concrete di alleanze, segnalazioni di buone pratiche, ma anche di errori da evitare. La formazione alle competenze digitali deve essere quindi un tema di collaborazione, anche usando intelligentemente gli ambienti collaborativi di cui molte amministrazioni si sono già dotate.

Assistere ed accompagnare i discenti, perché non sono numeri, ma persone

In tutte le attività formative non possiamo dimenticare, anche quando parliamo, fortunatamente, di centinaia di migliaia di soggetti coinvolti, che i discenti non sono numeri, ma sono persone. È quindi fondamentale curare anche la motivazione dei dipendenti inseriti in formazione, e, da questo punto di vista, è essenziale che i piani formativi, anche se massivi e basati su contenuti standard, tengano in alta considerazione «la persona» , che stiamo formando. Da questa considerazione deriva la necessità che, anche se il processo e la formazione sarà obbligatoriamente interamente o prevalentemente online, debba esistere la possibilità di assistere, con un help desk sempre attivo, le amministrazioni ed addirittura in alcuni casi i singoli dipendenti, che incontrassero le maggiori difficoltà.

Per una efficace motivazione sarà anche importante che la dirigenza e l’ufficio del personale siano parte attiva, da una parte garantendo ai discenti, come anche dichiarato dal Ministro, un legame diretto tra formazione, produttività e dinamiche retributive; dall’altra valutando l’impatto della formazione e quindi valorizzando i progressi ottenuti dal singolo e dall’organizzazione nel complesso.

Insomma, anche in questo caso si tratta di uscire dalla logica dell’adempimento che troppo spesso ha mortificato qualsiasi innovazione ed entrare, invece, nella vita vera delle persone e delle amministrazioni, cambiandone i comportamenti.

Tutto questo non può essere gratis

Troppo spesso, come mi è più volte capitato di denunciare, la frasetta in fondo a un provvedimento legislativo che indicava l’invarianza di risorse, ossia che ci si proponeva d’innovare senza investire, ha tarpato politiche anche potenzialmente eccellenti. Una buona formazione costa: costa progettarla, costa realizzarla, costa promuoverla e tanto più cercheremo i migliori progettisti, i migliori docenti, le migliori e più moderne tecniche didattiche, tanto più richiederà investimenti adeguati.

Per fortuna in questo momento i fondi per aumentare la capacità amministrativa della PA e per far crescere professionalmente le persone che in essa operano ci sono.

Dal sito Italiadomani.gov.it scopriamo che solo il PNRR, per l’investimento “competenze e capacità amministrativa” mette a disposizione 489.9 milioni a cui vanno aggiunti i fondi della programmazione europea, inoltre la legge di bilancio stanzia un fondo proprio per la formazione die dipendenti pubblici con una dotazione iniziale per il 2022 di 50 milioni. Non sembra che ci siano quindi problemi di risorse, ma neanche dubbi su quel che serve.

È ora di passare velocemente all’azione aggregando su questo progetto gli attori pubblici e privati più competenti e in grado di essere immediatamente operativi.

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