Economia e legalità

Antifrode: come l’analisi dei big data può aiutare a monitorare l’uso dei fondi europei

Oggi è possibile confrontare diverse banche dati in modo aggregato: ma dopo l’interoperabilità delle piattaforme, il prossimo passo per l’antifrode sarà utilizzare al meglio la big data analysis. I dettagli, gli ultimi interventi legislativi in Europa e in Italia

Pubblicato il 06 Lug 2022

Massimo Colucciello

fondatore e CEO PA Advice

Ugo Liberatore

Colonnello Guardia di Finanza, Dirigente ufficio IV Servizio centrale per il PNRR del Ministero Economia e Finanze

missione1 – PNRR – antifrode

Dopo la pandemia, il bilancio dell’Unione è cresciuto come mai prima. È stato approvato sia il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 da 1.074 miliardi che il Next Generation Ue da 750 miliardi. Per l’Italia c’è la declinazione del PNRR, che con il suo enorme corollario di risorse, ambisce a modificare l’assetto competitivo del Paese.

Tuttavia, tra le tante sfide poste da questo scenario, una è decisiva: limitare al minimo l’uso distorto delle risorse. In questo senso, un grande aiuto può arrivare dal digitale che sta profondamente migliorando il sistema di contrasto e prevenzione delle frodi.

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Antifrode: gli interventi legislativi in Europa e in Italia

Negli ultimi anni, a livello europeo ci sono stati diversi interventi. È stato rivisto il regolamento dell’ufficio europeo per la lotta antifrode, OLAF, potenziato e messo in più stretta collaborazione con l’EPPO, la Procura europea.

È stato adottato il cosiddetto “regolamento sulla condizionalità”, teso a tutelare il bilancio comunitario da violazioni degli Stati Membri tali da compromettere gli interessi finanziari dell’Ue.

Sono state implementate le misure della strategia antifrode della Commissione (CAFS) adottata nel 2019.

A livello nazionale il Servizio di coordinamento antifrode (AFCOS), istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, aggiorna costantemente la “Strategia Nazionale Antifrode” (NAFS) sia nei contenuti che nelle tempistiche, ora adeguate agli orizzonti temporali del bilancio Ue.

Inoltre, vengono tenute in conto le ultime evoluzioni dei fenomeni di illegalità tenendo in conto possibili infiltrazioni della criminalità organizzata. Soprattutto, gli strumenti tecnologici consentono ora di accentrare e rendere visibili e trasparenti tutte le informazioni relative ai beneficiari dei Fondi strutturali e di quelli riconducibili al Recovery and Resilience Fund (il fondo collegato al Pnrr).

L’interoperabilità delle piattaforme per l’antifrode

Finalmente si possono confrontare diverse banche dati interrogando un unico sistema in modo aggregato, senza dover svolgere ricerche distinte. Questo “mettere in connessione” sistemi informatici integrati, in grado di combinare dati eterogenei provenienti da fonti diverse, consente di rendere trasversale il sistema di prevenzione, individuazione e contrasto delle irregolarità.

In particolare: ci sono il data warehouse e il data mart, attivati all’interno del sistema unitario “ReGiS”; c’è il sistema antifrode “Arachne” messo a disposizione dalla Commissione Europea; è entrata in funzione a dicembre 2021 la piattaforma PIAF IT, che permette un’uniforme raccolta dei dati con totale garanzia sulla loro qualità e completezza.

Questa interoperabilità delle banche dati, nazionali ed europee, consente l’automatica ricostruzione dell’intera catena di illegalità e una tempestiva mappatura dei collegamenti e delle connessioni esistenti tra i vari soggetti coinvolti nelle operazioni fraudolente, rafforzando l’attività di prevenzione e contrasto (con particolare riferimento alle frodi e alla duplicazione dei finanziamenti).

Far dialogare i sistemi e le informazioni rappresenta, evidentemente, un grande valore aggiunto, un salto quantico. Ma non solo. I fondi europei si costruiscono su periodi di sette anni e già da tempo la digitalizzazione è sempre più strategica, con scambio elettronico di dati fra i diversi attori della governance.

