Il commento

Tutte le lacune del decreto

Nessun incentivo alle pmi. Misure sbilanciate sull’eGovernment e ora ci sarà la sfida di farle digerire alle Pa. Bene le start-up, ma adesso vediamo le risorse. L’analisi del responsabile degli osservatori Ict del Politecnico di Milano e tra i massimi esperti di digitale in Italia

Pubblicato il 09 Ott 2012

Andrea Rangone

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Questo governo ha portato un grande beneficio al nostro Paese, già ben prima di pubblicare questo decreto legge sull’Agenda Digitale (Crescita 2.0): ha avuto il merito infatti di porre – seriamente – il tema dell’innovazione digitale al centro del dibattito politico e quindi al centro dell’attenzione di tutti: media, aziende, cittadini, ecc. Sarà un beneficio intangibile ma molto, molto importante: in un Paese in cui il vero digital divide è culturale (ben più che infrastrutturale). In un Paese cioè che ha scarsissima consapevolezza di quanto è importante l’innovazione digitale in tutti i campi, per non diventare arretrato.

Detto questo, il decreto è fortemente sbilanciato su una dimensione dell’innovazione digitale: quella relativa alla PA, che seppur rilevantissima, è solo una fetta della torta complessiva. In questo ambito nel decreto sono previste misure estremamente importanti – e urgenti – per il nostro paese.

Inoltre è importante sottolineare che la diffusione di queste nuove soluzioni digitali – oltre ad avere benefici diretti sulla PA (riduzione potenziale dei costi e aumento del livello di servizio a cittadini e imprese), hanno importanti benefici indiretti sul settore ICT, dal momento che questi progetti di innovazione si scaricheranno su un certo numero di fornitori di soluzioni digitali, contribuendo a potenziare un settore – quello ICT – che oggi sta soffrendo in italia ma che è chiave per il futuro digitale di tutto il Paese.

Evidenzio solo due note di “preoccupazione”:

Sarà in grado la nostra PA di recepire e concretizzare tutte queste direttive? Pongo l’attenzione sul tema dell’implementazione: occorrerà rivedere processi, procedure, mansioni, ruoli organizzativi, oltre che sistemi informativi e tecnologie, e tutto questo richiederà forte (e reale) commitment dei vertici/funzionari pubblici (per superare le mille inerzie), competenze, strumenti, leadership. Come in qualsiasi organizzazione anche privata impegnata in cambiamenti così radicali. Ho la sensazione che per passare dalla teoria alla pratica occorra pensare ad un programma di crescita, formazione, empowerment digitale dei nostri funzionari pubblici, per dar loro quegli strumenti concettuali e quelle competenze indispensabili per diventare reali portatori di questa innovazione

Sapranno le diverse amministrazioni in gioco trovare i fondi finanziare queste trasformazioni? Sappiamo bene lo stato delle finanze delle diverse amministrazioni…

Esprimo invece delusione per il fatto che nel decreto non si prevede di fatto nulla a favore dell’innovazione delle imprese, in particolare nelle nostre pmi, nessun incentivo fiscale, nessun contributo a favore della loro innovazione digitale, nessun riferimento a progetti strategici per il nostro ecosistema di imprese, come l’eCommerce, l’eProcurement e la fattura elettronica.

Un commento molto positivo va invece sull’intervento fatto a favore della start-up: si vede che la task force del governo ha lavorato veramente bene. Peccato solo che siano sparite tutte quelle misure che prevedevano un’iniezione di soldi. Il ministo promette ora che le risorse ci saranno, anche senza norma specifica: speriamo e aspettiamo!

Peccato anche che non abbiamo quasi completamente considerato il ruolo che il sistema universitario può/deve giocare nell’ecosistema delle startup, né a livello di formazione né a livello di incubatori e trasferimento tecnologico. E invece qualcosa di buono sta accadendo.

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