La guida

Addio iperammortamento, ecco il credito di imposta per i beni strumentali: tutte le novità

Tutto sulla nuova misura prevista dal Piano Transizione 4.0, in sostituzione delle precedenti agevolazioni del super e iperammortamento

Pubblicato il 16 Lug 2020

Mia Milillo

Business analyst

industria 4.0

Il piano Transizione 4.0 ha modificato il meccanismo di calcolo dell’agevolazione per investimenti in beni strumentali, con l’obiettivo di rivolgersi ad una platea più ampia di fruitori. Per gli investimenti effettuati fino allo scorso anno, l’agevolazione consisteva in una maggiorazione delle quote di ammortamento, quindi in una variazione in diminuzione del reddito imponibile (ossia maggiori costi). Questo meccanismo, tuttavia, ha di fatto premiato solo le medie e grandi aziende, tanto che – dati alla mano – dopo un boom di ordinativi di beni registrato nel 2017, il 2018 ed il 2019 sono stati in netto calo.

A partire dal primo gennaio 2020, al posto del super e iperammortamento viene riconosciuto un credito d’imposta ad intensità crescente, automatico, senza limiti alle compensazioni e fruibile già a partire da gennaio dell’anno successivo all’investimento. Vediamo nel dettaglio cosa cambia.

La normativa

La Legge di bilancio 2020, n. 160 del 27 dicembre 2019, ai commi 185 – 197 dell’articolo 1, stabilisce che ai titolari di reddito d’impresa è riconosciuto un credito d’imposta

  • Nella misura del 6% del costo per investimenti in beni strumentali materiali, nel limite massimo di spesa pari a 2 milioni di euro, utilizzabile in compensazione in 5 quote annuali di uguale importo;
  • Nella misura del 40% del costo per investimenti aventi ad oggetto beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati ricompresi nell’allegato A della L. 232/2016, nel limite massimo di spesa pari a 2,5 milioni di Euro e nella misura del 20% per i medesimi investimenti ma il cui costo è compreso tra 2,5 e 10 milioni di euro, con tempi di compensazione di 5 anni;
  • Nella misura del 15% del costo per investimenti in beni strumentali immateriali funzionali ai processi di trasformazione 4.0 ricompresi nell’allegato B della L.232/2016, nel limite massimo ammissibile di 700.000 euro, utilizzabile in 3 quote annuali di uguale importo.

Chi può fruire dell’agevolazione

Hanno accesso al credito d’imposta tutte le imprese residenti e le stabili organizzazioni di soggetti non residenti indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito d’impresa, che effettuino investimenti in una delle attività ammissibili. Il credito d’imposta del 6% per gli investimenti in altri beni strumentali materiali è riconosciuto anche agli esercenti arti e professioni.

Sono espressamente escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, o sottoposti ad altra procedura concorsuale. Sono inoltre escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. La fruizione del beneficio spettante è subordinata alla condizione del rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.

Quali sono i beni oggetto dell’agevolazione

Sono agevolabili gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa. La misura dell’agevolazione è massima per i beni materiali ricompresi nell’allegato A annesso alla Legge n. 232 del 2016 (si tratta dei beni ammissibili alla categoria del c.d. iperammortamento), ossia ai beni funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”. In particolare, si tratta di beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati e/o gestito tramite opportuni sensori ed azionamenti, di sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità, di dispositivi per l’interazione uomo macchina e per il miglioramento dell’ergonomia e della sicurezza del posto di lavoro in logica 4.0.

Sono inoltre agevolabili gli investimenti in beni immateriali ricompresi nell’allegato B annesso alla L. 231 del 2016; si tratta – a titolo puramente esemplificativo – non solo di beni quali software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni connessi a investimenti in beni materiali Industria 4.0, ma anche software, piattaforme e applicazioni per la gestione dell’e-commerce e della logistica, software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzione 3FD, realtà aumentata, nonché software, sistemi, piattaforme e applicazioni per la protezione dei dati e, più in generale, per la cybersecurity, argomento di particolare rilevanza anche alla luce di quanto contenuto nell’ultimo Rapporto Clusit 2019 sulla sicurezza ICT in Italia, che rileva nel 2018 una crescita quasi del 40% degli attacchi informatici classificati gravi.

