biomedicale sostenibile

Cambiare l’approccio “occidentale” al biomedicale porterà vantaggi a tutti: ecco perché

Soluzioni biomedicali sostenibili e facilmente gestibili sia in fase di produzione sia in fase di manutenzione sono una necessità per uscire dall’approccio occidentale e portare i vantaggi dell’innovazione anche nei paesi meno sviluppati. Ma potranno essere usate con impatto significativo anche alle nostre latitudini

Pubblicato il 23 Dic 2022

Leandro Pecchia

ordinario di Bioingegneria elettronica e informatica presso la facoltà dipartimentale di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma

biomedical

L’innovazione in ingegneria biomedica sarà popolata ogni giorno di più da tecnologie di ultima generazione che vanno dall’intelligenza artificiale alla realtà virtuale, dall’utilizzo delle reti 5G e 6G fino ai robot e ai droni. Queste tecnologie abilitanti applicate ai dispositivi medici potranno compiere un’autentica rivoluzione nella sanità a favore dei pazienti, specialmente quando avranno sposato pienamente l’approccio all’economia circolare e alla produzione locale, per rendere i dispositivi del futuro davvero alla portata del maggior numero di persone e con il minore possibile impatto ambientale.

The frontier of science | Manuela Raimondi | TEDxMilanoSalon

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I vantaggi di un biomedicale sostenibile

Non si tratta di una visione necessariamente ecologista ma piuttosto di un metodo che vede la sostenibilità come un traguardo necessario da raggiungere, con conseguenze positive alle nostre latitudini come nei paesi a basso reddito.

Un settore biomedicale capace di realizzare dispositivi a basso costo, semplici da costruire e facilmente riparabili sarà in grado di offrire soluzioni efficienti là dove la tecnologia non è facilmente accessibile o dove le catene dell’offerta si interrompono. Ciò accade nelle aree più povere del mondo ma anche in occidente, negli ospedali delle regioni più isolate, dove dinamiche analoghe a quelle dei paesi a più basso reddito si verificano ogni giorno.

La spinta a costruire un biomedicale sostenibile è nata dalla mia esperienza degli ultimi anni in Africa dove, andando a conoscere le esperienze e le sfide presenti negli ospedali di Paesi come Benin, Uganda, Etiopia, Sudafrica e Nigeria è emerso chiaramente come tutto quel che normalmente studiamo in Europa per progettare, regolamentare e gestire dispositivi medici si scontri spesso con la assenza di una efficiente rete di centri di assistenza, difficoltà nel reperire pezzi di ricambio, mancanza di materie prime o sostanze chimiche a buon mercato. Ecco allora che, attraverso l’avvio di numerosi studi sul campo, sono state sperimentate soluzioni tecnologiche innovative per la salute, economicamente accessibili, sostenibili anche dal punto di vista ambientale e, soprattutto, adatte al contesto locale.

I problemi dell’approccio “occidentale” del settore biomedicale

Questi studi hanno dimostrato che l’approccio occidentale, che noi consideriamo come lo standard auspicabile da ogni organizzazione statale o privata che si occupi di sanità, può non essere l’unico possibile per garantire un servizio efficiente in numerosi campi connessi alla salute delle persone. Se da noi le regolamentazioni, gli standard e le indicazioni intorno al quale è cresciuto il settore biomedicale rappresentano oggi un complesso meccanismo in grado di assicurare lo sviluppo di tecnologie sicure ed efficienti, in altre aree del pianeta diventano un ostacolo allo sviluppo, alla salute ed al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, nonché un impegno che i governi locali non sono in grado di sostenere.

Uno dei dati più interessanti in questo senso mostra come Usa, Europa e Giappone occupino ben l’80 per cento del mercato globale dei dispositivi medici, a fronte di una popolazione di poco più di 900 milioni di persone, appena l’11,3 per cento della popolazione mondiale. Nel mondo però, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ben il 75% della popolazione globale vive in paesi a basso reddito e la metà di queste persone non ha accesso alle cure.

Per questo, dapprima nelle università del Regno Unito in cui ho lavorato dal 2011 e poi dal 2022 all’Università Campus Bio-Medico di Roma, ho sviluppato con il mio gruppo di lavoro soluzioni che, ambiscono a modificare il paradigma attuale, guardando due volte al futuro. La prima restituendo alle popolazioni meno ricche il diritto alla salute; la seconda offrendo soluzioni sostenibili e facilmente gestibili sia in fase di produzione sia in fase di manutenzione, in assenza di una supply chain efficiente.

Abbiamo sviluppato strumenti per misurare i picchi glicemici attraverso l’elettrocardiogramma e valutare in maniera semplice la presenza del diabete. Con una App installata su un semplice smartphone possiamo, per esempio, valutare la reazione della pupilla, che può identificare un trauma cranico, attraverso il flash e la telecamera del cellulare. Abbiamo dimostrato che è possibile realizzare con delle stampanti 3D dispositivi di uso frequente difficili da reperire su molti mercati come, ad esempio, accessori per la diagnosi precoce di neuropatie o filtri per i concentratori di ossigeno o, ancora, valvole per palloni intrauterini per arrestare emorragie post partum, fino a delle semplici ma importanti vesti per neonati intessute con fibre ottiche per trattare e risolvere l’ittero nei primi giorni di vita.

Conclusioni

Tecnologie e strumenti come queste, infine, potranno essere usate con impatto significativo anche alle nostre latitudini. Infatti, la scoperta fatta con la pandemia di Covid-19 della carenza di mezzi (leggi mascherine), le difficoltà di approvvigionamento date dai prezzi delle materie prime, gas e da ultimo i rincari generalizzati dei prezzi legati all’inflazione, hanno reso evidente lo scenario della “scarsità delle risorse” e posto sotto una luce nuova l’utilità di queste soluzioni che, per il loro costo ridotto, possono aiutarci a mantenere disponibili beni o servizi che in simili scenari verrebbero inevitabilmente tagliati. E questo, in prospettiva, è tanto più essenziale per i governi che stanno cercando in questi mesi e nei prossimi anni le soluzioni per continuare ad offrire ai cittadini un Servizio sanitario nazionale che possa definirsi veramente universale.

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