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Talent management, cos’è e perché gestire talenti aiuta le aziende



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Steve Jobs diceva che non assumeva persone a cui dire cosa fare ma soltanto persone che gli dicessero cosa fare e come farlo. Questo è, in sintesi, il Talent management. Come gestirlo in azienda

Pubblicato il 22 mag 2023

Giuditta Mosca

Giornalista, esperta di tecnologia



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Un imprenditore di successo che sa leggere i tempi attuali si chiede come trattenere i dipendenti di talento affinché, promuovendone la crescita, questi diventino volano per tutta l’azienda. Oltre a questo, vigono due norme importanti che caratterizzano un manager, ovvero la capacità di contornarsi di persone valide e, secondo, individuare e formare al meglio il collaboratore che potrebbe prendere il suo posto in futuro, perché è compito di un buon manager preoccuparsi della continuità del business e dell’azienda per la quale lavora.

Questi i presupposti, semplici da teorizzare e più complicati da attuare, possono essere implementati con successo grazie a una strategia di Talent management che, pure essendo di per sé molto complessa, è una delle leve che garantiscono competitività e sopravvivenza di un’azienda.

Che cosa significa Talent management

Steve Jobs diceva che non assumeva persone a cui dire cosa fare ma soltanto persone che gli dicessero cosa fare e come farlo. Questo è, in sintesi, il Talent management.

Dal lato pratico, il Talent management è un sistema di attività calibrate per attrarre, fare crescere e trattenere collaboratori e dipendenti particolarmente capaci. Un compito gravoso che investe le Risorse umane ma anche i manager nei cui dipartimenti le persone verranno inquadrate.

Usando altre parole, il Talent management è a sua volta un talento, quello di sapere individuare le persone dotate di capacità appropriate e di stimolarne il potenziale al fine di liberarlo e farlo crescere. Tutto ciò è un vantaggio competitivo per le imprese.

Come la gestione del talento può aiutare un’azienda

La gestione del talento alimenta la crescita dell’azienda, riduce il turn over del personale e contribuisce a comprimere i costi diretti e indiretti legati alle voci di budget delle risorse umane.

Non si tratta di una scienza esatta, il Talent management è una cultura esperienziale e, come tale, si consolida grazie all’esperienza fatta sul campo.

I modi in cui può aiutare un’azienda sono diversi:

  • creare una spiccata cultura del lavoro,
  • accelerare e consolidare il branding aziendale,
  • pianificazione del futuro in modo più centrato e realistico,
  • competitività sul mercato.

Riuscire a mettere le persone giuste nei ruoli chiave e coltivare le loro propensioni naturali e i loro talenti equivale ad avere una marcia in più che ha ricadute soprattutto sull’immagine e la percezione dell’azienda sul mercato, elementi di primaria importanza sia agli occhi dei clienti sia a quelli di partner e investitori.

Una buona gestione dei talenti dà continuità ai processi di business, soprattutto a quelli critici che richiedono una visione più ampia e dai quali dipende l’andamento stesso dell’impresa.

Gli strumenti di Talent management più comuni

Il primo è comprendere che non si può demandare soltanto alle risorse umane il compito di scovare e gestire i talenti. Per quanto abile, chi lavora nel comparto delle risorse umane, può non avere competenze sufficienti a comprendere fino in fondo le peculiarità e gli aspetti più fini dell’operatività degli altri comparti aziendali.

Oltre a un lavoro di collaborazione tra le risorse umane e i manager degli altri dipartimenti dell’impresa, gli strumento più comuni del Talent management sono:

  • coaching, training ed e-learning,
  • workshop e lavori di gruppo,
  • percorsi di sviluppo personalizzati,
  • equilibrio tra vita privata e lavoro,
  • trattamento economico tra stipendio, bonus, benefit e premi.

Ognuno di questi argomenti meriterebbe un approfondimento ma, in questo contesto, è bene sottolineare che la gestione delle performance, solitamente accostata alla gestione dei talenti, è in realtà differente: quest’ultima mira soprattutto a determinare gli obiettivi lavorativi da raggiungere e come raggiungerlo, mentre la gestione del talento è più improntata alla ricerca di forza lavoro valida, al suo corretto inquadramento e a fare in modo che rimanga il più a lungo possibile al soldo dell’impresa.

Individuare, reclutare e trattenere i migliori talenti

Occorre partire dal presupposto secondo il quale il talento propriamente detto può non essere relativo a una hard skill. Lavorare, soprattutto in gruppo, richiede anche abilità che rientrano nella sfera delle soft skill e riguardano modi di approcciarsi e di essere, doti personali che possono essere migliorate ma non create da zero. Di fatto si tratta di una rivoluzione nel modo di assumere, perché non ci sono soltanto le conoscenze tecniche-pratiche a cui le aziende fanno attenzione.

Di conseguenza, per scovare talenti, gli annunci di lavoro non devono soltanto essere un elenco sterile di conoscenze che il candidato deve possedere ma devono contenere anche la filosofia e l’anima dell’azienda, la missione e i valori che ritiene essere imprescindibili.

