Per la sanità digitale — finanziata dal PNRR per la prima volta in modo consistente nella storia del Servizio Sanitario Nazionale — stanno arrivando al pettine tre nodi strategici, la cui risoluzione segnerà il destino del nostro sistema assistenziale.
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Strumenti digitali e cittadinanza umanistica
Dei primi due hanno scritto sulla stampa due commentatori qualificati. Scrive Roberto Tognetto su Avvenire del 22 ottobre, a proposito del PNRR: “Nelle infrastrutture, negli investimenti urbani e territoriali si registra molto spesso uno scarso equilibrio tra componenti materiali e immateriali, tra contenitore e contenuto”, e aggiunge che “tale impostazione è presente anche nella sfera degli investimenti”.
Gli strumenti digitali — come il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), la Telemedicina (TMD), ma anche SPID, CIE, PagoPA e App IO — oltre a essere sicuri, devono avere una matrice “umanistica”: ovvero essere a misura del cittadino e del professionista, in termini di semplicità d’uso e di rispetto delle condizioni di vita, della cultura e dei valori condivisi dalle persone. Ma non basta: devono essere democraticamente controllati dalle comunità locali, costituite da istituzioni rappresentative (Regioni, Comuni, Circoscrizioni) e da realtà civiche e associative. Tognetto parla infatti di “cittadinanza umanistica”, dove agli investimenti in “cose” (macchine, strumenti, attrezzature, dispositivi, equipaggiamenti) deve corrispondere una parallela costruzione di capitale umano, assieme a modalità partecipative che permettano un effettivo coinvolgimento di professionisti, gruppi e associazioni locali.
Una strategia nazionale per l’eHealth italiana
Il secondo nodo, giunto al pettine alla fine del PNRR, è ben descritto su Il Sole 24 Ore del 23 ottobre da Domenico Favuzzi (Anitec-Assinform), rappresentante delle imprese ICT del settore, in particolare delle PMI, componente emergente e dinamica del digitale “made in Italy”. Favuzzi scrive che è arrivato il momento di darsi una vera strategia per la sanità elettronica (eHealth in chiave europea), costituendo un fondo dedicato. Io aggiungerei: come si è fatto in passato con l’articolo 20 della Legge 11 marzo 1988 n. 67, che avviò un programma pluriennale per la ristrutturazione, l’ammodernamento tecnologico e la realizzazione di edilizia sanitaria. Quella legge stanziò ingenti fondi per il potenziamento della sanità pubblica, attuati poi attraverso successive delibere CIPE.
Occorre dunque un “articolo 20” anche per la sanità elettronica del dopo-PNRR, un programma nazionale e pluriennale che superi la cultura delle gare al ribasso e delle linee verticali di informatizzazione. Questa policy di procurement ha infatti prodotto una verticalizzazione della trasformazione digitale in sanità, non solo tra chi progetta (mondo della consulenza) e chi fornisce tecnologia (imprese ICT), ma anche tra FSE, TMD, cartelle cliniche elettroniche (CCE) e altri strumenti. Sarebbe come finanziare un ospedale per singoli padiglioni invece che sulla base di un progetto complessivo. Scrive ancora Favuzzi: “La sanità digitale avanza nelle corsie degli ospedali e negli ambulatori dei medici a colpi di Telemedicina e di Fascicolo Sanitario Elettronico; occorre superare la logica dei bandi e prevedere programmi strutturati di aggiornamento professionale per il personale sanitario. Le tecnologie sono pronte e molte soluzioni già operative. L’Italia dispone di competenze e casi di successo in grado di rendere la sanità più efficiente, sostenibile e centrata sulla persona.”
Verso una governance pubblica post PNRR
Il PNRR ha messo in moto la macchina del “cambio di medium” in sanità, ma questa macchina va ora guidata verso il futuro, con programmi avanzati che vanno delineati e dettagliati per FSE-EDS, per la TMD, per l’Intelligenza Artificiale (AI) applicata alla sanità. Occorre inoltre estendere i risultati già ottenuti nella diffusione del cloud intelligente e della connettività veloce in tutto il comparto sanitario.
La sanità delle Regioni italiane — pubblica e privata — mostra oggi una forte propensione all’investimento: gli investimenti in sanità digitale sono triplicati negli ultimi tre anni, superando i tre miliardi di euro annui. Ma il PNRR si conclude a metà del 2026. E dopo? Occorre un piano e una nuova governance pubblica post-PNRR. È dunque urgente elaborare una strategia nazionale, in un quadro di stretta collaborazione tra Governo e Regioni, tra pubblico e privato, per permettere al sistema sanitario di uscire dalla crisi con le migliori pratiche e i migliori risultati.
