IL RACCONTO

Falsari e documenti, una lunga storia d’amore: da Hegel all’AI, l’analisi



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I documenti vengono falsificati da sempre: con l’avvento della tecnologia, cambiano i metodi, ma ci sono tante similitudini con gli episodi del passato

Pubblicato il 22 nov 2023

Lorella Lorenzoni

esperta in accertamenti su firme grafometriche

Alessandra Panarello

Avvocata, grafologa forense, esperta in accertamenti su firme grafometriche

Bruna Pascali

Avvocata, grafologa forense, esperta in accertamenti su firme grafometriche



Risultato immagine per lente scrittura

Tra i falsi di ieri su carta e quelli di oggi digitali sussiste un indissolubile collegamento, rivelando in uno specchio deformante quanto simile sia il modus operandi del falsario nel tempo. L’epoca attuale apre le porte ad una vera propagazione del falso (fake) grazie alle tecnologie digitali e alla velocizzazione delle notizie, ma è anche grazie alla tecnologia che alcune tipologie di falsi possono essere smascherati e l’autenticità può essere dimostrata.

Tale studio si suddivide in due parti: la prima contenente un resoconto teorico dell’evoluzione del falso dal passato ad oggi, la seconda dedicata ad un approfondimento sugli aspetti tecnici nel riconoscimento dei falsi con particolare riferimento ai documenti informatici e alle firme digitali/grafometriche.

Cosa vuol dire falso oggi

In un’epoca in bilico tra reale e virtuale, nascono e si perfezionano nuove tipologie di falsi e, al contempo, si generano nuove sfide per chi cerca la verità. Attualmente, con l’avvento delle tecnologie digitali e dell’informatizzazione anche nella creazione documentale, vengono messe in atto numerose falsificazioni, spesso facilitate proprio dalla diffusione di software di rielaborazione di immagini e all’avvento dell’AI.

La casistica relativa a possibili falsificazioni riguarda molteplici tipologie di documenti; oggetto del presente studio sarà soprattutto il settore dei manoscritti e dei documenti, sia cartacei che digitali:

  • furti d’identità con accertamenti di firme
  • falsificazioni di documenti (passaporti carte d’identità)
  • clonazione di carte e bancomat
  • raggiri messi in atto con firme false realizzate da consulenti finanziari su investimenti ad alto rischio
  • falsificazione documentali di bollette che riproducono loghi e format di enti autorizzati
  • firme digitali e grafometriche
  • contraffazione di documenti digitali con alterazioni data e ora

Affrontare il tema del falso digitale presuppone un’iniziale riflessione sul concetto di falsità in quanto tale termine, per logica, presuppone come suo opposto il concetto di verità, di cui esprime la negazione[1] .Nella realtà qualsiasi prodotto “vero” può essere riprodotto illegalmente.

Intorno a tale tema si snoda nel tempo la profonda riflessione di filosofi, teologi e storici, oltre che di esperti tecnici. Riconoscere il falso significa riuscire a smascherarlo e poterlo dimostrare con prove inconfutabili, ma tale aspetto costituisce, ad oggi, una delle maggiori criticità relativamente ai documenti elettronici, in quanto spesso il falso non è riconoscibile oppure perché non è rintracciabile il documento originale.

Quello del falso e della sua riconoscibilità costituisce un tema complesso che ruota intorno alla dicotomia della contrapposizione tra abili falsari o improvvisati e grossolani falsificatori – spesso coadiuvati dalla tecnologia – e chi tenta di riconoscerli o crede erroneamente di averli riconosciuti.

Talvolta gli elementi di prova sono insufficienti a ricostruire il reale contesto di realizzazione del falso e il confine tra verità e falsità diventa solo labile e probabilistico, laddove manchi anche un unico tassello che consenta di ripercorrere l’iter della falsificazione.

