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Invenzioni assistite dall’AI: la guida dell’Ufficio brevetti Usa



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L’USPTO ha introdotto una guida sulle invenzioni assistite da IA, stabilendo criteri per determinare l’inventorship. Le novità includono il riconoscimento del “prompting” e dell’IA engineering come contributi significativi. La guida mira a mantenere l’ingegno umano al centro del processo inventivo, anche nell’era dell’intelligenza artificiale

Pubblicato il 20 mar 2024

Gianluca Rotino

Fellow all’Information Society Law Center dell’Università di Milano



brevetti

Il 13 febbraio scorso, l’USPTO, l’ufficio marchi e brevetti statunitense, ha rilasciato una guida volta a fornire dei criteri guida agli esaminatori, chiamati a valutare le domande di brevetto di invenzioni ottenute con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale.  

Nella prassi americana, le determinazione delle qualifica di inventore, ha da sempre fatto riferimento al criterio del “substantial contribution”, il contributo sostanziale. Chiunque volesse essere qualificato (e indicato) come inventore in una domanda, doveva poter dimostrare di aver dato un significativo contributo alla stessa, al suo concepimento, alla sua messa in pratica o a determinate singole rivendicazioni in brevetto. La rilevata mancanza dell’apporto di un contributo significativo da parte di un inventore indicato comporta un vizio di “inventiva impropria” (improper inventorship), che conduce al rigetto della domanda. Questo criterio e al relativa prassi è stata messa sotto stress dal crescente utilizzo della IA come strumento di “assistenza alla invenzione”, rendendo necessario fornire delle linee guida che aiutino gli esaminatori (ma anche ‘gli inventori’) a stabilire quando vi sia un contributo significato dell’agente umano che collabora con na IA ‘ad una invenzione.

Esaminiamo la prassi consolidata dell’USPTO e le novità introdotte dalla Guida, soffermandosi su quelle che appaiono di maggior interesse per innovazione dell’orientamento precedente e per impatto. Analizzando poi la prassi delle invenzioni collaborative in ambito industriale, verrò anche si porrà in rilievo che quello della inventorship non sia un problema esclusivamente di etica professionale e di diritti morali ma che abbia anche un significativo impatto economico e organizzativo per le aziende. In chiusura, si porranno le prassi dell’USPTO al vaglio del codice delle proprietà industriale nazionale, per evidenziarne la diversità di approccio.

Invenzioni prodotte con AI: dov’è il vulnus

In altra sede, già tempo addietro, occupandomi della IA nel drug discovery and development[1], rilevavo che il reale vulnus non fosse tanto quello della titolarità dei diritti economici delle invenzioni prodotte con e/o da AI, sul quale molti degli sforzi ermeneutici si sono concertati., ma che nel suo concreto utilizzo il problema insistesse, in vero, nella valutazione dell’apporto che tali tecnologie avessero nel processo inventivo pre-brevettuale e, in ultima analisi, in quanto poi “l’inventore umano” potesse legittimamente attribuirsi la qualifica di inventore.

In effetti, chi possa essere ritenuto autore/creatore di un output di una IA, laddove non vi sia un significativo apporto umano, non solo è ancora estremamente dibattuto ma appare ancora lontano da aver trovato una soluzione definitiva.

Non esiste un riferimento normativo o una formula per determinare con precisione quanto effettivamente debba essere rilevante o meno il contributo di qualcuno nella invenzione al fine di poterlo qualificare inventore: questa “scelta”, in parte, è affidata alla integrità e all’etica professionale del “ricercatore”, della organizzazione in cui opera, ed in parte è determinata dalla prassi e alla discrezione degli esaminatori della domanda di brevetto.

USPTO Determining Inventorship: la prassi consolidata

A differenza del sistema italiano (ma anche europeo), in quello statunitense a dover essere indicato non è solo l’inventore ma in modo più specifico il true and only inventor. Oltre oceano si è quindi sviluppata in prassi una sorta di codice etico non formalizzato ai cui parametri ci si riferisce per determinare se un soggetto, contributore in un contesto inventivo collaborativo, possa essere o meno menzionato come o tra gli “inventori” introducendo il parametro del “contributo significativo”: è il problema del cosiddetto determining inventorship .

Secondo la prassi consolidata accolta dall’USPTO, un inventore è:

  • una persona che concepisce l’oggetto di almeno una rivendicazione (claim) del brevetto;
  • due o più persone che collaborano alla produzione dell’invenzione attraverso sforzi aggregati.

Ciò che però potrebbe rilevare maggiormente, è forse ciò che secondo tale prassi un inventore non è:

a) qualcuno il cui unico contributo è ridurre un’invenzione alla pratica esercitando l’abilità ordinaria nell’arte;

b) un tecnico che esegue semplicemente esperimenti o assembla l’invenzione;

c) il supervisore o il responsabile di dipartimento della persona che ha concepito l’invenzione;

d) qualcuno il cui unico contributo è un elemento ovvio per l’invenzione;

e) qualcuno il cui unico contributo è la partecipazione a consultazioni sull’invenzione prima o dopo il concepimento dell’invenzione;

f) una persona che concepisce solo il risultato da ottenere ma non l’idea di come raggiungerlo;

g) una persona che scopre solo il problema (a meno che non contribuisca alla soluzione);

h) una persona che fornisce semplicemente un suggerimento o un miglioramento, ma che non lavora per adattare il suggerimento o il miglioramento nell’invenzione.

i) Un secondo inventore dell’oggetto dell’invenzione che non ha collaborato con un primo inventore dell’oggetto dell’invenzione.

Alla luce di questa prassi, tralasciando i requisiti per essere un inventore, è in quelli per “non esserlo” che troviamo delle fattispecie che nel caso di computer generated e di computer assisted invention sembrano particolarmente aderenti.

Tali risultano segnatamente i casi: b); c); f); g); h) e i) i quali pongono che non può essere ritenuto inventore; un tecnico che esegue semplicemente esperimenti o assembla l’invenzione; il supervisore o il responsabile di dipartimento della persona che ha concepito l’invenzione; una persona che concepisce solo il risultato da ottenere ma non l’idea di come raggiungerli; una persona che scopre solo il problema (a meno che non contribuisca alla soluzione); una persona che fornisce semplicemente un suggerimento o un miglioramento, ma che non lavora per adattare il suggerimento o il miglioramento nell’invenzione.

