il commento di Callari

PNRR, la nuova Italia digitale passa dalle Regioni: ecco come

Le Regioni da subito sono scese in campo segnalando come il PNRR apparisse troppo centralizzato e offrendo la propria disponibilità a lavorare su temi fondamentali: gli enti del resto avranno un ruolo chiave a fianco di città e comunità nel guidare la rivoluzione digitale

Pubblicato il 08 Nov 2021

Sebastiano Callari

Assessore della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Vicario della Commissione per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome

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Il PNRR rappresenta una straordinaria occasione per riformare la Pubblica amministrazione, per semplificarla e alleggerire la burocrazia, per innovarla e digitalizzarla e per facilitare il necessario ricambio generazionale dopo anni di blocco delle assunzioni imposto dal patto di stabilità. Il PNRR non ha un impatto soltanto sull’amministrazione pubblica ma sull’intera società, incidendo trasversalmente su tutti gli ambiti, senza lasciare fuori niente e nessuno.

È stata proprio questa volontà di massima inclusività a spingere inizialmente le Regioni a tenere un approccio democratico e partecipativo, incentrato sul dialogo e sul confronto, nella consapevolezza che ciascuno (pubblico o privato che sia) debba fare la propria parte: le istituzioni a tutti i livelli, ma anche i territori, le imprese, le università, le scuole, i sindacati e l’associazionismo. Fin da subito le Regioni (che sono restate sostanzialmente ai margini nella fase di redazione del Piano) hanno evidenziato come l’impianto complessivo del PNRR apparisse fondato su una visione fortemente centralizzata che, pur rispondendo, in linea teorica, a un generale principio di economie di scala e di rete, difficilmente avrebbe potuto rispondere positivamente alla necessità di implementare nei tempi dati e nei volumi prospettati gli obiettivi prefissati.

PNRR, la disponibilità delle Regioni

A fronte di tale considerazione, per spirito di leale collaborazione, è stata tempestivamente segnalata la propria disponibilità e capacità di intervenire su differenti ambiti oggetto del PNRR:

  • digitalizzazione e modernizzazione della Pubblica Amministrazione;
  • competenze digitali di cittadini e imprese;
  • digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo;
  • infrastrutture (Banda Ultra Larga, 5G, reti IOT);
  • servizi digitali nei vari settori di competenza (sanità, trasporti, turismo, cultura ecc.).

Seppur la partecipazione delle Regioni sia garantita dalla presenza al Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, resta forte il timore che il PNRR, stante l’attuale governance, possa soltanto in parte raggiungere gli obiettivi prefissati, poiché forte è la consapevolezza della necessità di unitarietà nell’affrontare la rivoluzione tecnologica, i divari sociali e territoriali, di genere e generazionali e le ambizioni di sviluppo e modernizzazione. Il Piano afferma la necessità di una “buona amministrazione”, che non sarà però possibile implementare in assenza di un lavoro comune tra Stato, Regioni ed Enti locali e attraverso procedure di leale collaborazione, evitando fughe in avanti, semplificazioni ed eccessiva verticalizzazione.

Nel caso specifico la centralizzazione dell’azione non può essere sinonimo di velocizzazione o di miglior utilizzo dei fondi. Per ottimizzare il raggiungimento degli obiettivi, l’unica via può essere quella di una cooperazione, che possa basarsi su una chiara individuazione di “chi fa cosa” (tra i diversi livelli di governo) e su tempistiche certe di attuazione degli interventi, degli specifici progetti attuativi e della suddivisione degli importi allocati.

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Le missioni del PNRR

Il Piano è, come noto, articolato in 6 missioni (digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute) e 16 Componenti, che dovranno portare a numerose riforme (orizzontali, abilitanti e settoriali). Per il ruolo di Vicario della Commissione per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione che rivesto in seno alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, mi limiterò a qualche breve considerazione esclusivamente in tema di transizione digitale.