Storia della falsificazione

L’uomo nei secoli ha sempre ingannato e, al contempo, si è sempre ingegnato a mascherare, interpolare, contraffare la realtà. La fenomenologia del falso, come strumento di inganno, va infatti di pari passo con la storia dell’uomo e apre un ventaglio infinito di sfumature: esistono infatti differenze tra il definire un oggetto, un documento o una fotografia come falsa o pensare che ciò che credevamo come vero è in realtà falso.

Il grande filosofo Hegel (1770-1831) nella Fenomenologia dello Spirito[2] in merito al concetto di vero e falso ci indica che tali concetti sono tra loro contrari e proprio per questo ammettono sfumature intermedie; sarebbe un errore considerare la verità come un’entità statica e rigida, bensì va considerata come dinamica e duttile, tale cioè da inglobare il falso e trascenderlo, riducendolo a suo momento.

La filosofia da sempre affronta il tema della verità: da Platone fino all’elogio della dissimulazione nel Seicento, senza dimenticare le importanti riflessioni su verità e menzogna da Macchiavelli, Torquato Accetto, Kierkegard a Sartre, ai giorni nostri.

Oggi, con la crescente diffusione delle Fakenews (o “bufale”) è nata la figura del debunker, che si occupa di verificare l’attendibilità delle fonti mettendo in dubbio la veridicità del contenuto.

Il diverso punto di vista dello storico rispetto al falso

La storia è densa di falsi smascherati dopo secoli e gli studiosi di storia, ma anche di psicologia, insegnano, a differenza dei debunker, che i falsi sono documenti di rilevante importanza per conoscere la storia; forse contribuiscono ancora di più a farla comprendere perché svelano la vera intenzione dell’uomo e suoi reali bisogni. In sintesi, dietro qualsiasi forma d’inganno si aprono strade di verità nascoste.

Il caso della donazione di Costantino

Seguendo tale prospettiva, abbiamo cercato di rendere oggettivo come tra il modus operandi dei falsi di ieri e dei falsi contemporanei via sia un solido ed intrigante filo conduttore. La donazione di Costantino, ad esempio, è un documento rivelatosi poi apocrifo e che costituisce un esempio storico di “falso” documentale sul quale la Chiesa cattolica fondò per secoli le sue pretese temporali. La falsità è stata scoperta solo nel XV secolo da Nicola Cusano e Lorenzo Valla, che mostrarono i numerosi anacronismi contenuti nel documento[3].

La rappresentazione di una realtà artefatta attraverso la creazione di una “apparenza” del vero o la alterazione di una realtà di per sé esistente costituiscono fenomeni appartenenti a tutte le culture e a tutte le ere e rispecchiano i bisogni e gli usi del periodo storico nel quale vengono realizzati.

Se è vero che l’uomo ha sempre ingannato i propri simili durante il corso della storia, va detto che anche nel mondo animale esistono meccanismi istintivi di “inganno” come ad esempio la mimetizzazione, ma è interessante riflettere sul fatto che tali strategie sono connaturate alla salvaguardia della sopravvivenza, mentre solo l’uomo è capace di falsificare con frequenza e intenzionalità.

Le intenzioni del falsario

A rendere ancora più complessa la discussione su falso e verità è che esistono scopi diversi nell’intenzione di falsificare; basti pensare ad Adolfo Kaminsky (1925-2023) il grande falsario che nella resistenza aiutò moltissimi ebrei a sfuggire alla deportazione grazie a falsificazioni di documenti perfetti ottenute attraverso studio chimico dei coloranti e della carta.

In un’intervista Kaminsky raccontò che in un’ora sapeva falsificare ben 30 passaporti. Le sue azioni illegali, infatti, non seguivano la logica del mero profitto personale, ma erano messe in moto dalla propria sensibilità verso quanti erano stati privati di diritti e libertà.

Falso e contraffazione: una sottile differenza

La creazione ad arte di qualcosa, facendola apparire come genuina, oppure l’immutazione artificiosa della realtà sono fenomeni che possono interessare qualunque aspetto della vita: si pensi alla narrazione di un fatto o alla dichiarazione di un dato inesistente, alla modificazione di uno stato di fatto, come ad esempio l’alterazione della scena di un delitto, la creazione di un documento falso (di per sè inesistente), l’alterazione di un documento vero, la contraffazione di banconote, la contraffazione di marchi, la contraffazione di opere d’arte, la falsificazione di una firma o l’uso improprio di una firma autografa.

