il fenomeno

Cosa può fare la Scuola per educare i ragazzi contro il Cyberbullismo

La causa del cyberbullismo non è il telefonino, il pc, il tablet, ma dei comportamenti che innestiamo nei nostri ragazzi attraverso un‘educazione che non tiene più conto di aspetti fondamentali quali l’autoregolazione. Ecco come intervenire e il ruolo della scuola

Pubblicato il 07 Ott 2019

Francesca Zanon

Università di Udine (DILL)

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Il fenomeno del cyberbullismo assume sempre più dimensioni e caratteristiche di estrema gravità ed è purtroppo in allarmante crescita, come dimostrano innumerevoli casi di cronaca.

Secondo recenti dati IPSOS per Save the Children, un ragazzo su dieci ha subito atti di cyberbullismo e il 21% afferma di conoscere qualcuno che ne è sono stato vittima, mentre sette adolescenti su dieci considerano il cyberbullismo il fenomeno sociale più pericoloso del momento.

Numeri che fanno riflettere, che lasciano sgomenti e che richiedono urgenti risposte, che spesso la famiglia da sola non sa o non può dare.

Il ruolo della scuola in merito al bullismo digitale

E’ evidente, infatti, che ci troviamo di fronte a un fenomeno molto variegato che merita attenzione da tanti punti di vista, oltre che da quello normativo.

La legge che si occupa del fenomeno del cyberbullismo (L. 29 maggio 2017, n. 71, Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo) è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 giugno 2017 ed è entrata in vigore il 18 giugno 2017.

In particolare una parte della norma si occupa di ciò che devono fare le scuole e sancisce che devono promuovere un ruolo attivo degli studenti; prevedere misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti.

E’ infatti ormai chiaro ed evidente, dunque, che il cyberbullismo non si limita al vissuto extrascolastico dei ragazzi, ma investe ormai in un preoccupante crescendo il mondo della scuola.

Ma, in concreto, questo cosa significa? Cosa possiamo fare per far riflettere i ragazzi su questo fenomeno ed rieducarli?

Innanzitutto dobbiamo chiarire bene a noi educatori che le tecnologie sono solo uno strumento, un mezzo, non la causa di questo fenomeno. La causa sta nel nostro modo di educarli, avvicinarli alla realtà, rappresentargli il mondo, in altre parole il “non insegnarli ad autoregolarsi”.

Ricordiamo che educare significa, soprattutto, creare occasioni in cui i ragazzi possano sentirsi bravi. Quando ci sentiamo bravi, persistiamo nello sforzo, accettiamo nuovi traguardi, sopportiamo la frustrazione. Quando ci sentiamo incapaci, desistiamo di fronte alle prime difficoltà, fuggiamo compiti nuovi, reagiamo con rabbia a qualsiasi frustrazione. Un primo passo da fare è insegnare ai ragazzi a sentirsi bravi diventando consapevoli dei loro punti di forza e debolezza, riconoscendoli e controllandoli.

Formare i ragazzi ad autoregolarsi

In particolare, per autoregolazione (Berger A., Kofman O., Livneh U. & Henik A. 2007) (Howard S. J. & Williams K. E. (2018) si intende la capacità di guidare, in modo consapevole e flessibile, pensieri, emozioni e comportamenti verso obiettivi personalmente significativi, inibendo tutti i possibili distrattori interni ed esterni.

È fondamentale promuovere ragazzi autoregolati lavorando su alcune dimensioni:

  • la consapevolezza (rendiamo sempre i ragazzi consapevoli di cosa stanno facendo),
  • la flessibilità (permettiamo ai ragazzi di sperimentare diversi modi di affrontare un compito, un’attività, anche se non sempre arrivano al risultato)
  • l’inibizione (rinforziamo lo sforzo di inibire le informazioni inutili, piuttosto che cercare di porre attenzione a tutto, promuovendo nei ragazzi il desiderio avere un certo grado di controllo sia sulle attività da svolgere che sul modo di svolgerle) (Daniele Fedeli, 2018).

