DAZN

Banda larga, sarà il calcio il “vero” driver? Purché si esca dall’impasse

La banda ultralarga è da sempre al centro del dibattito per gli effetti che è destinata a produrre (o a non produrre) sul sistema-Paese. L’attesa degli investimenti del Recovery Fund sta inasprendo il confronto politico, mentre tiene banco quella che potrebbe essere la vera killer-app: il calcio con DAZN

Pubblicato il 14 Apr 2021

Francesco Amorosa

CTO AFA Systems, Co-fondatore UNIDPO, DPO certificato UNI 11697

pezzotto dl omnibus

L’annoso tema della banda ultralarga in Italia riprende intenso vigore spinto da un market-driver, in verità non nuovo: la streaming TV delle partite di calcio di Serie A. Il protagonista degli avvenimenti recenti è DAZN, che si è aggiudicata i diritti della Serie A per tre stagioni.

Il calcio nelle mani di DAZN

Banda ultralarga, lavori (ancora) in corso: le azioni avviate per annullare i divari

La mossa può essere un fattore dirompente, in un quadro – quello della banda ultra larga nazionale – che è stata stagnante per anni, soprattutto sul fronte della domanda; mentre la copertura, com’è noto e come riconosciuto dai due ultimi Governi, procede più lenta del previsto..

In superficie, il colpo di DAZN equivale a sparigliare le carte fra i numerosi “incumbent” che in un modo o nell’altro per anni hanno fatto leva competitiva sui contenuti sportivi, e aver battuto Sky, la quale dichiara comunque di attendere il completamento della procedura di aggiudicazione. Al tempo stesso, e più nel profondo, questo vuol dire aver aperto un cantiere sulle modalità e sulle tecnologie alla base della piattaforma DAZN, nel quale confluiscono in modo massiccio i temi della banda ultra-larga nazionale. Oltre a significare, ovviamente, un possibile fattore di incentivo per lo sblocco della domanda di servizi banda ultra larga.

Per leggere meglio il quadro complessivo, vanno ricordate le notizie che riportano la negoziazione fra DAZN e Persidera SpA di accordi sull’uso di frequenze televisive di digitale terrestre (DVB/T) messe a disposizione di quest’ultima. Persidera, in precedenza una divisione di Telecom Italia, appartiene oggi al fondo indipendente F2i Sgr (Fondi italiani per le infrastrutture).

È interessante notare come allo stesso fondo appartenga anche Irideos, operatore di rete recentemente costituito che ha aggregato e consolidato le attività di 6 precedenti operatori (Infracom, KPNQWest Italia, MC-link, Enter, Clouditalia e BiG TLC). E allo stesso fondo appartiene anche Ei Towers, proprietaria e gestore del principale network italiano di impianti per le trasmissioni televisive. È chiaro che attraverso Persidera, ed eventualmente le sue “consorelle”, DAZN intende assicurarsi un’adeguata piattaforma diffusiva dei propri contenuti, sia essa quella primaria o quella di back-up, sebbene tale piattaforma risulti in più di un aspetto differente dalle diffusioni online che caratterizzano la strategia di DAZN.

Il faro Agcom sugli accordi TIM-DAZN

Ma l’elemento più rilevante in tanto fermento risulta il supporto tecnologico e finanziario che TIM si accinge a prestare a DAZN, per un valore di circa 350 milioni di euro per stagione, ossia circa il 40% dell’impegno complessivo di DAZN per i diritti sulla Serie A.

Nel comunicato stampa dello scorso 26 marzo 2021, la stessa TIM annuncia la firma di un accordo di distribuzione con DAZN per portarne su TIMVISION i contenuti sportivi live e on demand per i prossimi tre anni, a partire dal prossimo luglio 2021. In sintesi, TIM diventerà l’operatore di telefonia e pay-TV di riferimento per l’offerta dei contenuti di DAZN in Italia.