Falso e contraffazione costituiscono le due facce di una stessa medaglia anche se, a ben vedere, diversa è la portata del loro significato: il falso indica in senso generale l’inganno finalizzato alla creazione di qualcosa di non genuino, mentre per contraffazione, si intende in modo più specifico, la volontaria riproduzione di qualcosa che appaia perfettamente “identico” al suo originale, contenendo in sé la portata del falso.

Il fenomeno della contraffazione è ampiamente diffuso, ad esempio, nel mercato della moda, dove è frequente l’utilizzo improprio di marchi e loghi apparentemente identici agli originali ma in realtà riprodotti fraudolentemente.

Il ruolo dell’AI

L’avvento dell’intelligenza artificiale e gli strumenti di riconoscimento delle immagini rivestono, in questo settore, particolare importanza, in quanto attualmente è possibile utilizzare le nuove tecnologie per smascherare i falsi ancor prima dell’immissione sul mercato, attraverso l’identificazione di discrepanze nelle immagini che riproducono i marchi o i prodotti (discrepanza in colori, etichette, caratteri).

Gli algoritmi delle intelligenze artificiali, grazie all’analisi di migliaia di esempi, possono aiutare a individuare marchi falsificati attraverso la comparazione degli elementi esteriori sia del prodotto che del marchio, fornendo un valido aiuto nella lotta alla contraffazione.

Storie di falsi

Nell’epoca attuale assistiamo ad un’esplosione di falsificazioni di documenti d’identità e passaporti e le intenzionalità di falsificazione sembrano orientarsi su altri scopi meno utilitaristici, come ha sottolineato anche l’esperto in falso documentale Davide Capsoni[4] che segnala che è sempre esistita la contraffazione di carte d’identità e passaporti e con il maggior controllo esercitato da professionisti competenti è possibile scoprire sempre più truffe che si basano su documenti falsificati. Soprattutto – sottolinea l’esperto – l’aumento dei controlli con diverse metodologie mette in luce l’ampia proliferazione del falso, e anche in Italia abbiamo un alto numero di falsificazioni di patenti e carte d’identità collegate a furti d’identità.

La falsificazione documentale

Facendo un salto nel passato ricordiamo che nel settembre 2000 vi fu lo scandalo italiano dei passaporti falsi, noto anche come Passaportopoli, un caso giudiziario che colpì il calcio italiano nel 2001 e riguardò la naturalizzazione illecita di alcuni calciatori ad opera delle società calcistiche italiane realizzata attraverso la contraffazione di passaporti appartenenti a calciatori non cittadini dell’ Unione Europea, al fine di consentire alle società calcistiche italiane il tesseramento di detti giocatori come comunitari. Si trattò di uno dei primi casi di falsificazione documentaria di rilevanza nazionale.

Recentemente il caso di Messina Denaro ha messo in luce nelle indagini l’esistenza di ben cinque documenti falsi, non solo quello di Andrea Bonafede. Sono quelli che gli investigatori hanno trovato nel luogo dove Matteo Messina Denaro ha trascorso l’ultimo periodo della sua lunghissima latitanza.

Le tecniche di indagine

Il riconoscimento del falso su carta, seppure insidioso, segue delle procedure ormai consolidate e diffuse, ben note a chi opera nei vari settori predisposti allo studio di tale fenomeno, e che si concentrano su alcuni aspetti peculiari del documento:

  • Definizione grafica dello stampato
  • Tonalità dei colori
  • Presenza di filigrane
  • Presenza di pellicole di sicurezza
  • Presenza di timbri sia a inchiostro, sia a secco

Il passaggio da cartaceo al digitale crea invece un nuovo paradigma nella creazione e riconoscimento del falso in quanto sono mutate sia le condizioni di realizzazione del documento, sia le falsificazioni che richiedono nuove competenze, da quelle informatiche a quelle digitali.

