L'ANALISI

Il biodesign in Sanità digitale: cos’è e i vantaggi

Dai sistemi di AI agli wearable, l’adozione di tecnologie nel settore risulta particolarmente complessa. La metodologia biodesign nata a Stanford si rivela vincente nella sfida perché punta a orchestrare ordini disomogenei di fattori. Ecco come funzionano tutti i passaggi e i risultati attesi

Pubblicato il 25 Mag 2020

Adriano Fontanari

Fellow Analyst presso Nina Capital

Indicazioni nazionali telemedicina

Se l’innovazione è, già di per sé, un processo incerto e rischioso, innovare nel campo della sanità digitale è ancora più complesso. Si richiede quindi una metodologia ad hoc – il Biodesign – che tenga conto delle specificità del settore. Vediamo le sue caratteristiche, gli step previsti e in quali casi è vantaggioso utilizzarla.

Sanità digitale, i freni all’innovazione

Molte sono, oggigiorno, le opportunità rese possibili dalle nuove tecnologie. Intelligenza artificiale, realtà virtuale (VR), stampanti 3D, dispositivi indossabili sono solo alcuni esempi di tecnologie che si apprestano a rivoluzionare la sanità. Ma il campo della tecnologia medica ha caratteristiche peculiari che intrinsecamente rallentano l’adozione di queste tecnologie. Questo articolo presenta la metodologia del Biodesign, nata a Stanford ad inizio 2000 e tutt’oggi punto di riferimento per innovatori.

Identikit del mercato Health Tech

Come accennato, l’HealthTech presenta sfide rispetto ad altre industrie. che determinano una complessità di questo mercato. Anzitutto la dinamica di acquisto spesso coinvolge più soggetti e all’interno di una organizzazione più reparti, determinando un processo di acquisto e vendita (sales cycle) ex ante più oneroso in termini di tempo ed una conseguente minor dinamicità del mercato. Per esempio, la decisione di acquisto di un dispositivo medico all’interno di un ospedale pubblico richiede necessariamente l’approvazione di più dipartimenti.

In seconda istanza, vi è da tener in analisi la complessità del sistema di rimborso, che riguarda più portatori d’interesse con diverse scale del valore ed incentivi. Vi sono infatti diversi modelli di sistema sanitario: nazionale (modello Beveridge), assicurazione sociale (modello Bismarck) e ad assicurazione volontaria (out of pocket). A seconda del sistema sanitario, diversi sono gli interlocutori per il rimborso d’acquisto di una nuova tecnologia.

La necessità di dimostrare l’efficacia di una tecnologia (evidence based) in una ottica sempre più incentrata sul valore, ossia l’allineamento del value tra diversi soggetti, è un ulteriore elemento di incertezza nell’health tech. Questi elementi comportano altri due fattori: una cultura dell’innovazione meno sviluppata in questo settore, dove si ragiona per incrementi percentuali di efficacia/efficienza, e un ammontare di risorse per portare un nuovo progetto dall’idea al mercato significativamente più alto rispetto ad altre industrie.

SfidaHealthTechAltre industrie
Dinamica d’acquistoChi fa la decisione e quale è il processo decisionale dell’istituzione?L’utente è l’acquirente
Complessità del sistema di rimborsoChi paga, quanto, per cosa e chi ne beneficia?L’utente paga il prezzo di acquisto
Processi di regolamentazioneQuale è il percorso per mostrare che l’innovazione è sicura e equivalente?Standard oggettivi
CulturaNo errori o modificheAperta a cambiare
Risorse finanziarie richieste$10M fino a $100M$100K fino a $9M

Fonte: John Collins, CIMIT

I driver dell’innovazione: tech push e need pull

Diverse possono essere le sorgenti di una innovazione come gli approcci che sottendono alla stessa. Un primo approccio, detto tech push, consiste nel focalizzarsi su una tecnologia per poi cercare dei problemi che essa può risolvere. Questo generalmente avviene in contesti di ricerca universitari ed è generalmente tipico della ricerca di base (ulteriori riferimenti: Pasteur’s Quadrant, Stokes 1997).

