I resi online rappresentano una delle problematiche più serie nel commercio elettronico, non solo in Italia ma anche all’estero. Ad esempio, soffermandosi sul fashion, il tasso di reso varia dal 44% dell’Italia al 54% della Germania, con una ricaduta pesante sul fatturato dei negozi ecommerce.
Ma cosa dice la normativa a riguardo? Gli shop online sono obbligati ad accettare la restituzione degli articoli venduti o il recesso per i servizi? Il diritto di recesso si applica dappertutto allo stesso modo?
Il diritto di recesso nell’e-commerce: il contesto
Negli ultimi anni, gli acquisti online hanno assunto un impatto economico enorme, solo in Italia nel 2023 sono aumentati del 13%, toccando i 55 miliardi di euro. Il passaggio massiccio a questo modello di acquisto ha trasformato i consumatori, rendendoli sempre più preparati alle dinamiche della vendita online: processo di acquisto, sistemi di pagamento, consegne, comparazione dei prezzi, politica dei resi.
Per chi si occupa di vendita online, è essenziale sapere come funziona il diritto di recesso per acquisti online e, a seconda dell’area in cui vende, quali sono le disposizioni normative previste dagli ordinamenti nazionali dei diversi paesi. Non tutti sanno, infatti, che se un ecommerce vende al di fuori dei confini italiani, il consumatore straniero ha diritto di richiedere l’applicazione della sua normativa sul diritto di recesso, se questa gli garantisce maggiori diritti rispetto alla legge del venditore. Ciò significa che nella vendita online fuori dall’Italia bisogna conoscere la normativa ecommerce del paese di residenza del cliente.
In Italia, ad esempio, il consumatore gode di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dai locali commerciali. E le condizioni sono molto simili anche nei principali paesi europei come Spagna o Inghilterra la quale, benché ormai fuori dall’Unione europea, ha mantenuto pressoché la sua stessa impostazione normativa. Negli Stati Uniti, invece, non esiste una disciplina generale a riguardo, ma varia all’interno dei singoli stati.
Diritto di recesso nell’ecommerce: definizione, motivazioni e impatto
Data l’impossibilità per il consumatore di esaminare da vicino, toccare o provare il prodotto prima di concludere l’acquisto, la facoltà di restituire un prodotto o di recedere da un contratto assume un ruolo determinante nella decisione d’acquisto degli acquirenti. Si sta osservando un consolidamento dell’abitudine, tra i consumatori, di verificare la politica di reso di un sito ecommerce prima di procedere con l’acquisto. Secondo i dati raccolti da Nielsen, oltre il 70% dei consumatori italiani acquista solo dopo aver esaminato la politica di reso.
Come funzionano i resi online
Nel reso, in buona sostanza, il cliente restituisce al venditore la merce acquistata. La restituzione deve avvenire nel rispetto della normativa sul recesso vigente nel paese di residenza degli acquirenti, se questa prevede maggiori diritti per il consumatore rispetto a quella prevista dalla normativa del venditore. Pertanto, i venditori online (merchant) non possono arbitrariamente imporre le proprie condizioni relative alla restituzione dei prodotti, ma sono tenuti a rispettare i diritti dei consumatori garantiti dalla legge della residenza di questi.
È importante distinguere i concetti di “reso” e “recesso”. Il diritto di recesso, o diritto di ripensamento, è una facoltà riconosciuta al consumatore dalla legge; il “reso”, invece, si riferisce alle condizioni specifiche stabilite dalla politica di reso del singolo sito ecommerce, che deve comunque conformarsi alle norme sul diritto di recesso, ma può prevedere maggiori diritti rispetto a quelli garantiti dalla legge. Ad esempio, se il diritto di recesso prevede normalmente un periodo di quattordici giorni per la restituzione, la politica di reso può prevedere un periodo maggiore.
Quali sono le principali motivazioni dei resi?