Movente e modus operandi

Prima di entrare nel merito delle possibili falsificazioni nella documentazione digitale vogliamo sottolineare che esiste un filo conduttore tra le falsificazioni del passato e quelle attuali, in quanto possiamo riscontrare suggestive e compatibili azioni nella ricerca di creare un’apparenza di verità alterando o modificando dati, immagini, contenuti, adattandoli al contesto storico anche in relazione al potenziale rischio di smascheramento.

Se è nozione comune pensare che il tempo non esiste, lo è ancora di più per i falsari; appare infatti interessante, attraverso lo studio dei falsi storici, creare un ponte di collegamento tra falsi su carta e falsi digitali ricordando, ad esempio, la figura carismatica di uno dei maggiori falsari italiani, il cd. “principe dei falsari” Alfonso Ceccarelli (1523-1583) che, lavorando in archivi e biblioteche, raccoglieva segretamente bolle, diplomi, testamenti utili per i suoi progetti falsari e disponeva di un vero e proprio laboratorio per la contraffazione dei documenti. Gli stessi “laboratori per truffa” sono stati ritrovati nelle varie abitazioni dei recenti falsari arrestati come “maghi della falsificazione”.

D’altra parte, se è vero che nell’era digitale proliferano i falsi, non va trascurato il fatto che anche le tecniche per smascherare il falso si sono moltiplicate e, ad oggi, su qualsiasi motore di ricerca si possono ritrovare le istruzioni di base per riconoscere un falso documentale.

I dati sensibili: una porta per la falsificazione

Secondo la nostra casistica la disponibilità dei dati sensibili, spesso ingenuamente rilasciata, permette di dare vita a facili falsificazioni di documenti in cui lo scopo è legato a fini commerciali come la stipula di contratti di acquisto di beni di consumo o l’accesso a finanziamenti on line.

Se l’idea di prendere in prestito l’identità di un altro soggetto per compiere azioni illegali è sempre esistita, attualmente, con le numerose informazioni disponibili sui social media, l’acquisizione è diventata più semplice e alla porta di tutti. Ma allo stesso tempo la tecnologia aiuta ad avere maggior controllo sulla falsificazione.

Il falso documentale nel documento informatico o elettronico

Il concetto di “falso documentale” investe una pluralità di fattispecie e coinvolge numerose attività, in quanto la catena di operazioni correlate alla realizzazione del falso prevede diversi step operativi.

L’avvento della digitalizzazione ha ampliato la casistica relativa alla realizzazione del falso documentale, da un lato facilitando le modalità operative, dall’altro diversificando gli elementi oggetto di falsificazione, in quanto il documento digitalizzato presenta una maggiore complessità rispetto a quello cartaceo.

Le definizioni

Per comprendere le nuove tipologie di falso occorre partire dalla definizione di documento informatico e documento elettronico, che ad oggi rappresentano una larga fetta della documentazione in circolazione tramite canali telematici e costituisce, inoltre, una modalità largamente utilizzata anche nella contrattualistica (acquisti on-line). La definizione letterale del documento informatico è contenuta nel CAD, Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD-DLgs 82/2005) che definisce il documento informatico come “rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” in contrapposizione al documento analogico (“rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

Tale definizione va armonizzata con quella contenuta nel Regolamento eIDAS n. 910/2014 che definisce il documento elettronico come “qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva”.

Le definizioni sopra citate evidenziano come, ormai, nella definizione di documento rientrano parti costitutive diversificate e non riconducibili al solo testo scritto. In generale, possiamo ridefinire i contenuti del documento informatico o elettronico suddividendolo in tre costituenti principali:

  • Testo scritto – contenuto letterale del documento
  • Elementi grafici, sonori o audiovisivi – contenuto multimediale del documento
  • Sottoscrizione – eventuale firma del documento, da apporre in modalità digitalizzata.

