regione toscana

Industry 4.0, così le Regioni possono aiutare le imprese nella trasformazione digitale

Una riflessione sul ruolo delle Regioni nel sostegno alle imprese nella trasformazione digitale, a fronte dell’evoluzione del quadro di riferimento delle politiche industriali nazionali per evitare sovrapposizioni degli interventi e dispersione delle risorse

Pubblicato il 05 Dic 2018

Albino Caporale

Direttore Attività produttive Regione Toscana

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L’evoluzione e l’espansione delle tecnologie digitali nei processi di produzione e nei servizi impone una riflessione sulle politiche industriali regionali che siano in grado di supportare e sostenere le imprese nella trasformazione digitale in una ottica di complementarietà e/o integrazione con gli interventi nazionali.

I tre assi principali del piano industria 4,0

Il Progetto Nazionale Industria 4.0 (poi Impresa 4.0) in relazione al sistema degli incentivi, opera su tre assi principali:

  • utilizzazione della strumentazione fiscale (ammortamento/iperammortamento anticipato per gli investimenti, credito di imposta per R&S);
  • sostegno agli investimenti produttivi (la c.d. nuova Sabatini) e
  • sostegno ai processi di micro-digitalizzazione.

La strumentazione fiscale ha una specifica caratteristica, di essere automatica (quindi senza alcuna fase istruttoria e di valutazione da parte della pubblica amministrazione), e di consentire la contestualità tra decisione dell’investimento e accesso al beneficio; oltre che di essere di natura orizzontale e limitatamente selettiva. Dunque ha un livello di efficienza in termini amministrativi non comparabile con gli strumenti tradizionali di sostegno.

Dopo anni si è in presenza di una robusta  – anche in termini di risorse finanziarie messe a disposizione – politica industriale nazionale, che costituisce inevitabilmente e necessariamente il quadro di riferimento da parte del livello regionale, il quale opera per buona parte mediante l’utilizzazione delle risorse dell’Unione europea dei Fondi strutturali.

Il rischio è il determinarsi di un effetto spiazzamento o per lo meno di sovrapposizione di linee di intervento, nazionali e regionali, con la conseguenza di una allocazione di risorse non ottimale sul piano dell’efficienza delle politiche, positiva probabilmente in termini di cumulo di risorse e quindi di distribuzione delle risorse: come noto, lo strumento fiscale, quando non si configura come aiuto di stato, è cumulabile con altri interventi di politica industriale, nazionale o regionale.

Il livello di fiscalizzazione, cioè di copertura diretta o indiretta, attraverso un sostegno pubblico, in uno spazio temporale concentrato (2-3 anni) ha avuto l’indubbio effetto di creare le condizioni incentivanti per consentire la ripresa degli investimenti delle imprese, soprattutto investimenti produttivi, dopo una lunga fase di rallentamento se non di recessione.

Una volta disponibili, i dati sul c.d. ammortamento 4.0 potranno fornirne le informazioni necessarie per comprendere la distribuzione territoriale, settoriale e dimensionale della sua utilizzazione. E costituirà una base conoscitiva essenziale per poter impostare le politiche regionali.

Il ruolo delle Regioni nel quadro delle politiche industriali

A fronte di questa evoluzione del quadro di riferimento delle politiche industriali nazionali è necessario effettuare una riflessione su come il livello regionale, che negli ultimi 15 anni ha svolto un ruolo talvolta sostitutivo del livello nazionale, possa definire strumentazioni e interventi complementari o differenziali, e comunque adattativi alle caratteristiche e specificità del sistema produttivo territoriale.

Il carattere orizzontale e limitatamente selettivo degli interventi nazionali dovrebbe spingere il livello regionale verso azioni più mirate, più selettive ed intenzionali, quindi orientate alle filiere, alle caratteristiche del sistema produttivo territoriale e al suo posizionamento nella catena di valore su base territoriale e sovra regionale.

L’anello debole in questa fase di transizione all’economia digitale è rappresentato dalle PMI, in particolare quelle che si posizionano nella parte intermedia della catena della produzione, verso le quali una politica industriale territoriale dovrebbe svolgere una funzione anticipatrice o comunque di accompagnamento rispetto ad una “caduta dall’alto” dei processi di digitalizzazione da parte della committenza strutturata, come inevitabilmente avviene nei processi di diffusione delle innovazioni.

La velocità di trasformazione e di innovazione con la quale le tecnologie digitali evolvono e generano applicazioni nei processi di produzione richiedono alle PMI una capacità di adattamento diversa rispetto al passato, in cui la flessibilità organizzativa e le competenze non codificate consentivano di rimanere competitive nella catena della fornitura.

Selettività e specificazione degli obiettivi

Rispetto a questi fenomeni una politica industriale regionale non può che accentuare la selettività e specificazione degli obiettivi della propria azione, non limitandosi a supportare gli investimenti generici verso i fattori della produzione, ma scendere all’interno delle fasi di produzione, e quindi riuscire a cogliere in modo puntuale il bersaglio su cui intervenire a sostegno dell’impresa.

Una ipotesi di lavoro potrebbe essere di individuare degli specifici output rispetto all’investimento dell’impresa che si intende sostenere, che potrà essere diversificato nella filiera della moda rispetto a quello della sub-fornitura meccanica, per esempio; così come in sistemi produttivi regionali. A fronte di output pre-definiti e codificati (selettivi e intenzionali), l’impresa potrebbe avere a disposizione una strumentazione di incentivi integrata, quindi una cassetta degli attrezzi a cui accedere e operare, avendo a riferimento un piano di investimenti orientato alla realizzazione dell’output individuato.

Una “nuova” politica industriale regionale in tal senso orientata richiede, anche rispetto alle politiche dell’Unione europea, un diverso e rinnovato approccio anche da parte della strumentazione strategica, dall’esercizio della RIS3 alle modalità di valutazione delle politiche.

Le roadmap tecnologiche, applicate alle singole filiere produttive, dovrebbero essere strumentali alla individuazione delle fasi di produzione ove specifiche tecnologie possono apportare miglioramenti in termini di produttività e di competitività e pertanto riorientare la strumentazione di intervento; le valutazioni di impatto non possono continuare ad essere orientate su indicatori macro, spesso in presenza di programmi la cui dimensione finanziaria è limitata e quindi non significativa se non a fronte di faticose e rischiose operazioni di estrapolazione; mentre sarebbe utile sviluppare valutazioni di impatto micro e soprattutto a livello comparato rispetto ai diversi livelli istituzionali.

Un disegno di policy come delineato richiede, da un lato, una capacità di analisi e di conoscenza dei fenomeni produttivi reali approfondita, che dovrebbe sfruttare al meglio i giacimenti informativi che talvolta anche se pubblici non sono accessibili in modo immediato; dall’altro, un operatore pubblico in grado di interagire con l’impresa tenendo conto degli output, e dunque dei risultati piuttosto che sulle ammissibilità formali preventive degli investimenti.

Si tratta di strutturare uno strumento di incentivazione automatico nella fase di ingresso (input) e valutativo nella fase finale e successiva, avendo definito preventivamente risultati (output) da parte delle imprese.

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