Educare a ciò lo si può fare quotidianamente, senza bisogno di particolari strumenti, osservando il comportamento dei nostri ragazzi su questi tre aspetti:

  • quanto tempo permangono in un’attività (anche senza le tecnologie) senza passare continuamente e impulsivamente da un’attività all’altra (indice di persistenza);
  • quanto riescono ad accordarsi sulle regole e ad accettare eventuali modifiche o nuovi compagni (indice di flessibilità);
  • quanto sono in grado di inibire tutti quei movimenti o quelle verbalizzazioni irrilevanti e disturbanti (indice di inibizione).

Una volta osservati questi comportamenti sia a casa che a scuola che nell’extra scuola, possiamo intervenire rendendo consapevole anche il ragazzo di eventuali suoi comportamenti scorretti e abituandolo a autosservarsi.

Così facendo permettiamo che l’autoregolazione diventi un architrave fondamentale nello sviluppo dei ragazzi, in quanto diventa trasversale a tutte le aree di crescita: cognitiva, emotiva, comportamentale, motoria, ecc.

Quando diamo un compito ad un ragazzo o lo impegniamo in qualche attività, dovremmo sempre chiederci: stiamo aumentando la sua capacità di autoregolarsi?

Quante volte invece ci soffermiamo disarmati e senza risorse davanti ai nostri ragazzi che sono imprevedibili nel comportamento. La loro imprevedibilità li mette spesso in una condizione di profonda incertezza, che diventa tensione fino ad esplodere in comportamenti sregolati. Allora il primo passo da compiere è quello di capire come possono diventare più prevedibili e costanti non solo a scuola, ma anche a casa e in tutti gli altri ambienti.

Ma sapete cosa richiede tutto ciò? Un grande lavoro di squadra da parte degli adulti, perché spesso la loro imprevedibilità e la risposta ad un nostro comportamento non costante e altrettanto imprevedibile.

Dunque la causa del cyberbullismo non è il telefonino, il pc, il tablet, ma dei comportamenti che innestiamo nei nostri ragazzi attraverso un‘educazione che non tiene più conto di aspetti fondamentali come quelli sopra descritti.

Non colpevolizziamo uno strumento perché è più facile trovare in quello la causa di tutto.

In conclusione mi piacerebbe segnalare un bellissimo film sul bullismo del 1998, “Basta guardare il cielo”, che racconta la storia di Kevin, un ragazzo che a causa di una malformazione è costretto ad utilizzare le stampelle, e Maxwell, grande e grosso ma timido ed impacciato. I due vengono subito presi di mira dai bulli per le loro difficoltà, ma insieme si sentono forti e “normali” e possono affrontarli! Un film che fa riflettere sulla brutalità di alcune persone e sull’importanza del fare gruppo e squadra.

____________________________________________________________________

Bibliografia

BERGER A., KOFMAN O., LIVNEH U. & HENIK A. (2007).Multidisciplinary perspectives on attention and the development of self-regulation. In Progress in Neurobiology 82(5): 256–86.

FEDELI D (2018) Manuale Di Allenamento all’autodiscplina, Giunti editore.

FEDELI D. (2019) Bullismo E Cyberbullismo. Come Intervenire Nei Contetsi Scolastici, Giunti editore

HOWARD S. J. & WILLIAMS K. E. (2018). Early Self-Regulation, Early Self-Regulatory Change, and Their Longitudinal Relations to Adolescents’ Academic, Health, and Mental Well-Being Outcomes. In Journal of Developmental & Behavioral Pediatrics 39(6): 489-496.

LI Q., (2007), Bullying in the New Playground: A Research into Cyberbullying and Cyber Victimization. Australasian Journal of Educational Technology. 23(4), 435-454.

PRENSKY M., (2001), Digital Natives, Digital Immigrants. In On the Horizon, October 2001, 9 (5). Lincoln: NCB University Press.

SMITH P. K., MAHDAVI J., CARVALHO C., & TIPPETT N., (2006), An investigation into cyberbullying, its forms, awareness and impact, and the relationship between age and gender in cyberbullying. A Report to the Anti-Bullying Alliance. Retrieved July, 7 2010

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