Anche limitando la questione delle invenzioni generate da IA a quelle “solo assistite”, l’umano in controllo (o l’agente umano in sé) è facilmente riconducibile ad uno di queste ipotesi di esclusione della inventorship.

Se l’IA è lo strumento attraverso il quale l’invenzione è concepita, l’agente umano assume il ruolo di supervisore del soggetto che ha concepito l’invenzione, si ricade nel caso (c); come, ad esempio, il “composto candidato a divenire farmaci”. Se poi il problema è stato posto dall’agente umano, ma è risolto in autonomia dalla IA, si ricade nel caso (g). Ancora, se l’agente umano fornisce alla IA solo “il risultato” come, in ambito farmaceutico, le caratteristiche del farmaco, target livello di tossicità ecc., si ricade nel caso (f). Infine, nelle attività di ricerca AI assisted, l’attività dell’agente umano è spesso “ridotta” a svolgere il ruolo del tecnico che verifica sperimentalmente gli esiti della elaborazione algoritmica, come nel caso (b) delle esclusioni.

La considerazione che ne consegue è che allo stato attuale delle cose, se tali prescrizioni etiche fossero “vincolanti”, nessuno dei soggetti, che l’ordinamento vigente stesso prende in rilievo per essere titolare della invenzione da IA, potrebbe in realtà essere qualificato per esserlo.

Ancorché questa sia la prassi statunitense, si deve osservare che nella pratica, anche se il soggetto presentante non risieda nell’ambito della giurisdizione nordamericana, i brevetti vengono presentati spesso direttamente all’USPTO o comunque, nella domanda internazionale, estesi anche alla procedura nazionale di valutazione americana al fine di avere copertura anche negli USA, rendendo necessario considerare i termini di applicabilità stabiliti dalla norme e dalla pressi statunitense.

Le nuove line Guida per le invenzioni AI assisted

Il 13 Febbraio 2024, l’USPTO è intervenuto sul tema con la pubblicazione di un documento denominato Inventorship Guidance for AI-assisted Inventions. La guida, come precisa l’Ufficio Brevetti statunitense, è emanata in conformità del Ordine esecutivo sullo sviluppo e l’uso sicuro, protetto e affidabile dell’intelligenza artificiale” (30 ottobre 2023), al fine di fornire chiarezza alle parti interessate e al personale dell’USPTO.

È suddivisa in cinque sezioni, delle quali la Sezione I è introduttiva, sullo scopo e fondamento della Guida.

La sezione II del presente avviso fornisce una panoramica della recente decisione del Circuito Federale nella causa Thaler v. Vidal e della sua applicabilità all’inventorship congiunto.

La Sezione III fornisce una valutazione dell’inventorship delle invenzioni assistite dall’IA e del suo impatto sulla brevettabilità, e conclude che tali invenzioni non sono categoricamente non brevettabili a causa di un inventorship improprio se una o più persone fisiche hanno contribuito in modo significativo all’invenzione.

La Sezione IV fornisce indicazioni e principi per determinare l’inventore di un’invenzione assistita dall’IA.

La Sezione V spiega l’impatto che la determinazione dell’inventore per le invenzioni assistite dall’IA ha su altri aspetti della pratica brevettuale.

Il documento, che specifica senza riformare la dottrina del “determing inventorship” summenzionata, presenta alcuni punti di interesse e di stimolo.

I 5 punti chiave della guida

In sintesi, i punti chiave della guida sono riassumibili in 5:

  • L’uso di un sistema di IA da parte di una persona fisica per la creazione di un’invenzione assistita dall’IA non annulla il suo contributo come inventore. La persona fisica può essere indicata come inventore o co-inventore se contribuisce in modo significativo all’invenzione assistita dall’IA.
  • Una persona fisica che si limita a presentare un problema a un sistema di IA può non essere un inventore o un co-inventore di un’invenzione identificata dall’output del sistema di IA. Tuttavia, un contributo significativo potrebbe essere dimostrato dal modo in cui la persona costruisce il prompt in vista di un problema specifico per suscitare una particolare soluzione da parte del sistema di IA.
  • Pertanto, una persona fisica che si limita a riconoscere e ad apprezzare l’output di un sistema di IA come un’invenzione, in particolare quando le proprietà e l’utilità dell’output sono evidenti a chi ha un’abilità ordinaria, non è necessariamente un inventore. Tuttavia, una persona che prende l’output di un sistema di IA e apporta un contributo significativo all’output per creare un’invenzione può essere un inventore vero e proprio. In alternativa, in alcune situazioni, una persona che conduce un esperimento di successo utilizzando l’output del sistema di IA potrebbe dimostrare di aver fornito un contributo significativo all’invenzione, anche se tale contributo è stato fornito da un sistema di IA.
  • Una persona fisica che sviluppa un elemento costitutivo essenziale da cui deriva l’invenzione rivendicata può essere considerata un contributo significativo all’ideazione dell’invenzione rivendicata, anche se non era presente o non ha partecipato a tutte le attività che hanno portato all’ideazione dell’invenzione rivendicata. In alcune situazioni, la persona o le persone fisiche che progettano, costruiscono o addestrano un sistema di IA in vista di un problema specifico per ottenere una soluzione particolare potrebbero essere un inventore, laddove la progettazione, la costruzione o l’addestramento del sistema di IA rappresentano un contributo significativo all’invenzione creata con il sistema di IA.
  • Mantenere il “dominio intellettuale” su un sistema di IA non fa di per sé di una persona un inventore di qualsiasi invenzione creata attraverso l’uso del sistema di IA. Pertanto, una persona che semplicemente possiede o supervisiona un sistema di IA che viene utilizzato per la creazione di un’invenzione, senza fornire un contributo significativo alla concezione dell’invenzione, non fa di quella persona un inventore.

Il ‘Substantial Contribution’ e i ‘Pannu Factors’

Emerge immediatamente la rilevanza determinante del concetto di “contributo significativo” ( substantial contribution) e quelli di “concezione della invenzione”. Ambedue “nodi” fondamentali della questione”.

La domanda di brevetto (patent application) dovrà tassativamente indicare il nome (o i nomi) di “perone naturali (natural person) che hanno contributi significativamente alla invenzione.

Come afferma esplicitamente anche la stessa Guida Determinare se il contributo di una persona fisica nelle invenzioni assistite dall’IA sia significativo può essere difficile da accertare, e non esiste un criterio univoco.

