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Appalti e digitalizzazione, l’Italia è un Paese fondato sugli annunci: luci e ombre del DL Semplificazioni

Il DL Semplificazione ha il compito di rafforzare la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti e del Governo centrale, fungendo da spinta per la concretizzazione degli indirizzi del PNRR: da capire però se il decreto cambierà davvero qualcosa

Pubblicato il 10 Giu 2021

Andrea Lisi

Coordinatore Studio Legale Lisi e Presidente ANORC Professioni, direttore della rivista Digeat

Sarah Ungaro

Avvocato, Vicepresidente ANORC Professioni, Studio Legale Lisi

NSO

Decreto Semplificazioni: è tutto oro ciò che luccica? L’Italia è ormai un Paese che vive di annunci, promesse e proroghe, soprattutto in tema di trasformazione digitale. Proviamo a scoprire se con questo nuovo decreto cambierà davvero qualcosa.

Va sottolineato da subito che in realtà il decreto ha un principale ed esplicito obiettivo di fondo: rafforzare la “capacità amministrativa” delle stazioni appaltanti, ma soprattutto del Governo centrale, per assicurare l’efficace e tempestiva realizzazione dei progetti di attuazione del PNRR . Si tratta di misure per istituire una nuova governance che abbia i poteri speciali per gestire, in deroga a qualsiasi altra normativa in materia di procedure di evidenza pubblica, contratti pubblici, gestione di dati pubblici, procedimento amministrativo e molte altre.

Occorre, dunque, prima conoscere tale obiettivo di fondo, per poi provare ad analizzare le diverse misure che sono contemplate nel decreto, anche nell’ambito della trasformazione digitale e, in particolare, le modifiche al CAD (D.Lgs. n. 82/2005).

DL Semplificazioni e governance PNRR: gli obiettivi

I principi giuridici a fondamento di tali normative risultano soccombenti di fronte all’emergenza, non più sanitaria, ma dettata questa volta dalla necessità di non fallire gli obiettivi legati alla gestione dei progetti del PNRR e all’ottenimento dei relativi fondi europei. Questo, lo si ritenga opportuno o meno, è un dato di fatto. Perché si tratta proprio dell’istituzione di una struttura amministrativa sovraordinata e dotata di poteri eccezionali: al centro di tale struttura ci sono degli organi tecnici (“Segreteria tecnica”), non politici, per i quali si prevede una durata in carica addirittura superiore a quella del Governo che la istituisce e che si protrae fino al completamento del PNRR, entro il 31 dicembre 2026.

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Gli straordinari poteri attribuiti alla Segreteria tecnica

Un esempio dell’eccezionalità dei poteri attribuiti a tale nuovo organismo di Segreteria tecnica, che avrebbe il compito di supportare le attività della Cabina di regia (appositamente prevista per coordinare gli indirizzi del PNRR) è quello di segnalare al Presidente del Consiglio dei Ministri qualunque dissenso, diniego o opposizione proveniente da un organo statale che possa precludere o ritardare la realizzazione di un intervento rientrante nel PNRR, proponendo altresì le conseguenti determinazioni, fino all’adozione delle iniziative necessarie che possono anche portare all’esercizio dei relativi poteri sostitutivi.

Le deroghe previste 

Nulla, dunque, deve ostacolare la realizzazione dei progetti legati al PNRR: ed è in questa prospettiva che si giustificano – tra le altre – le pesanti deroghe alla Legge sul procedimento amministrativo (L. n. 241/1990), al Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016) e le modifiche introdotte al Codice dell’amministrazione digitale (D.gs. n. 82/2005), ormai martoriato dall’ennesimo intervento che lo rende un coacervo di disposizioni rattoppate, prive di visione sistemica e che necessitano di decreti attuativi, regolamentazione tecnica e Linee guida per essere attuate.

Peccato che tali provvedimenti attuativi abbiano sempre tempi lunghissimi di stesura e approvazione, talvolta non vedano neanche la luce, fino a che un nuovo Legislatore non se ne rende conto e decide di cambiare nuovamente le norme primarie del CAD, ovviamente annunciando nuove rivoluzioni, i cui dettagli sono rimandati all’emanazione di nuovi decreti attuativi, e così via, in una triste e sconfortante ciclicità a cui assistiamo da più di 15 anni.

