Problemi e soluzioni

Commercianti e fattura elettronica, i consigli per le principali difficoltà

Dai ristoratori agli agenti di commercio ai negozianti, tutti gli esercenti cercano il modo di domare la fattura elettronica, scontrandosi quotidianamente con problemi concreti legati alla loro categoria. Ecco le difficoltà più comuni individuate dai lavoratori e le possibili soluzioni

Pubblicato il 19 Feb 2019

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Posti di fronte all’obbligo di fatturazione elettronica, i micro imprenditori si sono trovati ad affrontare diverse difficoltà operative legate alle particolarità della loro categoria. Il provvedimento scattato il 1 gennaio 2019 ha coinvolto tre milioni di micro e piccole imprese, realtà che costituiscono la maggior parte del tessuto imprenditoriale italiano. Complice la mancanza di formazione e un approccio di chiusura verso l’intraprendenza innovativa, molti sono andati nel panico per il “non saper come si fa”: il rischio secondo gli esperti è che le micro attività possano diminuire o sparire proprio a causa dell’impatto con l’innovazione.

Le associazioni di categoria stanno lavorando per alleggerire il peso della situazione, cominciando dalle piccole cose: «Ci sono una serie di questioni che possono sembrare spicciole ma che angustiano i piccoli esercenti in queste settimane di impatto con la novità», spiega ad agendadigitale.eu Marino Gabellini, responsabile dell’Ufficio tributario di Confesercenti. Ecco i principali dubbi espressi dai commercianti e le soluzioni proposte.

Le basi per dedicarsi alla fattura elettronica

In primis, se il commerciante rientra nelle categorie sottoposte all’obbligo di fatturazione elettronica, deve dotarsi di un sistema informatico adatto alla predisposizione e trasmissione. Un passaggio in cui non mancano i problemi: “C’è stato un ritardo nell’approvvigionamento dei programmi, diverse piccole imprese contavano su una proroga dell’entrata in vigore dell’obbligo – racconta Gabellini -, invece si è deciso di entrare ufficialmente in vigore il 1 gennaio, pur prevedendo una sorta di periodo di rodaggio senza l’applicazione di sanzioni».

Uno dei problemi riscontrati dai commercianti e segnalati a Confesercenti riguarda, nel caso della fatturazione attiva, quello di «ritardi nell’acquisizione delle ricevute del corretto invio tramite SDI» rileva Gabellini. Una problematica trasversale a tutte le categorie di commercianti, così come i tanti dubbi provocati dall’utilizzo del codice univoco o del codice fiscale che come viene segnalato dagli addetti ai lavori, può risultare arduo da reperire quando ci si trova di fronte un cliente.

Vendita al dettaglio: reperire codice univoco e codice fiscale

I commercianti hanno chiesto a Confesercenti «una serie di chiarimenti sull’utilizzo di codici destinatari univoci per identificare il soggetto passivo che deve ricevere la fattura elettronica», sottolinea Gabellini. In particolare, spiega l’esperto «viene fatto l’esempio di un commerciante che si trova di fronte il cliente, un privato, che non ha il codice univoco. Dev’essere in quel caso indicato il codice fiscale e la fattura può essere inoltrata tramite PEC, ma può presentarsi il caso che il privato non sia dotato di PEC».

Daniele Tumietto, commercialista esperto di standard, sottolinea che «il destinatario della fattura deve essere identificato con la Partita IVA se non si è registrato sul sito dell’Agenzia delle entrate con la PEC o il Codice Destinatario. Mentre nel caso di consumatore è sufficiente il solo codice fiscale». In particolare, precisa, «il privato quale consumatore, che non dispone di un codice destinatario, può essere identificato mediante il proprio codice fiscale, che permette di non dover indicare i dati anagrafici ai sensi dell’art.21 bis del DPR 633/72. In tal caso la fattura sarà consegnata cartacea, a meno che non ci sia espresso rifiuto del consumatore, e comunque sarà automaticamente messa a disposizione nel suo spazio personale sul sito dell’Agenzia delle entrate».