L’insoddisfazione del cliente, spesso, deriva da discrepanze tra le caratteristiche del prodotto ordinato e quello effettivamente ricevuto. Le difformità possono riguardare, per esempio, la fattura, il colore, o il materiale del prodotto, diversi da quanto descritto. Nel settore della moda, è comune che le restituzioni siano motivate da taglie o misure non conformi alle aspettative.
Le conseguenze economiche derivanti dai resi sono significanti per i siti ecommerce, senza sottovalutare l’impatto ambientale. Queste pratiche non solo incrementano i costi operativi, ma possono condurre ad una marcata riduzione delle vendite, dato che i consumatori tendono a richiedere direttamente il rimborso del prezzo pagato.
Facendo riferimento al contesto del mercato degli Stati Uniti, l’anno 2022 ha visto il fenomeno dei resi di acquisti online raggiungere la cifra stupefacente di 212 miliardi di dollari. Questo traduce che, per ogni singolo miliardo di dollari generato in vendite, i commercianti si trovano a fronteggiare un onere medio di resi pari a 165 milioni di dollari, secondo quanto indicato dalla National Retail Federation.
Il diritto di recesso in Italia
Per comprendere com’è regolato il diritto di recesso a livello internazionale, è necessario prima analizzare la normativa italiana in materia.
Il diritto di recesso, disciplinato dagli articoli 52 e seguenti del Codice del Consumo, consente al consumatore di “recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi”.
In pratica, gli ecommerce che vendono in Italia sono tenuti a garantire ai clienti un periodo entro il quale il consumatore può esercitare il recesso senza la necessità di giustificare la decisione e senza spese, ad eccezione di quelle di restituzione della merce.
Quando è previsto il diritto di recesso
Il diritto di recesso è previsto in due casi:
- nei contratti a distanza;
- per i contratti stipulati fuori dai locali commerciali, come ad esempio, nelle vendite porta a porta.
Per i contratti a distanza, il termine per esercitare il diritto di recesso è di quattordici giorni, che decorrono dalla conclusione del contratto in caso di servizi, o dalla data di consegna nel caso di acquisto di beni. Per i contratti stipulati al di fuori dei locali commerciali, in seguito alle modifiche introdotte dalla direttiva omnibus, il consumatore beneficia di un periodo esteso a trenta giorni per recedere dal contratto, qualora questo sia stato concluso nell’ambito di visite non richieste presso la propria abitazione.
La normativa italiana impone che le informazioni relative all’esercizio del diritto di recesso siano fornite in modo chiaro e comprensibile al consumatore. Quest’ultimo, a sua volta, è tenuto a comunicare la propria intenzione di avvalersi del diritto di recesso entro il termine previsto.
È importante sottolineare che il consumatore ha diritto al rimborso completo dell’importo versato per l’acquisto e delle spese di spedizione iniziali, a meno che il prodotto restituito non sia danneggiato o utilizzato. Le spese di restituzione del bene gravano sul consumatore, salvo che la politica di reso del venditore preveda diversamente.
In Italia, il diritto di recesso non si applica a determinate categorie di beni, come i prodotti personalizzati, su misura, o a quelli che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici, se aperti.
Come funziona il diritto di recesso all’estero
Il diritto di recesso nei contesti internazionali richiede un’analisi delle normative specifiche di ogni paese, per valutare come queste si confrontino o divergano da quelle italiane.
Cerchiamo di analizzarne alcune.
Diritto di recesso nell’Unione Europea
Il diritto di recesso nell’UE è disciplinato dalla Direttiva 97/7/CE e dalla Direttiva 2011/83/UE. Queste riconoscono al consumatore il diritto di “ripensare” liberamente al contratto sottoscritto. Le previsioni sono sovrapponibili a quelle della normativa italiana, dal momento che la legge italiana deriva da quella europea.
Infatti, analogamente a quanto previsto in Italia, il diritto di recesso secondo le direttive europee deve essere esercitato:
- entro quattordici giorni dalla data di conclusione del contratto per i servizi;
- entro quattordici giorni dalla consegna del prodotto per quanto riguarda i beni.