Un tragico esempio di contorsioni normative

Un esempio di questo triste ciclo sono proprio le convenzioni quadro, appena eliminate dall’art. 50 del CAD con il nuovo Decreto Semplificazioni, ritenute quindi non più necessarie per disciplinare le modalità di fruizione, accesso e di condivisione dei dati tra pubbliche amministrazioni. Tuttavia, appena un anno fa, un altro decreto, il D. L. 19 maggio 2020, n. 34, aveva fissato il termine di 120 giorni per la relativa predisposizione di tali accordi quadro, da computarsi dalla data di entrata in vigore dello stesso D.L.

Questi esempi, purtroppo, rendono lampante che in tema di trasformazione digitale ormai si viva di annunci, promesse e proroghe. La digitalizzazione ormai è la bandiera di ogni Governo, ma siamo ancora ancorati alla volontà di esibire ai cittadini la presentazione di nuovi modelli di front-office per i servizi digitali erogati dalle amministrazioni, non sempre concretamente e facilmente utilizzabili, piuttosto che concentrarci nel dipanare, semplificare e disciplinare la complessità del back-office dei procedimenti amministrativi, della gestione dei dati e dei documenti amministrativi, attraverso strumenti, piattaforme e soluzioni digitali.

Se non si parte dalla semplificazione della gestione digitale di processi, procedimenti, archivi, documenti e dati amministrativi non si potrà mai realizzare l’agognata promessa di una pubblica amministrazione trasparente, efficace, efficiente e completamente digitale.

I precedenti

Promettere e annunciare misure rivoluzionarie, come si è già visto, purtroppo non produce gli effetti che ormai si attendono da anni. Che senso ha, ad esempio, annunciare ora, in questo ennesimo “rivoluzionario” decreto, che per la Piattaforma Digitale Nazionale Dati, di cui all’art. 50-ter del CAD, – infrastruttura tecnologica pensata per rendere possibile l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, attraverso la quale dovrebbe realizzarsi la condivisione di dati e informazioni mediante interfacce di programmazione delle applicazioni (API) – dovrà attendersi un termine che dovrebbe essere fissato in futuro dal Governo entro cui le PA dovrebbero accreditarsi, sviluppare le interfacce e rendere disponibili i propri dati?

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Anche in questo caso, dunque, il risultato concreto non è altro che quello di modificare – oggi – una norma senza che ve ne sia la reale necessità, poiché tale termine non risulta essere stato definito, con il rischio che le modifiche introdotte siano percepite dagli operatori della PA come – l’ennesima – rivoluzione solo annunciata.

Ancora, è davvero credibile annunciare l’attribuzione di nuovi poteri sanzionatori in capo ad AgID in relazione alle violazioni degli obblighi in tema di trasformazione digitale, se poi non si prevede contestualmente l’indispensabile potenziamento di risorse per consentire alla stessa Agenzia per l’Italia digitale di poter espletare efficacemente tali nuove attribuzioni di competenza?

La rivoluzione a scadenza dei bolli

Purtroppo, non è tutto. L’apoteosi della tendenza alle rivoluzioni annunciate lo abbiamo avuto con l’art. 39 del Decreto Semplificazioni, laddove – modificando l’art. 62 del CAD – è stato previsto che i certificati dell’anagrafe, che potranno essere scaricati direttamente dai cittadini tramite i servizi on line del portale ANPR, saranno esenti dall’imposta di bollo. L’annuncio, ovviamente, ha avuto grande eco mediatica – senza che peraltro nessuno abbia rilevato possibili dubbi di costituzionalità di tale misura – peccato però che tale esenzione sia prevista solo limitatamente all’anno 2021.

In questo caso, dunque, più che una rivoluzione annunciata, sembra trattarsi addirittura di una rivoluzione digitale con data di scadenza. Data in quest’ultimo caso assolutamente da non prorogare, come invece tristemente fatto con le recenti Linee Guida AgID su formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici: i bolli, infatti, conviene continuare a farli pagare ai cittadini in modo da garantire il dispendioso sostentamento della nostra burocrazia, analogica o digitale che sia.

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