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Campi elettromagnetici, sui limiti bisogna fare di più



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L’UE e l’Italia stanno cercando di riformare la regolamentazione sull’esposizione umana ai campi elettromagnetici, un passo cruciale per l’espansione delle reti 5G. Una panoramica dettagliata della questione, compresi i dettagli della riforma in discussione e il quadro europeo di riferimento

Pubblicato il 16 nov 2023

Silvia Compagnucci

vicepresidente di I-Com



5g_wireless

Dopo anni di accese discussioni e innumerevoli richieste di adeguamento della normativa nazionale al quadro europeo e internazionale e dopo il naufragio dell’ultimo tentativo di riforma messo in atto nel corso dell’estate appena trascorsa, il DDL Concorrenza attualmente al vaglio delle Camere (approvato al Senato) rappresenta forse il punto di caduta per il varo di una riforma sui campi elettromagnetici.

Sebbene forse lontano dalle aspettative, il piccolo aumento dei limiti ha l’indiscutibile merito di aver posto nuovamente al centro dell’attenzione del legislatore un tema di rilevanza cruciale per l’accelerazione dello sviluppo infrastrutturale, e dunque per la competitività del paese, e di averlo fatto andando nella giusta direzione.

La riforma in discussione in Italia

L’art. 10 del DDL Concorrenza, introdotto in sede referente e rubricato “Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici”, al fine di potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica, dispone l’adeguamento (tramite decreto), alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, dei parametri attualmente vigenti (limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità) per la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

Il comma 2 del medesimo articolo vuole evitare che la riforma si traduca in un nulla di fatto per ragioni connesse all’eventuale difficoltà di trovare un accordo tra tutti i soggetti competenti a partecipare alla procedura di revisione che prevede, ex art. 4 c. 2 della legge n. 36/01, l’adozione di un DPCM (su proposta del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro della Salute sentiti il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico e le competenti Commissioni parlamentari, previa intesa in sede di Conferenza unificata).

Così fissa, per l’eventualità che tale termine decorra infruttuosamente, i seguenti valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui alle tabelle 2 e 3 del D.P.C.M. 8 luglio 2003: per quanto attiene all’intensità di campo elettrico E a un valore di 15 V/m; per quanto attiene all’intensità di campo magnetico H a un valore di 0,037 A/m; e per quanto attiene alla densità di potenza D a un valore pari a 0,52 W/m2.

Da ultimo, è stato presentato un ulteriore emendamento che innalza a 0,039 A/m e, la densità di potenza D, a 0,59 W/m2. Il quadro che ne risulta è il seguente:

Testo vigente

Comma in esame

Intensità di campo elettrico E (V/m)

6

15

Intensità di campo magnetico H (A/m)

0,016

0,039

Densità di potenza D (W/m2)

0,10

0,59

Il comma 3 va infine a modificare la legge quadro n. 36/2001 al fine di prevedere il coinvolgimento del Ministero delle imprese e del made in Italy nelle funzioni in materia di CEM. Tale Ministero, infatti, è chiamato ad effettuare la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi a sorgenti connesse ad impianti, apparecchiature e sistemi radioelettrici per usi civili di telecomunicazioni, da trasmettere al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, al Ministero della salute e al Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico, al fine di implementare e sostenere le attività di monitoraggio ambientale e consentire una più efficiente e razionale gestione dello spettro elettromagnetico.

Le linee guida ICNIRP e il quadro europeo di riferimento

La riforma attualmente al vaglio delle Camere pone un obiettivo chiaro: adeguare i parametri attualmente vigenti alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche al fine espresso di potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica. Si tratta di un obiettivo assolutamente chiaro e condivisibile e che trova evidente giustificazione nell’attuale quadro normativo che vede l’Italia tra i pochi paesi ad aver mantenuto così a lungo limiti di esposizione tanto restrittivi.

Rispetto all’esposizione umana a campi elettromagnetici, i limiti internazionali sono stabiliti da una commissione scientifica internazionale denominata International Commission on Non-lonizing Radiation Protection (ICNIRP) il cui operato, riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è a partire dal 1992 sottoposto a periodici aggiornamenti. L’ICNIRP ha pubblicato, nel marzo 2020, le proprie linee guida per l’esposizione a campi elettromagnetici nell’intervallo di frequenza compreso tra 100 kHz e 300 GHz che hanno aggiornato quelle precedenti, pubblicate nel 1998.