Vi è poi un altro approccio, detto need pull, secondo il quale, partendo da un bisogno, si cerca di ridurre il rischio di una innovazione tecnologica. Tale approccio è alla base della metodologia di Biodesign.

Si tratta di un paradigma differente, che affonda le sue radici in approcci tipici del mondo delle startup, della lean validation e di una chiara e profonda conoscenza dei bisogni dell’utente. La tecnologia viene scelta in un secondo momento e non è l’elemento motore del processo di innovazione.

Cos’è il Biodesign, la metodologia

Il Biodesign è un approccio di innovazione tecnologica in sanità che si struttura in tre macro fasi: identificazione del bisogno (need), invenzione e implementazione della soluzione.

Fonte

Il Biodesign è un esempio di need-driven innovation, in cui il bisogno, in gergo tecnico unmet medical need, è alla base di tutto il processo di innovazione. Di seguito vengono approfondite le diverse fasi.

Prima fase: identificazione del bisogno

La fase di identificazione del bisogno si struttura in due momenti: need finding (A) e need screening (B):

Il need finding: in questa fase viene creato un team multidisciplinare, generalmente di 4-6 persone con diversi profili di competenza: ingegneristico, medico ed economico. Il team definisce, in un documento chiamato strategic focus, quali sono i criteri di accettazione del bisogno che verrà scelto e sviluppato durante il processo di Biodesign, sulla base di diversi fattori (competenze, interessi personali, fattori esterni).

Successivamente si passa alla fase delle osservazioni e identificazione dei problemi. Il team effettua una “clinical immersion”, ossia si reca in strutture sanitarie e reparti (es. sala operatoria) ed osserva gli operatori sanitari al lavoro, prestando attenzione ai problemi che insorgono nel processo di cura dei pazienti. Vengono inoltre condotte delle interviste sul campo.

I segnali cui il team deve prestare particolarmente attenzione sono:

  • per il paziente: dolore, complicazioni, stress, tempo;
  • per il fornitore di servizi sanitari (es. ospedale): rischio, malfunzionamenti, incertezza, dogmi attuali (principi / credenze stabilite);
  • altri soggetti (es. soggetto pagante): inefficienze, costi ed information gap.

Terminata questa fase, sulla base delle osservazioni raccolte (in media almeno 200) si procede alla scrittura dei need statement, che si caratterizzano per tre elementi: problema, popolazione ed outcome. I need statement si presentano nella seguente forma:

“A way to address (problem) in (population) that (outcome)”

“Un modo per affrontare (problema) in (popolazione) per (outcome)

La scrittura dei need statement è più un’arte che una scienza. Ci sono però delle raccomandazioni da seguire. Gli outcome devono essere misurabili. Per esempio l’aumento della sicurezza del paziente è quantificato dal tasso di riduzione di effetti collaterali durante i clinical trial. Comuni errori nella scrittura dei need statement sono: bisogno troppo generale o specifico, bisogno troppo focalizzato sulla corrente pratica medica, bisogno che include una soluzione, bisogno basato su una negazione (un modo per non).

Il need screening: nella fase successiva alla stesura dei need statement vengono selezionati i bisogni. Si parte dall’analisi della malattia oggetto dei bisogni che viene studiata attraverso un approfondimento nella letteratura medica: epidemiologia della malattia, anatomia e fisiologia, patofisiologia, presentazione clinica, outcome clinici ed impatto economico della stessa. In seguito si considerano le soluzioni attualmente disponibili per risolvere quel problema in termini di gap tra bisogno e soluzioni stesse.

Dopo aver studiato la malattia in esame e le soluzioni esistenti sul mercato, si passa all’analisi degli stakeholder, in particolare all’individuazione di tre soggetti: il beneficiario, l’utente e il soggetto pagante. Tali soggetti possono coincidere o essere differenti. L’allineamento di interessi / proposte di valore per detti agenti contribuisce alla scelta del bisogno che verrà selezionato ed esplorato nelle fasi di invenzione ed implementazione di una soluzione. La mancanza di allineamento tra stakeholder è un primo segnale di un bisogno non forte.

