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L’AI in musica: con le regole giuste sarà rivoluzione creativa



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L’intelligenza artificiale generativa sta permeando ogni settore, anche quelli più creativi. In campo musicale, gli scenari sono ancora tutti da immaginare. Tuttavia, l’impiego della tecnologia solleva questioni relative a diritti d’autore, remunerazione e regolamentazioni

Pubblicato il 22 nov 2023

Paolo Bigazzi Alderigi

professore SAE, editore musicale e transmediale (Iter-Research) e membro di 4 associazioni di categoria (Anica, Emusa, Idea, Afem)



musica intelligenza artificiale

Solo qualche mese fa, a Hollywood, si è assistito alla paralisi completa di un intero settore, quello cinematografico, a causa dello sciopero di molti comparti dell’industria, tra cui gli stessi attori, i quali si sentono sempre più minacciati da una nuova tecnologia: l’intelligenza artificiale.

L’irruzione dell’AI generativa in campo musicale

Si tratta di un tema che sta interessando e pervadendo ogni angolo di qualsiasi settore: partendo dall’economia e finanza, ora tocca, con l’irruzione dell’AI generativa, anche agli ambiti più creativi. Quello della musica, in particolare, ha già avuto modo di dimostrare la potenza di questo strumento. L’intelligenza artificiale ha infatti creato da zero un contenuto musicale di due artisti famosi senza che questi si siano mai incontrati in uno studio di registrazione per lavorare al brano: è il caso della canzone “Called Heart On My Sleeve” in cui gli artisti Drake e The Weeknd duettano. Il tutto è stato possibile grazie a un particolare programma AI che ha clonato e riadattato le voci in pochissimo tempo. Se da una parte questo fenomeno affascina, dall’altra fa sorgere parecchie domande che ancora non trovano risposta.

Gli interrogativi sul rapporto tra AI e musica

Uno degli interrogativi che gravita attorno al rapporto tra AI e musica riguarda le oltre 120 mila canzoni* che ogni giorno vengono caricate sulle piattaforme di streaming, circa 1,3 al secondo*, un’operazione che, a causa delle altissime spese, della sua complessità e della necessità di coinvolgere team specializzati, è sempre stata riservata alle case discografiche. Lo scenario è però oggi mutato: il numero di canzoni pubblicate quotidianamente è infatti aumentato di quasi 30 mila unità rispetto al 2022*, di cui circa il 40% ha meno di 10 plays e addirittura il 25% ha 0 plays*.

Come spiegare questo fenomeno? Se una percentuale elevata come il 25% dei brani caricati ha 0 plays, significa che nemmeno l’autore del suo stesso brano lo ha mai ascoltato. Sorge quindi il dubbio che tali brani non siano stati generati da un autore in carne ed ossa, ma proprio con un’intelligenza artificiale. Tale scenario, se fino a qualche tempo fa non era minimamente contemplato, ad oggi risulta del tutto plausibile. Un fenomeno su cui bisogna riflettere, e che può essere interpretato alla luce dei cambiamenti che stanno avvenendo ad una velocità quasi quotidiana.

I problemi derivanti dall’assenza di regole

Al momento non si hanno a disposizione strumenti in grado di rivelare se un brano sia prodotto da AI o da un essere umano. Inoltre la questione risulta problematica dal punto di vista legale, finanziario, economico, industriale e del diritto d’autore, dal momento che non ci sono ancora regolamentazioni definite e precise.

Proprio in questi giorni, Universal sta istituendo un accordo con Google per far sì che venga dichiarato che un determinato brano sia stato realizzato con un’AI, informazione ad ogni modo incompleta in quanto sarebbe necessario specificare ulteriormente anche la tipologia di AI e con quali contenuti e strumenti sia stato generato.