Il codice destinatario per la fattura elettronica B2B, tutte le info utili

Se il codice fiscale è sbagliato

Tuttavia, può capitare che il cliente non ricordi bene il proprio codice fiscale e tragga in errore il commerciante. Nel caso il privato dia un codice fiscale sbagliato, o questo sia inserito erroneamente, il suggerimento di Tumietto nel caso in cui non sia più possibile rintracciare il consumatore,  è «quello di mettere in conservazione la fattura elettronica anche se scartata, e per questo fiscalmente inesistente, insieme alle comunicazioni del SDI, procedendo poi a liquidare l’IVA e le imposte come se fosse stata regolarmente emessa». Questo in attesa «di un chiarimento sul comportamento da adottare da parte dell’Agenzia delle entrate che è già stato chiesto anche all’interno delle riunioni del Forum Italiano sulla Fattura Elettronica».

I dolori degli agenti di commercio

Confesercenti spiega che la categoria degli agenti di commercio deve affrontare un problema operativo: «Gli agenti di commercio possono avere una differente calcolo nella ritenuta d’imposta Irpef ma i programmi informatici ancora non sono tarati a gestire correttamente questa situazione».

Tumietto spiega a tal proposito che «bisogna valorizzare l’imponibile in due righe, suddividendo l’importo fino al raggiungimento del massimale e valorizzando separatamente il residuo che rappresenta l’eccedenza su cui non va calcolata la ritenuta». Inoltre tumietto ricorda che “il contributo ENASARCO non è un contributo simile a quelli delle cassa previdenziali obbligatorie per legge, e che concorrono alla determinazione dell’imponibile su cui calcolare l’importo dell’IVA, ma la gestione di detto contributo è simile alla ritenuta d’acconto”, pertanto nella fattura elettronica il contributo ENASARCO va valorizzato nel blocco “AltriDatiGestionali” specificando i dettagli previsti dal tracciato fatturaPA (dettagli e valorizzazioni dei campi dal 2.2.1.16.1 al 2.2.1.16.4).

Il passaggio da un regime all’altro

Un ulteriore problema operativo segnalato dai commercianti, è dato dal passaggio da un regime all’altro. Gabellini spiega la situazione: «Per esempio, viene chiesto se le fatture che dovevano essere emesse entro il 31 dicembre e vengono materialmente inviate nei primi giorni del 2019 possono essere inviate ancora in modalità cartacea».

I commercianti non sono gli unici ad avere dubbi in merito: «Una casistica molto particolare e frequente è quella della fattura con data di fine dicembre del 2018. La questione verte sul comportamento corretto da tenere per l’emissione e gestione delle fatture attive datate 2018, ma inviate al cliente tramite posta ordinaria o tramite PEC nei primi giorni del 2019. Il dubbio che sorge è se l’emissione andava fatta in formato analogico o elettronico», sottolinea Tumietto.

L’Agenzia delle entrate al riguardo, «facendo anche riferimento ad una FAQ già presente sul proprio sito, integrando la risposta, conferma queste tipologie di fatture possono essere emesse in formato analogico. Inoltre l’Agenzia delle entrate ha chiarito ulteriormente che per il cessionario/committente le fatture possono essere detratte direttamente nel mese di gennaio 2019». Inoltre, «sempre per le fatture datate 30 dicembre 2018 ed inviate in questo caso elettronicamente con un lieve ritardo entro i primi giorni di gennaio 2019, l’Agenzia afferma che non saranno applicate le sanzioni previste dall’articolo 6, comma 5 bis del Decreto legislativo 472/97».

I problemi nella ricezione delle fatture di acquisto

La categoria ha riscontrato anche problemi nella ricezione delle fatture di acquisto: «Tanti ci chiedono se si può fare tramite codice univoco da fornire al soggetto da cui ci si rifornisce – dice Gabellini -. Uno strumento di cui si può dotare è il QR Code all’Agenzia delle entrate, che può dare al fornitore tutti i dati necessari per ricevere correttamente la fattura».

Il QR Code è una soluzione, ma «si suggerisce di gestire le ricezioni delle fatture con il codice destinatario. Il QR Code è utile, ma va tenuto presente che attualmente il dato di riferimento del domicilio per i professionisti (persone fisiche) erroneamente riporta la residenza anagrafica e non il domicilio fiscale – precisa Tumietto -. L’Agenzia delle entrate ha già annunciato che sarà modificato per (probabilmente) valorizzare tutte e due le informazioni».

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