L'approfondimento

Fattura elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi: come semplificare gli adempimenti

Oltre a svolgere una funzione di controllo, fattura elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi sono stati pensati per la semplificazione degli adempimenti amministrativi e contabili. Questo proposito del legislatore non è però del tutto stato attuato. Ecco qualche suggerimento per far fronte al problema

Pubblicato il 30 Lug 2019

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista

aprire partita Iva

Fattura elettronica e scontrino elettronico sono stati introdotti non solo per rafforzare i controlli sui contribuenti, ma anche per attuare una significativa semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili. Lo scopo, realizzare un bilanciamento tra costi e benefici, sul presupposto che comunque, superata la fase iniziale, i benefici sarebbero stati di gran lunga superiori agli oneri.

È stato fatto molto, è stato realizzato un sistema che ha incuriosito anche parecchi Paesi stranieri, ma, a mio modesto avviso, si è un po’ perso di mira l’obiettivo di semplificazione e di riduzione degli oneri.

E a questo proposito va citato un dietro fronte del Fisco, la scorsa settimana: entro il prossimo 31 ottobre si potrà decidere liberamente se aderire o meno ai servizi gratuiti di consultazione fatture elettroniche dell’Agenzia delle entrate; per chi decide di non farlo non c’è più (a differenza di quanto comunicato prima) un maggiore rischio di controllo fiscale (in modo automatico). 

E’ solo l’ultimo esempio emblematico di una situazione che certo richiede ancora chiarezza.

Di seguito, analizzeremo lo scenario e alcune situazioni particolari, per cercare di delineare percorsi di semplificazione delle procedure.

La normativa di riferimento

La normativa in materia di fatturazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi, attuata col Decreto Legislativo 127/2015, è stata ispirata dall’articolo 9, comma 1, lettera d) della Legge 23 dell’11/3/2014, che delegava il Governo ad introdurre norme finalizzate al rafforzamento dei controlli, mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti, l’utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di imposta sul valore aggiunto e le transazioni effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti.

La relazione governativa al Decreto Legislativo 127/2015 così recitava: “La fatturazione elettronica è un obiettivo faro dell’ Agenda Digitale Europea poiché rappresenta una delle principali leve per diffondere la cultura digitale nel mondo delle imprese, efficientare i loro processi amministrativi e ridurre i costi di gestione”. Ed ancora: “L’OCSE cosi come la stessa Commissione Europea, in più occasioni ha ufficialmente dichiarato che l’adozione di sistemi di fatturazione elettronica possono migliorare il rapporto tra Amministrazione fiscale e contribuenti semplificando e riducendo gli adempimenti fiscali di questi ultimi e producendo, nel contempo, una forte spinta alla tax compliance”.

Fattura elettronica e semplificazione, lo scenario

I risultati dei primi sei mesi di pieno regime di fatturazione elettronica ci danno – semmai ce ne fosse bisogno – importanti e positive conferme. Il progetto “fatturazione elettronica” è stato ben ideato e ben realizzato, e le infrastrutture predisposte hanno dimostrato un’ottima tenuta. Alla iniziale incertezza è subentrata un progressiva consapevolezza e dimestichezza, le imprese si sono organizzate ad hanno metabolizzato le novità, avendo compreso che non aveva alcun senso, ed è, soprattutto, antieconomico, mantenere aree di discontinuità nei processi aziendali informatizzati[1]. La fatturazione differita ha fatto emergere in maniera improvvisa la difficoltà procedurale generata dalla esigenza di “materializzare” il DDT, predisposto con strumenti informatici, per scortare le merci e attestare la presa in carico da parte del trasportatore/destinatario, problema che sarà risolto con la transizione ai DDT elettronici o, meglio, all’ordine elettronico, dal quale generare a cascata il DDT elettronico e la fattura elettronica.

Un punto che merita di essere portato all’ordine del giorno, e al quale ad oggi non è stata attribuita la necessaria evidenza da parte dell’Agenzia delle Entrate e degli organi di stampa, è la presa d’atto che l’insieme delle fatture elettroniche costituisce e sostituisce i registri IVA[2], quanto meno per ciò che riguarda i documenti emessi e ricevuti in formato digitale conforme alle specifiche tecniche emanate dall’ADE. Proprio in relazione a questo ultimo aspetto, non si può fare a meno di non evidenziare come l’esonero dalla fatturazione elettronica disposto in favore dei soggetti forfettari si ponga in aperta contraddizione con i principi ispiratori della riforma avviata col decreto legislativo 127/2015. Non possiamo seriamente affermare che emettere una fattura elettronica comporti un aggravio di lavoro o conoscenze tecniche particolari: qual è l’artigiano che oggi non si avvale di un dispositivo mobile? Aver concesso 12 giorni di tempo per la trasmissione della fattura immediata dovrebbe essere sufficiente a garantire la tempestività degli adempimenti anche a coloro che non fossero in grado di provvedervi in tempo reale.

