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Esterometro, cosa cambia dal primo luglio 2022: ecco le nuove regole

Partono il primo luglio le nuove regole sull’esterometro, ma ci sono alcuni aspetti pratici e operativi che risultano ancora ambigui: intanto è noto che l’obbligo di trasmissione dei dati per le operazioni con l’estero è obbligatorio solo per importi non superiori a 5.000 euro

Pubblicato il 27 Giu 2022

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista

esterometro

A pochi giorni dall’entrata in vigore delle nuove regole sull’esterometro, ci sono parecchi interrogativi, sia di ordine metodologico che di ordine pratico, anche perché alcune norme, come si vedrà appresso, hanno ancora la forma di Decreto Legge. Il legislatore ha dapprima sostituito, con effetto dal primo luglio 2022, l’obbligo di presentazione dell’esterometro con la trasmissione dei dati in esso contenuti utilizzando il formato della fattura elettronica (nel prosieguo: dati ex esterometro), e successivamente, con l’art.12 del D.L. 73 del 21 giugno 2022 (noto come “Decreto Semplificazioni”) ha limitato l’obbligo di trasmissione dei dati solo se di importo non superiore a 5.000 euro per ogni singola operazione.

Le norme che entrano in vigore a metà anno sono indigeste. Sia perché costringono operatori e professionisti ad un tour de force proprio mentre incombono pressanti obblighi dichiarativi, sia perché non si comprende che utilità abbia lo Stato ad avere dati “a macchia di leopardo”. Ricordiamo che l’esterometro non è l’unica novità: venerdì primo luglio prende il via la fattura elettronica forfettari.

Obbligo fattura elettronica per i forfettari, come proseguire con la numerazione dal primo luglio

Ricordiamo che il progetto fatturazione elettronica è stato il primo tassello introdotto dal legislatore Italiano per fare sì che tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA transitassero dal Sistema di interscambio; l’attuazione è avvenuta prevedendo l’obbligo di trasmissione della fattura elettronica per le operazioni poste in essere tra soggetti residenti o stabiliti in Italia, e l’obbligo di trasmissione dei “dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato” (c.d. esterometro) per le operazioni che non transitavano dal SDI.

Esterometro, cosa cambia e per chi

Le novità avranno impatto sui c.d. soggetti “ex esonerati” dagli obblighi di fatturazione elettronica, che sui soggetti non esonerati. Vediamo come.

Soggetti ex esonerati

Si tratta di coloro che, a norma del penultimo ed ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 1, Decreto legislativo 127/2015, nel testo vigente ante le modifiche apportate dal D.L. 36/2022,

  • rientrano nel cosiddetto “regime di vantaggio” di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,
  • applicano il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
  • hanno esercitato l’opzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000.

Per questi soggetti sono stati modificati i limiti che consentono il mantenimento dell’esonero. Ciò è avvenuto ad opera dell’art. 18 comma 3, primo periodo, del D.L. 36 del 30 aprile 2022, che ha esteso le disposizioni di cui al comma 2[1] dell’articolo 1 del Decreto legislativo 127/2015 a partire dal primo luglio 2022 ai “soggetti che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000” e ”a partire dal 1° gennaio 2024 per i restanti soggetti”.[2]

Per attenuare l’impatto dei nuovi obblighi previsti soggetti “ex esonerati”, il legislatore, con l’art. 18 comma 3, secondo periodo, del D.L. 36 del 30 aprile 2022, ha previsto una norma grazie alla quale “Per il terzo trimestre del periodo d’imposta 2022, le sanzioni di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applicano ai soggetti ai quali l’obbligo di fatturazione elettronica è esteso a decorrere dal 1° luglio 2022, se la fattura elettronica è emessa entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione”. Ritengo che ci siano sufficienti ragioni logico-sistematiche per ritenere che questa moratoria si applichi latu sensu a tutti gli obblighi connessi alla fatturazione elettronica, inclusi quello dei dati dell’ex esterometro”.

Riepilogando, gli “ex esonerati” dal primo luglio prossimo saranno obbligati

  1. alla emissione delle fatture elettroniche;
  2. alla trasmissione dei dati delle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

Infine, la recentissima disposizione recata dall’articolo 12 del D.L. 73 del 21 giugno 2022 (c.d. Decreto Semplificazioni) ha esonerato dall’obbligo di trasmissione dei dati “di importo non superiore ad euro 5.000 per ogni singola operazione”, relativi agli “… acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Soggetti non esonerati

Per coloro che erano già obbligati alla fatturazione elettronica, l’unica novità che entrerà in vigore il primo luglio prossimo riguarda la disaggregazione dell’esterometro e la sua trasmissione al Sistema di Interscambio sotto forma di singole fatture. Diciamo che la novità riguarda il “come” e non il “cosa”, considerato appunto che i dati erano già trasmessi in precedenza. Anzi, c’è una “agevolazione” in più, ossia l’introduzione della soglia di € 5.000 ad operazione, introdotta dal sopra citato Decreto Semplificazioni, per cui i dati da trasmettere sono soltanto quelli delle operazioni di importo superiore a 5.000 €.