Chiarisce poi che sebbene le invenzioni assistite dall’IA non siano categoricamente non brevettabili, l’analisi dell’invenzione deve concentrarsi sul contributo umano, poiché i brevetti hanno la funzione di incentivare e premiare l’ingegno umano

Al fine di determinare se e quanto sia stato significativo il contributo della persona naturale la Guida rimanda i c.d. Pannu Factors[2], dei criteri elaborati in sede giurisdizionale al fine di rendere determinabile se il livello di contributo di un (vantato) inventore si possa ritenere significativo.

I fattori sono tre, secondo i quali ogni inventore per essere considerato tale (ai fini della indicazione nella domanda di brevetto) deve

(1) contribuire in modo significativo all’ideazione o alla riduzione in pratica dell’invenzione ,

(2) apportare un contributo all’invenzione rivendicata che non sia di qualità insignificante, se tale contributo viene misurato rispetto alla dimensione dell’invenzione completa, e

(3) fare qualcosa di più che spiegare agli inventori reali concetti ben noti e/o lo stato attuale della tecnologia.

I tribunali hanno stabilito che il mancato soddisfacimento di uno qualsiasi di questi fattori preclude a quella persona la possibilità di essere nominata inventore.

Ancora una volta, però, la guida sembra porre un riferimento tautologico, per il quale un contributo è significativo se …è significativo nella “ideazione e riduzione in pratica” (1), se non sia insignificante rispetto alla invenzione completa (2). È chiaro che tale valutazione qualitativa spetta alla discrezionalità del valutatore che, come esplicita la guida stessa deve “valutare attentamente i fatti desunti dal fascicolo o da altre prove estrinseche quando decidono in merito alla titolarità dell’invenzione”, applicando i fattori Pannu per determinare se le persone fisiche hanno contribuito in modo significativo a un’invenzione assistita dall’IA, per ogni singola rivendicazione e caso per caso, e ogni caso in base a fatti specifici.

Rispetto al primo dei fattori Pannu, laddove si menziona il contributo alla “ideazione”, si introduce il tema del “concepimento” delle invenzione, largamente dibattuto e che nell’ambito delle invenzione AI assisted assume un rilievo ulteriore Si precisa, nella Guida, che il contributo significativo nella ideazione, deve essere valutato in baso al contributo(significativo) alla formazione della idea definita e permanente dell’invenzione completa e operativa, così come è stata successivamente applicata nella pratica. In pratica, secondo tale orientamento, non si può affermare che vi sia stato un concepimento di un invenzione nel caso in cui la “creazione accidentale non riconosciuta”, la guida parla della necessaria compresenza di “recognition and appreciation”. Per quanto possa apparire opaco, in realtà, questo criterio esclude delle invenzioni “casuali”, delle quali l’inventore non è in grado di poter dimostrare di aver ideato, indirizzato e voluto il risultato prodotto, nel dettaglio specifico della sua applicazione.

Nel caso di invenzioni AI assisted, ad esempio, non sarebbe “brevettabile” un farmaco ottenuto come outcome dalla AI in base ad una generica richiesta di “trovare un composto efficace tra i composti presenti”, senza indicare tra quali composti indagare, verso quale indicazione e con quali caratteristiche il farmaco dovrà poi presentare.

Ad ulteriore limitazione della brevettabilità di creazioni accidentali, inoltre, viene chiarito che è giurisprudenza consolidata che il fatto che un uomo contribuisce in modo significativo alla riduzione in pratica di un’invenzione concepita da un altro non sia sufficiente a costituire l’invenzione. Occorre che vi sia stata quella “recognition and appreciation” sino dalla ideazione.

Un caso “eccezionale” a questo orientamento è dato da quello della cd. “concezione e riduzione in pratica simultanea”. È il caso in si giunge alla “concezione” attraverso la riduzione in pratica, come nel caso di un esperimento di un esperimento di successo che conduce alla “ideazione” di un composto brevettabile.

In base a tali criteri, una persona fisica deve aver contribuito in modo significativo a ogni rivendicazione di una domanda di brevetto o di un brevetto.

Nel caso in cui una singola persona utilizzi un sistema di IA per creare un’invenzione, tale persona deve dare un contributo significativo a ogni rivendicazione del brevetto o della domanda di brevetto

In caso contrario, laddove gli esaminatori non fossero in grado di poter rilevare tale contributo in qualsiasi brevetto o domanda di brevetto che includa una rivendicazione in cui almeno una persona fisica non abbia contribuito in modo significativo all’invenzione rivendicata, anche se la domanda o il brevetto include altre rivendicazioni inventate da almeno una persona fisica si deve rilevare la “improper inventorship” e quindi dovrà essere rigettata (ex ai sensi del 35U.S.C. 101 e 115,) Il rigetto dovrà essere somministrato anche nel caso in cui l’inventorship possa essere corretto in alcune situazioni ai sensi del 37 CFR 1.48 o 1.324, ma non sia possibile nominare un nuovo inventore se nessuna persona fisica ha dato un contributo significativo a un’invenzione assistita dall’IA.

La guida precisa che “un rifiuto ai sensi del 35U.S.C. 101 e 115, o altra azione appropriata, deve essere effettuata per tutte le rivendicazioni in qualsiasi domanda che elenchi un sistema di IA o un’altra persona non fisica come inventore o co-inventore”.

Prompting e AI engineering come contributo significativo

In base ai criteri applicativi stabiliti nella Guida, un prompt ingegnerizzato per la risoluzione di un problema specifico volto alla elaborazione di una particolare soluzione è considerabile come contributo significativo, per tanto il “prompt engineer” sarà validamente indicabile come inventor nella domanda.

Al pari, la guida considera che possa essere ritenuto un contributo significativo, la progettazione, la costruzione o l’addestramento del sistema IA, laddove siano stati svolti allo scopo dell’ottenimento di una soluzione particolare ad un problema specifico.

Questi due elemento non appaiono solo incidentali, ma ad avviso di chi scrive, ben evidenziano la portata radicale della introduzione delle IA nei processi di Ricerca e Sviluppa, in tutti i settori. Infatti, in base a tali criteri guida, quindi, soggetti o organizzazioni che sviluppano prompting, o progettano, addestrano o realizzino sistemi di IA (non generici), unitamente alla rilevata diffusione trasversale delle applicazioni della IA; si troveranno a risultare co-inventori in una larga gamma di applicazioni. Queste note avranno (o dovrebbero avere) non irrilevanti ripercussioni anche sul piano della contrattazione. Ad esempio nell’ambito farmaceutico, non sarebbe “inusuale” se la realizzazione della AI o del prompt, includesse (anche a livello significativo) delle royalties sui risultati commerciali del farmaco.