La big data analysis per il monitoraggio in tempo reale

La vera sfida dei prossimi anni è realizzare l’architettura di nuovi sistemi informativi e di implementazione di piattaforme tecnologiche in grado di analizzare in maniera intensiva e selezionata un’enorme massa di dati dematerializzati, stratificati nel tempo e nello spazio.

L’attuale sistema di controllo a tutela degli interessi finanziari dell’Ue si è finora concentrato sull’idea che le informazioni disponibili possano essere utilizzate a sostegno dell’attività di controllo ex post, supportando il monitoraggio con un controllo a posteriori.

Con l’uso dei big data e un approccio data driven, invece, si potranno avere importanti effetti sulla gestione dei fondi europei e delle risorse stanziate con il Pnrr e costruire processi e modelli decisionali sempre più basati su informazioni che emergono già durante la fase di attuazione, con ciò favorendo la fase di prevenzione rispetto a quella della repressione.

La grande quantità di informazioni oggi disponibili, di natura attuativa e statistica, consente infatti di fare un decisivo passo avanti a supporto delle attività di decision making. Di conseguenza, l’impiego dei nuovi sistemi digitali e di business intelligence non sarà più percepito come un onere burocratico, ma come uno strumento prezioso e un valore aggiunto per la prevenzione della corruzione, delle frodi, nonché dei conflitti di interesse e della duplicazione dei finanziamenti.

Analizzando gli insiemi di tutte le informazioni disponibili (big data) sul beneficiario finale potrebbero emergere maggiori rischi di uso distorto delle risorse. Una rappresentazione dei dati sottoforma di “reti” consentirebbe di far emergere con maggiore facilità relazioni indirette e non evidenti tra soggetti (ad esempio relazioni tra società) che possono essere correlate a schemi di frode difficilmente individuabili con le tradizionali tecniche di analisi.

Si potrebbero infatti incrociare: banche dati su appalti, archivio delle fatture elettroniche, dati estraibili da piattaforme digitali, siti riferiti a soggetti, enti, organizzazioni e società che hanno ricevuto un finanziamento diretto e indiretto a seguito di un progetto o di un appalto.

In tale contesto la creazione di un partenariato pubblico-privato potrebbe favorire lo sviluppo di un dialogo tra enti pubblici (Presidenza del Consiglio dei Ministri/COLAF, ministeri della Giustizia e dell’Economia, Corte dei Conti, Agenzia Dogane, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, ANAC) ed istituzioni finanziarie private (banche, assicurazioni, istituti di credito, ordini professionali, società di consulenza informatica).

Dunque, un rafforzamento della cooperazione nazionale ed europea con particolare riguardo alla prevenzione e al contrasto di frodi, riciclaggio, corruzione, finanziamento del terrorismo. La cooperazione potrebbe avere, tra i suoi obiettivi strategici, la realizzazione di una struttura centralizzata per la stesura di procedure di controllo, lo scambio informativo tra i partner, valutazione dei rischi e, principalmente, l’implementazione e la creazione di innovative e sempre più performanti IT tools.

Investire in formazione e semplificare i processi di controllo

Ma la tecnologia, come sempre accade, non può rappresentare ‘da sola’ la soluzione; occorre lavorare sulle competenze del personale pubblico, in larga parte nuovo a quest’approccio ed in questa fase ampiamente rafforzato dalle recenti procedure di reclutamento, che richiedono una significativa attività di capacitazione e rafforzamento per risultare efficaci, dotando le persone della PA (neoassunte o già in organico) di competenze adeguate alle nuove sfide.

Occorre inoltre prevedere una semplificazione dei processi di controllo, che siano in grado di raccogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, per dare certezza al sistema dei sostegni pubblici: quella certezza necessaria per conseguire i rilevanti obiettivi di resilienza e coesione che l’Europa ci ha affidato con le risorse del Recovery and Resilience Fund e dei Fondi per la Coesione.

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