valore del deal

Private equity: ESG, cybersecurity, governance dei dati le nuove aree di interesse



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Oltre alla due diligence legale e finanziaria, prima dell’inizio di una operazione è necessario considerare altri fattori che possono avere un impatto significativo sul valore dell’operazione e sull’esposizione al rischio dell’acquirente. Ecco quali sono e perché

Pubblicato il 25 mag 2023

Francesco Leone

Senior Managing Director, Head of Corporate Finance & Restructuring Italy di FTI Consulting



PMI: ecco gli strumenti di finanza sostenibile per la transizione

Il private equity nasce per acquistare le aziende sottoperformanti o sottocapitalizzate e trasformarne positivamente il valore. Ma nell’odierna economia digitale e in via di decarbonizzazione, valutare le fonti future di crescita è diventato sempre più complesso e richiede un’analisi più ampia di rischi e opportunità rispetto alle operazioni del passato.

Le nuove aree di interesse

In FTI Consulting vediamo che sempre più dealmaker danno priorità a nuove aree di interesse. Soprattutto nelle operazioni competitive, dove il tempo è fondamentale, può essere difficile sapere dove concentrare le risorse: la due diligence non è mai stata più complicata.

Oltre alla due diligence legale e finanziaria, prima dell’inizio di una operazione è necessario considerare altri fattori che possono avere un impatto significativo sul valore dell’operazione e sull’esposizione al rischio dell’acquirente.

Il peso delle considerazioni ESG

Con il cambiamento climatico in cima all’agenda dei rischi e i crescenti incentivi finanziari alla decarbonizzazione, le considerazioni ESG hanno un peso sempre più importante sulle valutazioni del valore futuro. Allo stesso tempo, sia il valore che il rischio sono due fattori da considerare anche per quanto riguarda gli asset digitali, dai dati proprietari o personali ai modelli operativi digitalizzati.

Il Piano d’Azione UE per la “finanza sostenibile”

Da un punto di vista di Governance e normativo, l’Unione Europea, si è da subito impegnata nella transizione verso modelli di crescita più consapevoli; ciò ha portato al lancio del Piano d’Azione (marzo 2018) con l’obiettivo di finanziare la crescita sostenibile, di incrementare gli investimenti in progetti verdi e di promuovere l’integrazione dei criteri ESG. Il Piano d’Azione UE ha tracciato dieci tappe della sostenibilità, al fine di introdurre un framework normativo nel settore finanziario comune a tutti gli Stati membri e finalizzato, fra l’altro, a:

  • introdurre una tassonomia europea per la finanza sostenibile, per la definizione e classificazione delle attività economiche sostenibili;
  • promuovere l’integrazione dei fattori ESG nelle scelte di investimento, nelle strategie di business, nelle scelte di governance e nelle politiche di remunerazione degli intermediari finanziari;
  • modificare le Direttive MiFID II, AIFMD e IDD, nonché la Direttiva Delegata 2017/593 in tema di governance dei prodotti finanziari (POG) e le linee guida ESMA sulla valutazione di adeguatezza dei prodotti, per garantire che le preferenze in materia di sostenibilità siano tenute in considerazione nella valutazione di adeguatezza;
  • introdurre specifici obblighi di disclosure e di condotta da parte di tutti gli operatori di settore che favoriscano la nascita di un mercato comune di prodotti “green”, rafforzando la fiducia degli investitori nella finanza sostenibile

In linea con questo piano, nel maggio 2018 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di proposte legislative volte a promuovere una “finanza sostenibile”. Da una di tali proposte ha avuto origine il Regolamento (UE) 2019/2088, pubblicato in data 9 dicembre 2019, relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (c.d. SFDR – Sustainable Finance Disclosure Regulation).

In questo senso, le questioni ESG possono quindi potenzialmente avere un impatto sul valore dell’acquisizione, e influenzarne l’esito stesso. Le diverse aspettative da parte delle autorità di regolamentazione, degli sponsor finanziari, degli investitori e dei consumatori fanno sì che i dealmaker effettuino infatti analisi più approfondite dei rischi e delle opportunità ESG.

