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Chi risponde dei danni di un “metainfluencer”? I problemi e le possibili soluzioni normative

La rivoluzione del metaverso ha creato nuove opportunità in cui si inseriscono anche i metainfluencer, ma anche parecchi dubbi e perplessità. Non esiste un quadro giuridico di riferimento e non è chiaro quale debba essere l’inquadramento di questi influencer virtuali. Facciamo il punto alla luce delle ultime disposizioni Ue

Pubblicato il 07 Dic 2022

Nicola Berardi

- Comitato scientifico Assoinfluencer, Avvocato IP & Technology

Giulia Martino

Comitato scientifico Assoinfluencer, LLM Fashion Law e praticante Avvocato

lumanagdalu

Influencer e metaverso: a che punto siamo? In un futuro sempre più prossimo, in cui troveranno spazio crescente le nuove figure dei metainfluencer, come dovrà essere ricostruito il quadro normativo?

Proviamo a fare il punto sullo scenario attuale e quello che verrà, tenendo conto anche delle normative europee appena approvate come il Digital Services Act, e di quelle in preparazione.

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Chi sono i metainfluencer?

Lu do Magalu è brasiliana, ha 6 milioni di followers su Instagram e quasi 7 milioni su TikTok, è un’influencer attiva da oltre 10 anni ed ha collaborazioni con brand del calibro di Motorola e Adidas. Lil Miquela è americana, 2,9 milioni di followers su Instagram e 3,6 milioni su TikTok. È una top model che negli ultimi anni ha realizzato campagne pubblicitarie per Chanel e Samsung e ha collaborato con la popstar Beyoncé. Noonoouri forse meno nota, 400 mila followers su Instagram e da poco sbarcata su TikTok. Tra i contenuti più recenti spiccano sponsorizzazioni per Versace, Zalando Beauty e Roberto Cavalli. Nefelə è un’influencer italiana, poco più di 3 mila followers su Instagram, ha da poco tenuto uno speech sulla diversità e l’inclusione al TedX Bergamo 2022.

Ma chi sono questi personaggi? Potremmo pensare si tratti banalmente di influencer che ogni giorno creano contenuti per intrattenere una community, aumentare la propria notorietà ed incrementare quindi la resa commerciale delle proprie iniziative. In realtà stiamo parlando di influencer non tradizionali ma “virtuali”: il mondo le conosce come “metainfluencer”, personaggi interamente virtuali che vivono sui social e talvolta anche nel metaverso.

Si chiamano CGI influencer (computer-generated imagery influencer) e prendono il nome da una tecnica di grafica 3D diffusa nel mondo dell’intrattenimento che consente una resa particolarmente realistica ma con un taglio un po’ “cartoon”. In certi casi, il grado di dettaglio dell’immagine è tanto elevato da non consentire all’utente – durante il rapido scroll-down – di distinguere il contenuto di un umano da quello di un avatar; in altri, i contenuti sono creati ad arte per creare un effetto misto tra fisico e digitale (phygital) che sembra avvicinare i mondi virtuali – molto in voga ma poco popolati – a quelli reali di tutti i giorni.

Ma chi c’è dietro queste presenze virtuali che stanno rapidamente scalando le classifiche degli utenti con più interazioni nelle piattaforme social?

Lu è la presenza virtuale di Magalu, tra i maggiori operatori retail brasiliani con un fatturato di oltre mezzo miliardo di dollari. Lil Miquela è stata creata dai co-founder di una startup attiva nel mercato della robotica e dell’intelligenza artificiale. Noonoouri è stata realizzata dall’agenzia creativa Opium Effect. Nefelə è nata sotto la Mole dall’idea di tre torinesi esperti di computer grafica.

Storie diverse, background distanti tra loro ma direzione comune: approdare nei mondi virtuali che stanno provando ad affermarsi ancora di più di prima da quando Mark Zuckerberg ha dato una spinta al mercato cambiando il nome del gruppo da Facebook a Meta, creando anche qualche vena di scetticismo.

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Influencer e metaverso: opportunità o fantasia?