La volontà di recedere dal contratto deve essere comunicata al venditore attraverso una comunicazione esplicita. In caso di recesso da un contratto relativo all’acquisto di beni, il consumatore deve restituire il bene entro quattordici giorni dalla comunicazione del recesso.
Uno dei dubbi più frequenti per venditori e acquirenti è su come si contano i giorni di recesso.
Il considerando 41 della direttiva 2011/83/UE stabilisce che: “Tutti i termini contenuti nella presente direttiva dovrebbero quindi essere intesi come espressi in giorni di calendario. Se un termine espresso in giorni deve essere calcolato dal momento in cui si verifica un evento o si compie un atto, il giorno nel quale si verifica tale evento o si compie tale atto non dovrebbe essere considerato incluso nel termine.”
Quindi, secondo la Direttiva 2011/83/UE, i termini indicati devono essere interpretati come giorni di calendario. Quando il calcolo di un termine inizia da un evento specifico, il giorno in cui tale evento si verifica non è incluso nel conteggio.
Pertanto, i giorni sono da considerarsi consecutivi, iniziando dal giorno successivo alla conclusione del contratto o alla consegna dei beni.
Anche nel diritto di ripensamento in Europa vige l’obbligo informativo a carico del venditore, che deve fornire informazioni chiare e comprensibili sul diritto di recesso. In assenza di adeguata informazione, il periodo per esercitare il diritto di recesso viene prolungato di dodici mesi oltre il termine iniziale di quattordici giorni.
Eccezioni al diritto di recesso UE
Pur essendo il diritto di recesso all’estero ampiamente riconosciuto per una vasta gamma di beni e servizi, esistono specifiche categorie di prodotti o servizi per i quali tale diritto non è previsto. Le eccezioni al diritto di recesso sono:
- biglietti e prenotazioni per servizi con date prestabilite (biglietti aerei, treni, concerti, soggiorni alberghieri);
- merci con fornitura periodica;
- beni deperibili, come alimenti e vino;
- beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati;
- prodotti legati alla salute personale e all’igiene, aperti dopo la consegna;
- prodotti audio, video o software, sigillati aperti dal consumatore;
- contenuti digitali online per i quali il consumatore ha rinunciato al diritto di recesso con la fruizione del contenuto;
- servizi di riparazione urgenti o contratti di manutenzione.
È importante ricordare che il diritto di recesso si applica nei rapporti con i consumatori e negli ecommerce B2C, quindi non riguarda le vendite tra privati o gli ecommerce B2B.
Anche per i servizi e i beni esclusi dal diritto di recesso, il merchant è tenuto specificarlo nelle condizioni generali di vendita.
Come funziona il diritto di recesso in Spagna
Sostanzialmente, anche il diritto di recesso in Spagna è allineato alle direttive stabilite dall’Unione europea. Questo implica che:
- il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per ripensare all’acquisto e avvalersi del suo diritto di recedere dal contratto senza fornire alcuna spiegazione;
- il venditore ha l’obbligo di rimborsare al cliente l’intero importo pagato per l’acquisto, inclusi i costi di consegna, entro 14 giorni dal momento in cui è stato informato della decisione del consumatore di recedere dal contratto e ha ricevuto i beni restituiti;
- qualora il negozio online non rispetti gli obblighi informativi previsti, il termine per esercitare il diritto di recesso si estende a 12 mesi ulteriori rispetto ai quattordici giorni iniziali.
La normativa spagnola in materia è dettata dalla Legge Generale per la Difesa dei Consumatori e degli Utenti, che fornisce un quadro di riferimento completo per la protezione dei diritti dei consumatori, inclusi quelli relativi al recesso dai contratti di acquisto.
Come funziona il diritto di recesso in Germania
Per capire come funziona il diritto di recesso in Germania per gli acquisti a distanza bisogna fare riferimento al Codice civile tedesco (BGB).
