lo studio SMACT 4.0

Settore della moda, così i dati guidano il management

Il comparto moda può essere un contesto in cui il management data-driven può essere interessante da esplorare ed applicare, in funzione della velocità con cui le imprese si devono confrontare col mercato in termini di nuovi prodotti. L’Osservatorio SMACT 4.0 ha approfondito le dinamiche in atto nelle imprese del triveneto

Pubblicato il 05 Apr 2023

Manuel Borsato

SMACT Competence Center

Guido Bortoluzzi

Università degli studi di Trieste

Eleonora Di Maria

Università degli Studi di Padova

Erica Santini

Università di Trento

Blockchain,,Security,System,,Data,Transformation,,Big,Data,,Iot,,Data,Flow,

In uno scenario competitivo sempre più dinamico ed imprevedibile le imprese possono trovare nei dati – di mercato, di produzione, di fornitura ecc. – una risorsa per definire dei percorsi di azione. La trasformazione digitale può aumentare la competitività delle imprese attraverso molte direttrici e una di queste risiede nello sfruttamento consapevole dei dati.

Un esempio su tutti è quello del settore della moda.

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Il management data-driven

Il management data-driven descrive un approccio strategico strutturale orientato alla raccolta, gestione e analisi dei dati per la presa delle decisioni aziendali. È reso possibile non solo grazie ad adeguati investimenti in infrastruttura tecnologica, ma anche e soprattutto ad un percorso di cambiamento culturale e organizzativo diffuso, che porti a tutti i livelli dell’organizzazione una consapevolezza sulla rilevanza dei dati.

I forti e imprevedibili cambiamenti del contesto che le imprese hanno vissuto nel periodo recente hanno dimostrato con forza la necessità di avere a disposizione dati e informazioni in tempo reale, che aiutino a comprendere come cambiano o come potrebbero cambiare le variabili di riferimento più significative interne ed esterne all’organizzazione e a prepararsi di conseguenza. Basare le scelte strategiche solo su serie storiche, statistiche e report realizzati ex post non è più sufficiente per affrontare i cambiamenti del contesto. Occorre piuttosto considerare le possibili correlazioni tra i dati, le variabili dinamiche e i segnali deboli per comprendere come potrebbero evolvere gli scenari di riferimento più significativi.

Le statistiche a livello internazionale mostrano un deciso aumento nel corso degli anni del volume di dati scambiati attraverso Internet, da più di 60 ZB nel 2020 (zettabyte o trilioni di gigabyte) a oltre 180 stimati al 2025 secondo Statista. Grazie alla comunicazione digitale è possibile realizzare sempre nuovi contenuti online per le finalità più diverse – dall’intrattenimento al supporto alla formazione, all’assistenza online per esempio – che possono diventare un patrimonio informativo e di conoscenza molto rilevante per le imprese. I dati possono avere quindi fonti molto diversificate – interne ed esterne all’impresa – ma tutti potenzialmente importanti rispetto alle finalità che un’impresa può avere.

Avere a disposizione dati corretti e aggiornati, e analizzarli con strumenti adeguati per ricavarne informazioni utili risulta quindi fondamentale. L’analisi dei dati può riguardare tutte le aree aziendali, dalla produzione, ai processi di vendita, ai trend di mercato, ai comportamenti del consumatore, fino ad arrivare alle performance del prodotto. Ad esempio, la gestione in tempo reale di macchinari connessi e l’analisi dei relativi dati possono favorire attività di manutenzione predittiva, con impatti positivi in termini di riduzione delle difettosità o dei fermi macchina. Analogamente, analisi evolute di dati di mercato non strutturati possono aiutare l’impresa a comprendere meglio il consumatore e le sue abitudini e ad anticipare i cambiamenti di mercato.

Definire un approccio strategico all’analisi dei dati e individuare degli obiettivi chiari e definiti è il primo passo per avviare un processo di management data-driven. Ma il percorso di molte PMI italiane rispetto a questi temi sembra ancora in fase iniziale.

Uno studio nelle imprese della moda

Comprendere in che modo le imprese utilizzino in modo consapevole i dati ed abbiano sviluppato un approccio strategico ai dati diventa molto importante per valutare il grado di maturità nel processo di trasformazione digitale delle imprese. Inoltre la possibilità di utilizzare i dati – in particolare nella forma dei big data – viene spesso associata al contesto della grande impresa, mentre le imprese di piccole e medie dimensioni possono essere viste come più lontane o meno adatte per la ridotta scala dimensionale o di volumi di dati necessari. Al contrario l’approccio strategico guidato dai dati è importante per tutte le imprese e si intreccia con le scelte di investimento realizzate in ambito digitale e di tecnologie Industria 4.0.

