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Credito d’imposta per sanificazioni, cala l’aliquota: che beffa, ecco perché

Dall’ultima comunicazione dell’Agenzia delle entrate emerge che il rapporto tra richieste e disponibilità è di 6 a 1. Entro il 7 settembre 2020 sono arrivate richieste per 1.278.578.142 euro, il limite massimo di spesa fissato dalla legge in 200 milioni di euro

Pubblicato il 01 Ott 2020

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista

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Il Decreto Rilancio all’articolo 125 aveva preannunciato la misura del credito d’imposta al 60% per chi ha svolto sanificazioni o ha acquistato DPI. Ora però l’Agenzia delle entrate ha reso nota la reale percentuale: 9%. Il dato è emerso rapportando il numero di richieste al tetto di spesa massimo previsto dalla legge. Vediamo cos’è successo e cosa si prospetta ora per i contribuenti.

La comunicazione dell’Agenzia delle entrate

Con comunicato dell’11 settembre l’Agenzia delle Entrate ha reso nota la percentuale che permette di calcolare l’importo spettante ad ogni richiedente il credito d’imposta “sanificazione” previsto dall’articolo 125 del D.L. 34/2020. La misura del credito effettivamente utilizzabile è pari al 15,6423 per cento del credito richiesto. Questa percentuale è il risultato del rapporto tra gli importi richiesti dai contribuenti entro il 7 settembre 2020, pari a 1.278.578.142 euro, ed il limite massimo di spesa fissato dalla legge in 200 milioni di euro. Ciò vuol dire che il rapporto tra richieste e disponibilità è di 6 a 1.

Quando lo scostamento tra previsione di spesa e consuntivo è di qualche punto percentuale, non ritengo possano essere mosse obiezioni da parte dei potenziali aventi diritto: nessuno ha poteri divinatori. Ma quando si assiste, come in questo caso, ad una falcidia che di fatto ha trasformato l’agevolazione in una beffa ritengo sia doveroso fare qualche considerazione e porsi il problema di come aggiustare il tiro. Ho l’impressione che assisteremo – mutatis mutandis– ad una sorte analoga al c.d. bonus bici. Già nel solo primo mese di lockdown sono state vendute 540.000 bici[1] e le somme attualmente stanziate consentono la copertura di circa 400.000 richieste.

Vero è che la situazione di emergenza che si è venuta a creare non ha precedenti, quindi era molto difficile poter fare previsioni, però c’è anche da dire che questo modo di procedere lede nella sostanza il principio di affidamento e della buona fede che deve assistere i rapporti tra Stato e Cittadino. È palpabile un giustificato malcontento e un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni, che dovrebbe essere evitato soprattutto in momenti in cui l’obiettivo principale dello Stato dovrebbe essere quello di serrare le fila e mostrare con i fatti la effettiva vicinanza ai problemi dei cittadini.

Perché “finiscono i soldi”

La esigenza di copertura della spesa pubblica trova il suo fondamento nell’articolo 81 della costituzione Italiana, che statuisce tre principi. Il primo prevede che Lo Stato deve assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il secondo prevede che il ricorso all’indebitamento è consentito solo alfine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Il terzo impone che ogni legge da cui scaturiscano nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

La previsione di spesa deve essere motivata

Per evitare che le previsioni siano fatte in maniera poco accorta, la legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), in attuazione dell’articolo 81 della Costituzione, disciplina, all’articolo 17, gli strumenti e le modalità per la corretta determinazione degli oneri e dei relativi mezzi di copertura, affidata ad una relazione tecnica predisposta dal Governo e sottoposta a verifica da parte dei competenti organi parlamentari. La relazione tecnica indica non solo le quantificazioni e le coperture delle norme da esaminare, ma anche i dati ed i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni altro elemento utile per consentire una verifica tecnica delle quantificazioni, da svolgere in sede parlamentare.

Nel caso del credito d’imposta “sanificazione”, la relazione governativa si è limitata ad illustrare le finalità della Legge ma non ha specificato nulla riguardo al modo con cui sono stati determinati i fabbisogni, per cui non è dato sapere con quale criterio siano state effettuate le stime che hanno determinato la previsione di spesa – drammaticamente insufficiente – in 200 milioni di Euro.

Il caso del credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro

Con atto Prot. n. 259854/2020 del 10 luglio 2020, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha definito i criteri e le modalità di “… applicazione e fruizione dei crediti d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e per la sanificazione e l’acquisto dei dispositivi di protezione, di cui agli articoli 120 e 125 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34”, specificando, al punto 1.1 lettera a), che per quanto riguarda il credito di imposta ex art. 120 il provvedimento era finalizzato al “monitoraggio delle relative fruizioni, secondo quanto previsto dall’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, e alla lettera b) che la finalità del provvedimento è la verifica del “rispetto del limite di spesa stabilito dal comma 1 del medesimo articolo 125”. A sua volta, il comma 13 dell’articolo 17 della Legge 196/2009 prevede che “Il Ministro dell’economia e delle finanze, allorché riscontri che l’attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri, fermo restando quanto disposto in materia di personale dall’articolo 61 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

