guerra dei semiconduttori

Chips Act, è la strada giusta per recuperare sulla Cina? Pro e contro dell’approccio Ue e Usa

Per recuperare terreno sulla Cina nella produzione di chip, Stati Uniti ed Europa hanno varato leggi di sostegno alla produzione domestica, finanziando la ricerca e stanziando fondi per la formazione e per gli investimenti nei rispettivi paesi (Chips Act). Queste politiche hanno sollevato diverse critiche. Ecco perché

Pubblicato il 14 Set 2022

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione

chip3

Due frontiere definiscono il sentiero di sviluppo dei semiconduttori. Innanzitutto, vi è la frontiera tecnologica, delineata dai sempre più avanzati progressi della velocità e della capacità di elaborazione, che riducono peso e consumo energetico dell’hardware. La seconda è la frontiera che divide gli Stati Uniti dalla Cina.

Per spostare in avanti queste due frontiere e limitare le scorribande avversarie, gli Stati Uniti e l’Europa hanno varato le leggi di sostegno alla produzione domestica, finanziando la ricerca e stanziando fondi per la formazione e per gli investimenti nei rispettivi paesi (Chips Act). Queste politiche hanno sollevato diverse critiche, in parte – ma non solo – perché la politica dei sussidi diviene in realtà parte della politica di tipo sanzionatorio che gli Stati Uniti stanno conducendo contro la Cina e la Russia.

Uno scenario estremamente complesso, che proveremo a sbrogliare per comprendere un po’ di più quanto strategici siano i semiconduttori oltre che sul piano tecnologico anche su quello geopolitico e strategico.

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Chips Act, gli obiettivi della strategia Usa

Negli Usa, da parte liberale si paventa la non efficacia dello sforzo finanziario pubblico: si obietta che in un settore così innovativo l’interferenza dello Stato è destinata a peggiorare i meccanismi allocativi e selettivi che invece sono assolutamente vitali per garantire la capacità innovativa del settore. È facile notare che tra i più entusiasti sostenitori dell’intervento di sostegno vi sia Intel, ex protagonista assoluto quasi monopolistico della fase di diffusione dei personal computer, ora tra le aziende meno brillanti in termini di capacità innovativa, ma più convinte sostenitrici degli aiuti pubblici[1].

Ma alla politica degli incentivi si affianca, forse più efficace dal punto di vista della logica del confronto tra Stati Uniti e Cina, il blocco intervenuto nell’accesso della Cina ad alcune tecnologie chiave. Il Dipartimento di Stato ha inibito, per motivi di sicurezza nazionale, l’esportazione degli strumenti di disegno elettronico automatico dei circuiti (EDA) che consentono di sviluppare la progettazione, ma anche di guidare le fasi di controllo, verifica, ottimizzazione dei consumi dei processori. Si tratta di un settore che vale 10 miliardi di dollari nel 2021, controllato da tre aziende occidentali: Cadence e Synopys americane e Mentor Graphics ora del gruppo Siemens.

L’obiettivo è di ostacolare l’accesso della Cina alle tecnologie GAAFET, quelle più avanzate per la produzione di chip più compatti, come quelli a tre nanometri che sta avviando in produzione Samsung, con l’intento di recuperare il ritardo nei confronti della taiwanese TMSC[2].

Nell’immediato, i produttori cinesi non sono ancora in grado di utilizzare questi strumenti avanzati, ma in futuro la limitazione potrebbe pesare sui tempi di accesso della Cina alle frontiere più avanzate dei semiconduttori, sempre che non venga aggirata trattandosi di software che viene venduto in rete.

A medio termine il piano quinquennale punta a sovvenzionare le aziende cinesi che possono sviluppare il proprio know how EDA, come la Huada Empyrean. Essa, tuttavia, copre solo il 6% del mercato domestico e non sembra in grado di muoversi con l’agilità necessaria. Altro discorso sono le start up fondate da ex dipendenti delle americane Cadence e Synopsys, che possono muoversi con competenze ed esperienze internazionali assai più sviluppate[3].

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Le politiche di sostegno

Coloro che sono favorevoli all’approccio basato sul sostegno pubblico, adducono come principale argomento la spinta che il meccanismo del credito di imposta a favore degli investitori nel settore potrebbe produrre nei prossimi anni: un rafforzamento del trend già in atto di una crescita molto significativa degli investimenti in private equity e venture capital, dopo anni di contrazione e faticosa ripresa.