Il comparto moda può essere un contesto all’interno del quale il management guidato dai dati può essere particolarmente interessante da esplorare ed applicare, in funzione della velocità con cui le imprese della moda – dal tessile alle calzature, passando per gli accessori – si devono confrontare con il mercato in termini di nuovi prodotti. Allo stesso tempo la forte trasformazione delle dinamiche di consumo – in chiave di fruizione di esperienze e forte dimensione sociale che si appoggia all’interazione online – si intreccia con filiere produttive internazionali e sistemi produttivi e logistici distribuiti, in cui conoscenza tempestiva e forte coordinamento possono dare vantaggi competitivi.

L’Osservatorio SMACT 4.0

Per queste ragioni l’Osservatorio SMACT 4.0[1] (che riunisce docenti e ricercatori delle Università del Triveneto in ambito aziendale e gestionale) di SMACT – Competence Center del Nordest – in collaborazione con UniCredit ha realizzato l’indagine Data-Driven Fashion, svoltasi tra la fine del 2021 e il 2022, con l’obiettivo di approfondire queste dinamiche nelle imprese del comparto moda del Triveneto. L’indagine ha coinvolto 189 imprese a partire da una popolazione di riferimento di 1.262 imprese attive in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige nei settori del Tessile, Abbigliamento, Pelletteria, Gioielleria e Occhialeria.

Le imprese intervistate sono soprattutto PMI, con un volume di fatturato inferiore ai 5 milioni di euro (57,2%) e tra i 10 e i 25 milioni di euro (20,1%). La maggioranza opera prevalentemente nella subfornitura di prodotti finiti (33,3%) o di semilavorati (16,9%), cui però fa contro una quota molto elevata di produttori di prodotto finito per il mercato (41,8%). Oltre alla dotazione informatica e digitale delle imprese, la ricerca ha investigato i risvolti di un approccio data-driven sulle strategie organizzative e di innovazione delle imprese, analizzando l’orientamento alla raccolta, analisi e utilizzo dei dati in vista di guidare le scelte aziendali. Ha previsto un focus sulle scelte di investimento tecnologico, i processi di analisi dati e le competenze, analizzando i risvolti dello scenario tecnologico sui processi di organizzazione della catena del valore con un’attenzione anche al tema dell’innovazione di prodotto.

La trasformazione digitale è in corso

La prima parte dell’analisi ha approfondito i tassi di adozione delle tecnologie ICT e 4.0, fondamentali per la raccolta e analisi dei dati. Essi sono risultati limitati sia con riferimento alle tecnologie ICT che 4.0. Per quanto riguarda le tecnologie ICT, in particolare, il quadro complessivo è quello di un utilizzo ancora parziale e selettivo (sito web 71,4%), anche con riferimento alle soluzioni più classiche come i sistemi ERP (23,3%), i CRM (18,5%) o i sistemi CAD/CAM (33,9%).

Per quanto riguarda le tecnologie digitali riconducibili a Industria 4.0, aldilà delle soluzioni informatiche volte a integrare le informazioni prodotte da vari sistemi aziendali (presenti nel 24,9% delle imprese rispondenti), l’analisi ha mostrato tassi di adozione al di sotto del 15% per quasi tutte le tecnologie ad eccezione del cloud computing (adottato dal 16,9% delle imprese). Sotto il 10% sono risultati robotica e automazione avanzata, realtà aumentata, stampanti 3D e sistemi di intelligenza artificiale (Figura 1).

Figura 1 – Dotazione tecnologie industria 4.0

Fonte: Osservatorio SMACT 4.0 – UniCredit 2022

Tale situazione non cambia particolarmente tra imprese operanti prevalentemente in mercati B2B o in B2C: la media di tecnologie 4.0 adottate nei due sotto-campioni infatti, è risultata molto vicina alla media complessiva del campione. Solo per le tecnologie ICT sembra emergere una differenziazione, con un valore medio di adozione da parte delle imprese B2C superiore alle imprese B2B.

Al di là delle specifiche tecnologie adottate, è interessante notare come gli ambiti aziendali di implementazione delle tecnologie digitali riguardino soprattutto i processi produttivi, con un dato che supera il 50% per le tecnologie relative a sistemi di integrazione delle informazioni (65,9%), sistemi MES (95,8%), sistemi di elaborazione big data (52,6%), robotica e automatizzazione (87,5%) e intelligenza artificiale (55,6%). La dominanza dell’applicazione di tali tecnologie al reparto produttivo vale un po’ per tutte le tecnologie investigate, con le sole eccezioni di Stampa 3D e di Realtà aumentata, che trovano una loro collocazione naturale nell’ambito delle attività di sviluppo di nuovi prodotti.

L’approccio verso i dati

Entrando nel merito della ricerca, anche le attività di analisi dei dati effettuate dalle imprese si sono focalizzate prevalentemente sul reparto produttivo, in prima battuta per l’aumento dell’efficienza interna e della produttività (valore medio 3.11), mentre solo in seconda battuta hanno riguardato gli obiettivi di innovazione (orientare e sviluppare nuovi prodotti), la riduzione del rischio d’impresa o l’aumento della sostenibilità ambientale del business. Non sono risultati rilevanti i dati a supporto di attività con ricadute sul mercato – dalle previsioni dell’andamento alla definizione di esperienze per il consumatore o lo sviluppo di nuovi servizi.

