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Cloud software: una Carta contro le pratiche sleali, per un mercato equo e competitivo

In tutta Europa, le aziende devono spesso fare i conti con società di software che in virtù della loro posizione dominante, impongono vincoli tecnici e contrattuali, frenando innovazione e competizione. La Carta dei dieci principi per un equo licensing del cloud software in Italia cerca di porre fine alle pratiche sleali

Pubblicato il 14 Lug 2021

Luciano Guglielmi

Presidente di CIO AICA Forum e in rappresentanza di AUSED, CIO Club Italia, FIDAinform e CIONET

Francisco Mingorance

segretario generale CISPE (associazione di fornitori di servizi di infrastruttura cloud in Europa)

cloud

Ieri abbiamo lanciato la Carta dei dieci principi per un equo licensing del cloud software in Italia, facendo seguito al successo riscontrato dalla medesima iniziativa durante la presentazione in Francia, ad aprile. I principi – sviluppati in collaborazione con l’organizzazione francese Cigref e con il supporto del CISPE – mirano a porre fine alle pratiche sleali dei gatekeeper del software e a promuovere un mercato più equo, trasparente e competitivo per i servizi basati sul cloud in Europa.

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Le conseguenze dell’utilizzo di licenze cloud sleali

Insieme, i membri di Cio Aica Forum, Aused, Cio Club Italia, Fidainform, Cionet e Cispe rappresentano una parte molto ampia degli utenti tecnologici-digitali e dei fornitori di servizi cloud in Italia, tutti accomunati dalla convinzione che il cloud costituisca un servizio strategico essenziale per la trasformazione digitale dell’economia italiana. Oggi, il software rappresenta la forza propulsiva dei percorsi di trasformazione digitale e innovazione delle aziende, mentre il cloud incarna il modello grazie al quale accelerare questi percorsi. Eppure, se il cloud rappresenta indubbiamente un’enorme opportunità di crescita e innovazione per le imprese italiane, sfortunatamente, attraverso i membri delle associazioni e le nostre conoscenze all’interno del mercato, sappiamo anche bene che alcuni fornitori di software radicati nel mercato stanno usando licenze sleali per indurre le aziende a utilizzare unicamente i servizi cloud da loro forniti, con diverse ricadute. La limitazione della scelta, della crescita e dell’innovazione sono tra i primi, ma si accompagnano anche a un “lock-in” tutt’altro che secondario, che può far aumentare i costi e minare l’agilità di cui le organizzazioni hanno bisogno nell’economia di oggi.

In tutta Europa, le aziende si trovano spesso a fare i conti con società di software che, controllando l’accesso al cloud e approfittando della loro posizione dominante sul mercato, impongono vincoli tecnici e contrattuali, frenando (se non addirittura impedendo) quell’innovazione, e quella competizione da parte delle PMI e delle medie e grandi aziende che risulta vitale per lo sviluppo europeo.

Le pratiche sleali più eclatanti e pervasive

Le pratiche sleali più eclatanti e pervasive, a cui i nostri membri e clienti IT assistono quasi quotidianamente da parte di alcuni consolidati produttori software che continuano a cercare di limitare le opportunità di scelta nel cloud, includono l’uso di termini e costi diversi a seconda che il software sia usato in un data center dell’organizzazione, in un cloud appartenente al software provider o in un cloud di terze parti.

Si possono così avere tre costi diversi per lo stesso software, usato dalle stesse persone per la stessa cosa – dove l’unica differenza è la sua ubicazione e, in aggiunta, sentiamo spesso dire che le licenze sono eccessivamente complesse e soggette a cambiamenti unilaterali, con la conseguente creazione di incertezza, costi imprevedibili e rischi imprevisti, una confusione che talvolta assomiglia a una manovra deliberatamente finalizzata al mantenimento o all’aumento dei diritti di licenza.

Ci sono poi anche restrizioni tecniche all’uso equo del software nel cloud scelto dai clienti. Esistono naturalmente standard aperti per permettere l’interoperabilità del software di directory e il riconoscimento di ID digitali da altri sistemi, ma i principali software vendor non implementano questi standard in modo uniforme mantenendo così una posizione di vantaggio e bloccando i clienti all’interno dei propri ecosistemi.

Cosa prevede la normativa Ue e cosa chiede la Carta dei principi

La legge europea, inoltre, permette ai clienti di rivendere le licenze software, ma alcune aziende software rendono questo virtualmente impossibile, rifiutando di offrire patch o aggiornamenti nel caso in cui un software venga rivenduto, quando dovrebbero invece continuare a offrire supporto e patch a condizioni eque ai clienti che hanno legalmente acquistato una licenza rivenduta.

In questo scenario, dunque, il lancio dei Principi in Italia è solo il primo passo per assicurare un cambiamento comportamentale da parte dei fornitori di licenze software. Per assicurare che tale cambiamento avvenga, chiediamo che vengano implementate le seguenti azioni.

  • Questo non sta accadendo solo in Italia: è un problema di livello europeo, persino globale. In Europa, il Digital Markets Act (DMA) presenta un’opportunità per far rispettare i principi e vietare le pratiche di licenza sleali e diversi Principi sono già inclusi nel DMA. Le organizzazioni partner italiane chiedono ai parlamentari europei di includere tutti i principi nel DMA.
  • Tutti i clienti italiani o le organizzazioni di venditori di cloud, compresi gli ISV, sono invitati a sottoscrivere i principi per un equo licensing del cloud software sul sito web FairSoftware.cloud. Questo incoraggerà i legislatori dell’UE a vietare le pratiche di licenza sleali nella DMA.
  • Inoltre, gli utenti IT propongono la creazione di un Osservatorio del settore. Un’organizzazione indipendente, guidata dalle organizzazioni di clienti IT, che possa monitorare il settore, le licenze software e le buone o cattive pratiche dei software vendor. I cloud provider di CISPE sostengono questa iniziativa.
  • In Italia l’Osservatorio delle pratiche di fair licensing dovrebbe fare pubblicazioni regolari di rapporti audit che raccoglieranno e pubblicheranno tutte le notizie sulle licenze software scorrette in Italia. Questo aiuterà a fare pressione sui fornitori di software per migliorare le loro pratiche.
  • Infine, invitiamo tutti gli utenti aziendali italiani che hanno vissuto queste brutte esperienze a condividere con noi le loro testimonianze, anche in modo anonimo qualora temessero ritorsioni da parte dei gatekeeper del software: le loro storie sono necessarie per illustrare in termini concreti, i danni causati da pratiche di licenza sleali.

Conclusioni

Cio Aica Forum, Aused, Cio Club Italia, Fidainform, Cionet e Cispe  si stanno battendo per quelle aziende europee che vogliono scelta, libertà e agilità per passare al cloud giusto per le loro esigenze. Speriamo che altri si uniscano a noi e che il pubblico politico, sia qui in Italia che a Bruxelles, presti molta attenzione a questi problemi e alle potenziali soluzioni che abbiamo delineato. Se lavoriamo insieme, abbiamo l’opportunità di riequilibrare la situazione odierna a favore di un ecosistema digitale europeo innovativo, equo e agile. Potete trovare e sostenere i Principi attraverso questo link.

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