Inevitabilmente l’AGCOM ha avviato un’indagine per verificare la presenza di elementi distorsivi o lesivi del pluralismo nell’accordo fra DAZN e TIM. Secondo quanto prevede la delibera n. 108/21/CONS, avviata il 31 marzo, dovremo attendere 120 giorni affinché l’authority verifichi “la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo”, fra i quali: la costituzione di eventuali barriere all’ingresso, la possibilità di concorrenza nei mercati interessati, le dimensioni di efficienza economica nell’impresa, le sinergie derivanti dalle attività svolte in mercati differenti ma contigui, gli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi.

Sebbene dunque per diversi aspetti sul filo della violazione dei principi di neutralità della rete, l’accordo potrà essere sfruttato da TIM per incorporare i contenuti DAZN nel proprio set-up box, in un’offerta combinata (contenuti più Internet ad alta velocità), in competizione diretta con l’offerta di Sky su rete Open Fiber e Fastweb.

Per effetto indiretto, l’accordo DAZN-TIM offrirà a quest’ultima l’occasione per tornare a vestire il ruolo di interlocutore istituzionale primario sui temi della banda ultra-larga. E’ ipotizzabile che proprio l’accesso ai contenuti sportivi di DAZN, in certe zone del Paese adeguato in altre meno, possa essere “l’indicatore” che TIM utilizzerà tanto per le proprie analisi-denuncia dello stato di fatto, quanto come metrica dell’avanzamento delle azioni concrete che nei prossimi mesi verranno messe in campo per estendere la copertura di rete.

L’evoluzione politica del tema banda ultra-larga

La questione banda ultra-larga resta inevitabilmente un tema politico di acceso dibattito e di primario interesse per gli effetti che è destinata a produrre (o a non produrre) sul progresso del cosiddetto “sistema-Paese”. L’attesa degli specifici investimenti che saranno resi possibili dal Recovery Fund sta naturalmente esacerbando il confronto politico.

Solo pochi giorni fa, Michele Anzaldi di Italia Viva rivendicava “l’accelerazione” degli ultimi anni sulla digitalizzazione e la banda larga, grazie al progetto Open Fiber avviato dal Governo Renzi, dopo decenni di blocco pressoché totale degli investimenti TIM, e stigmatizzava l’operato del Governo Conte 2, con il suo presunto intento di privilegiare il ruolo di TIM e ripianarne i conti con fondi pubblici.

D’altra parte, negli stessi giorni, il M5S leggeva nel piano che il ministro Vittorio Colao ha esposto lo scorso 25 marzo in Consiglio dei ministri l’asseverazione del fallimento della strategia Renzi, connotata dall’assenza di puntuali cronoprogrammi di riferimento e testimoniata dal grande ritardo dei cantieri, che aveva permesso di raggiungere con la banda larga, dal 2015 ad oggi, il 34% delle famiglie italiane (il 16% nelle aree a fallimento di mercato) invece del previsto 100%.

Un altro interessante punto di vista sui precedenti interventi per estendere la rete, al quale è doveroso far cenno pur senza poterlo qui approfondire, è quello delle aziende impegnate nei subappalti operativi per i cantieri per la fibra ottica, collegati a interventi fra i quali quelli denominati BUL, Flash Fiber e infine Open Fiber. Queste aziende hanno spesso denunciato un livello di competizione via via crescente, fino a rendere economicamente non sostenibile l’attività in quei settori, con la conseguenza dell’espulsione e/o della scomparsa di molti operatori. In altre parole, la denuncia ha evidenziato che nessuno degli interventi menzionati ha avuto l’effetto legittimamente atteso di migliorare le condizioni economiche e/o patrimoniali delle aziende impegnate nelle nostre città per la costruzione delle reti in fibra ottica. Questo è un tema che non dovrà sfuggire nella gestione di prossimi analoghi interventi, magari adottando listini di riferimento, verificando continuamente l’esistenza di eventuali accordi fra le aziende appaltatrici più o meno in forma di oligopsonio, aprendo appalti diretti in favore di aggregazioni di aziende del subappalto.