Il quadro delineato sembra pertanto poter concludere che ai due crediti di imposta siano state attribuiti di fatto pesi diversi. Infatti, mentre per il credito d’imposta ex art. 120 il compito dell’Agenzia delle Entrate è monitorare costantemente le fruizioni, per evitare che l’attuazione della legge (e del relativo limite di spesa) possa recare pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, e poter quindi indurre il Governo ad assumere le iniziative legislative necessarie, per quanto riguarda il Credito d’imposta ex art.125, il punto 5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prevede che “Ai fini del rispetto del limite di spesa, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta richiesto moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro l’11 settembre 2020. Detta percentuale è ottenuta rapportando il limite complessivo di spesa, di cui all’articolo 125, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020, all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti. Nel caso in cui l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti risulti inferiore al limite di spesa, la percentuale è pari al 100 per cento”. Ciò è avvenuto col comunicato stampa dell11 settembre scorso di cui si è detto in premessa, che nella sostanza è stata una doccia fredda per tutti coloro che nutrivano legittime aspettative al riconoscimento del credito.

Il credito per il bonus bici

A partire dal 4 novembre prossimo potranno essere inoltrate telematicamente le istanze per la richiesta del bonus previa registrazione ed identificazione sul sito del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’attribuzione del bonus mobilità avverrà secondo l’ordine di arrivo delle istanze e fino ad esaurimento delle risorse disponibili, per cui è certo che ci sarà un accesso contestuale di centinaia migliaia di cittadini, circostanza che, oltre a creare problemi di gestione del sito, determinerà l’esaurimento delle risorse nell’arco di qualche minuto, considerato che le somme stanziate sono di gran lunga inferiori a quelle previste. Infatti, pur essendo stata la dotazione, inizialmente di 120 milioni di Euro, incrementata a 190 milioni di Euro, lo stanziamento coprirebbe circa 380 mila acquisti (considerati nell’importo massimo di 500 euro di contributo ciascuno). Preso atto che nel primo mese di lock down sono state vendute 540 mila bici (fonte Confindustria ANEMA) e che gli acquisti sono proseguiti anche dopo a ritmi sostenuti, non è difficile prevedere che le risorse saranno largamente insufficienti

Conclusione

La normativa che abbiamo sopra citato è chiara, nel senso che prevede uno stanziamento di fondi, naturalmente limitati, ma il cittadino comune mortale, che generalmente non legge le norme né tantomeno è un esperto del diritto, non potrebbe mai comprendere se lo stanziamento sia o meno sufficiente a coprire anche il suo acquisto. Se si aggiunge che i mezzi di comunicazione e i venditori dei beni/servizi “agevolati” hanno (direi anche legittimamente) enfatizzato la possibilità di avvalersi del credito d’imposta, si è di fatto generato un “vizio della volontà”: chi ha effettuato la spesa ha adottato la sua decisione ragionevolmente certo della esistenza del beneficio. Chi venisse – legittimamente per quanto sopra detto – escluso dalla fruizione del beneficio, nella migliore delle ipotesi resterebbe deluso, amareggiato, a maggior ragione quando ciò accade in un momento di scarsezza delle risorse finanziarie. Queste amare considerazioni portano ad esprimere un giudizio decisamente negativo sulla tecnica normativa ed attuativa utilizzata per la regolamentazione dei crediti d’imposta, perché:

  • la certezza del diritto esige che chi effettua un acquisto – sia esso cittadino comune o imprenditore – abbia il diritto di sapere se e in che misura lo Stato interverrà con un contributo. Questo principio vale a maggior ragione, per gli imprenditori che sono chiamati quotidianamente ad assumere decisioni, la cui sommatoria rappresenta le fondamenta della nostra economia; non sarebbero prudenti amministratori se spendessero soldi al buio, senza sapere se e in che misura una determinata spesa sarà co-finanziata dallo stato. Quando ciò non fosse possibile, l’analisi preventiva imposta dalla costituzione dovrebbe seriamente fornire la probabilità di copertura della spesa e dovrebbe essere resa nota in maniera adeguata, in modo da non di illudere gli imprenditori con l’annuncio di un contributo del 60% che poi si riduce a meno del 10% (vedi art. 125 sanificazione).
  • il c.d. click day è uno strumento perverso, che privilegia coloro che hanno dimestichezza con i sistemi informatici e che possono fruire di reti e mezzi più veloci, a scapito di chi si trova in contesti geografici in cui le infrastrutture sono meno performanti. Il diritto alla fruizione si gioca nell’ambito di qualche centesimo di secondo, che determina il momento di ricezione delle istanze, una norma che concede un premio a chi ha un riflesso più pronto di un altro farebbe rivoltare nella tomba i nostri antenati che hanno scritto la Costituzione;
  • non resta come alternativa che il riparto delle risorse, ma questa tecnica richiede a priori una analisi tecnica – tra l’altro normativamente prevista – idonea a coprire i fabbisogni e, quando ciò non sia possibile, una volontà politica che non permetta che qualcuno resti fuori, prevedendo meccanismi idonei a rimpinguare i capitoli di spesa che dovessero risultare insufficienti.

Insomma, se la lotteria può essere un metodo accettabile per incentivare la emissione degli scontrini o il ricorso ai pagamenti tracciabili, non lo è per il riconoscimento dei diritti alla fruizione dei crediti di imposta.

_

Note

  1. fonte Confindustria ANEMA

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