Analogamente, nelle organizzazioni che generano revenues dalla ricerca e sviluppo, l’introduzione delle AI in tali processi, porterà il c.d. CAIO (il Chief Aritifical Intelligence Officer)ed il suo team ad essere il “core” dell’attività stessa e ‘officer’ maggiormente remunerato e, nelle organizzazioni AI driven, il miglior candidato alla posizione di CEO.

Occorre sottolineare che la Guida precisa che il possedere una “dominazione intellettuale” su un sistema IA non implica che il dominus possa dichiararsi inventore di qualsiasi invenzione creata attraverso l’uso della IA. È interessante che per indicare il fatto di essere titolari o supervisori si un sistema IA, dalla Guida, sia indicato come “dominio intellettuale”, ed è utile in termini operativi sgomberando da ogni equivoco che condurrebbe ad una distorsione del processo di ricerca e sviluppo, spostandone il baricentro solo ed esclusivamente “sul miglior sistema disponibile” anziché sul migliore utilizzo da parte dei ricercatori (e/o inventori).

Dato il crescente utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nel processo di creazione di un’invenzione, i richiedenti devono prestare particolare attenzione nel garantire che ciascun inventore nominato in una domanda di brevetto o in un brevetto abbia fornito un contributo significativo all’invenzione rivendicata, come descritto dai fattori Pannu.

L’USPTO precisa altresì di aver esplorato le questioni che riguardano l’intersezione tra l’IA e la proprietà intellettuale e ha intenzione di continuare a confrontarsi con le parti interessate, pubblicando le linee guida più opportune. L’ufficio considera le linee guida sull’inventorship delle invenzioni assistite dall’IA come un processo iterativo e potrebbe continuare con integrazioni periodiche in base ai continui progressi della tecnologia dell’IA e/o all’evoluzione dei precedenti giudiziari e riconosce anche che l’IA solleva altre questioni per il sistema brevettuale oltre all’inventorship, come l’ammissibilità dell’oggetto, l’ovvietà e l’abilitazione.

Note sulle novità introdotte

Si può annotare che rispetto alla consolidata dottrina della determinazione della inventorship, la guida introduce alcuni elementi di novità sia interpretativa che de novo.

Il primo è quello menzionato al punto 3 della sintesi, per cui “in alcune situazioni, una persona che conduce un esperimento di successo utilizzando i risultati del sistema di IA può dimostrare di aver fornito un contributo significativo all’invenzione”. Era infatti espressamente escluso che “un tecnico che esegue semplicemente esperimenti o assembla l’invenzione”, la guida introduce la possibilità (non l’automatismo) che anche il tecnico che effettua un esperimento (di successo) utilizzando i risultati della IA, possa dimostrare di aver fornito così un contributo significativo alla invenzione.

Il secondo elemento di novità, del tutto nuovo, è la menzione del “prompting” come potenziale contributo significativo al fine di menzione come inventore.

Il terzo è quello che un soggetto estraneo alla ricerca in quanto tale, ma che ha progettato, addestrato o costruito la IA utilizzata per la ricerca, possa essere incluso come inventore.

Non si può non considerare l’ulteriore complessità, per la quale la IA non sia stata sviluppata e/o non appartenga a chi l’ha utilizzata per lo svolgimento delle elaborazioni che hanno poi condotto all’output da cui deriva l’invenzione.

Salvo circostanze che si possono al momento considerare le eccezioni, la prassi è infatti di ricorrere all’outsourcing (anche dell’intero processo di IA) o al procurement di sistemi ‘turnkey”, già pre-addestrati (come ad es. i General Pre-trained model come GPT)[3].

Avranno qui particolare rilievo le prassi negoziali che, al netto di ipotesi di imputazione di profili di responsabilità per qualsivoglia illecito, dovranno prevedere il rilascio totale o parziale (es. liecensing o co.dev.) dei diritti connessi alla creazione derivante dall’applicazione della IA per evitare il verificarsi di quelle ipotesi menzionate per cui chi programma, interroga o addestra l’AI si troverebbe (legittimamente secondo l’USPTO) “inventore” in ambiti di cui non ha la minima cognizione.

Nell’analizzare il problema emergono infatti diverse figure concorrenti: chi ha progettato l’architettura della banca dati del data-set, chi ha selezionato i dati, chi ne ha disposto l’organizzazione (ad esempio attraverso la progettazione dell’algoritmo), chi ha immesso i dati (producendoli o raccogliendoli) e chi ha assemblato e realizzato la banca dati digitale. Già in tale sede, emerge come pressoché insolubile la questione su chi possa o debba essere indicato come il titolare del diritto in discussione. Quale di queste figure ha fornito il contributo significativo ai fini della realizzazione del sistema di intelligenza artificiale che ha condotto all’output da cui è stata poi “elaborata” l’invenzione brevettabile.

Se, come alcuni sostengono, questo soggetto (o soggetti) coincida con chi ha “istruito” la macchina, ci si potrebbe trovare ad avere come autore/inventore un soggetto che di fatto non ha preso parte alle effettive attività svolte del sistema IA nel processo produttivo effettivo. Questo può capitare ad esempio se l’addestramento è avvenuto da parte del dipartimento di AI di una azienda (tipicamente quello IT) che, come nel caso qui in esame, sviluppa e produce prodotti medicinali.

Ancora più anomalo, sarebbe poi il caso in cui l’addestramento è avvenuto fuori l’organizzazione, ad esempio per committenza o outsourcing.

Uno scienziato computazionale si potrebbe trovare ad essere co-creatore, ad esempio, di un prodotto medicinale al cui sviluppo effettivamente non ha preso parte.

Inoltre, si deve tenere presente il contesto produttivo in cui opera la IA e il ciclo produttivo del prodotto realizzato e i soggetti in esso coinvolti. Sempre nel caso dello sviluppo del farmaco si avrebbero le fasi preclinica e clinica, l’investigatore principale, il chimico/biochimico, il biologo molecolare, i tecnici di laboratorio, il bioinformatico, lo specialista clinico della c.d.indicazione, radiologi, e questo solo per citare poche persone.