È importante sottolineare che a partire dal 2020, l’incentivo per l’acquisto dei suddetti beni immateriali è svincolata dall’obbligo di beni materiali. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all’utilizzo dei suddetti beni immateriali mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza. Sono esclusi dall’agevolazione i beni indicati nell’articolo 164 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (trattasi di alcuni mezzi di trasporto a motore), i beni le cui aliquote di ammortamento siano inferiori al 6,5%, i fabbricati e le costruzioni, i beni di cui all’allegato 3 annesso alla Legge n. 208 del 2015 (beni quali ad esempio condutture con riferimento a particolari settori delle industrie dei trasporti o dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas) ed infine beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione ed a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Adempimenti richiesti

I soggetti che fruiscono del credito d’imposta sono tenuti a conservare – pena la revoca del beneficio – la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. Le fatture ed i relativi documenti devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi dal 184 al 194 articolo 1 della Legge di bilancio n. 160 del 2019. Inoltre, in relazione agli investimenti previsti ai commi 189 e 190 (beni materiali compresi nell’Allegato A e beni immateriali compresi nell’Allegato B della L. 232 del 2016), le imprese sono tenute a produrre una perizia tecnica semplice rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei relativi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, da cui risulti che i beni possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l’ottenimento del beneficio e che siano interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

Laddove il costo unitario di acquisizione dei beni non superi i 300.000 euro, è sufficiente una dichiarazione resa dal legale rappresentante (ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al D.P.R. n. 445 del 2000). A partire da gennaio 2020, quindi, vi è senza dubbio uno snellimento della procedura di certificazione in quanto la perizia è semplice e non più giurata come per gli anni scorsi, ma si ritiene che i contenuti della stessa debbano sempre comprendere la descrizione del bene e delle sue caratteristiche, ai fini della sua espressa inclusione negli elenchi degli Allegati, la verifica dei requisiti di interconnessione, la descrizione delle modalità in grado di dimostrare l‘interconnessione e la rappresentazione dei flussi che definiscano l’integrazione del bene nel sistema produttivo.

Occorre, in altre parole, che per investimenti di una certa rilevanza economica vi sia la dichiarazione di un tecnico che certifichi l’effettiva appartenenza del bene al settore (quello di Industria 4.0) oggetto delle agevolazioni. È necessario, infine, evidenziare alcune limitazioni che riguardano l’utilizzo del credito d’imposta; in particolare questo non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno di un consolidato fiscale (ossia di un gruppo di imprese) e – qualora i beni agevolati siano ceduti a titolo oneroso o siano destinati a strutture produttive ubicate all’estero entro il 31 dicembre del secondo anno successivo all’investimento – l’impresa dovrà restituire il credito non più spettante già utilizzato in compensazione in unica soluzione. Rimane tuttavia la possibilità di effettuare investimenti sostitutivi.

Conclusione

Non vi è dubbio che vi sia una concreta volontà da parte del Legislatore di allargare il più possibile la platea delle potenziali imprese beneficiarie del Piano Transizione 4.0 introducendo il meccanismo del credito d’imposta in sostituzione al super ed all’iperammortamento e riducendo gli adempimenti burocratici, ma ad essa deve corrispondere parimenti la volontà da parte degli imprenditori di investire in beni strumentali.

Laddove l’esigenza di traghettare la propria realtà imprenditoriale in un contesto di “Industria 4.0” non sia percepita come reale e necessaria alla sopravvivenza da parte delle PMI, il Piano rischia di rimanere lettera morta.

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