I settori dove l’attenzione alla sostenibilità è più elevata

Naturalmente, a seconda di fattori quali il settore, il modello di business, le normative e i requisiti di reporting dell’acquirente, la due diligence ESG sarà diversa per ogni acquisizione. Settori dove l’attenzione alla sostenibilità è più elevata lungo l’intera filiera sono sicuramente il Fashion & Luxury, il Food, tutti i settori manifatturieri dell’industria pesante (automotive, macchinari industriali). Soprattutto nei primi due casi, oltre agli aspetti meramente finanziari, l’orientamento ESG-compliant diventa sempre più importante per influenzare le scelte delle nuove generazioni di consumatori. In termini di modelli di business, sicuramente tutti quei settori in cui è e sarà possibile una progressiva digitalizzazione dei processi, ed un controllo integrato delle diverse fasi della filiera, anche attraverso i big data, sono modelli sempre più ESG-Compliant.

Alcune considerazioni comuni nella due diligence ESG riguardano la valutazione della maturità del programma ESG di un’azienda target rispetto ai suoi pari, la valutazione del valore e del rischio quando un’azienda target non ha un programma ESG e l’allineamento delle iniziative ESG dell’azienda target con l’azienda acquirente.

Abbiamo osservato che investitori e sponsor finanziari esercitano una pressione crescente sulle organizzazioni affinché incorporino i fattori ESG nelle decisioni di investimento e forniscano un reporting credibile e misurabile sui loro portafogli. Tutto ciò sta aumentando la necessità di condurre una due diligence ESG specializzata prima delle operazioni.

Fonti di valore (e di rischio) digitali

Il valore crescente degli asset digitali ha portato in primo piano i temi della cybersecurity e della governance dei dati in molti processi di due diligence. I sistemi e i dati sono spesso fattori chiave del valore dell’azienda target. Ma possono anche rappresentare un’enorme insidia, sia in termini di obblighi di conformità che di sicurezza informatica.

I database di informazioni sui clienti possono ad esempio essere interessanti obiettivi di acquisizione. Tuttavia, le leggi sulla privacy possono limitare le modalità di acquisizione e il loro utilizzo dopo l’acquisizione. Essere inoltre in grado di valutare la governance delle informazioni e i rischi di cybersecurity il più presto possibile in una transazione consente di tenere conto dei rischi nel valore dell’acquisizione.

Uno degli aspetti chiave su cui concentrarsi è il crescente mosaico di normative sulla privacy e sulla cybersecurity, soprattutto nelle operazioni che coinvolgono più giurisdizioni. Il GDPR europeo, una delle leggi più severe in materia di protezione dei dati, può imporre multe fino a 20 milioni di euro o pari al 4% del fatturato, a seconda di quale sia il valore più alto. Nel 2022, l’autorità di regolamentazione cinese in materia di cybersecurity ha imposto una multa di 8 miliardi di RMB per la violazione delle leggi sulla cybersecurity, sulla sicurezza dei dati e sulle informazioni personali del Paese. È essenziale comprendere la conformità alle normative dell’azienda target, la sua potenziale esposizione e la sua preparazione a rispettare queste normative.

Dopo la pandemia COVID-19, abbiamo assistito a un aumento significativo degli attacchi informatici dolosi e delle violazioni dei dati, con conseguenti danni finanziari e di reputazione. La due diligence deve consentire ai dealmaker di capire come vengono protetti gli asset digitali e la capacità del programma di cybersecurity in atto di identificare, difendere e mitigare le minacce informatiche affrontate dall’azienda target.

Indagine sulla reputazione

Gli investitori di private equity conoscono i mercati e il potenziale finanziario delle organizzazioni target, ma spesso sono i rischi reputazionali a creare problemi ai team dopo il completamento dell’operazione. Problemi come un management disfunzionale, un retaggio di pratiche scorrette o relazioni problematiche con i fornitori possono essere scoperti prima del deal attraverso una due diligence reputazionale.

I dealmaker richiedono sempre più spesso ricerche investigative basate su indagini estensive condotte sui social media e tramite interviste a dipendenti, fornitori, clienti, autorità di regolamentazione o concorrenti. A seconda della natura della transazione, queste indagini possono essere condotte in modo esplicito o più discreto.

Il livello di investimento richiesto nella due diligence dipende dalla natura dell’operazione di M&A – competitiva o esclusiva, privata o pubblica.

Con più tempo e budget a disposizione, è possibile analizzare più fonti di informazioni in modo più approfondito. La cosa più importante è avere obiettivi chiari, in modo che i team di due diligence possano indirizzare le risorse dove hanno il maggiore impatto sul valore e gestire un processo efficiente che faccia comunque emergere le criticità.

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