Le grandezze fisiche di riferimento utilizzate per fissare i limiti sono il SAR (Specific Absorption Rate) misurato in W/kg (watt per chilogrammo), che misura la potenza assorbita dal corpo, e la densità di potenza (P) in W/m2 (watt per metro quadro), che è la grandezza fisica caratterizzante la propagazione dell’onda elettromagnetica nell’ambiente. Applicando il fattore di sicurezza, le linee guida ICNIRP indicano, per le frequenze considerate in questo studio, un valore limite di 61 V/m, pari a circa 10 W/m2. Tali limiti rispettano il principio di precauzione, scientificamente quantificato con un fattore di abbattimento della densità di potenza dei campi elettromagnetici pari a 50 volte rispetto alla soglia minima in cui sono riscontrati effetti termici dannosi dall’esposizione di biosistemi a campi elettromagnetici.

A livello europeo, invece, il principale riferimento è costituito dalla Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 1999 (1999/519/CE) “Limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0Hz a 300 GHz” che definisce, sulla base di una serie di studi internazionali condotti dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Sulla base di un approfondito esame di tutta la letteratura scientifica pubblicata fino ad allora, che peraltro non risulta essere stata superata da nuove evidenze, la raccomandazione europea ha elaborato limiti di base e livelli di riferimento per frequenze da 0Hz a 300 GHz che variano al variare della frequenza considerata.

Nell’esercizio della facoltà rimessa agli Stati membri di definire livelli di protezione diversi, il nostro Paese, sulla base della disciplina contenuta nella legge 22 febbraio 2001, n. 36 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, l’8 luglio 2003 ha adottato un DPCM, successivamente modificato dal decreto-legge n. 179 del 2012, che ha fissato il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità a 6 V/m mentre il limite di esposizione a 60 V/m per frequenze da 0.1 MHz a 3 MHz, a 20 V/m per frequenze da 3MHz a 3 GHz e a 40 V/m per frequenze da 3 a 300 GHZ.

Il valore di attenzione di 6 V/m per il campo elettrico, in particolare, è da applicare per esposizioni in luoghi in cui la permanenza di persone è superiore a 4 ore giornaliere mentre l’obiettivo di qualità di 6 V/m per il campo elettrico è da applicare all’aperto in aree e luoghi intensamente frequentati, dunque praticamente in tutti i contesti urbani.

Quanto alle tecniche di misurazione da impiegare per verificare il rispetto di tali limiti, il decreto rimanda a quelle indicate nella norma CEI 211-7 (e/o in specifiche norme emanate successivamente dal CEI). Il quadro complessivo, importante in una logica comparativa visto l’impatto che i limiti esercitano sulla progettazione degli impianti e soprattutto sulla possibilità di utilizzare i siti già esistenti per l’installazione della nuova tecnologia, è sintetizzato nella tabella che segue.

Si tratta di valori molto stringenti che pongono l’Italia tra i pochissimi paesi UE a non essersi allineati alle indicazioni formulate dall’ICNIRP e recepite dalla raccomandazione europea.

Limiti campo elettrico. L’Italia nel contesto europeo

Note: Il dato del Belgio fa riferimento alla regione di Bruxelles che ha innalzato i limiti elettromagnetici da 6 V/m a 14.5 V/m nel 2021. In altre aree del Paese esistono limiti differenti, ad esempio nelle Fiandre il limite è più elevato ed è pari a 20 v/m

Fonte: documentazione audizione Asstel e Politecnico di Milano presso IX Commissione Camera dei Deputati del 9 aprile 2019, , GSMA, EMF health

