Mentre le sedute di psicoterapia online sono ormai divenute una prassi frequente fra la maggior parte dei clinici, soprattutto dopo il lockdown, la discussione sull’opportunità di innovazioni relative alla digitalizzazione delle terapie si sposta sull’eventuale efficacia dei trattamenti svolti ricorrendo a dei bot di Intelligenza Artificiale.
Indice degli argomenti
Il confronto tra psicoanalisi e intelligenza artificiale
A inizio 2020, prima della pandemia, scrivevamo qui un articolo sulle app per la salute mentale. Le app per calmare l’ansia, ecco quali e come funzionano: pro e contro – Agenda Digitale
Era allora già diffuso Woebot Health, applicazione di orientamento cognitivo-comportamentale finalizzata a un monitoraggio quotidiano del proprio stato di benessere o malessere mentale. Woebot permetteva al cliente di imparare su di sé attraverso l’utilizzo quotidiano dell’app ma anche all’app di imparare dall’interazione con il cliente.
Basato su una pratica testata da clinici di approccio CBT (Cognitive Behavioural Therapy), prometteva e promette tuttora un aiuto immediato e costante, con disponibilità 24/7 ovunque ci si trovi, a chi manifesta qualsiasi forma di sofferenza psichica senza dover spendere cifre comunque rilevanti per l’onorario del terapeuta.
AI e psicoanalisi: due linguaggi a confronto
Pur prevalendo nettamente le app per la salute mentale di impostazione cognitivo-comportamentale come questa, negli Stati Uniti iniziano a radicarsi anche bot per la salute mentale di orientamento psicoanalitico. Possono essere uno strumento che affianca il percorso, soprattutto come fase preliminare a una vera e propria cura analitica, così da proporre dei questionari strutturati in una forma analoga a quella di chi utilizza dei test di personalità quali MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) avvalendosi di dispositivi informatici per giungere a una prima ipotesi diagnostica che precede l’avvio del trattamento.
Applicazioni digitali nel trattamento psicologico
Ricordiamo che si basano sull’asse del linguaggio sia il digitale con il suo alternarsi delle cifre 0 e 1 sia il la psicoanalisi con l’inconscio strutturato come un linguaggio in quanto il linguaggio è la condizione dell’inconscio.
Robot e strumenti di supporto nei disturbi dello sviluppo
Dispositivi digitali e robot hanno dimostrato la loro efficacia nel trattamento clinico e nella relazione educativa con bambini autistici. Ne abbiamo scritto qui in un articolo: Digitale amico dell’autismo, ecco perché va incoraggiato – Agenda Digitale. Sono stati recentemente pubblicati gli atti del Convegno, svolto nel 2019 all’Università di Rennes, nel nord della Francia, al quale ci ispirammo per questo articolo. Sono reperibili nell’ampio volume collettivo “Autisme: numérique et robotique. Quel partenaire privilégié au XXI siècle?”, a cura della collega dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi Myriam Cherel, per i tipi di Presses Universitaires de Rennes.
Docenti e ricercatori dell’Università Statale del Mississippi hanno avviato il progetto Therabot: si tratta di un robot dalle fattezze di un cagnolino volto a fornire supporto in una serie di situazioni depressive o relative a un disturbo post-traumatico, anche in aggiunta a una psicoterapia più tradizionale. Si riferisce apertamente all’utilizzo che molti bambini fanno di un orsacchiotto di peluche quale elemento consolatorio: il cardine teorico è dunque quello del noto oggetto transizionale proposto a suo tempo dallo psicoanalista inglese Donald Winnicott quale ponte fra la realtà e la fantasia, come area illusionale che favorisce la separazione dai genitori e soprattutto dalla mamma in momenti quali l’addormentamento e l’ingresso all’asilo nido.
La scuola per il design del Politecnico di Milano ha presentato il 2 aprile 2025, in occasione della Giornata per la consapevolezza sull’autismo, il volume Design & Autism, che descrive l’approccio multidisciplinare adottato da Cometa, un laboratorio del Corso di laurea in design. Sono stati inventati una serie di oggetti, in collaborazione con diverse figure professionali e con soggetti autistici, volti ad aiutare persone con svariate difficoltà riconducibili all’autismo. I prodotti realizzati sono appunto peluche per calmarsi, giochi per migliorare la motricità fine e la coordinazione, un kit per lo svolgimento delle azioni relative al cucinare e altri ancora.
Il supporto dell’intelligenza artificiale nei casi clinici
Altre ancora sono le proposte della telemedicina che si dimostrano valide: si consideri per esempio l’utilizzo di assistenti vocali nel supporto clinico e nel monitoraggio delle condizioni di salute di persone anziane e non del tutto autosufficienti.
