Vendere cibo e vino online è una grande opportunità di business, ma, allo stesso tempo, significa ottemperare ad una serie di adempimenti e obblighi legali. Questi attengono orizzontalmente all’avvio di un’attività e nello specifico all’utilizzo del web per effettuare le transazioni, oltre che a obblighi specifici e requisiti professionali e morali per trattare questa categoria merceologica “delicata”, dove anche per la promozione, tanto online quanto offline, esistono limiti ben precisi.
NFT, oltre l’arte c’è di più: gallerie online, sushi e vino, ecco i casi aziendali
Facciamo un excursus generale sul complesso normativo che regola la vendita di cibo e vino online, tra leggi di riferimento, requisiti, autorizzazioni e adempimenti legali necessari, evidenziando però, che non si tratta di una guida esaustiva in grado di sostituire la necessaria consulenza di un legale specializzato in materia di e-commerce.
Adempimenti e requisiti morali e professionali
Innanzitutto, per avviare un’attività di vendita al dettaglio di prodotti alimentari è necessario adempiere agli obblighi comuni per l’inizio di qualsiasi attività commerciale: apertura partita IVA, iscrizione al Registro delle imprese, apertura di una posizione previdenziale (INPS) e invio della SCIA al Comune di riferimento.
Prima di avviare questo iter, però, è bene verificare se si possiedono i requisiti morali per chi vuole svolgere l’attività commerciale di vendita e di somministrazione e i requisiti professionali specifici per chi vuole aprire un’attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
In entrambi i casi, la norma di riferimento è l’art. 71 del D.Lgs. 59/2010, il Decreto di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.
Requisiti morali
Nel comma 1 del succitato articolo, il legislatore ha individuato i soggetti che non possono esercitare nessuna attività di vendita e somministrazione, ossia:
- coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
- coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni;
- coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;
- coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l’igiene e la sanità pubblica;
- coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali;
- coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti.
Requisiti professionali
Nel comma 6, invece, il legislatore è entrato ulteriormente nel dettaglio, definendo i requisiti professionali per le attività di vendita di cibo e bevande.
È necessario possederne almeno uno:
- avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti;
- avere per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, esercitato in proprio attività d’impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all’amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti;
- essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.
Per chi non è in possesso di nessuno di questi requisiti professionali, la soluzione è ottenere la certificazione di frequenza di un corso SAB.
Normativa eCommerce
Naturalmente, per esercitare l’attività di vendita di cibo e vino sul web bisogna adempiere anche agli obblighi stabiliti dalla normativa e-commerce, applicabile per qualunque tipo di prodotto e che trova le sue fondamenta principalmente nel Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), nel Decreto sul commercio elettronico (D.Lgs. 70/2003) e nell’ormai noto GDPR (Regolamento UE 2016/679).
Il documento principale che deve essere sempre presente e facilmente raggiungibile su un negozio online è senza dubbio “Termini e Condizioni di Vendita”, il contratto tra il venditore di prodotti alimentari online e il cliente.
Tuttavia, l’aspetto più importante nella vendita di cibo o vino sul web riguarda la scheda prodotto che deve descrivere le caratteristiche principali del prodotto venduto, e deve farlo secondo certi precisi parametri.
Infatti, secondo la lettera dell’art. 9 del Regolamento UE 2011/1169, la scheda prodotto di un bene alimentare deve contenere:
- la denominazione dell’alimento;
- l’elenco degli ingredienti;
- qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata;
- la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
- la quantità netta dell’alimento;
- il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
- le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
- il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1;
- il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26;
- le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
- per le bevande che contengono più di 1,2% di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
- una dichiarazione nutrizionale.
Per la vendita online, la scadenza del prodotto deve essere indicata sulla confezione del prodotto.
E-commerce, alcool e minorenni: come far rispettare il divieto
Uno degli adempimenti più complessi da rispettare per chi gestisce un e-commerce in cui sono disponibili vino e altri alcolici è descritta nella Legge 125/2001, la “Legge Quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati”.