Un modello federato per la governance digitale
Il terzo nodo è rappresentato dalla governance digitale. Questo nuovo medium della sanità italiana — FSE, TMD, AI — cresce economicamente e tecnologicamente in modo straordinario, ma va governato. Nell’attuale fase “cantieristica” del PNRR operano numerosi soggetti istituzionali: Ministero della Salute (MdS), Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD), AGENAS, Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), Regioni, oltre ad AgID, ACN, Consip, ecc. Ognuno con propri programmi e sistemi di governance, raccordati tra loro dall’azione del Governo e da specifiche convenzioni. Nel dopo-PNRR è invece indispensabile una governance coordinata Stato-Regioni della sanità digitale. La legge indica la strada, già seguita da diversi Paesi europei: la costituzione di una Agenzia Sanitaria Digitale (ASD), che dovrebbe operare nell’ambito delle funzioni assegnate ad AGENAS. Alla ASD — che AGENAS sta costituendo dopo la fase di progettazione realizzata nel 2023-2024 dal DTD — andranno assegnati compiti e poteri per dirigere e programmare il futuro della sanità digitale assieme alle Regioni, ponendo fine a ogni frammentarietà e verticalizzazione. AGENAS, nata come agenzia congiunta del Ministero della Salute e delle Regioni, si presta pienamente a svolgere questo ruolo.
Il secondo tassello di una governance solida è rappresentato dalle Regioni. Il modello scelto dal Governo per la sanità digitale — su proposta del DTD diretto dal Sottosegretario Alessio Butti — è quello federato, più aderente alla realtà locale, ai territori dove nasce e si diffonde l’innovazione. Compito primario della ASD sarà mettere tutte le Regioni italiane nelle condizioni di esprimere un pieno protagonismo tecnologico-gestionale, anche mediante tecnologie di AI, nell’utilizzo dei dati clinici degli assistiti, nella programmazione degli investimenti e nell’individuazione delle risorse per il dopo-PNRR.
Integrazione tra FSE, telemedicina e territorio
Il sistema sanitario e assistenziale italiano è in crisi nel rapporto con il suo “ambiente”: i cittadini. Una percentuale rilevante di essi rinuncia, in qualche misura, a curarsi — non effettuando visite specialistiche o non acquistando i farmaci prescritti. È in atto una privatizzazione strisciante della sanità, che riduce il reddito disponibile delle famiglie. Questa crisi ha origini lontane e non può certo essere imputata all’attuale Governo, che anzi ha cercato di affrontare le emergenze con il decreto sulle liste d’attesa e con il rafforzamento del Fondo sanitario nazionale. Occorre però riconoscere che la sanità sta cambiando — e con essa cambiano i cittadini, le loro relazioni, le loro aspettative di salute e di vita.
In Italia è in corso una trasformazione profonda che riguarda da un lato la digitalizzazione, dall’altro la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. La trasformazione digitale consentirà di progettare e realizzare i servizi di salute prima in bit, poi in atomi — come una stampante tridimensionale. E i bit, si sa, sono più maneggevoli degli atomi: non hanno materia e si servono di particelle “poco materializzate”, come elettroni, fotoni e quanti. Il digital twin (gemello digitale della persona) nasce da questo concetto. Ma noi, come esseri umani, siamo abituati a percepire gli atomi — le “cose” — e a servirci di medium materiali, come la carta.
Anche l’organizzazione e le tecnologie sanitarie stanno cambiando rapidamente: la sanità si sta verticalizzando. Cosa significa? Che ogni nostra condizione (obesità, diabete, problemi visivi o uditivi, patologie oncologiche, ecc.) diventa una linea di business per grandi player industriali, farmaceutici, assicurativi e della sanità privata, spesso associati in catene di distribuzione. Le policy del PNRR prospettano invece una sanità “orizzontalizzata” — Case di Comunità, prevenzione, medicina di prossimità, integrazione socio-sanitaria — ma le tendenze di mercato globale spingono verso la verticalizzazione. A ciò contribuiscono la debolezza del welfare state (anche europeo), i problemi della finanza pubblica e soprattutto la lentezza del sistema sanitario pubblico nel entrare nella nuova “economia della distanza” e della virtualizzazione. Il fenomeno è diffuso anche negli Stati Uniti, in Australia, in Germania e in altri Paesi europei.