Banda ultralarga strumento di resilienza: modelli di sviluppo e linee di azione al 2030

L’intervento di esordio del Ministro Colao si è registrato durante la conferenza di ASVIS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile). Qui il neoministro ha delineato il piano di lavoro specifico del Governo Draghi in merito alla transizione digitale, traguardandolo al 2030. Davvero importante, ha riconosciuto Colao, il rapporto fra transizione digitale e questione giovanile: “…Non avremo sviluppo se non investiamo per le nuove generazioni…”. E ancora, sul tema della rete: “…non è possibile che certe aree del Paese non siano collegate…. Penso agli studenti, ma anche alla sanità… Non possiamo permetterci di avere anni di ritardo sulla banda larga…”. Lucidamente il ministro ha riconosciuto ciò che ormai è un convincimento generalizzato: la pandemia, che ci ha forzatamente insegnato a lavorare online, ha sortito in parallelo il perverso effetto di allargare alcune distanze invece che chiuderle: se in alcune aree del Paese c’è solo il 60% di scuole connesse, questo vuol dire che lì stiamo escludendo uno studente su 4.

Proprio sul tema “rete e scuola” va ricordato il disegno di legge (prima firmataria Senatrice Mantovani, M5S) che punta a dare efficacia all’intervento “Scuola 4.0” inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). In attesa della sua pubblicazione integrale sul sito del Senato, dalle dichiarazioni di Mantovani si comprende che il disegno di legge delinea la creazione di una rete di interconnessione unica nazionale per le Scuole, denominata “UNIRE”, che fornisca interconnessione a tutte le scuole di ogni ordine e grado tra di loro, con gli uffici scolastici regionali, con il ministero dell’Istruzione e globalmente alla rete Internet; i servizi di rete di base quali DNS, servizi di memorizzazione dati e cloud computing; la base di accoglienza per tutti i servizi informatici sia amministrativi che didattici; sviluppare e fornire il servizio unico nazionale per la didattica digitale integrata; i servizi di sicurezza informatica e ambienti protetti per la didattica e per la didattica digitale integrata.

E’ un disegno di legge che potrebbe far ripartire, in un contesto governato ed efficiente, l’iniziativa di tanti soggetti imprenditoriali nazionali che operavano nel settore delle piattaforme digitali per la didattica e che sono stati in un modo o nell’altro annientati quando, nella foga del “decisore istituzionale” di trovare soluzioni per l’erogazione della didattica nella pandemia (si ricordino ad es., fra le altre, le pertinenti e controverse indicazioni del Ministero Istruzione), hanno visto dilagare la presenza delle grandi piattaforme online americane, un po’ per la loro intrinseca forza, un po’ per la distrazione della politica e dell’opinione pubblica nazionali.

Dove stiamo andando

Insomma, risultano definite le strategie e i principi sulla base dei quali il Governo Draghi riparte ad affrontare il tema della rete: piena neutralità tecnologica (fibra, FWA e 5G) per garantire la massima copertura possibile; e rispetto delle regole di mercato e dei principi che tutelano la concorrenza. E forse ancora più importante appare l’attenzione del ministro non solo all’entità degli investimenti previsti dal PNRR e alla necessità di incrementarli, ma soprattutto al fattore che risulterà decisivo per i risultati: la capacità di trasformare i programmi di investimento in interventi concreti, nei tempi e nei modi previsti cercando di recuperare il ritardo accumulato.

Allora l’idea di rete unica, attribuita al Governo Conte 2, pare non essere più di attualità: troverà TIM un’adeguata sponda nell’accordo con DAZN sul calcio per restare protagonista nel mutato contesto?

Il calcio su DAZN spingerà finalmente gli abbonamenti banda ultra larga?

Le risposte saranno interessanti da scoprire. Intanto, un nuovo attore di peso è comparso proprio qualche giorno fa sulla scena: il Ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha affidato alla sottosegretaria Anna Ascani la delega sulla banda ultralarga, le telecomunicazioni, il digitale, affinché prenda corpo la strategia del MISE per la banda ultralarga, di piena collaborazione con il ministro della Transizione digitale, Vittorio Colao, il quale ha appena annunciato l’impegno del governo “a consegnare un piano Banda ultra larga entro l’estate perché il Paese sappia dove andare”, invocando principi quali “celerità, neutralità e concorrenza”.

Il quadro si sta finalmente delineando, per quanto con dettagli ancora confusi.

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