Il 27% delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (sui 230 miliardi fra prestiti, risorse a fondo perduto e fondo complementare) sono dedicate alla transizione digitale, che si svilupperà sostanzialmente attraverso la banda ultra-larga e la trasformazione della PA in chiave digitale e interesserà il fisco, la sicurezza, la sanità pubblica, il turismo e la cultura, il sistema scolastico e la ricerca universitaria. Ma la digitalizzazione, nell’ambito del PNRRnon rappresenta soltanto un obiettivo, ma anche uno strumento funzionale alla realizzazione delle altre cinque missioni che lo costituiscono. Senza un’immediata ed efficace transizione digitale, soprattutto della nostra Pubblica Amministrazione, tutto il PNRR potrebbe essere a “rischio fallimento”, essendo la dimensione digitale trasversale ed indispensabile per tutte le missioni previste dal Piano.

Gli obiettivi di digitalizzazione

La digitalizzazione, come abbiamo potuto constatare durante questa pandemia, rappresenta un fattore determinante per trasformare il Paese e recuperare la produttività e, quindi, è – “giocoforza” – al centro anche delle riforme – trasversali, di sistema e settoriali – di accompagnamento al Piano. Ma è proprio la pandemia che ha messo in evidenza come il digitale rappresenti, allo stesso tempo, sì un fattore abilitante, ma anche un rischio. Il rischio è che tale strumento possa generare insostenibili differenze fra chi può accedervi e chi no, sia in termini di rete che di competenze.

Le Regioni hanno ribadito con forza, in tutte le sedi istituzionali, che ritengono prioritari gli obiettivi che tutte le persone possano acquisire le competenze digitali necessarie e che i dati possano essere a disposizione di tutti. Dobbiamo partire portando il digitale a tutti i Cittadini, a tutte le nostre Comunità, dobbiamo superare le differenze territoriali, quelle di genere e generazionali e dobbiamo condividere i dati che la “rivoluzione digitale” ci permette di acquisire. Il lancio di servizi di cittadinanza digitale (app Io, pagoPa, Cie e Spid o il punto di accesso telematico e il domicilio digitale), ai quali le Regioni hanno dato il proprio fattivo contributo, ci ha fatto capire che siamo sulla strada giusta, ma anche che sono ancora tante le Amministrazioni e le Comunità, nonché i Cittadini, che fanno fatica- per scarsità di risorse e di formazione o per ritrosia culturale – a stare al passo con i tempi della transizione digitale.

Le Regioni per far sì che nessuno resti indietro e per scongiurare un divario che potrebbe rischiare di farci avere una transizione digitale “a macchia di leopardo”, hanno ripetutamente chiesto di essere formalmente e istituzionalmente individuate come Soggetti aggregatori di luoghi, comunità e territori, in grado di supportare chi è maggiormente in difficoltà, anche con la previsione di task force in house o esterne (o pubblico-private) in grado di aiutare le amministrazioni (i piccoli comuni, per esempio) nei processi di reingegnerizzazione dei servizi e dei procedimenti amministrativi.

Lo scenario futuro

La trasformazione digitale è inevitabile, cambierà il mondo che conosciamo e modificherà profondamente le nostre vite. Ma non dobbiamo temerla. Dobbiamo favorirla e guidarla verso il bene comune. E le Regioni in tale processo non possono che fare da traino, stando al fianco delle Città e delle Comunità. Ho appreso di recente che un colosso della logistica sta già sperimentando punti vendita dove non vi sarà alcuna cassa, non perché non si paghi, ma perché la nostra fisionomia sarà sufficiente a riconoscerci come acquirenti. Verremo seguiti da telecamere e associati a codici di vario genere, in modo che uscendo dal negozio (senza casse e senza personale) il digitale possa elaborare e tirare le somme, prelevando direttamente dal nostro conto.

Questo è il mondo che verrà. Un “nuovo mondo” che chiama in causa la privacy e tira in ballo lo strapotere degli algoritmi, dei big data (e delle grandi multinazionali che acquisiscono masse enormi di dati e di conoscenza) e dell’intelligenza artificiale. Il PNRR dive essere anche l’occasione per riposizionare il “Pubblico” nella transizione digitale e per agevolare regole, strumenti e azioni in grado di evitare abusi e speculazioni e per connotare i “dati” come “beni comuni”.

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