Si procede quindi alla fase di analisi del mercato, dal mercato totale fino alla segmentazione in termini di dimensione, crescita, dinamiche competitive (es. analisi SWOT, analisi 5 forze di Porter, costi di transazione, acquisizioni di startup in quel mercato), bisogni dei consumatori e disponibilità degli stakeholder ad adottare una nuova soluzione. Il segmento più promettente selezionato sarà quello che crea maggior valore per l’acquirente, l’investitore e l’innovatore.

Raccolte queste informazioni, l’ultimo step per la selezione dei bisogni su cui il team svilupperà una soluzione consiste nella selezione di variabili e nella assegnazione di punteggi per ogni bisogno. Si attribuisce per esempio un punteggio da 1-5 per ogni variabile. Variabili comunemente utilizzate sono la grandezza del mercato, la fattibilità, l’impatto per il paziente, l’impatto per il provider, la vicinanza ai criteri di accettabilità del bisogno definiti all’inizio del processo di Biodesign per ogni membro del tema.

Il bisogno scelto avrà il punteggio più alto come esito della media ponderata dei valori attribuiti per ogni variabile.

Sintesi processo di identificazione dei bisogni

Fonte

Seconda fase: invenzione

La fase di invenzione inizia con sessioni di brainstorming utilizzando diverse tecniche tipiche del design thinking (es. focus group). Questa fase richiede un mindset creativo, differente dall’approccio analitico fino a qui utilizzato.

Successivamente si procede con la fase di screening. Le idee vengono organizzate in gruppi secondo diversi aspetti (es. fattibilità tecnica, risorse finanziarie richieste, area scientifica, appeal con i decision maker) e confrontate con il need statement.

La selezione del concept migliore avviene applicando il metodo di Pugh che consiste nell’identificare le caratteristiche specifiche della soluzione (dividendo tra le funzioni must to have and nice to have) e l’assegnazione di punteggi (+1, 0, -1) rispetto ad una baseline (es. prodotto di un concorrente). In questa fase si consiglia di chiedere il parere di esperti esterni al team in merito alle specifiche di prodotto.

La soluzione con il punteggio più alto, in relazione ai criteri di accettazione definiti all’inizio, verrà sviluppata. In tal senso si esploreranno le opportunità di ottenere diritti di proprietà (es. brevetti), il business model e i meccanismi di rimborso e regolamentazione.

Un altro metodo per selezionare la soluzione è la matrice del rischio che pone in relazione le molteplici soluzioni secondo diverse variabili (diritti di proprietà, regolamentazione, sistema di rimborso, business model).

Si procederà alla fase di prototipazione della soluzione realizzando un MVP (minimum viable product) da validare con i diversi stakeholder.

Sintesi processo di invenzione

Fonte

Terza fase: implementazione della soluzione

L’ultima macro fase del Biodesign consiste nello sviluppo di una strategia in merito a:

  • diritti di proprietà intellettuale (es. brevetti)
  • ricerca e sviluppo (es. make or buy)
  • sperimentazione clinica (pianificazione trial clinici)
  • regolamentazione della tecnologia (es. quando avviare dialogo con FDA, 510k submission)
  • qualità e gestione dei processi
  • strategia di rimborso (es. da assicurazioni)
  • strategia di marketing e per i portatori d’interesse
  • vendite e distribuzione (es. in quali mercati e attraverso quali canali)
  • vantaggio competitivo e strategia di business

Sintesi processo di implementazione della soluzione

Fonte

La strategia si traduce in una serie di azioni pianificate e delinea i successivi passi da intraprendere per sviluppare il progetto. La fase di integrazione consiste in una serie di documenti a carattere economico-strategico in merito alla scelta delle forme di finanziamento (es. Bootstraping, Angels, Venture Capital, Grant pubblici) sulla base di fabbisogno finanziario, scelte di merito (valutazione progetto in base al metodo dei Discounted Cash Flow) ed alternative a lanciare una startup (licenza, partnership, vendita/acquisizione).

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