Determinare chi abbia dato rilevanti “input creativi” o “un contributo significativo” appare essere più una decisione di “politica” (sia aziendale che legislativa nel caso) che tecnica.

Invenzioni con l’AI: le questioni da non tralasciare

La prima è relativa alla piena adesione alla tesi per la quale rebus sic stantibus, non ha senso ipotizzare una titolarità diretta in capo alla intelligenza artificiale[4], e quindi di “scomodare” per quanto affascinanti, quelle che appaino poco efficienti teorie di agenti “artificiali”.

La seconda è che occorre introdurre per chiarezza una precisazione, distinguendo invenzioni in cui l’agente umano è più o meno “sostanzialmente” supportato nel processo creativo (computer assisted works o inventions), dalle invenzioni che un sistema di intelligenza artificiale è in grado di raggiungere in completa autonomia (computer generated works).

Questa ipotesi implica che la IA non abbia ricevuto alcun tipo di input dall’agente-umano, ma abbia individuato il problema, la soluzione e il metodo per arrivare a tale soluzione in autonomia.

Si evince dalla guida dell’USPTO che allo stato dell’arte, le invenzioni come anche le creazioni AI generated non sono brevettabili, essendo patologicamente affette da una “lack of proper inventorship”. L’impossibilità di indicare, per ciascuna “rivendicazione” (claim) in brevetto, un contributo umano significativo, infatti, rende la domanda “obbligatoriamente” passibile del rigetto come indicato dalla guida.

Resta assodato, poi, che i diritti patrimoniali spettano comunque a chi presenta la domanda, indicato come titolare, e che coincide (normalmente) con chi ha effettuato gli investimenti per raggiungere il risultato, il “datore di lavoro”[5] a titolo originario (vi sono poi soggetti che possono acquisire tal diritti a titolo derivativo per negozio).

Infatti, patent ownership (titolarità dei diritti patrimoniali) e patent invetorship nella pratica “industiale” non coincidono. L’inventore, nella accezione vista di colui che ha significativamente contribuito all’ invenzione, non è colui il quale poi gode dei diritti patrimoniali connessi alla invenzione. Nelle realtà produttive come anche nei centri di ricerca avanzata di ogni settore, dettagliati accordi di “rilascio dei diritti” sono posti in essere al momento dell’avvio della collaborazione con chi si occupa della ricerca.

I principi USPTO al vaglio del diritto interno

Il principale ostacolo di diritto positivo interno consiste nel fatto che l’invenzione compiuta (o assistita) da una IA non appare creata dall’uomo. Non potendo il sistema di IA essere designato quale autore/inventore, la creazione non potrebbe essere oggetto di tutela autoriale e/o brevettuale per disconoscimento di paternità umana.

Tutte le formalità procedurali per il rilascio di brevetto, come ad esempio:

  • regola 19 e art. 81 della Convenzione sulle concessioni dei brevetti europei[6];
  • art. 21, 1 Regolamento attuativo del CPI[7] Decreto del Ministro Dello Sviluppo Economico 13 gennaio 2010 n. 33 (in Suppl. Ordinario n. 48 alla Gazz. Uff., 9 marzo, n. 56);
  • art. 120, 3, CPI;

richiedono che le domande contengano designazione del nome, cognome, nazionalità e domicilio dell’inventore e di ogni altro soggetto che abbia concorso all’invenzione.

Anche la Direttiva software (dir. 2009/24/CE), prevede che “L’autore di un programma è la persona fisica o il gruppo di persone che ha creato il programma, o qualora la legislazione e gli Stati membri lo permetta, la persona giuridica designata da tale legislazione come titolare di tale diritto”.

In merito alle invenzioni generate da intelligenza artificiale, in un recente contributo di attenta dottrina[8] dedicato ad una ricognizione dei problemi della brevettabilità di questa “tipologia” di creazione, si legge, ampiamente ridimensionato, non tanto l’entità del problema, quanto si potrebbe dire, l’hype connessa al problema stesso.

In primo luogo, si evidenzia che l’osservazione va posta superando le “obiezioni, radicali etiche e sociopolitiche” delle “visioni distopiche” per le quali è di prossimo avvento “un mondo da agenti artificiali incontrollabili dall’uomo”. Invitando, se non ammonendo, a considerare la IA una creazione dell’uomo di uno strumento a disposizione dello stesso. Diversamente, infatti, acutamente l’Autore sostiene che, porsi la preoccupazione di promuovere con incentivi una tecnologia che è in prospettiva in grado di “soppiantarci”, sarebbe “una politica suicida”; per cui non avrebbe senso assumere questa ipotesi per compiere valutazioni che siano costruttive.

In secondo luogo, si evidenzia che già ad oggi dai dati del WIPO[9] si registra una considerevole quantità di domande di brevetto AI Assistend Inventions, dimostrando che, a quanto pare, il sistema sia già in grado di assorbire “senza traumi gravi” l’ingresso di questa tecnologia nella effettiva realtà produttiva. Concentrandosi poi sull’aspetto “funzionale” più che su quello formale della questione della brevettabilità, la questione si pone su quali incentivi debbano essere concessi perché l’istituto brevettuale alla prova di questa sfida mantenga la sua funzione di “propulsione” della innovazione.

Il problema della paternità della creazione

In relazione alla designazione dell’inventore, l’autorevole Autore sostiene che chi vorrebbe il riconoscimento della personalità giuridica dei sistemi IA[10] promuoverebbe una riforma il cui vantaggio risulterebbe poco chiaro. In particolare, il vulnus di questa posizione è nell’assunto che il titolare del brevetto e inventore debbano coincidere, e mancando di personalità giuridica la IA non può trasferire nemmeno i diritti ad un terzo (il titolare della macchina), laddove invece è già chiaro che non solo possono non coincidere ma vi sono casi in cui ex lege questi già non coincidono, come nel caso delle invenzioni svolte in ragione di un rapporto di lavoro subordinato. Sarebbe uno sforzo “inutile”, se si volesse riconoscere una qualche autonomia patrimoniale alla “macchina”, che dovrebbe sempre servirsi dell’uomo che si troverebbe poi, da omphalos degli interessi in gioco, ad essere relegato a quelli di gestore di “patrimoni robotici”, concludendo che l’interesse umano dovrebbe rimanere preminente e la IA essere intesa come uno strumento a disposizione dell’uomo.