La maggiore complessità del “documento elettronico” ha comportato, inevitabilmente problematiche relative alle corrette modalità di trasmissione e circolazione/condivisione dei dati in esso contenuti, volte a prevenirne modifiche non autorizzate e usi fraudolenti.

I problemi

Inevitabile, inoltre, che il controllo su tali tipologie di documenti presenti enormi criticità in quanto la possibile alterazione/contraffazione/falsificazione del documento può riguardare tutte le parti dello stesso, sia immagini, che testo e firma.

A ciò è da aggiungere che l’ampia diffusione di software di elaborazione e ri-elaborazione di immagini ha reso particolarmente facile l’alterazione di documenti digitali con creazione di falsi apparentemente “perfetti” e difficili da identificare.

Una corretta “educazione digitale” implica, pertanto, l’adeguata conoscenza dei rischi associati all’uso del canale telematico sia per la trasmissione dei documenti (e-mail) sia per la creazione degli stessi (contratti), nei quali sono frequentemente inseriti dati sensibili.

Non va dimenticato, inoltre, che il valore e l’efficacia del documento informatico richiedono il rispetto di adeguate norme di sicurezza, integrità e immodificabilità, criteri che devono essere garantiti tramite adeguati sistemi di dematerializzazione dei documenti.

Ed infatti, un corretto sistema di gestione documentale deve assicurare che il documento elettronico possegga le seguenti caratteristiche: autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità.[5]

Falsi su immagini

La presenza di contenuti “misti” nei documenti elettronici e la facilità di accesso a modalità informatiche di rielaborazione di immagini (non solo Photoshop ma anche strumenti digitali più facili da usare e gratuiti) ha ampliato il rischio della falsificazione, con inserimento o alterazione di immagini preesistenti e la creazione di un’apparenza di verità.

Il fenomeno risulta amplificato dallo sviluppo esponenziale dell’intelligenza artificiale, che ha di fatto generato per qualsiasi utente del web la possibilità di alterare la realtà generando automaticamente combinazioni di testi, immagini e altri contenuti multimediali a partire da input verbali o scritti.

L’applicazione dell’IA alla manipolazione delle immagini si è concretizzata nello sviluppo recente di appositi software che possono creare, modificare o rielaborare le immagini personalizzando gli stili, le dimensioni, la qualità, fornendo una descrizione iniziale in una casella di testo.

La facilità di accesso a tali software è garantita dalla gratuità d’uso che rende fruibili senza limitazioni strumenti altamente sofisticati e potenzialmente pericolosi.[6]

Un’altra modalità attualmente molto diffusa è quella “tradizionale” di modifica delle immagini attraverso rielaborazione con programmi ad hoc come Photoshop o simili, che di fatto consente con facilità l’alterazione dell’immagine di partenza con introduzione di particolari inesistenti.

La diffusione di tali software, estremamente facili da usare ed economici, rappresenta un rischio esponenziale per le falsificazioni. Uno degli strumenti per minimizzare i rischi potrebbe essere quello di certificare tutti i passaggi che sono stati effettuati sul documento, al fine di poter risalire all’immagine originaria.

In tale direzione si sono sviluppati alcuni sistemi di creazione documentale con standard appositamente strutturati per certificare ogni passaggio e firmare digitalmente le singole fasi.

Tale modalità prende spunto dall’utilizzo ormai diffuso della “blockchain” per certificare la tracciabilità delle transazioni online al fine di ridurre o prevenire il fenomeno della falsificazione e soprattutto della contraffazione dei marchi.

La falsificazione della firma digitale

Il documento elettronico sempre più spesso viene associato ad una firma digitale, che dovrebbe garantire un maggiore standard di sicurezza sia per quanto riguarda la provenienza del documento sia relativamente alle possibili alterazioni successive.

L’uso della firma digitale rappresenta una modalità tendenzialmente sicura ma non esente da rischi in quanto, trattandosi di firma anch’essa “dematerializzata” cioè priva del tratto grafico, non contiene in sé alcun dato biometrico che consenta di confrontarla con firme autografe note.