Entro quando trasmettere i dati delle operazioni con l’estero

I dati relativi all’ex esterometro dovranno essere trasmessi con le seguenti modalità:

  • per le operazioni attive, il termine per la trasmissione dei dati al sistema di interscambio coincide col termine di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi, ossia 12 giorni nel caso di fatturazione immediata o il giorno 15 del mese successivo nel caso di fatturazione differita;
  • per le operazioni passive, la trasmissione dei dati è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.

Mentre per le operazioni attive il termine entro cui effettuare la trasmissione è certo, in quanto l’operazione è posta in essere dal soggetto chiamato all’adempimento, per le operazioni passive il ricevimento del documento “comprovante l’operazione” o la sua effettuazione sono più difficili da collocare temporalmente in maniera precisa. Tra l’altro occorre anche considerare che il nuovo adempimento pone tempi di adempimento più stringenti rispetto al precedente obbligo trimestrale, quindi al riguardo sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate individui dei criteri di massima a cui attenersi e attui una politica di “tolleranza” nei confronti dei “lievi ritardi”, prevedendo la possibilità di un invio tardivo entro magari due mesi dalla fine dell’anno, data alla quale le operazioni di competenza saranno certamente definite e chiare in relazione al loro riferimento temporale. Un eccessivo irrigidimento al riguardo sarebbe infatti ingiustificato anche considerando che comunque il sistema è “imperfetto”, considerato che le operazioni non superiori 5.000 € non sono (inspiegabilmente, per come verrà appresso considerato) soggette all’obbligo di trasmissione telematica.

Nel rispetto dei termini sopra specificati, qualora dovessero sorgere problemi di coordinamento tra i dati contenuti nell’esterometro, (il cui obbligo permarrà per le operazioni effettuate sino al 30 giugno 2022), e i dati da trasmettere a partire dal primo luglio 2022 sotto forma di fattura elettronica, occorre considerare che ciò che conta è la completezza dei dati nel database del SDI, per cui deve restare fermo il principio per cui l’agenzia dovrà comunque essere in possesso delle informazioni, indipendentemente dalla forma di comunicazione: in sostanza i contribuenti dovranno stare attenti ad evitare “buchi” di informazioni o ridondanze e l’Agenzia dovrebbe attribuire peso alla sostanza ed essere tollerante in caso di disguidi che comunque non abbiamo compromesso la correttezza dei dati trasmessi.

Il limite di 5.000 euro per ciascuna operazione

La terminologia utilizzata dal legislatore “semplificatore” fa emergere non pochi dubbi sul significato da attribuire a “ciascuna operazione”. Al momento, le considerazioni qui svolte sono relative al contenuto del decreto Legge approvato il 21 giugno scorso, e se qualcosa dovesse cambiare al momento della conversione in legge le considerazioni che seguono saranno da rivedere.

Chiaro che il primo riferimento interpretativo deve essere ricercato nella normativa in tema di Imposta sul Valore Aggiunto (DPR 633/1972) e, in particolare, nell’articolo 21, che al comma 1 prevede che “Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura…”; e al successivo comma 3 “Se l’operazione o le operazioni cui si riferisce la fattura comprendono beni o servizi soggetti all’imposta con aliquote diverse, gli elementi e i dati di cui al comma 2, lettere g), h) ed l), sono indicati distintamente secondo l’aliquota applicabile. Per le operazioni effettuate nello stesso giorno nei confronti di un medesimo soggetto può essere emessa una sola fattura”.

Dalla lettura coordinata delle norme sopra richiamate sembra potersi dedurre che il significato di “operazione” non possa essere identificato con l’importo della fattura che, come chiaramente indicato dalla norma, può comprendere anche più operazioni. Nel coacervo delle possibili interpretazioni, una plausibile potrebbe essere quindi che la “singola operazione” sia da sia da considerare alla stregua della riga della fattura, considerato che ciascuna riga potrebbe essere considerata una operazione autonoma. Per esempio, per vendita contestuale di 5 panettoni è una operazione. Temo tuttavia che una simile interpretazione, tecnicamente lecita, sia in contrasto sia con la volontà del legislatore che con lo spirito “semplificativo” della norma.

Ma anche volendo tentare un approccio logico-sistematico, la ratio della c.d. semplificazione potrebbe essere quella di disporre l’esonero per coloro che effettuano solo marginalmente operazioni con l’estero; il punto nodale sta però nello stabilire cosa si intenda per marginalità, che ovviamente non può essere determinata con riferimento alla singola operazione, bensì ad un insieme di operazioni effettuate in un dato arco di tempo. Altrimenti avremmo il paradosso che sarebbe marginale chi dovrebbe trasmettere 30 fatture in un mese, di importo unitario di 3.000 € (corrispondenti su base annua a più di un Milione di €) e non sarebbe marginale il soggetto che ha effettuato una sola operazione da 5.100 €.