Sussistono due problemi “diversi ma uguali”. Una creazione generata o assistita da un IA, infatti, può rivestire criteri di creatività, e porre l’interrogativo dal punto di vista delle leggi (e requisiti) autoriali, oppure presentare i criteri per essere un “invenzione brevettabile”, e porre l’interrogativo sotto il punto di vista della disciplina brevettuale.

Si avrà quindi il “dilemma” dell’indicazione dell’autore in un caso o dell’inventore nell’altro. In entrambe i casi, la questione sottende la materia della attribuzione della “paternità della creazione” (opera o invenzione) e dei relativi diritti patrimoniali e morali.

Qualsiasi sia la posizione che si voglia infatti assumere rispetto al (non)problema di attribuzione di una qualche forma di personalità alla macchina avente rilievo giuridico, in ogni caso, e in particolare nel processo di cui qui ci occupiamo, l’IA “inventore” si trova ad essere impiegata sotto la direzione, il coordinamento, le istruzioni e usando i mezzi di un datore di lavoro. Quindi, sia nella ipotesi di una AI generated invention, dotata di e-personalità, sia nel caso si veda la IA come strumento (sofisticato) privo di questo attributo e posto a supporto della attività dell’agente umano, in entrambi i casi, per le ragioni dette, i diritti patrimoniali sono in campo al committente/datore di lavoro. Per questo profilo in questa sede nulla quaestio.

L’ostacolo insormontabile resta, come anticipato, la designazione dell’inventore ex artt. 62; 160, co.3 lett.c) del CPI, in combinato disposto con l’art.185. co.2 lett. d) del CPI, che prevede che in sede di raccolta ci sia nome e cognome dell’autore/inventore. Si potrebbe eccepire che, essendo il tema dalla indicazione dell’autore/inventore un problema squisitamente morale, non avendo la “macchina” la capacità di porsi problemi di quest’ordine, anche questo sia un falso problema.

Questo è senz’altro vero, ma non si deve essere tentati a far sfuggire che, se alla macchina la morale non interessa, interessa (o dovrebbe) all’agente umano, che sia colui coinvolto direttamente nel processo “creativo” od anche che sia quell’agente umano collettivo che è il “mercato”.

Si aggiunga, inoltre, che il nostro CPI espressamente afferma all’art.119 che L’Ufficio italiano brevetti e marchi (a differenza della USPTO) non verifica l’esattezza della designazione dell’inventore o dell’autore, né la legittimazione del richiedente, fatte salve le verifiche previste dalla legge o dalle convenzioni internazionali. Dinnanzi l’Ufficio italiano brevetti e marchi si presume che il richiedente sia titolare del diritto alla registrazione oppure al brevetto e sia legittimato ad esercitarlo.

Al comma secondo, poi, prosegue disponendo che una designazione incompleta possa essere rettificata solo su istanza, corredata da una dichiarazione di consenso della persona precedentemente designata.

Risulta abbastanza chiaro che è difficile immaginare chi possa presentare tale istanza, escludendo manifestazioni volitive della AI per poter essere riconosciuta inventore. Come anche ipotizzare che la persona ‘umana’ designata presti il consenso per ridimensionare la sua inventorship.

Appare poi che nella disciplina brevettuale interna, non appare definiti i criteri di “contributo significativo” come poi nemmeno entri nel dettaglio di definire i temini di concepimento della invenzione.

Se da un punto di vista di diritto interno, quindi, le invenzioni AI assisted (e persino quelle ai generated), non sembra abbiano particolari restrizioni (salvo ostensione volontaria da parte del presentante, ovviamente), il problema si presenta laddove, ad esempio, la domanda sarà oggetto di procedure di estensione internazionale (es.PTC). Al momento del vaglio per la fase nazionale statunitense (, questo “gap” tra i criteri di qualificazione degli inventori rileverà portando ad un inevitabile rigetto le domande originate dall’ufficio brevetti italiano. Ovviamente, laddove si rilevi un “assistenza” della AI alla invenzione stessa.

Ne consegue una doverosa riflessione sula necessità di attualizzare la disciplina delle proprietà industriale alla nuove modalità di invenzione che includono gli agenti “non umani” rappresentati dalle diverse Intelligenze Artificiali applicabili nei processi di ricerca e sviluppo.

AI assisted invention e inventorship- un problema non solo morale

Ancorché i diritti patrimoniali siano indiscutibilmente ad appannaggio di chi ha sopportato gli sforzi organizzativi ed economici, chi sia poi inventore in domanda non è un tema “solo morale”. Allontanando l’idea dell’inventore alla “Doc Brown” di Back To The Future, l’attività inventiva nei settori produttivi è una attività aziendale, collaborativa e portante, non solo fondamentale per la tutela e competitività del prodotto, ma anche per gli aspetti professionali dei “ricercatori”.

In primis, come intuibile, apparire come “inventore” in molteplici brevetti, presentati e/o concessi, certamente al pari delle pubblicazioni scientifiche (limitate in ambito di ricerca industriale), aumenta il prestigio ed il” valore” in termini di apprezzamento economico del ricercatore.

In secondo luogo, essere menzionato come inventore in una domanda di brevetto presentata da o per l’azienda, è un parametro di concessione di riconoscimenti economici dalla stessa (equo premio, bonus, aumenti e promozioni).

Proprio nel codice di proprietà industriale, all’art. 64[11], si trova al comma 2 l’esplicita previsione che il dipendente a cui è riconosciuta la qualifica di autore “qualora il datore di lavoro o suoi aventi causa ottengano il brevetto o utilizzino l’invenzione in regime di segretezza industriale, un equo premio per la determinazione del quale si terrà conto dell’importanza dell’invenzione, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall’inventore, nonché del contributo che questi ha ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro”.