Ne consegue che il punto di vulnerabilità della firma digitale risiede nella potenziale falsificazione al momento stesso della generazione, con creazione dell’apparenza di riconducibilità del dispositivo di firma (smart card, token) ad un soggetto diverso o, addirittura, inesistenze.

Ciò accade quando, al momento della richiesta del dispositivo, vengono forniti dati non veritieri o presentato un documento di identità falso o riferibile ad altro soggetto, per cui la conseguente “firma digitale” risulta intestata ad un nominativo diverso dall’utilizzatore o ad un utente di fantasia.

Anche nella fase della circolazione e utilizzo della firma digitale si possono verificare anomalie dovute ad uso fraudolento del dispositivo, ove vengano utilizzati software appositamente creati per attivarsi in occasione dell’uso della firma digitale e replicare la firma su altri file, all’insaputa del titolare.

La sicurezza della firma digitale, nella fase di utilizzo, è garantita dalla cd. crittografia a chiave asimmetrica, che prevede l’utilizzo combinato di una chiave privata, conosciuta dal solo titolare e usata per firmare, e una chiave pubblica, conosciuta dai destinatari, per verificare la validità della firma.

Seppure in astratto tale modalità di cifratura risulta sicura, è sempre possibile, attraverso le tecniche di crittoanalisi[7], scoprire le chiavi e decifrare il contenuto. E’ indispensabile, pertanto, utilizzare algoritmi sicuri (sottoposti a controlli e privi di falle) e soprattutto aggiornati, per evitare che in breve tempo e con minori tentativi vengano scoperte le chiavi di cifratura.[8]

La firma grafometrica e la falsificazione dei dati biometrici

Nella produzione del documento informatico o elettronico viene spesso inserita la firma grafometrica come modalità di sottoscrizione digitalizzata. Tale modalità di firma contiene in sé, oltre al tracciato di firma, i dati biometrici del sottoscrittore.

Il documento così creato, in formato pdf, viene poi corredato dalla firma digitale che va a chiudere il processo di firma grafometrica.

Tale modalità ad oggi offre maggiore sicurezza dai rischi di una possibile falsificazione, perché i dati biometrici del sottoscrittore, una volta resi accessibili in caso di contenzioso, consentono di verificare la riconducibilità effettiva al soggetto che ha apposto la firma.

I dati biometrici raccolti dal dispositivo – posizione tempo e pressione della scrittura – che rientrano nel novero della biometria comportamentale, garantiscono maggiore affidabilità sulla riferibilità al sottoscrittore, in quanto evidenziano caratteristiche stilistiche e dinamiche personali difficilmente riproducibili da terzi e che vengono oggettivate attraverso la rappresentazione in grafico dei dati numerici raccolti in base alla frequenza di campionamento (valori registrati per ogni punto della firma/scrittura).

Il reato di falso

Dal punto di vista concettuale, il nostro ordinamento, distingue il concetto di falso materiale e falso ideologico. Il falso materiale identifica la condotta che incide sulla genuinità della formazione del documento, cioè viene artatamente creato un documento dando l’apparenza della sua provenienza legittima da un determinato autore.

Con l’ipotesi di falso ideologico, invece, la condotta incide sulla veridicità del contenuto dell’atto, di per se genuino, in quanto vengono inserite nell’atto affermazioni non veritiere. I cambiamenti sociali incidono anche sull’allarme sociale derivante da alcune tipologie di falso, determinando due effetti: da una parte l’intervento legislativo di depenalizzazione di alcune condotte e dall’altra la previsione di nuove fattispecie di reato di falso.

Si consideri, ad esempio, che con il D.Lgs. 7/2016, è stato abrogato il reato di falso in scrittura privata (di cui art. 485 c.p.), integrando tale condotta un mero illecito civile, passibile di eventuale tutela risarcitoria; tuttavia continua a costituire ipotesi di reato la condotta avente ad oggetto la falsificazione del testamento olografo ai sensi dell’art. 491 e 482 c.p., ovvero come falsità materiale commessa dal privato.