Secondo un articolo di Coindesk[2] a ottobre 2022 i numeri sembrerebbero far pendere l’ago della bilancia verso chi non crede nel metaverso. Ci sarebbero circa 6.160 utenti attivi su base mensile su Decentraland che salirebbero a 10.190 per The Sandbox; cifre corrette al rialzo dai diretti interessati che hanno indicato invece, rispettivamente, 56.697[3] e 201.000[4]. Una differenza sensibile ma non sufficiente a superare le perplessità degli scettici che considerano il metaverso appannaggio di pochi interessati. Basti pensare che, sulla base delle ultime statistiche, Instagram[5] e TikTok[6] sembrerebbero poter contare ogni mese su un bacino di rispettivamente 2 miliardi e 1 miliardo di utenti attivi.

Da qui, il primo paradosso dei metainfluencer. Pur essendo “individui” nativi dei mondi virtuali e destinati a popolare i metaversi per confondersi con gli avatar delle persone reali – dove sarebbe difficile o forse impossibile distinguere le due categorie – focalizzano la propria presenza sulle più comuni piattaforme social. Per alcuni, questo potrebbe bastare per retrocedere il fenomeno a “vezzo tecnologico”, ma vale la pena di indagare i motivi per i quali aziende ed agenzie stiano spostando una parte dei propri investimenti pubblicitari su questa particolare categoria.

Potenzialità del metainfluencer

Uno dei motivi più accreditati sembrerebbe potersi individuare in uno dei più diffusi timori degli addetti ai lavori nel corso di un’attivazione digital: non (solo) lo scarso engagement o una resa poco veritiera, ma il rischio reputazionale.

Le campagne di influencer marketing hanno modificato il paradigma del mercato pubblicitario che è passato da messaggi artificiali (con sceneggiature e ambientazioni costruite) a messaggi – quanto meno all’apparenza – spontanei inquadrati in scene di vita quotidiana. In questo contesto, il content creator quasi sempre pretende – e ottiene su base contrattuale – un margine di libertà d’espressione che gli consente di comunicare il messaggio richiesto dall’inserzionista in maniera personale e autentica.

Il possibile risvolto negativo di questa libertà consiste nel rischio che l’influencer adotti atteggiamenti o assuma iniziative tali da pregiudicare il posizionamento e l’immagine del brand: la prassi contrattuale ha sviluppato rimedi specifici da attivare all’occorrenza, ma si tratta di interventi attivati a posteriori per mitigare i danni, non per impedirli.

L’esperienza dei metainfluencer è in parte diversa e forse valvola di sicurezza. Si deve infatti considerare che i metainfluencer non sono individui autonomi, animati in maniera indipendente da reti neurali, ma presenze gestite in ogni mossa dalle persone che danno vita all’avatar. Questo evidentemente dimostra come il rischio di un danno reputazionale accidentale sia quasi escluso se non del tutto impossibile, essendoci sempre dietro i metainfluencer persone fisiche che spesso rispondono a direttive precise e mai dovrebbero programmare in modo “erroneo” l’avatar.

Possibile inquadramento giuridico dei metainfluencer

Questa prima riflessione consente di condurci a delle primissime riflessioni giuridiche: i metainfluencer sono soggetti all’ordinario regime di responsabilità e, se sì, chi risponde di eventuali danni?

Prendendo come riferimento i più avanzati metainfluencer – ossia quelli che, almeno parzialmente, sono alimentati da un motore di intelligenza artificiale – si può individuare forse anche una possibile risposta nei documenti rilasciati negli ultimi anni dalle istituzioni dell’Unione Europea.

La bozza di Regolamento sull’intelligenza artificiale

Ad esempio, nella bozza di Regolamento sull’intelligenza artificiale divulgata ad aprile 2021[7], il “sistema di intelligenza artificiale” è definito come un software sviluppato con determinati approcci (approcci di apprendimento automatico, approcci basati su logica e conoscenza, approcci statistici) che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono. Il “fornitore” è chi sviluppa un sistema di IA, l’“utente” è il soggetto che utilizza un sistema di IA sotto la propria autorità.

La bozza evidenzia con chiarezza che un sistema di IA (e quindi anche un metainfluencer creato con tecniche di IA) non è un “qualcuno” ma un “qualcosa”. Questo implica che eventuali pregiudizi causati da un sistema di IA saranno imputabili – su base contrattuale o extra-contrattuale, a seconda dei casi – al soggetto che abbia materialmente contribuito alla realizzazione del fatto dannoso. Detto soggetto potrà coincidere:

  • nell’operatore di front-end (il soggetto che esercita un certo grado di controllo su un rischio connesso all’operatività e al funzionamento di un sistema di IA e che beneficia del suo funzionamento); o
  • nell’operatore di back-end (il soggetto che su base continuativa, definisce le caratteristiche della tecnologia e fornisce i dati e il servizio di supporto di back-end essenziale).