Precisione algoritmica e limiti dell’assenza di desiderio
Nel 2023, è stato pubblicato su JAMA (Journal of American Medicine ) uno studio svolto pochi mesi prima che paragonava le risposte di bot d’Intelligenza Artificiale con quelle di clinici a domande poste da pazienti. Considerando una serie di 195 domande e risposte pubblicate su un forum online, frequentato da oltre 400.000 persone, i clinici hanno preferito per il 78 % le risposte dell’Intelligenza Artificiale su 585 valutazioni effettuate.
Il desiderio dello psicoanalista come elemento insostituibile
Un bot sbaglia di meno, è più lucido, non è soverchiato dalla stanchezza come accade invece talvolta a un clinico, non è erroneamente condizionato dalla propria attività mentale. Tuttavia proprio questo fattore umano, di empatia e di calore che compendia comunque gli errori, sta alla base dell’efficacia della psicoanalisi. Un fenomeno come quello del transfert, con l’attivarsi di vissuti affettivi nei confronti dell’analista, deriva sovente da errori dell’analista; può costituire una resistenza, un ostacolo alla cura ma anche un fattore portentoso di messa al lavoro funzionale alla guarigione. Lo svilupparsi del transfert ha a che fare con le logiche della vita amorosa perché il transfert è l’amore e ogni percorso analitico costituisce una storia d’amore sulla quale risulta veramente arduo esprimere un parere senza averla vissuta.
I limiti dell’IA nella psicanalisi
Ci troviamo nell’epoca delle learning machines; dunque un dispositivo come l’ormai celeberrimo ChatGPT è in grado di imparare, di apprendere così come un clinico apprende dai propri pazienti e soprattutto dalla singolarità di ciascun paziente cogliendo da lui come aiutarlo. ChatGPT analizza un testo, lo recepisce e fornisce delle risposte ampie, precise e dettagliate. Impara e si migliora senza di fatto mai sbagliare. Se ne avvalgono ormai la maggior parte delle persone non senza degli apporti, dei ritocchi umani. Ce ne accorgiamo spesso in contesto universitario là dove si riesce facilmente a cogliere la differenza fra chi redige una tesi di laurea riportando meramente quanto proposto da ChatGPT e chi invece la rielabora con spirito critico, con un pizzico di originalità e con apporti di più ampio respiro.
La ricerca di rapide soluzioni orienta spesso verso le app relative alla salute mentale ma l’immediatezza di una risposta non assicura affatto la stabilità dei risultati a livello clinico; è quello che vediamo nella nostra pratica là dove la maggior parte delle persone che si rivolgono alla psicoanalisi hanno già svolto dei percorsi terapeutici in presenza oppure online volti a risolvere celermente i propri problemi salvo rimanerne insoddisfatti, salvo constatare un permanere se non un peggiorare dei propri sintomi. Per questo traggono giovamento da un percorso maggiormente volto all’elaborazione soggettiva come quello psicoanalitico.
Psicoanalisi e desiderio: la risposta umana che cura
La capacità di incrementare le proprie conoscenze da parte di un dispositivo di Intelligenza Artificiale non lo rende però in grado di sostituire completamente le caratteristiche dei clinici. I bot e le app per la salute mentale possiedono sicuramente l’intelligenza, hanno il machine learning, imparano, imparano dall’esperienza; non hanno però il desiderio che rimane qualcosa di specificatamente umano. Saranno più precise di un clinico, non balbetteranno mai nel formulare una risposta, non saranno mai in difficoltà per problemi personali, si potranno avvalere di tutto il sapere ma non avranno mai il desiderio.
Un dispositivo tecnologico non si avvale del desiderio in quanto il desiderio deriva dalla mancanza. Del resto, anche a livello di un percorso di cura, tende a funzionare di più l’incontro con un terapeuta appassionato e sinceramente interessato ad ascoltare i sintomi e la storia di un paziente anziché con un clinico di grande esperienza, sapere e cultura ma privo di entusiasmo. L’analisi è una storia d’amore singolare, basata sulla specificità di quel percorso. Quale forma d’amore si può instaurare con un’app per la salute mentale? Si tratta di qualcosa che ricorda il film “Her” nel quale il protagonista Joaquin Phoenix si innamora di un assistente vocale.
Etica clinica ed esperienza personale nella cura
Un’esperienza che molti clinici riscontrano concerne il fatto che proprio quando stanno male, quando soffrono o quantomeno quando hanno esperienza del tipo di problematica descritta in quella seduta da un paziente, riescono a essere efficaci nella loro pratica. La psicoanalisi, più delle psicoterapie non psicoanalitiche, si fonda anzitutto su una eticità dell’approccio anziché basarsi sul mero utilizzo di tecniche delle quali non si può comunque mai fare del tutto a meno.