La Polonia, in particolare, dopo aver previsto limiti molto vicini a quelli italiani, ha aderito alle ultime linee guida dell’ICNIRP a partire dal 1° gennaio 2020 mentre in Belgio ad agosto 2021, anche la regione di Bruxelles ha innalzato i limiti elettromagnetici da 6 V/m a 14,5 V/m, rimanendo – almeno per il momento – al di sotto dei limiti raccomandati dall’ICNIRP e dall’OMS, nonché da quelli fissati nella regione delle Fiandre, in cui vige un valore soglia pari a 20 V/m. Nonostante ciò, sia il governo fiammingo che quello vallone stanno monitorando da tempo – con il supporto delle autorità compenti o con gruppi multidisciplinari di esperti – gli impatti a 360 gradi (sociali, salute, ambiente, protezione dalle radiazioni) inerenti la realizzazione delle reti 5G e l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche. Pertanto, è immaginabile che – sulla scorta di valutazioni scientifiche – prossimamente anche il Belgio si adegui alle linee guida dell’ICNIRP, così come hanno fatto col tempo la maggior parte degli Stati Membri dell’Unione Europea.

Il tentativo di riforma naufragato

L’estate appena trascorsa ha visto naufragare il precedente tentativo di riforma (Decreto TLC) della normativa sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici che prevedeva l’innalzamento ad un valore di 24 V/m nel caso di mancato raggiungimento di un’intesa entro 120 gg dall’entrata in vigore della legge, dei limiti di cui alle tabelle 2 e 3 dell’allegato B.

Importante sottolineare che, in base alla bozza del decreto che era circolata, l’incremento dei valori avrebbe dovuto essere subordinato ad un‘attività di monitoraggio sui valori reali di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ambientali, e gli attuali livelli di emissioni delle reti mobili, affidata alla Fondazione Ugo Bordoni in collaborazione con le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale. Sempre alla Fondazione Bordoni sarebbe dovuto spettare il compito di istituire una rete di monitoraggio nazionale con lo scopo di informare in modo corretto ed efficace la cittadinanza sui livelli di campo elettromagnetico effettivamente presenti sul territorio, fornire alle Regioni ed agli enti locali dati e informazioni utili per migliorare il processo di localizzazione e controllo degli impianti sorgenti di campi elettromagnetici al fine di mitigare l’impatto elettromagnetico.

Perché è cruciale riformare la normativa sull’esposizione umana ai campi elettromagnetici

La disciplina sull’esposizione umana ai campi elettromagnetici ha un impatto diretto sulla progettazione e realizzazione delle reti radiomobili. È evidente ed intuitivo, infatti, che ad una minore potenza corrisponde una minor copertura territoriale e dunque la necessità, per garantire certi obiettivi di copertura, di realizzare un maggior numero di impianti, con tutto ciò che questo comporta in termini di costi, autorizzazioni, individuazione di siti in luoghi spesso sottoposti a vincoli paesaggistici e maggiori consumi di energia, materiali e spazi. Ciò comporta senza dubbio una maggiore difficoltà nello sviluppo delle reti 5G e, dunque, un ritardo nella disponibilità per cittadini, imprese e PA, di reti altamente performanti in grado di assicurare lo sviluppo e l’utilizzo di servizi in grado di rafforzare in maniera consistente la competitività del sistema paese.

Si tratta di un vulnus importante ove si consideri che le telecomunicazioni sono una delle piattaforme fondamentali per la digitalizzazione del sistema economico, industriale e tecnologico a cui appartengono. In particolare, sono essenziali per lo sviluppo delle tecnologie che sono sulla frontiera dell’innovazione e che trovano la loro primaria applicazione in ambito industriale e manifatturiero. In quest’ottica, non possono che risultare un fattore strategico in un Paese come l’Italia, che occupa il 7° posto a livello globale e il 2° a livello europeo in termini di valore aggiunto manifatturiero. Il ritardo nello sviluppo delle reti 5G potrebbe erodere la competitività internazionale dell’Italia che è il settimo Paese al mondo in termini di export, classificandosi al secondo posto tra i paesi europei e posizionandosi tra la Germania, che è terza nella classifica globale, e la Francia che è nona.

5G, Europa in ritardo

La riforma della disciplina sull’esposizione umana ai campi elettromagnetici rappresenta un’esigenza ormai ineludibile per non ostacolare lo sviluppo delle reti 5G rispetto alle quali l’UE e l’Italia hanno fissato obiettivi sfidanti per i prossimi anni.