Anche le norme tedesche sono allineate alle indicazioni europee e presentano le stesse eccezioni:
- contratti per la consegna di beni che non sono prefabbricati ma prodotti su richiesta del consumatore;
- prodotti o servizi personalizzati;
- merci soggette a deterioramento rapido o con scadenza breve;
- beni sigillati non possono essere restituiti per motivi igienici.
Mentre, è interessante sapere che in Germania sono in vigore delle disposizioni sulla cessazione dei contratti d’abbonamento per la fornitura di beni e servizi nel tempo. Gli aspetti principali sono:
- la durata iniziale dei contratti di abbonamento non può essere superiore ai due anni;
- il contratto può essere rinnovato in automatico ma, in tal caso, il consumatore non ha vincoli temporali e può disdire in qualsiasi momento;
- il cliente deve poter disdire il contratto in maniera semplice, attraverso un comando o un tasto.
Il diritto di recesso nel Regno Unito (UK)
Nonostante la Brexit, il diritto di recesso nel Regno Unito è molto simile a quello applicato nei paesi membri dell’Unione Europea. È regolato dalle Consumer Contracts (Information, Cancellation and Additional Charges) Regulations 2013, che prevede un periodo di ripensamento di quattordici giorni.
In particolare, il diritto di recesso nell’UK riconosce ai consumatori la possibilità di recedere dal contratto entro quattordici giorni, informando preventivamente il venditore. Per comunicare il recesso, è possibile utilizzare un modulo di recesso standard o dichiarazioni di altro tipo. L’importante è che la comunicazione del recesso sia inviata entro le tempistiche stabilite.
Nel caso in cui sul sito ecommerce non vi sia chiarezza sulle modalità di recesso, il periodo viene esteso di quattordici giorni dal momento in cui si forniscono queste informazioni e può essere ulteriormente prorogato per dodici mesi.
Come funziona il diritto di recesso negli USA
Negli Stati Uniti d’America, la gestione dei resi è piuttosto differente da quella europea. In effetti, non esiste una legge federale a riguardo, ma i singoli stati hanno adottato discipline in materia.
In linea generale, per i merchant non sussiste l’obbligo di accettare resi ma possono scegliere come gestire la propria politica dei resi. Il consumatore può avvalersi del diritto di recesso negli USA solo in due casi:
- se il bene ricevuto è difettoso;
- se il bene o il servizio non è conforme al contratto di vendita.
Un riferimento normativo importante sui resi negli USA è la “Cooling-off Rule”, una regola della Legge federale che riconosce al consumatore la possibilità di annullare la vendita, la locazione o il noleggio di beni e servizi di consumo con un valore di almeno 25 dollari entro tre giorni e ottenere un rimborso completo. Questa regola si applica ai contratti stipulati in luoghi diversi dalla normale sede del venditore (fiere, convention o vendite a domicilio) e include le vendite effettuate parzialmente online.
Come adeguare il sito ecommerce alla normativa sul diritto di recesso internazionale
La politica di reso e il diritto di recesso sono tra le variabili che incidono maggiormente sul fatturato dei siti ecommerce.
Gli acquisti dei consumatori, infatti, sono decisamente influenzati dalla possibilità di sostituire un bene e di effettuare il reso gratuito: non è un caso che, fino a questo momento, marchi della portata di Zara, Amazon e H&M abbiano offerto ai loro clienti la possibilità di effettuare il reso senza spese. Ma, i restitutori seriali, i costi per la logistica e il recupero dei beni restituiti, l’impatto ambientale e il mancato fatturato, stanno portando i merchant a riconsiderare le politiche sui resi.
Il segnale di questo cambiamento arriva proprio da questi brand che hanno iniziato ad applicare una commissione sulla restituzione dei prodotti in alcuni paesi esteri.
Per ridurre l’impatto dei resi nel commercio elettronico conviene sempre rivolgersi ad un avvocato dell’ecommerce, l’unico in grado di conciliare la soddisfazione del cliente e del venditore con la normativa ecommerce e il diritto di recesso.