Eticità che deriva dall’aver svolto almeno una propria esperienza di analisi personale nella quale si sono visti, analizzati e sostanzialmente attraversati alcuni problemi, dei propri sintomi, delle proprie forme d’angoscia. Questo cammino conduce a valicare il proprio narcisismo, a un incrinarsi dell’egocentrismo, a una certa dose di umiltà. L’analisi personale dà allora luogo a quello che Lacan denomina desiderio dello psicoanalista, desiderio di saperne di più sull’inconscio, funzione logica essenziale per lo snodarsi dell’analisi. Eticità che proviene inoltre dal discutere dei casi clinici che suscitano delle difficoltà di svariato tipo in supervisioni o in intervisioni con dei collettivi di colleghi. Questa funzione relativa al desiderio non è e non sarà mai effettivamente in gioco nei dispositivi di Intelligenza Artificiale, per quanto sofisticati e precisi possano diventare.
Un collega di Rimini, Simone Biondi, ha interrogato direttamente ChatGPT a proposito della sua capacità di sostituire uno psicoterapeuta. La risposta scritta da Chat GPT è perfetta e la citiamo letteralmente, senza aggiungere ulteriori commenti: “No, non posso sostituire uno psicoterapeuta; non sono qualificato per fornire diagnosi o trattamenti psicoterapeutici professionali. Uno psicoterapeuta è un esperto che può aiutare a lavorare su problemi emotivi, psicologici o comportamentali in modo strutturato e sicuro. Se hai bisogno di supporto psicologico, ti consiglio di rivolgerti a un professionista qualificato”.
Il progetto Sonya del Minotauro
Nulla vieta che vi siano delle forme di collaborazione fra la clinica di orientamento psicoanalitico e i dispositivi di Intelligenza Artificiale. Si veda Sonya, il recente progetto di un centro clinico di solida tradizione come “Il Minotauro” che ha la sua storica sede a Milano e un’altra sede a Padova. Quest’organizzazione, fondata a suo tempo da Gustavo Pietropolli Charmet e attualmente diretta dal professor Matteo Lancini, propone una chat rivolta agli adolescenti denominata Sonya (Support Online for Young adults and Adolescents). Si tratta di una App di prima consultazione attraverso una chat rivolta ad adolescenti e giovani ma anche ai loro genitori alla quale ci si può rivolgere in forma gratuita in seguito a un finanziamento che il Minotauro ha ottenuto dalla Fondazione Cariplo. Sorge dalla collaborazione fra l’istituto Minotauro e l’azienda Melazeta, specializzata in dispositivi digitali per i videogiochi e la realtà virtuale, che si è già occupata di diversi progetti in partnership con organizzazioni sociali. Sonya è un’applicazione facilmente scaricabile sui propri smartphone attraverso la quale è possibile prenotare un appuntamento in chat con un clinico facente parte dell’istituto Minotauro.
Sonya non viene proposta come una vera e propria psicoterapia ma piuttosto come un momento di prima consultazione via chat, in una prospettiva preliminare al trattamento effettivo. Si accede a Sonya con il proprio nickname, scegliendo l’area per adolescenti o quella per il supporto ai genitori e indicando dati personali come il genere, l’indirizzo di residenza e l’occupazione lavorativa.
IA nella psicanalisi: non confondere bot e sedute online
Sarebbe completamente errato accostare l’osservazione della propria situazione psicologica, che si può svolgere con una app per la salute mentale, a una psicoterapia online sia quando essa si effettua integralmente da remoto sia e ancor più quando essa alterna sedute in presenza e sedute in videochiamata. Nel primo caso non vi è in gioco quel fattore essenziale per l’efficacia della cura che chiamiamo desiderio dello psicoanalista. L’assenza dell’incontro fra i corpi è e rimane un fattore di ostacolo al percorso della cura analitica quando si svolge online ma non è detto che risulti insormontabile se vi è in gioco il desiderio dello psicoanalista.
Nel corso delle sedute online, sia quando vengono svolte attraverso le piattaforme specializzate in questo ambito sia quando vengono effettuate direttamente da un clinico attraverso propri strumenti, si instaura comunque quella componente affettiva che Freud ha denominato transfert e che ne costituisce uno dei concetti fondamentali. Lo si nota con i sogni, con i lapsus, con le varie formazioni di quell’altro concetto fondamentale della psicoanalisi che è l’inconscio. Parlare in una seduta effettuata da remoto, là dove ci si incontra nello stesso tempo sebbene non nello stesso luogo, fa comunque emergere l’inconscio strutturato come un linguaggio e l’affetto correlato.
Rivolgersi a una app per la salute mentale o a Chat GPT implica evitare l’incontro con il desiderio, con il desiderio altrui. E’ invece proprio il desiderio l’elemento specifico e imprescindibile della cura analitica.
Perché il desiderio dello psicoanalista resta insostituibile
I clinici che hanno intrapreso un percorso analitico e che lo proseguono nella prospettiva di un percorso d’aggiornamento continuo hanno ben poco da temere di venire soppiantati nella loro pratica dai vari dispositivi di Intelligenza Artificiale. Quel fattore essenziale dell’esperienza analitica che chiamiamo desiderio rimane insostituibile e un bot non potrà mai acquisirlo.