L’applicazione del diritto d’autore

Inoltre, occorre delimitare con precisione i limiti entro cui si muove l’applicazione del diritto d’autore. Il Copyright Office Americano ha infatti concesso la copertura alle opere con un piccolo utilizzo dell’AI a patto che ci sia un operato umano dietro la sua realizzazione. È anche vero però, che l’intero assetto del diritto d’autore è basato sull’opera dell’ingegno creativo di un essere umano. Per cui, se un’intelligenza artificiale è in grado di generare musica partendo da qualsiasi tipo di input (testo, descrizioni, altri brani di riferimento) il tema diventa più che mai complesso. Infatti, se ciò che viene realizzato ha come base di partenza elementi tutelati dal diritto d’autore in quanto creati da esseri umani, bisognerebbe necessariamente corrispondere una quota ai detentori dei diritti. In tal senso la Direttiva Copyright ha indicato il diritto di concedere o meno autorizzazione al detentore dei diritti (opt-out). In relazione a ciò la società di gestione diritti d’autore francese (SACEM) ha esercitato tale diritto stabilendo una licenza per tutte le attività di addestramento delle IA eseguite con contenuti sotto copyright.

Le soluzioni per integrare al meglio queste nuove tecnologie

L’attitudine suggerita è quella di studiare ed analizzare in modo approfondito questa nuova tecnologia, in modo da asservirla alle nostre necessità, rendendola così co-compositrice o co-esecutrice assieme all’autore.Tutto ciò, però, può realizzarsi solo in uno scenario in cui venga sempre delimitato, chiarito ed esplicitato il ruolo dell’AI, di modo tale che l’utente finale abbia nota l’origine di ciò che sta ascoltando e non si senta in alcun modo ingannato da informazioni parziali o poco chiare. Inoltre, dal lato di chi fa musica e della tutela del diritto d’autore, è necessario retribuire correttamente chi ha prodotto i brani utilizzati per “allenare” l’intelligenza artificiale.

Inoltre, il modo migliore per integrare l’AI è educare le nuove generazioni a farne un utilizzo virtuoso, in particolare nelle scuole e negli istituti che forniscono agli studenti una formazione teorica e pratica sull’evoluzione della produzione musicale. Se la tecnologia viene studiata, compresa e applicata nei processi creativi umani allora potranno sorgere nuovi linguaggi e nuove modalità espressive.

I possibili scenari futuri

Le questioni riguardanti l’impiego dell’intelligenza artificiale nella musica sono ancora aperte e fonte di dibattito. Questo perché ad oggi non siamo ancora pronti per comprenderne l’utilizzo sapendo sfruttare a pieno le potenzialità e, soprattutto, a livello legislativo ci sono ancora troppe incertezze. Le nuove tecnologie si sono sempre inserite nel mondo della musica in modo quasi “irruento” spiazzando gli artisti e gli utenti, ma successivamente sono state accolte e inglobate nell’atto artistico per generare opere uniche. Si pensi, ad esempio, all’invenzione di campionatori, drum machine e synth tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, il cui utilizzo è stato completamente sdoganato e accettato. L’interrogativo ai tempi era: la batteria elettronica significa dunque la morte di tutti i batteristi? Ciò naturalmente non è avvenuto, ma qualcuno ha eletto quegli strumenti ad un utilizzo lato e complementare rispetto ad un batterista puro creando nuovi generi musicali.

Nel futuro prossimo l’uso contemporaneo e convergente di più intelligenze artificiali potrà dare vita a progetti oggi inimmaginabili in precedenza senza l’intervento umano. Tale scenario può apparire da un lato straordinario, dall’altro però dovrebbe porci sull’attenti e farci riflettere su quanto sia necessario imparare il più possibile su questi nuovi strumenti anche con formazione adeguata e farne un uso coscienzioso possibilmente guidati da una serie di leggi che ne regolino l’utilizzo e stabiliscano la paternità dei contenuti. Forse uno degli aspetti più rilevanti dei processi in atto non è tanto quello generativo della IA quanto quello trasformativo. La legge di conservazione della massa ci dice che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma….anche nel caso della IA di tipo GPT, che significa appunto Generative Pre-trained Trasformer.

*https://cdn.gelestatic.it/m2o/sites/2/2023/06/Screenshot-2023-05-24-at-13.43.58-1296×725-1024×573.jpg

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