L’Europa ha cercato di invertire questo processo con due strumenti: il PNRR e l’EHDS (European Health Data Space). Nel contesto italiano, quattro progetti assumono un ruolo strategico per difendere e rilanciare un sistema sanitario pubblico efficiente e territoriale:
• il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE);
• la Telemedicina (TMD);
• l’Intelligenza Artificiale (AI) applicata alla sanità;
• le Case di Comunità.
Per rilanciare la sanità territoriale e costruire un welfare di comunità e prossimità post-PNRR, è indispensabile una sinergia straordinaria tra FSE 2.0, TMD, AI e Case di Comunità. Con l’attuale governo, tra il 2023 e il 2024, sono state costruite solide basi tecniche, architettoniche e normative per l’FSE 2.0 e per il suo “motore dati”, l’Ecosistema Dati Sanitari (EDS), gettando le fondamenta tecnologiche per un’e-Health federata, quindi fortemente territoriale. Un cantiere sviluppatosi nel 2025, che consentirà di raggiungere entro giugno 2026 le milestone PNRR fissate dall’UE, grazie al contributo determinante delle Regioni e delle Aziende sanitarie. Un cantiere, però, destinato a proseguire oltre il PNRR, fino alla scadenza europea dell’EHDS (2030), se prevarrà una policy di sviluppo organico e programmato della sanità digitale.
Per una piena adozione dell’FSE in tutte le Regioni — che entro giugno 2026 dovranno garantirne l’operatività e interoperabilità — restano quattro tappe cruciali, peraltro già programmate:
- la piena adesione, anche tecnologica, della sanità privata al progetto;
- l’ampia diffusione del Profilo Sanitario Sintetico (PSS) negli FSE degli assistiti;
- la completa implementazione del Dossier Farmaceutico;
- il completamento del programma di formazione del personale sanitario, a partire dai medici di famiglia e dagli specialisti.
Le fasi successive riguarderanno:
• l’avvio dei servizi EDS per la personalizzazione della cura e della prevenzione (individuale e comunitaria);
• l’implementazione delle tecnologie AI a partire dai sistemi regionali;
• una nuova governance data-driven del SSN e delle Regioni con uso di dati clinici pseudoanonimizzati;
• il sostegno alla ricerca medica basata sui dati EDS.
Il FSE e le Case di Comunità sono due facce della stessa medaglia: la prima è la piattaforma digitale che consente la condivisione sicura e aggiornata dei dati clinici; le seconde sono i luoghi fisici in cui tali informazioni trovano applicazione concreta nell’attività dei professionisti e nella presa in carico del paziente. Il collegamento bidirezionale FSE–Case di Comunità è essenziale per garantire continuità delle cure, evitare duplicazioni di esami, migliorare la qualità dei dati e ottimizzare la pianificazione sanitaria.
Verso una sanità digitale centrata sul paziente
L’integrazione tra Telemedicina e FSE nelle Case di Comunità consente di costruire un percorso assistenziale realmente continuo: i dati raccolti tramite telemonitoraggio domiciliare vengono automaticamente registrati nel FSE, dove possono essere analizzati dai professionisti della Casa di Comunità. Diverse Regioni italiane hanno già avviato sperimentazioni in questa direzione. Ad esempio, la Regione Veneto ha predisposto un piano di riorganizzazione territoriale, finanziato con fondi PNRR, per attivare 99 Case di Comunità, concepite come punti unici di accesso ai servizi territoriali integrati con Telemedicina e FSE.
Cultura, partecipazione e futuro del sistema sanitario
Il 2025 segna un momento cruciale per la sanità italiana: • l’FSE 2.0 dispone ormai di una solida cornice tecnica e normativa; • le Case di Comunità stanno diventando operative; • la Telemedicina si sta affermando come realtà ordinaria del SSN; • l’Intelligenza Artificiale entra progressivamente nella pratica sanitaria, richiedendo ulteriore supporto normativo, anche attraverso la nuova legge nazionale sull’AI.
Tuttavia, senza un forte protagonismo digitale dei territori — innanzitutto delle Regioni, in un’ottica di sanità digitale federata — e senza una governance centro-regioni solida e condivisa, il rischio è che questi progetti restino incompleti nel dopo-PNRR o non producano tutti i risultati attesi. La piena riuscita richiede cultura, integrazione, formazione del personale, governance condivisa, ma anche umanità, controllo e partecipazione democratica. Solo così il sistema sanitario potrà dirsi davvero moderno, efficace e centrato sul paziente.
