Figura 2 – Le attività realizzate per l’analisi dei dati

Fonte: Osservatorio SMACT 4.0 – UniCredit 2022

L’approccio verso i dati, inoltre, ha riguardato soprattutto l’analisi dei dati correnti aziendali (con una media di 3.11 su 5), seguita dall’analisi di pianificazione e budgeting dei dati previsionali (2.73), e non prevede ancora azioni che richiedono un maggiore impegno strategico, organizzativo o tecnologico, come il monitoraggio dei dati in tempo reale, analisi evolute di business o legate a dati non strutturati. Solo le imprese di maggiori dimensioni hanno mostrato una più ampia capacità di analisi e valorizzazione, in particolare per quanto attiene alla realizzazione di analisi evolute.

L’approccio evoluto all’analisi dei dati e a una loro valorizzazione in chiave strategica sembrano comunque venire adottati dalle imprese con maggiore tasso di investimento in tecnologie digitali: le imprese che hanno un approccio data-driven più ampio e consapevole mostrano in media significativamente un numero maggiore di tecnologie legate alla sfera dell’ICT o dell’industria 4.0. Rispetto al potenziale che i dati possono offrire dal punto di vista strategico, anche in questo caso imprese con maggiore grado di dotazione tecnologica – a livello ICT, industria 4.0 o complessiva – dichiarano più delle altre di utilizzare i dati per prendere decisioni in modo tempestivo, continuativo e anche distribuito.

Le competenze per l’analisi dei dati e le criticità

Le imprese hanno dichiarato di ricorrere in egual misura a fornitori specializzati (media 2.19 in una scala da 1 a 5) o hanno avviato iniziative per l’upskilling interno con investimenti specifici sul fronte formativo (2.10), mentre l’assunzione di data scientist appare assolutamente minoritaria (1.40). Emerge comunque come complessivamente queste strategie non mostrino di essere particolarmente rilevanti per le imprese, che risultano sostanzialmente appoggiarsi a competenze e strutture interne o non reputano questo aspetto come importante. Dal punto di vista dimensionale le imprese più grandi hanno investito maggiormente sia nel ricorso all’esterno in supporto specializzato sia nelle competenze interne. La rivoluzione digitale ha permesso di facilitare la produzione di dati in modo distribuito, ma anche un accesso più ampio e diffuso ai diversi livelli dell’organizzazione, potenzialmente aumentando le capacità decisionali, di intervento o responsabilità interne all’azienda. Nondimeno, questo non sembra avvenire nel caso delle imprese del sistema moda intervistate.

Andando a considerare le principali criticità che le imprese hanno evidenziato rispetto all’adozione di un approccio data-driven, non emergono aree più rilevanti tra i fattori sottoposti all’attenzione delle imprese, ma una complessiva valutazione di importanza medio-bassa (sotto al 3 su 5 come valore medio) per tutti i fattori. Vengono menzionate la mancanza di competenze, a seguire la mancanza di grandi volumi di dati o disponibilità di dati di mercato e in seguito i costi per l’acquisizione dei dati (ne seguono comunque altri con valori tra loro prossimi). Le imprese di dimensioni maggiori evidenziano invece in maniera più netta come criticità il processo di integrazione tra basi di dati (e/o tra tecnologie) e la disponibilità di dati dei clienti.

Un percorso in divenire

Nonostante la rilevanza dell’adozione di un approccio di management data-driven, è emerso dalla ricerca come le imprese del Nordest del settore della moda analizzate abbiano effettuato investimenti in tecnologie digitali. Tuttavia si tratta di un quadro in fase di avvio, differenziato in termini dimensionali e in parte di collocazione all’interno della catena del valore. Emergono quindi dei potenziali interessanti di crescita. Parallelamente, le attività di raccolta e analisi dei dati e l’approccio al management risultano in fase iniziale: da una parte le imprese non dispongono della dotazione tecnologica necessaria per affrontarli, dall’altra non ne vengono comprese a pieno le potenzialità. Sembrano quindi migliorabili la sensibilità e la cultura sui temi del digitale e delle potenzialità legate ai dati, non solo nelle imprese più piccole.

Le imprese che hanno investito, comunque, dimostrano di averlo fatto soprattutto per considerazioni strategiche e per la necessità percepita più che per la presenza di incentivi fiscali o agevolazioni. Infine, non sembra emergere una piena consapevolezza da parte delle aziende rispetto ai potenziali impatti dei dati o del digitale sul business, né del loro legame con altri temi come la sostenibilità ambientale o possibili scelte in ambito organizzativo o produttivo. Un risultato che sottolinea il ruolo di accompagnamento – sia pubblico che privato – che può essere realizzato a livello territoriale e di comparto per riuscire a far sfruttare a pieno le potenzialità che il digitale può dare nell’innovazione di prodotto, processo e di proposta di valore verso il mercato.

Note

  1. https://www.smact.cc/osservatorio

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