La Legge in commento oltre ad aver imposto il divieto di vendere alcolici ai minori di 18 anni richiede un comportamento proattivo di controllo da parte del gestore dell’attività. Quest’ultimo deve verificare l’età dell’acquirente tramite la richiesta di un documento di identità, ad eccezione dei casi in cui la maggiore età sia palesemente manifesta.
La normativa, inoltre, prevede alcune sanzioni amministrative per chi non ottempera a quest’obbligo e partono dal minimo della sanzione pecuniaria di 250 euro fino ad arrivare alla sospensione dell’attività fino a tre mesi, nei casi più gravi di reiterazione dell’infrazione.
Tuttavia, mentre nei punti vendita fisici è più semplice assicurarsi della maggiore età dell’acquirente, per i negozi online, per ovvie ragioni, diventa sicuramente più macchinoso.
Al momento non è stata data soluzione definitiva a questa questione, pertanto la modalità più idonea risulta l’obbligo di registrazione all’e-commerce, prima di effettuare qualsiasi acquisto, nella quale il cliente (o potenziale tale) deve fornire un documento di identità che attesti la sua maggiore età al gestore, con l’onere per quest’ultimo di verificarne la validità.
Chiaramente questa operazione deve avvenire nel rispetto della normativa a protezione dei dati personali e il GDPR, e il trattamento che ne consegue necessita di un’attenzione particolare da evidenziare nell’apposito Registro dei trattamenti.
Promozione di prodotti alimentari e alcolici: le restrizioni
Anche sul fronte della comunicazione e promozione dei prodotti alimentari e degli alcolici esistono limiti che riguardano in maniera trasversale sia i business online che i negozi fisici.
Sicuramente la questione è più delicata quando si tratta di alcool, sempre nella succitata Legge Quadro è imposto il divieto di trasmettere pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche durante i programmi rivolti ai minori e nei quindici minuti precedenti e successivi.
Inoltre, anche le Big Tech che controllano i maggiori circuiti pubblicitari online, Meta per le piattaforme Facebook e Instagram, e Google per il circuito Google Ads, sono allineate nella “lotta all’alcool”, e seguono pedissequamente le leggi internazionali e le leggi specifiche di ogni singolo Paese in cui operano, imponendo forti limitazioni alle inserzioni pubblicitarie che hanno l’obiettivo di promuovere questa tipologia di prodotti, indipendentemente dal fatto che siano venduti online oppure offline.
È bene comprendere bene i punti fondamentali stabiliti nelle policy dei singoli circuiti, visto che il mancato rispetto mette gli account pubblicitari a rischio di blocchi o ban, difficili da ripristinare.
Tutelare il Made in Italy dalla contraffazione, una sfida che il digitale può vincere
Nutrient Profile Model 2023: le linee guida OMS sui prodotti alimentari non salutari destinati ai bambini
Ma non è tutto, anche sui prodotti alimentari sono verosimilmente in arrivo alcune restrizioni.
È notizia di pochi giorni fa il rilascio da parte della sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del nuovo Nutrient Profile Model 2023 (NPM 2023), un aggiornamento al precedente documento del 2015 che in sostanza rappresenta le linee guida dell’OMS sull’individuazione dei criteri nutrizionali dei prodotti alimentari destinati ai bambini di età superiore ai 3 anni, in particolare quei prodotti etichettati come “salutari”, ma che in realtà non sempre lo sono.
In questo documento l’OMS ha messo nel mirino 18 categorie di prodotti tra cui snack, merendine e succhi e per ognuno di questi prodotti ha delineato le soglie di rischio per grassi, sali e zuccheri.
L’obiettivo? Dare uno strumento concreto ai decisori comunitari e nazionali per stabilire al meglio cosa realmente fa bene all’alimentazione e alla salute dei bambini e cosa effettivamente no, cercando di limitare qualsiasi forma di marketing, comunicazione e promozione dei prodotti dannosi.
Si tratta in particolare di un intervento ritenuto necessario dall’Ufficio europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili dell’Oms Malattie, in quanto, soprattutto i bambini, sono particolarmente vulnerabili all’advertising di prodotti alimentari e ne sono esposti su moltissimi canali di utilizzo comune, dalla televisione ai videogiochi, passando per i social media e il web.
Vedremo come queste Linee Guida verranno recepite in concreto.