Il nuovo standard di trasmissione mobile di quinta generazione costituisce, infatti, un’importante opportunità di sviluppo e crescita a livello planetario, in particolare per la sua capacità di abilitare applicazioni e tecnologie avanzate grazie alle straordinarie performance in termini di velocità di trasferimento dei dati, latenza, capacità di gestire un elevato numero di dispositivi (un milione di dispositivi in 1 km2) e di assicurare una maggiore longevità della batteria dei dispositivi. Si tratta di benefici enormi che vanno direttamente ad impattare sulla competitività delle imprese, sulla natura e la complessità dei servizi accessibili agli individui ed alle pubbliche amministrazioni e sulla capacità dei singoli paesi di ricoprire un ruolo da protagonisti nel panorama internazionale. Se è globale la tendenza allo spostamento verso il 5G, l’Europa, nonostante l’accelerazione registrata, continua ad essere in ritardo rispetto a USA, Giappone, Cina e Corea del Sud sia in termini di popolazione coperta, sia in termini di adozione. In questa partita che si gioca su un campo globale, l’Italia, se da un lato rivela una copertura 5G (resa possibile dall’utilizzo della tecnologia DSS) pari al 99,7%, dall’altro, con riferimento alla copertura 5G stand alone, si posiziona tra gli ultimi paesi con solo il 7,3% di copertura.

È fuor di dubbio quindi che, oltre alle risorse messe a disposizione dal PNRR attraverso il piano Italia 5G (e anzi per meglio valorizzarle), ci sia bisogno di una svolta che passa non solo per l’adozione e l’uniforme applicazione sul territorio nazionale di tutte le ulteriori semplificazioni necessarie per accelerare le procedure autorizzative per lo sviluppo delle reti mobili, ma anche per l’innalzamento dei limiti attualmente vigenti.

La disciplina vigente determina la rapida saturazione degli impianti esistenti imponendo il proliferare di nuovi siti in un contesto in cui l’identificazione di nuovi luoghi dove poter costruire apparati radiomobili è un processo sempre più difficile e lento a causa del progressivo esaurimento nei centri urbani di luoghi adeguati e della scarsa disponibilità dei proprietari cui si aggiungono i numerosi contenziosi attivati contro l’installazione di nuove antenne.

Se a ciò si aggiungono i costi realizzativi, uniti all’impatto ambientale conseguente al proliferare degli impianti e dunque all’incremento dei consumi energetici, di spazi e materiali e dei mezzi in circolazione per finalità manutentive e il tutto si colloca in una cornice che vede l’Italia impegnata nel raggiungimento di obiettivi di copertura assolutamente sfidanti entro il 2026 e nella necessità di non ridurre la competitività delle proprie imprese sia TLC che, più in generale, di tutte le aziende interessate a beneficiare delle performance garantite dal 5G, è evidente quanto sia importante conformare o quantomeno avvicinare significativamente la disciplina nazionale alle indicazioni europee ed internazionali.

Limiti elettromagnetici, la direzione è giusta ma attenzione

L’art. 10 inserito nel DDL Concorrenza va nella giusta direzione avendo l’innegabile pregio di aver rimesso al centro dell’attenzione l’adeguamento della disciplina sull’esposizione umana ai campi elettromagnetici e di aver compreso e chiarito che la finalità perseguita consiste nel potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica.

Certamente il punto di caduta a 15 V/m fissato dalla norma in caso di inutile decorso del termine di 120 gg. previsto per la conclusione della procedura di revisione degli attuali limiti non entusiasma, essendo ancora molto lontano da quanto sarebbe opportuno prevedere, in assenza totale di evidenze scientifiche a supporto di un approccio ancora così tanto restrittivo.

Considerato però che la disposizione in questione dispone l’adeguamento, alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, dei parametri attualmente vigenti per la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici senza porre limitazioni, l’auspicio – forse poco probabile ma necessariamente da sostenere – è che nel corso della procedura gli enti competenti riescano a fare meglio fissando l’asticella più in alto di quanto previsto come punto di caduta minimo così da riuscire ad imprimere una maggior accelerazione al processo di sviluppo delle reti 5G e ad offrire non solo alle imprese di TLC ma al paese intero quella maggior competitività necessaria per affrontare le sfide del presente e del futuro.

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