Secondo i pessimisti, i Chips Act americani ed Europei, prendendo ispirazione dalle politiche di sostegno pubblico della Cina, rappresentano una parte del problema e non la sua soluzione.

Da quando è stato varato il Chips Act europeo, Intel ha annunciato 80 miliardi di investimenti in Europa, ma non sappiamo quanto l’azienda stia negoziando in termini di sussidi[4]. E poiché questi sussidi sono comunque macchinosi da conseguire e da percepire, non è affatto improbabile che l’effetto sia di dilazione di alcuni investimenti, in attesa della conferma del sussidio e al fine di sollecitarlo.

Due grafici consentono di porre in risalto la tenaglia in cui si sente prigioniera la politica americana sui semiconduttori. La figura 2 rappresenta la percentuale di semiconduttori che le aziende statunitense producono negli Stati Uniti. Come si vede, in meno di un decennio la quota prodotta all’interno del Paese è scesa dal 57% al 43%: gli investimenti delle aziende americane hanno privilegiato soprattutto Giappone e Taiwan, riducendo in termini relativi la capacità produttiva interna degli Stati Uniti.

Il grafico successivo (figura 3) dimostra come gli investimenti sono “volati” all’estero, ed in particolare in Asia; si vede che la presenza produttiva negli Stati Uniti sia prevalentemente di aziende con sede legale negli Stati Uniti, dimostrando che il Paese risulta poco attraente, in questo settore, per gli investitori esteri.

I limiti della politica dei sussidi

I due grafici conducono alle radici della strategia dei sussidi: essa punta ad accrescere la ricerca, la qualità dell’offerta di lavoro e a sovvenzionare gli investimenti all’interno del Paese (o dell’area dell’Unione nel caso europeo). Si vuole invertire il trend alla delocalizzazione delle lavorazioni a maggior contenuto di lavoro come la produzione dei wafer, i test, il montaggio il collaudo e i controlli di qualità, con l’intenzione di riportarli, almeno in parte in patria. La strategia del Chips Act intende potenziare la capacità dell’industria dei semiconduttori americana di sviluppare la produzione interna al Paese: la recente approvazione da parte del Senato federale è stata salutata con entusiasmo dalle aziende americane del settore.

Quale che possa essere il ruolo dello stimolo pubblico, è evidente che il settore privato è già impegnato sulla prima frontiera, quella tecnologica, dove la corsa è in pieno svolgimento e sulla frontiera geopolitica, dove il mercato globale dei semiconduttori, profondamente integrato a livello internazionale, subisce l’assalto sferrato dalle volontà di potenza degli imperi in assetto di guerra. L’integrazione e la globalizzazione in questo settore più che in qualunque altro hanno dato frutti decisivi per uno sviluppo senza precedenti della ricerca, delle prestazioni e per la riduzione dei costi, assicurando fino allo scoppio della pandemia una grande efficienza e tempestività negli approvvigionamenti.

Secondo alcuni osservatori, la disarticolazione della filiera dei semiconduttori che si è verificata durante la pandemia, con lo spostamento della domanda verso i processori di fascia più elevata (telecomunicazioni vs automotive), con l’interruzione o rallentamento delle transazioni dentro alla filiera, con i problemi della logistica e l’irregolarità delle consegne, hanno contribuito a creare un clima politico favorevole ai Chips Acts. La carenza di semiconduttori che ne è derivata ha contribuito non poco a rafforzare gli argomenti di coloro che vogliono sussidiare la crescita della capacità produttiva interna. Naturalmente, la legislazione tipo Chips Act non ha molto senso come risposta alle questioni poste dalla pandemia. Da quell’esperienza i privati sicuramente traggono lezioni sulla resilienza della supply chain e possono adattarsi a queste lezioni nel tempo. I governi possono anch’essi imparare dall’esperienza l’importanza di accantonare stock di prodotti che consentono di far fronte alla prossima emergenza. Ma non è facile trovare un razionale per i sussidi alla fabbricazione di semiconduttori sulla base della pandemia”[5].