Sappiamo tutti che modificare le leggi non è cosa di poco conto, non tanto sotto il profilo pratico (se si vuole, si fa), quanto sotto il profilo “politico”. Mettere d’accordo tutti è davvero complicato, e la tentazione di utilizzare la leva normativa per catturare consensi è forte. Noi Dottori Commercialisti abbiamo il polso della situazione e, a parte qualche “peccato” di resistenza al cambiamento, giustificato (malamente a mio avviso) da esigenze di “salvaguardia della specie”, abbiamo titolo e voce per poter dire la nostra, potendo e dovendo contare sull’aiuto delle categorie professionali più vicine (ingegneri in testa) la cui competenza e vicinanza con le aziende li rende attori indispensabili del difficile processo di transizione dal mondo analogico al mondo digitale.

Ci sono però accorgimenti che probabilmente non avrebbero bisogno dell’intervento del legislatore, e potrebbero essere disposti con la collaborazione dei tavoli tecnici (Forum FE in testa) già aperti con l’Agenzia delle Entrate. Il punto da cui occorre muoversi è la considerazione secondo cui in ambito aziendale la standardizzazione dei processi è un obiettivo irrinunciabile, a maggior ragione in un paese che deve confrontarsi con un contesto internazionale in cui la efficienza – e quindi la economicità – dei processi può rappresentare un fattore discriminante e decisivo. Cercherò quindi di verificare se l’attuale contesto normativo e regolamentare rispetta le premesse che hanno ispirato il Decreto Legislativo 127/2015 e, eventualmente, proporre qualche semplice rimedio. La presenza di documenti analogici, dovuta sia a scelte politiche (forfettari), che a situazioni di fatto (acquisti trasnfrontalieri), alimenta processi non standard e genera ulteriori (e inutili) adempimenti, andando in direzione diametralmente opposta a quella auspicata sia dal legislatore delegante che da quello delegato. Vediamo nel dettaglio le procedure e gli adempimenti relativi a due fattispecie abbastanza comuni.

Fattura elettronica e acquisti da soggetti esonerati

Il documento è emesso in formato analogico (su carta) o digitale (un pdf che transita per email), ma in ogni caso i dati in esso contenuti non sono strutturati e il documento non può né essere processato in maniera automatica, né conservato a norma in maniera standard rispetto alle fatture elettroniche. Da ciò consegue che occorre

  • effettuare l’annotazione su un registro IVA sezionale distinto[3] e, eventualmente,
  • predisporre la trasmissione mensile de “i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato[4]
  • acquisire il documento per la sua conversione in formato digitale;
  • organizzare i dati e le funzionalità di ricerca/estrazione previste dall’articolo 3 del DMEF 17/6/2014[5] e la conservazione a norma.

La sequenza di attività sopra indicate rappresenta una procedura non standard rispetto a quelle attivate dalla fatturazione elettronica, e potrebbe essere comunque evitata con modesti accorgimenti. Vediamo come.

Ipotesi 1 – Fattura analogica da soggetto italiano esonerato dall’obbligo di fattura elettronica

In alternativa alla procedura sopra indicata, si potrebbe procedere come segue:

  • Al ricevimento del documento, effettuarne la scansione;
  • Effettuare la annotazione contabile/IVA;
  • Generare (anche contestualmente alla annotazione) un documento in formato xml utilizzando il tracciato FatturaPA in cui inserire come emittente i dati del soggetto che ha rilasciato il documento, come destinatario il soggetto ricevente, specificando nel blocco 1.6 (soggetto emittente) un valore analogo al significato già attribuito col valore predefinito “CC[6]” ;
  • Allegare al documento xml il file con la scansione del documento ricevuto;
  • Trasmettere il documento al sistema di interscambio.

Superfluo dire che sarebbe sufficiente che gli applicativi rendessero automatica la procedura sopra indicata subordinandola magari all’utilizzo di una specifica causale. Così facendo, il processo “analogico” verrebbe ricondotto in maniera semplice ed automatica al processo digitale, aggiungendo sostanzialmente solo la scansione del documento ma risparmiando la conservazione a norma, che sarebbe assicurata dall’inserimento del file xml nella procedura gestita dal SDI, e la tenuta dei registri IVA.

Penso inoltre che questo accorgimento potrebbe consentire di aggiungere qualche tessera al puzzle dei dati dei contribuenti in possesso del Sistema di Interscambio. Non vi realizzerebbe certamente il quadro completo dei forfettari ma si potrebbero ricavare importanti indicazioni statistiche, utili anche per individuare soggetti che potrebbero avere abusato della loro posizione agevolata. Sarebbe una estensione concettuale di ciò che è stato già consentito dall’Agenzia delle Entrate[7] nella c.d. ipotesi di reverse “charge interno”. Ovviamente dovrebbe essere una condotta opzionale, ma il paradosso della legislazione Italiana è che si rende obbligatorio ciò che spesso non è utile, e si fatica anche a rendere opzionale ciò che invece potrebbe essere utile.