I metodi di calcolo per la determinazione dell’equo premio sono molteplici[12](p.es.: citando i più diffusi, formula tedesca e intellettuale premium) e i criteri di valutazione sono quelli che la norma stessa indica in chiusura del comma secondo: 1) importanza dell’invenzione; 2) mansioni svolte; 3) retribuzione percepita dall’inventore; 4) contributo ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro. Non occorre entrare nel merito del calcolo, per dedurre che un soggetto quadro-dirigente di una farmaceutica che grazie alla IA produca e commercializzi (in tempi ridotti o ridottissimi, come visto) farmaci altamente competitivi sul mercato, considerati i valori di “profitti” che questi prodotti hanno, possa avere dei rilevanti interessi economici diretti nell’essere indicato autore e non solo una pretesa “morale”. Posta in questi termini la questione (non frequentemente sollevata, tra l’altro), ne consegue un possibile duplice risvolto. Da una parte, immaginando che ad esempio le applicazioni di IA sono limitate ad un team, magari dedicato a una specifica famiglia di patologie (oncologia, cardiologia o disturbi del sistema nervoso per citarne alcune), e non per le altre della stessa azienda, chi si avvale dei sistemi IA, pur a pari competenze, essendo assegnato al team AI driven otterrebbe risultati esponenzialmente superiori rispetto ai meno fortunati colleghi. A livello di eventuale ricollocazione potrebbe ad esempio mettere in curriculum un numero rilevante di brevetti in cui appare menzionato come inventore, non solo con un evidente vantaggio rispetto ai colleghi, ma anche con una “rappresentazione” di competenze che potrebbe essere, si può dire, sovrastimata o sovrastimabile.

Preso atto che non è rilevante solo da un punto di vista morale l’indicazione di inventorship, è anche vero che indicare come inventore chi non dovrebbe essere incluso, non conduceva ad alcun effetto “fatale” sulla domanda e nessuna ripercussione, salvo contestazione. Legittimato a contestare è, ad esempio, chi non è stato incluso o chi è estato escluso a favore di qualcuno che non meritava tale menzione.

La menzione, invece, di aver presentato una AI-Assisted invention, senza però fornire per ciascun claim prova soddisfacente di un contributo significativo umano, costituisce motivo di “improper inventorship” e quindi di rigetto da parte dell’Ufficio chiamato a valutare.

Rimane poi la questione sotto l’aspetto delle dinamiche organizzative della azienda e, forse di maggior rilievo, sotto l’aspetto di attualizzazione del dovere di trasparenza (non solo etico) quando, nell’esercizio di alcuni diritti fondamentali o interessi rilevanti, deve essere rilevato l’intervento della intelligenza artificiale. La presentazione di un brevetto per un prodotto/metodo di produzione relativo a un medicinale ad uso umano (ma non solo) sembra potervi rientrare a titolo

Ecco quindi che, a mio avviso, la c.d. “soluzione tedesca”[13], che è stata giudicata “compromissoria e forse non di cristallina coerenza[14]”, in realtà non appare così “bizzarra”. Nella guida, si esclude che possa indicarsi come “co-inventore” la AI, limitandosi (in modo non sempre chiaro) solo a precisare che deve essere presente e dimostrato il contributo significativo (su ogni rivendicazione) da parte umana.

Prevedere la menzione di co-autore della IA utilizzata è invece, sempre ad avviso di chi scrive, un’applicazione dei principi di trasparenza non solo per i motivi menzionati sopra, ma anche per quel principio che imporrebbe che fosse “evidente” quando una relazione (o una attività) è mediata dall’agente artificiale. Applicabile ad una chatbot per servizi alla persona, ad uno scoring algoritmico per un mutuo, per l’ormai crescente utilizzo di IA generatrici di contenuti nella redazione di papers scientifici. Non si vede perché, tale principio, non dovrebbe pensarsi applicato anche per le domande di brevetto (e particolare per quelle relative al farmaco).

In questi casi , per certi versi, la c.d. work for hire doctrine[15], che vede la IA al pari di un lavoratore subordinato, previo alcune considerazioni, non appare da scartare in toto a priori.

Considerando, infatti, la IA non “legalmente” ma “funzionalmente” al pari di un collaboratore della azienda, non ci si porrebbe la riflessione su aspetti di personalità e responsabilità (con richiami ad es. a responsabilità vicarie, ex 2049 cod.civ.), ma si riconosce(rebbe) l’apporto funzionale, appunto, che il sistema intelligente fornisce alla organizzazione produttiva. Non risulterebbe quindi così assurdo fare menzione e perfino quantificare il contributo che la “macchina” ha fornito al processo creativo e arrivare perfino a determinare così un “equo premio” per l’attività svolta dalla IA che, ad esempio, potrebbe essere diviso pro quota con gli altri membri del team e/o che in parte l’azienda può destinare ad un fondo di rischio e/o sviluppo del sistema AI “co-autore”.

Politiche volte in questa direzione, avrebbero anche ripercussioni positive sia, come detto, ai fini della trasparenza, ma anche per gli equilibri concorrenziali del settore farmaceutico e di ogni altro settore che assuma le caratteristiche di essere AI driven. Soluzioni che poi non sembrano nemmeno frustrare lo scopo generale delle politiche di tutela brevettuale, volte a incentivare a investimenti per lo sviluppo il progresso tecnologico e che al contempo adotterebbero in esteso il criterio di trasparenza necessario.

Conclusioni

Ciò detto, a scanso di ogni possibile equivoco, si deve senz’atro concludere che, a livello interno, i diritti patrimoniali, ex art. 63 CPI, che assolvono allo scopo centrale della disciplina, non sono in discussione e devono essere attribuiti al c.d. “imprenditore della ricerca[16] il quale, come visto, ha facoltà di attribuire il riconoscimento economico al soggetto inventore, il quale, in ogni caso, avrà comunque la paternità morale e il diritto di poter fare di questa “uso e menzione”, salvo che questi abbia fornito all’invenzione un “contributo significativo”.

Note


[1] Rotino G., Cap. 3.6 ‘Il problema della attribuzione della qualifica di inventore’ in Algoraceutica. L’intelligenza artificiale nella scoperta e sviluppo del farmaco: Profili Giuridici, Milano, 2023. – In corso di pubblicazione.

[2] Cosi denominati dalla controversia in cui sono stati formulati in processo Pannu v. Iolab Corp., 155 F.3d 1344, 1351 (Fed. Cir. 1998).

[3] Qui sarebbe interessante valutare il ruolo del “contributo significativo” nella progettazione, realizzazione e addestramento in modelli Pre-Trained associati poi a RAG – Retrival Augmented Generation. In tali modelli, infatti, all’utente è dato poter sottoporre “la libreria” di riferimento su cui l’AI effettuerà le inferenze richieste dal prompt elaborato. Chi seleziona i file che costituiscono il RAG fornisce un contributo significativo? Chi ha pre-addestrato l’AI che compie le inferenze sul RAG?. La rapida evoluzione dei modelli di AI adottabili rende l’intesifocarsi della complessità della materia altrettanto rapida. Per una spiegazione sui RAG si rinvia a https://aws.amazon.com/what-is/retrieval-augmented-generation/#:~:text=Augmented%20Generation%20requirements%3F-,What%20is%20Retrieval%2DAugmented%20Generation%3F,sources%20before%20generating%20a%20response.