Il reclutamento cambia il proprio volto, non a caso viene supportato da tecnologie IA che riescono meglio a valutare ciò che non può essere scritto nei curricula, che è un riassunto delle esperienze professionali del candidato e delle capacità tecniche che fanno parte del proprio bagaglio, ma non per forza di cose lascia emergere le soft skill.

Il job match, ossia la valutazione delle capacità professionali del candidato in rapporto a quelle richieste dall’azienda, è uno dei motivi per i quali si usano software dotati di IA, ma non è l’unica ragione per adottarne uno. Affiancando al processo di reclutamento anche psicologi o sociologi, l’azienda riesce a ottenere anche un quadro psico-attitudinale del candidato.

Trattenere i talenti migliori, come detto, è una capacità che l’azienda coltiva con percorsi di formazione e di carriera, con benefit (non soltanto di natura economica). Lasciare al lavoratore un certo margine per trovare un corretto equilibrio tra la sua vita professionale e quella privata è un benefit, così come lo è lasciandogli una certa autonomia nello scegliere come raggiungere un obiettivo che gli è stato posto.

Non ci sono soltanto le compensazioni economiche le quali, certamente importanti, possono essere offerte anche da aziende concorrenti.

L’importanza della formazione nel Talent Management

È cruciale, perché è anima del Talent management stesso: riuscire a scovare quella forza lavoro che si presenta come un terreno fertile che può essere ulteriormente coltivato e fatto crescere. Ma la formazione non è soltanto appannaggio dell’individuo, va anche in direzione dell’interazione tra persone e tra queste e l’azienda. Una formazione accorta e mirata deve infatti comprendere:

  • la coltivazione personalizzata delle peculiarità delle singole persone,
  • lo sviluppo delle capacità, anche potenziali, delle singole persone,
  • la relazione tra persone (lavoro di gruppo),
  • la relazione tra persone e azienda. La cultura del lavoro è fatta anche di interazioni con l’impresa, del rispetto delle funzioni e delle gerarchie, del sapersi muovere all’interno delle dinamiche organizzative e procedurali dell’impresa.

Ogni tipo di formazione deve concludersi con una fase di feedback, affinché il ciclo formativo possa essere perfezionato al fine di promuovere il talento degli individui la cui somma è il talento dell’azienda.

Impostare obiettivi realistici nel Talent management

Gli obiettivi realistici non sono propri soltanto del Talent management e non devono servire ai dipendenti ma all’impresa che li fissa. Ogni risultato da raggiungere deve essere realmente perseguibile, così non fosse a patirne le conseguenze sarebbe in primis l’azienda e, soltanto in seconda istanza, gli effetti negativi andrebbero a riverberarsi sulla cultura del lavoro dei dipendenti.

Gli obiettivi non devono soltanto essere realistici, devono anche essere misurabili. Fissare obiettivi non realistici o difficilmente misurabili non aumenta l’impegno del gruppo di lavoro e non contribuisce a liberarne creatività e capacità.

Se la misurazione può essere affidata a dei Kpi specifici, il discorso della realizzabilità degli obiettivi è più sfaccettato ed è un ambito che può essere circoscritto in fase di allestimento, formalizzandoli secondo alcuni principi:

  • perché l’obiettivo è tale oggi e non lo era in passato?
  • chi sono le risorse uomo in grado di raggiungerlo?
  • in che modo l’obiettivo rientra nella strategia a lungo termine dell’impresa?
  • cosa comporta il non raggiungimento dell’obiettivo?

Le domande in sé sono meno rilevanti del loro tenore: ci sono dei motivi che determinano un obiettivo e questo, di norma almeno, è soltanto un passo intermedio verso altri traguardi. Questo il contesto al cui interno sarebbe doveroso muoversi ed è sempre in questo contesto che gli obiettivi vanno fissati, affinché siano raggiungibili e misurabili (quando l’obiettivo può essere considerato raggiunto? Ci sono milestone che è possibile configurare e che servano da bussola?).

Le tattiche di leadership nel Talent management

Il Talent management cambia il mondo in cui le aziende guardano al mercato del lavoro ed è una rivoluzione anche per i dipendenti di ogni livello. Questo significa che cambiano anche le tattiche di leadership e, a rendere le cose un pochino più complesse, è intervenuta la pandemia che ha portato con sé anche effetti acceleranti. Nel caso specifico, ha indotto molte imprese a cambiare tattiche di leadership perché la quantità e la qualità del lavoro svolto dai dipendenti non poteva più essere controllata direttamente in ufficio. Ne è uscita una cultura del controllo meno morbosa e più improntata sulla fiducia e sulla stimolazione della collaborazione tra persone.

Una delle tattiche più conosciute è il Management by objective (Mbo), un sistema di obiettivi misurabili tagliati sulle capacità del lavoratore e sulle esigenze dell’azienda. Anche in questo caso si tratta di obiettivi realistici e misurabili che spronano il dipendente a dare il meglio di sé.

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