A tal proposito, nella seconda parte dello studio, vedremo come, sebbene il testamento olografo richieda ancora l’attività di manoscrittura per la sua realizzazione, la tecnologia abbia contribuito sia alla creazione di una falsa apparenza che al suo smascheramento.

Al contempo, la nuova era dei falsi ha determinato l’esigenza di prevedere e formulare nuove e specifiche ipotesi di reato, in particolare l’art. 491 bis c.p. ha introdotto la nuova fattispecie del falso avente ad oggetto i documenti informatici, cui si è gia fatto riferimento nei precedenti paragrafi.

Conclusioni

La ricerca sui falsi nel passato ed i nuovi falsi ha messo in evidenza un intrigante filo conduttore che riguarda sia le motivazioni che le modalità operative della falsificazione: cambiano le tecniche e gli strumenti ma non le fasi per realizzare il furto d’identità o altre tipologie di contraffazione.

La dimostrazione oggettiva del riconoscimento del falso, sia sui documenti cartacei che su quelli digitali, esige nuove e approfondite competenze soprattutto in merito alla falsificazione espletata con elaborati software e con l’attuale diffusione dell’AI. Considerata l’ampia proliferazione dei nuovi falsi digitali sarà prossimamente pubblicato un approfondimento di taglio tecnico su tali accertamenti forensi.

Note

  1. S.Caramella,Falsità, in Enciclopedia filosofica, Milano, Bompiani 2006
  2. G.W. Hegel Fenomenologia dello spirito
  3. In Falsi e Falsari nella Storia op.cit. in bibliografia pag.69
  4. Falso Documentale: che cos’è come riconoscerlo. Intervista all’esperto Davide Casponi You-Tube Agenzia Investigativa Phersei
  5. Gli Art. 43 e Art. 44 CAD, applicabili anche al settore privato, definiscono le modalità di “Conservazione ed esibizione dei documenti e Requisiti per la gestione e conservazione dei documenti informatici.” Nell’art. 44 si definiscono le caratteristiche che un sistema di conservazione assicura ai documenti informatici, individuando i requisiti di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità.
  6. Il software gratuito Starryai consente di inserire un input testuale a partire dal quale il programma genera un’immagine con le caratteristiche indicate. Possono essere personalizzate in modo opzionale le dimensioni, la qualità, lo stile dell’immagine che verrà riprodotta.
  7. Per crittoanalisi (dal greco kryptós, “nascosto”, e analýein, “scomporre”), o crittanalisi, si intende lo studio dei metodi per ottenere il significato di informazioni cifrate senza avere accesso all’informazione segreta che è di solito richiesta per effettuare l’operazione. La crittoanalisi è la “controparte” della crittografia, vale a dire lo studio delle tecniche per occultare un messaggio, ed assieme formano la crittologia, la scienza delle scritture nascoste. Con crittanalisi ci si riferisce non solo ai metodi per violare un cifrario, ma anche ad ogni tentativo di eludere la sicurezza di algoritmi crittografici e protocolli crittografici, ad esempio usando il canale laterale.” fonte Wikipedia
  8. Poiché ogni algoritmo ha una struttura matematica, gli algoritmi vengono studiati sistematicamente per garantire che non vi siano vulnerabilità e aggiornati regolarmente per adeguarli alle competenze attuali che potrebbero renderli poco sicuri.

Bibliografia

Caramella S. Enciclopedia filosofica, Milano Bompiani 2006

Gazzini M. Il falso e la storia. Invenzioni, errori, imposture dal medioevo alla società digitale (Quaderni) 2021

Lorella Lorenzoni ( 2010) Atti seminario CE.S.GRAF”Falso su originale e falso su fotocopia: certezze e limiti

Hegel G.W.F La Fenomenologia dello Spirito ed.Piccola biblioteca Einaudi 2008

Preto P. Falsi e Falsari nella Storia dal mondo antico a cura di Walter Panciera e Andrea Savio ed Viella 2020

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Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
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Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
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PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
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Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
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Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
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Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
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PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
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PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
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Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
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Analisi
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