Il Chips Act è parte del confronto diretto con la Cina

Una delle ragioni politiche più forti che giustifica lo strumento dei sussidi non è dichiarata negli intendimenti del legislatore. Si tratta del fatto che la limitazione dell’export verso la Cina e la Russia porta ad una perdita di fatturato delle aziende americane, che vedono svanire un mercato di sbocco. Nelle intenzioni non esplicitate dell’amministrazione vi è quella di legare le aziende con i sussidi per compensarle di parte delle perdite causate dagli interventisanzionatori”, per renderle più responsabili nei confronti delle possibili elusioni che le politiche di tipo sanzionatorio possono attivare. Questo significa che la politica dei sussidi diviene in realtà parte della politica di tipo sanzionatorio che gli Stati Uniti stanno conducendo contro la Cina e la Russia, e forse è più in questo ambito che ne andrà valutata l’efficacia. È proprio questo il caso di NVIDIA, uno dei produttori di processori avanzati per videogame e intelligenza artificiale.

Recentemente NVIDIA ha annunciato che il Dipartimento del Commercio (DC) ha notificato nuove limitazioni alle vendite di GPU avanzate per i server della Cina e della Russia, con l’obiettivo di impedirne l’adozione in applicazioni di intelligenza artificiale. Il DC intende ostacolare lo sviluppo “della fusione ‘civile-militare’ che alimenta lo sforzo di modernizzazione dell’esercito, gli abusi contro i diritti civili e attività cyber malevole”[6]. Ma l’intenzione è di colpire la capacità cinese di sviluppare i chip di nuova generazione, che vengono adottati nelle telecomunicazioni e nell’intelligenza artificiale.

Per AMD la perdita di mercato in Cina potrebbe essere marginale, ma per NVIDIA si tratta di una fetta significativa di ricavi, che poteva raggiungere il miliardo e mezzo di dollari quest’anno.

Le reazioni cinesi non si sono fatte attendere: il fronte più facile di attacco è quello della violazione delle regole del commercio mondiale, mentre la protezione della sicurezza risulta argomento molto meno maneggevole, anche perché su di esso la Cina medesima risulterebbe altrettanto se non maggiormente esposta.

L’associazione delle industrie cinesi di semiconduttori, vicina al governo, ha denunciato le politiche del Chips Act, come rotture degli accordi e delle regole del WTO, con violazioni del commercio leale ed effetti distruttivi sulle supply chain e sui regolari approvvigionamenti[7]. Sono accuse fondate, ma chi le muove non ha le carte in regola per poterle muovere, essendosi avvalso del diritto di accedere alla proprietà intellettuale in modo quanto meno disinvolto per decenni ed avendo perseguito una politica di ricatto verso le imprese estere operanti in Cina, per quanto riguarda il trasferimento tecnologico.

Aleggia, su questa guerra fredda, un rischio rovente che deriva dal futuro di Taiwan: la volontà di “riportare” l’isola nel perimetro nazionale da parte di Pechino comporterebbe un salto di qualità gigantesco della Cina nel settore dei processori, con il controllo di TSMC. Ma si tratterebbe anche di un gigantesco salto nel buio per gli equilibri geopolitici mondiali.

Note

  1. ) Dylan Thomas, Annie Sabater, Semiconductors ripe for private equilty after CHIPS Act, S&P Market Intelligence,1September 2022.
  2. ) Samsung, Samsung Begins Chip Production Using 3nm Process Technology With GAA Architecture, 30/6/2022 https://news.samsung.com/global/samsung-begins-chip-production-using-3nm-process-technology-with-gaa-architecture
  3. ) Zeyl Yang, Inside the software that will become the next battle front in US-China chip war, MIT Technology Review, Agust 18, 2022.
  4. ) Niclas Poitiers, Pauline Weil, Is the EU Chips Act the right approach?, Bruegel, 2 June 2022.
  5. ) Alan O. Sikes, Stanford’s AISikes on the $280 Billion Chips and Science Act, Government Intervention, and Trade, August 2, 2022.
  6. ) Max A. Cherney, Nvidia, AMD warned of new US exporets restrictions on AI chips, Protocol, August 31, 2022.
  7. ) Che Pan, Tech war: China semiconductor group slams US Chips and Science Act as violation of fair trade, warns of supply chain chaos, South China Morning Post, August 17, 2022.

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