[4]Ex multis Frosio, L’(I)Autore inesistente: una tesi tecno-giuridica contro la tutela dell’opera generata dall’Intelligenza Artificiale, in «Annali Italiani di Diritto d’Autore (AIDA)», 2020, pp.52-91.

[5] Art. 12-bis LdA, che ha recepito l’art. 2, co.3 della dir. 2009/24/CE.

[6] Art. 81 Designazione dell’inventore La domanda di brevetto europeo deve comprendere la designazione dell’inventore. Se il richiedente non è l’inventore o l’unico inventore, la designazione deve contenere una dichiarazione indicante in qual modo il richiedente ha acquisito il diritto al brevetto.

[7] Salvo quanto stabilito dall’articolo 148, comma 1 del Codice in tema di ricevibilità, la domanda di concessione di brevetto per invenzione industriale o per modello di utilità deve contenere oltre a quanto indicato all’articolo 160, comma 1 del Codice, il cognome, il nome, la nazionalità e il domicilio della persona fisica o la denominazione, la sede e la nazionalità della persona giuridica o dell’ente richiedente. Il richiedente, se risiede all’estero, deve eleggere il suo domicilio in Italia ai sensi dell’articolo 197 del Codice.

[8] Libertini, I prodotti inventivi dell’intelligenza artificiale, in Pajno et al., op. cit., Vol.3, 2022, pp.89ss.

[9] All’epoca del contribuito, l’A. segnala al 2019 una cifra di 334,000 brevetti concessi per invenzioni in cui la IA ha fornito sostanziale supporto. Ad oggi il sito WIPO, segnala che tale numero è cresciuto a circa 340,000 brevetti e l’Organizzazione mondiale dele proprietà intellettuale, fa anche sapere che sono stati pubblicati 1.6 milioni di “papers” sulla IA. cfr. https://www.wipo.int/tech_trends/en/artificial_intelligence/story.html#:~:text=Since%20that%20time%20innovators%20and,nearly%20340%2C000%20AI%2Drelated%20inventions.

[10] Ex multis in esteso su tale posizione Dhenne, Artificial Intelligence: Back to the Future of patent law, in «Yale Journal of Law & Technology», 2021.

[11] Art. 64 Invenzioni dei dipendenti.

1. Quando l’invenzione industriale è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita, i diritti derivanti dall’invenzione stessa appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.

2. Se non è prevista e stabilita una retribuzione, in compenso dell’attività inventiva, e l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all’inventore, salvo sempre il diritto di essere riconosciuto autore, spetta, qualora il datore di lavoro o suoi aventi causa ottengano il brevetto o utilizzino l’invenzione in regime di segretezza industriale, un equo premio per la determinazione del quale si terrà conto dell’importanza dell’invenzione, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall’inventore, nonchè del contributo che questi ha ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro. Al fine di assicurare la tempestiva conclusione del procedimento di acquisizione del brevetto e la conseguente attribuzione dell’equo premio all’inventore, può essere concesso, su richiesta dell’organizzazione del datore di lavoro interessata, l’esame anticipato della domanda volta al rilascio del brevetto (1).

3. Qualora non ricorrano le condizioni previste nei commi 1 e 2 e si tratti di invenzione industriale che rientri nel campo di attività del datore di lavoro, quest’ultimo ha il diritto di opzione per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero verso corresponsione del canone o del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire all’invenzione. Il datore di lavoro potrà esercitare il diritto di opzione entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto. I rapporti costituiti con l’esercizio dell’opzione si risolvono di diritto, ove non venga integralmente pagato alla scadenza il corrispettivo dovuto (2).

4. Ferma la competenza del giudice ordinario relativa all’accertamento della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al prezzo, se non si raggiunga l’accordo circa l’ammontare degli stessi, anche se l’inventore é un dipendente di amministrazione statale, alla determinazione dell’ammontare provvede un collegio di arbitratori, composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti ed il terzo nominato dai primi due, o, in caso di disaccordo, dal Presidente della sezione specializzata del Tribunale competente dove il prestatore d’opera esercita abitualmente le sue mansioni. Si applicano in quanto compatibili le norme degli articoli 806, e seguenti, del Codice di procedura civile (3).

5. Il collegio degli arbitratori può essere adito anche in pendenza del giudizio di accertamento della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al prezzo, ma, in tal caso, l’esecutività della sua decisione é subordinata a quella della sentenza sull’accertamento del diritto. Il collegio degli arbitratori deve procedere con equo apprezzamento. Se la determinazione é manifestamente iniqua od erronea la determinazione è fatta dal giudice.

6. Agli effetti dei commi 1, 2 e 3, si considera fatta durante l’esecuzione del contratto o del rapporto di lavoro o d’impiego l’invenzione industriale per la quale sia chiesto il brevetto entro un anno da quando l’inventore ha lasciato l’azienda privata o l’amministrazione pubblica nel cui campo di attività l’invenzione rientra.

[12] Per un cenno sulle metodologie adottabili nel calcolo https://barzano-zanardo.com/it/approfondimenti/invenzioni-dei-dipendenti-e-diritto-allequo-premio/, per un esempio invece dell’entità economica che può assumere https://www.equopremio.it/DET.-QUANTUM-.html.

[13] Il Bundespatentgericht, l’ufficio brevetti tedesco nel novembre 2021, pur richiedendo che fosse una persona fisica, ha ammesso di menzionare unitamente al necessario inventore persona fisica, il sistema di IA usato. Cfr. Federal Patent Court (Bundespatentgericht), decision of 11 November 2021 – 11 W (pat) 5/21 in Journal of European and International IP Law, Volume 71, 12,2022, pp.1185–1189

[14] Ghidini- Austoni, Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale. Quadro generale, in Pajno et al, op cit., Vol.3 p.38.

[15]Gervais, The Machine As Author, in «Iowa Law Review», 105, 2019, pp.2053.

[16] Sena, Intelligenza artificiale, opere adi ingegno e diritti di proprietà industriale e intellettuale, in «Rivista di diritto industriale», 2020.p.325.

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