Questo dipenderà dalle caratteristiche specifiche dell’illecito. Il vero profilo di complessità sarà infatti stabilire esattamente la responsabilità di ciascun soggetto coinvolto nella creazione, programmazione e funzionamento del sistema di IA.

L’applicazione ai metainfluencer dei principi civilistici in materia di responsabilità consente di trarre alcune conclusioni. La parte danneggiata avrà sempre un soggetto (dotato di personalità giuridica) nei confronti del quale indirizzare le proprie contestazioni: in caso di illecito contrattuale (la mancata pubblicazione di un post), si farà riferimento al soggetto che ha firmato l’accordo (che sfrutterà, eventualmente, tutti i rimedi e le manleve del caso nei confronti dei fornitori a monte della catena); in caso di illecito extra-contrattuale (la pubblicazione di un post contrario ad una norma imperativa, ad esempio un contenuto pubblicitario di articoli da fumo), ci si riferirà al soggetto che aveva materialmente in gestione il metainfluencer.

Potrebbe non essere semplice individuare il gestore, ma questa è una problematica di identificazione comune a tutte le attività svolte online e che prescinde dalle caratteristiche – più o meno “virtuali” – dell’utente. D’altro canto, ogni evoluzione tecnologica porta con sé dubbi interpretativi e applicativi di natura legale, ma le decisioni vanno prese sulla base del quadro normativo vigente. L’adozione di una disciplina ad hoc potrebbe essere utile per evitare dubbi e conflitti interpretativi, ma non è indispensabile: in assenza di una legislazione specifica, ci si rifarà inevitabilmente in via interpretativa alla normativa sussistente.

La pubblicità dei metainfluencer: i paletti del Codice del Consumo e della Digital Chart

In questo senso, le iniziative promozionali dei metainfluencer si svolgeranno nel perimetro fissato – fondamentalmente – dal Codice del Consumo e dalla Digital Chart dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. I contenuti pubblicitari dovranno avere le stesse caratteristiche a prescindere che l’influencer sia reale o virtuale: trasparenza, riconoscimento immediato del carattere pubblicitario e facile individuazione dell’inserzionista. Si potrebbe, anzi, sostenere la necessità di adottare un grado di trasparenza rafforzato proprio per il carattere virtuale dell’influencer ed a tutela dell’utente-consumatore, ormai ben abituato alla presenza degli influencer “umani” ma forse poco preparato ad interagire con un avatar. E, in caso di illeciti, non si assisterà ad un futuristico contenzioso tra un’Autorità ed un sistema di intelligenza artificiale, ma ad un più comune e basico procedimento con il soggetto che ha creato e gestito l’avatar in maniera non “compliant”.

Se è vero che i metainfluencer sono “prodotti dell’IA” creati da persone fisiche, una ulteriore conseguenza automatica sembra l’applicazione della normativa propria dei beni e non delle persone fisiche. In questo senso Lil Miquela, Noonoouri o Nefelə non appaiono tutelabili dalle norme che proteggono il nome delle persone fisiche (nello specifico, gli artt. 7-8-9 del codice civile[8]), potendo invece i loro nomi essere protetti come segni distintivi atti ad identificare i prodotti o servizi di un’impresa.

La protezione dell’aspetto fisico del metainfluencer

Meno immediata, ma altrettanto obbligata, è la conseguenza in merito alla protezione giuridica dell’aspetto fisico dei metainfluencer. Non si potrà fare riferimento alla tutela dell’immagine[9] né a quella del ritratto[10], ma si dovrà ripiegare sulle norme che – a vario titolo e a seconda dei casi concreti – proteggono l’aspetto esteriore di un prodotto: il marchio (figurativo o tridimensionale), i disegni e modelli e l’opera dell’ingegno figurativa (tutelata dal diritto d’autore), ma anche le norme sulla concorrenza sleale a tutela di imitazione servile e “look-alike”.

Ciò non toglie, evidentemente, che eventuali avatar che riproducano in maniera illecita le sembianze fisiche di un soggetto reale (attraverso tecniche di c.d. “deepfake”) potranno essere contestati con ogni mezzo posto a tutela delle persone fisiche di natura sia civile sia penale (dalla sostituzione di persona, art. 494 c.p.c., alla frode informatica con furto dell’identità digitale, art. 649-ter co. 3, c.p.).

