Dopo un paio d’anni durante i quali Industria 4.0 era sparito dal cruscotto della politica (governo Conte Uno) e della Legge di bilancio, possiamo affermare che il 2020 è stato l’anno del suo grande ritorno in scena. Oltretutto, il 4.0 rappresenta in questi mesi la sfida dell’Europa e, speriamo, anche dell’Italia. Se vogliamo puntare su una ripresa forte post Covid, servono progetti di respiro, della durata di almeno due, tre anni o anche di più per dare solidità alle imprese che hanno voglia di investire.
Il contesto attuale
L’obiettivo è trasformare completamente il sistema delle nostre imprese, produrre beni e servizi ad alto valore aggiunto, nella logica della servitizzazione. Tutto è così in divenire, tutto è così veloce, tutto è così incerto, perché sta nascendo una nuova geografia tra gli Stati, tra i ceti sociali, tra le diverse economie, che non saper tradurre tutto ciò nella rivoluzione del sistema produttivo globale, porterebbe inevitabilmente alla distruzione di intere economie.
Il ritorno del 4.0
Il governo dopo tante spinte delle categorie economiche ha rimesso la palla al centro. Indubbiamente il Ministro Patuanelli è stato l’artefice del cambio di visione governativa, per cui possiamo tranquillamente affermare che Patuanelli, da buon ingegnere, ci crede davvero e ne ha fatto un suo cavallo di battaglia. Altra spinta decisiva è arrivata, durante il 2020, da Carlo Bonomi, neo eletto Presidente di Confindustria, convinto assertore con la sua Assolombarda, da sempre, dell’importanza del piano 4.0.
Anche qui l’argomento è diventato prioritario nella visione di sviluppo del nostro sistema produttivo. Bonomi ha affermato che è stato un errore abbandonare Industria 4.0, perché all’iperammortamento nel 2017 la manifattura ha risposto in maniera molto importante, inoltre con Industria 4.0 si crea benessere per il Paese e i territori. Bastano dunque questi due endorsement per dire che per il 4.0 il 2020 potrebbe essere definito l’anno della ripresa? E il 2021 sotto che stella nasce?
Dopo la ripresa, servono i fatti, servono gli stanziamenti, serve una linea comune, che esca anche dal Parlamento con le buone premesse indicate dal MISE. Premesse, che è noto, riguardano il provvedimento definito Transizione 4.0. Poi va meglio compreso il Next Generation, cosa porterà su Industria 4.0, così come chiede l’Europa. In teoria si parte da un plafond imponente superiore ai 20 miliardi di euro.
La proposta: un bonus 4.0
Un’idea – tra tanti desideri – molto interessante: lanciamo un 4.0 bonus tipo l’ecobonus appena varato per l’edilizia. Questo stimolerebbe investimenti come non mai. Pensate a uno sconto in fattura del 50% per quanti investono nel 4.0 la formazione e le tecnologie abilitanti.
I Digital Innovation Hub europei
Sulla strada della crescita del nostro sistema dell’innovazione, non possiamo non ricordare che stanno per decollare i DIH europei (i digital innovation hub europei). Giusto il 15 dicembre è stata pubblicato dal MISE – a seguito dell’avviso pubblico del 17 agosto 2020 per la preselezione dei Poli di innovazione digitale operanti sul territorio nazionale – l’elenco dei Poli ritenuti idonei a partecipare alla call ristretta europea che sarà poi finalizzata alla selezione di quelli che faranno parte della rete degli EDIH.
Sono state individuate complessivamente 45 aggregazioni. Ricordo che la Commissione Europea stabilisce che per l’Italia ci siano al massimo 23 EDIH. Pochi sono stati i soggetti capaci di presentarsi con un unico soggetto regionale. E come al solito, non riuscendo noi italiani a fare sintesi, lasceremo all’Europa di scegliere per noi.