Ipotesi 2 – Acquisti transfrontalieri (intra o extra comunitari)

La procedura indicata al punto precedente potrebbe essere utilizzata anche nella ipotesi di documenti emessi da soggetti privi di partita IVA Italiana, sia per operazioni intra che extra comunitarie. La strada è già aperta in quanto è stato già previsto la emissione di autofattura[8], che può anche essere trasmessa al sistema di interscambio, nella ipotesi di operazioni effettuate da soggetti non residenti che, per effetto delle disposizioni recate dall’art. 7 e segg. (territorialità dell’imposta e relative deroghe), si considerano effettuate nel territorio dello Stato e per cui sono applicabili le disposizioni previste dall’articolo 17, secondo comma, DPR 633/1972[9].

Si potrebbe pertanto generare un documento in formato xml fatturaPa, inserire nella fattura elettronica una codifica idonea a qualificare la fattispecie e consentire al SdI la corretta gestione e seguire una procedura analoga a quella indicata per l’ipotesi 1. Così operando si potrebbe addirittura aggiungere, rispetto ai vantaggi evidenziati per la ipotesi 1, anche l’esonero dell’invio dell’esterometro mensile.

La trasmissione telematica dei corrispettivi

La “rivoluzione” operata nel settore della documentazione fiscale in ambito B2C (scontrini/ricevute fiscali) è stata attuata con la sostituzione dell’obbligo del rilascio dello scontrino e della ricevuta fiscale col rilascio di un “documento commerciale”, che può essere emesso alternativamente

  • mediante l’utilizzo di un apposito strumento, il registratore telematico, che provvede anche alla trasmissione giornaliera dei dati all’Agenzia delle Entrate;
  • mediante l’utilizzo di un servizio web dell’Agenzia, disponibile nell’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi, utilizzabile, oltre che da pc, anche tramite tablet e smartphone, che allo stesso tempo provvede a memorizzare e inviare all’Agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi di ogni singola operazione effettuata.

Per i piccoli contribuenti il servizio web offerto dall’Agenzia delle Entrate potrebbe evitare investimenti in apparati onerosi e spesso non coerenti con le esigenze degli imprenditori, in particolar modo nelle ipotesi in cui si effettuano prestazioni in sede non fissa. Per il resto delle imprese la rivoluzione è relativa, non cambia molto, considerato che emettere scontrino fiscale o documento commerciale è praticamente la stessa cosa. Ciò che non si riesce a comprendere è quale sia il vantaggio dell’amministrazione finanziaria nell’avere ogni giorno dati che comunque erano e saranno custoditi nelle memorie dei Misuratori Fiscali e che i contribuenti avrebbero potuto trasmettere anche con frequenza maggiore (per esempio, mensile). Non ritengo che la trasmissione giornaliera, in luogo di quella mensile, possa rappresentare un deterrente per l’evasione: chi vuole evadere non emette scontrini, sarebbe assurdo che qualcuno emettesse uno scontrino e poi non dichiarasse il corrispettivo.

Conclusione

I suggerimenti sopra indicati vanno nella direzione segnata dal legislatore: associare ai nuovi obblighi a carico degli utenti tutte le possibili semplificazioni connesse. Per realizzare le modifica sopra accennate non occorrono interventi normativi, in quanto il comma 3-bis dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 127/2015 già prevede l’esonero della trasmissione di dati (nel nostro caso, l’esterometro) per le operazioni “per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche …” tramite il Sistema di Interscambio.

Per poter consentire ai soggetti che intendessero avvalersene di semplificare il ciclo passivo potrebbe essere quindi sufficiente una norma regolamentare, modificativa del provvedimento 89757 del 30 aprile 2018 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Come detto sopra, dovrebbe trattarsi di una opzione del contribuente, sia perché altrimenti occorrerebbe un intervento legislativo, sia perché dobbiamo sempre considerare che l’introduzione di adempimenti ulteriori potrebbe essere visto (a torto) come una ulteriore vessazione.

Note

  1. Un esempio fra tutti: la generazione della fattura elettronica con la corretta compilazione dei dati dei DDT piuttosto che con la allegazione della scansione del DDT cartaceo.
  2. L’articolo 1, comma 3-ter, del Decreto legislativo 127/2015, così recita: “I soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ai sensi del comma 3 del presente articolo sono esonerati dall’obbligo di annotazione in apposito registro, di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
  3. Per non essere costretti a tenere i registri IVA delle fatture elettroniche, vedi nota 1
  4. C.d. esterometro, previsto dall’art.1, comma 3-bis , del decreto legislativo 127/2015
  5. “I documenti informatici sono conservati in modo tale che … b) siano consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione almeno al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita IVA, alla data o associazioni logiche di questi ultimi, laddove tali informazioni siano obbligatoriamente previste. Ulteriori funzioni e chiavi di ricerca ed estrazione potranno essere stabilite in relazione alle diverse tipologie di documento con provvedimento delle competenti Agenzie fiscali.”Si ritiene che l’adozione del formato fatturaPa dovrebbe rendere non necessario la predisposizione di ulteriori sistemi di ricerca, in quanto connaturati col formato xml strutturato della Fattura elettronica.
  6. Fattura emessa per conto del Cessionario Committente
  7. FAQ n.36 pubblicata il 27/11/2018
  8. Vedi paragrafo 6.1 della circolare ADE 14/E del 17 giugno 2019 e FAQ 140 del 19/7/2019
  9. Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

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