L’impatto del Digital Service Act

Sebbene possa apparire ben delineato, il quadro normativo è tuttavia in costante evoluzione. La recente adozione del c.d. “Digital Service Package” – l’insieme di due innovativi Regolamenti europei (Digital Markets Act e Digital Services Act) in materia di servizi intermediari e piattaforme – si propone infatti di incrementare la trasparenza dei mercati digitali e di impattare in maniera significativa lo svolgimento delle attività online, incluse quelle di creatori di contenuti e social network.

Digital Services Act, perché cambia tutto per diritti e sicurezza: ecco i punti chiave

Tra i vari ambiti di intervento, il Digital Services Act:

  • rafforza gli obblighi a carico delle piattaforme di individuare, identificare e rimuovere o disabilitare i contenuti illegali che possono includere, ad esempio, i post di un influencer in violazione della normativa sulla trasparenza pubblicitaria;
  • impone alle piattaforme, a fronte dell’ordine di un’autorità competente, di fornire informazioni sull’identità di un utente (ad esempio, il soggetto che gestisce un metainfluencer);
  • obbliga le piattaforme, qualora siano a conoscenza di informazioni che facciano sospettare che sia stato commesso o sarà commesso un reato che comporta la minaccia per la vita o la sicurezza di una persona, ad informare tempestivamente le autorità competenti;
  • incrementa il grado di trasparenza che le piattaforme devono garantire in merito alle pubblicità veicolate agli utenti (ad esempio, l’identità dell’inserzionista);
  • introduce obblighi rafforzati, ulteriori rispetto a quelli appena sintetizzati, per le piattaforme di grandi dimensioni (fissando la soglia a 45 milioni di utenti mensili attivi).

Conclusioni

La rivoluzione digitale del metaverso ha condotto inevitabilmente a nuove opportunità, in cui si inseriscono anche i metainfluencer, ma anche a parecchi dubbi e perplessità. Come abbiamo visto non esiste uno specifico quadro giuridico di riferimento e non è altrettanto chiaro quale debba essere l’inquadramento dei metainfluencer, sia pure la tendenza di oggi è di considerarli come meri oggetti, in quanto tali non aventi soggettività né tantomeno personalità giuridica, dunque incapaci di rispondere in alcun modo delle proprie azioni.

Detto assunto riporta alle molteplici riflessioni che in questi anni sono state fatte in materia di danni provocati da un sistema di IA, a cui si è cercato di fornire una soluzione “addossando” la responsabilità sul gestore o creatore. Ad ogni modo anche queste considerazioni si prestano e si stanno in effetti prestando a nuove visioni che tengono conto del grado di autonomia dei sistemi di IA e dunque della difficoltà se non impossibilità per il creatore di prevederne le azioni. Di questo certamente se ne dovrà tenere conto in punto di responsabilità dei metainfluencer.

A livello giuridico, si stanno ponendo le basi per un futuro quadro di riferimento per metainfluencer e creatori digitali che sappia correttamente tenere conto delle peculiarità e specificità degli ambiti operativi e dei contesti nella declinazione di principi giuridici già esistenti all’interno degli ordinamenti.

Note

  1. https://www.treccani.it/enciclopedia/metaverso
  2. https://www.coindesk.com/web3/2022/10/07/its-lonely-in-the-metaverse-decentralands-38-daily-active-users-in-a-13b-ecosystem/.
  3. https://twitter.com/decentraland/status/1578454103692546048.
  4. https://twitter.com/TheSandboxGame/status/1579528320441815040.
  5. https://www.demandsage.com/instagram-statistics/.
  6. https://www.demandsage.com/tiktok-user-statistics/.
  7. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021PC0206.
  8. Art. 7 c.c.: “La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali.”Art. 8 c.c.: “Nel caso previsto dall’articolo precedente, l’azione può essere promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni familiari degne d’essere protette.”Art. 9 c.c.: “Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato l’importanza del nome, può essere tutelato ai sensi dell’art 7.
  9. Art. 10 c.c.: “Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni.
  10. Art. 96 legge sul diritto d’autore: “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente. Dopo la morte della persona ritrattata si applicano le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell’art, 93.”Art. 97 legge sul diritto d’autore: “Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla riputazione od anche al decoro della persona ritrattata.

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Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
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Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
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