Non resta che attendere quindi che la norma assuma la sua veste definitiva (sperando quindi in una sua riscrittura) e che l’Agenzia delle Entrate fornisca al più presto indicazioni al riguardo. Sta di fatto che queste pseudo-semplificazioni, che promanano certamente da pressioni politiche, mal si coniugano con l’esigenza di semplificazione, la cui prima declinazione dovrebbe condurre alla effettiva semplicità degli adempimenti e alla standardizzazione dei processi[3].

Fronti critici della normativa sull’esterometro

Tempo fa ho fatto rilevare, in altri miei interventi in tema di semplificazioni fiscali, che tutti si affannano ad inseguire l’ultimo ritrovato della tecnologia per tentare di trovare rimedio alla inefficienza e alla inefficacia delle norme con l’introduzione di nuovi e certamente apprezzabili novità tecnologiche. Il caso oggi trattato fa emergere drammaticamente come il primo ostacolo alla chiarezza esplicativa ed applicativa delle norme risiede nella presunzione che la materia fiscale possa essere governata navigando a vista, intervenendo con virate o strambate ogni qualvolta “il popolo”, magari soggiogato dal capo bastone di turno, inveisce contro la complessità del sistema fiscale. Il sistema “fatturazione elettronica” era ed è un ottimo progetto, innovativo in ambito mondiale, ma – a mio avviso – oggi risulta compromesso – tra l’altro – dalla sopravvenuta prevalenza di interessi di parte e dalla immaturità di coloro che dovrebbero esserne i primi sostenitori.

Penso che, sia pure con rammarico, siamo costretti a riconoscere che il sistema fiscale è complesso perché non è frutto di un progetto organico. L’avvio della fattura elettronica ci aveva fatto sperare in un cambio di rotta, in una nuova era. Abbiamo partecipato, Agenzia Entrate in testa, al Forum italiano della fatturazione Elettronica, un bel consesso in cui poter discutere sia le nuove norme che le relative interpretazioni. Dopo un avvio scoppiettante e produttivo, molti degli stakehloders partecipanti hanno fatto prevalere logiche corporative, sia politiche che economiche, e la fattura elettronica è poco alla volta diventata un’isola che si sta tentando di collegare alla terraferma con ponti “volanti”, che mostrano segni di inevitabile debolezza e che soprattutto ci allontanano dalla speranza di assistere alla effettiva e concreta abrogazione dei registri IVA, sostituiti dai flussi telematici. Le richieste di proroghe e differimenti[4] e la esigenza di cogliere l’attimo propizio per dare una accelerata al business[5] hanno contraddistinto la fase centrale di vita di questo pregevole organismo, ed adesso sembra che la preoccupazione principale sia quella di non modificare lo status quo raggiunto dalle software houses, e cito per tutti la mancata attuazione della norma che avrebbe evitato la conservazione delle fatture elettroniche.

Mi riferisco in particolare al disposto di cui al comma 6-bis dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 127/2015 che prevede: “Gli obblighi di conservazione previsti dall’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2014, si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio di cui all’articolo 1, comma 211, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e memorizzati dall’Agenzia delle entrate. I tempi e le modalità di applicazione della presente disposizione, anche in relazione agli obblighi contenuti nell’articolo 5 del citato decreto ministeriale 17 giugno 2014, sono stabiliti con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate”. Del provvedimento ad oggi neppure l’ombra, e non ho sentito alcuna doglianza al riguardo.

_

Note

  1. Ossia l’obbligo di emissione di fattura elettronica ed esterometro
  2. Questo equilibrismo normativo è dovuto al fatto che il legislatore ha reso obbligatorie le disposizioni in tema di fatturazione elettronica anche a soggetti precedentemente esonerati, non operando direttamente sull’articolo 1 del Decreto Legislativo 127/2015, di modo che l’attuale quadro normativo in materia di fatturazione elettronica sia in parte interno al suo Decreto istitutivo, ed in parte esterna, in un Decreto legge che dovrebbe essere convertito entro breve
  3. Mi viene da pensare all’idea geniale dell’esonero della fattura elettronica per i forfettari, una “semplificazione” che alla lunga ha generato equivoci e disomogeneità operative; senza considerare che è andata in direzione diametralmente opposta rispetto alla conclamata esigenza di digitalizzazione dei processi amministrativi.
  4. E’ triste dirlo ma i rappresentanti espressi della nostra categoria hanno esordito al Forum solo chiedendo il rinvio della fatturazione elettronica ovvero lo scaglionamento in base ai volumi di affari dei contribuenti.
  5. Il business della fatturazione elettronica ha dato una accelerata notevole ai ricavi delle software houses, che in alcuni casi propongono un pacchetto il cui costo è determinato in base al numero delle fatture gestite e mandate in conservazione. Questo è un principio che stride con la caratteristica del servizio offerto, in cui il numero delle fatture (ossia lo spazio occupato) è un costo così modesto da poter essere considerato fisso e non proporzionale alle fatture.

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