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L’alba di nuove responsabilità sulle piattaforme digitali: il Digital Services Act

Oggi il Digital Services Act della Commissione europea. Prende così forma un nuovo quadro giuridico che mira a porre più forti tutele e uniformi in Europa, per i diritti fondamentali alla luce della crescita delle grandi piattaforme digitali (big tech). Ecco un primo commento

Pubblicato il 15 Dic 2020

Giovanni De Gregorio

Postdoctoral Researcher, Centre for Socio-Legal Studies, Università di Oxford

Oreste Pollicino

Professore ordinario di Diritto Costituzionale, Università Bocconi. Co-founder DigitalMediaLaws

desi 2022

Oggi la commissione europea presenta il testo della proposta di regolamento per il rinnovamento del mercato unico dei servizi digitali, più noto anche Digital Services Act. Qui commentiamo grazie al leak che ha reso già disponibile il testo.

Si tratta di una misura piuttosto discussa negli ultimi mesi che avrà il compito di traghettare l’Europa verso una nuova fase di regolamentazione delle piattaforme digitali. La proposta mira a migliorare la sicurezza degli utenti online in tutta l’Unione e a migliorare la protezione dei loro diritti fondamentali. In altre parole, non guarda soltanto al mercato unico e alla circolazione dei servizi digitali ma anche alle nuove sfide per la tutela dei diritti fondamentali e della democrazia nella società dell’informazione.

Lo scenario

Dall’azione della Direttiva 2000/31/EC, infatti, la realtà dei servizi digitali si è trasformata coinvolgendo la società nel suo complesso. Nuovi modelli di business tra cui le piattaforme digitali hanno contributo ad apportare nuove opportunità di crescita per il mercato unico e per l’esercizio di diritti e libertà fondamentali, in particolare la libertà di espressione. Allo stesso tempo, tuttavia, lo sviluppo della società dell’informazione ha amplificato i rischi per gli utenti sempre più soggetti ai servizi forniti dalle piattaforme digitali.

La pandemia non ha fatto altro che rafforzare il ruolo dei colossi del web in questa fase emergenziale in cui l’impossibilità di ricorrere ai canali tradizionali, incompatibili con il distanziamento, ha reso necessario che alcuni servizi essenziali come l’educazione fossero erogati in modalità digitale da attori privati che sempre ricoprono ruoli di natura pubblicistica.

Lo scopo del Digital services act

Già dal titolo risulta chiaro come la proposta in questione andrà a modificare il quadro normativo previsto dalla Direttiva e-Commerce. Più in particolare, la proposta mantiene le regole di responsabilità per gli intermediari online, ormai stabilita come fondamento dell’economia digitale e strumentale alla tutela dei diritti fondamentali, come anche sottolineato dalla Corte di giustizia (es. Scarlet v. SABAM). Infatti, in base a quanto trapela dal testo pubblicato, non si tratterà di una modifica del sistema di responsabilità ma piuttosto di alcuni aggiustamenti volti a incrementare il livello di trasparenza e accountability degli intermediari. Non è un caso che tra le misure proposte sia possibile notare nuovi obblighi di due diligence e trasparenza con particolare riferimento alle procedure di notice and takedown dei contenuti illegali e la possibilità di contestare le decisioni di moderazione dei contenuti delle piattaforme.

Le eccezioni alle pmi

Tali obblighi, tuttavia, non si estendono a tutte le piattaforme. La proposta fornisce un quadro generale prevedendo quindi delle eccezioni per quanto riguarda le micro o piccole imprese ai sensi dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE, e degli obblighi aggiuntivi per quelle piattaforme che sono ritenute “very large online platforms” definendo una soglia stimata in oltre 45 milioni di destinatari del servizio. In questo caso, la proposta definisce uno standard più elevato di trasparenza e responsabilità su come i fornitori di tali piattaforme moderano i contenuti, sulla pubblicità e sui processi algoritmici.

Tali piattaforme saranno quindi obbligate a sviluppare strumenti di gestione appropriati a mitigare i rischi sistemici connessi alle proprie attività. In questo caso, la Commissione vigilerà sul rispetto degli obblighi imposti a questi attori il cui mancato rispetto comporterà l’applicazione di sanzioni fino al 6% del fatturato su scala globale nell’anno precedente.

Il nuovo quadro giuridico

Rispetto alle altre normative, la proposta si colloca quale cornice generale di una serie di altre misure adottata in questi anni che invece sono definite lex specialis, trovando quindi applicazione nella misura in cui il diritto dell’Unione non contenga disposizioni più specifiche ad essi applicabili. A titolo esemplificativo, gli obblighi previsti dalla Direttiva 2010/13/CE, come modificata dalla Direttiva (UE) 2018/1808, sulla piattaforma di video sharing per quanto riguarda i contenuti audiovisivi e le comunicazioni commerciali audiovisive continueranno ad applicarsi. Inoltre, la proposta non pregiudica l’applicazione del regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e altre norme dell’Unione in materia di protezione dei dati personali e riservatezza delle comunicazioni.

L’obiettivo della commissione sembra diretto a fornire un nuovo quadro giuridico dei servizi digitali che sia in grado di rafforzare il mercato unico digitale e garantire il rispetto dei diritti e dei valori dell’Unione, e tutela dei diritti fondamentali che sempre più sono influenzati dalla governance dei soggetti privati nella società dell’informazione. In assenza di tale intervento, è probabile che gli Stati membri adottino strategie nazionali indipendenti che porterebbero ad un incremento della frammentazione giuridica.

La frammentazione comporterebbe ostacoli allo sviluppo delle imprese europee, rafforzando il potere dei tech giants. Inoltre, i cittadini non potrebbero fare affidamento su garanzie armonizzate contro la rimozione discrezionale dei contenuti. Un mosaico di misure nazionali rischierebbe di non fornire garanzie adeguate finalizzate a garantire l’effettiva tutela di diritti e libertà nell’Unione.

Tale contesto normativo mostra il ruolo dei diritti fondamentali nella società dell’informazione, specialmente ai tempi della pandemia. Prima ancora di pensare a “nuovi diritti” in virtù del ruolo dei soggetti privati quali le piattaforme digitali, risulta cruciale comprendere se l’ambito di applicazione di tali diritti comprenda non solo agli attori pubblici, come tradizionalmente accade, ma si estenda anche ai soggetti privati quando quest’ultimi esercitano funzioni para-pubblicistiche. Se le sfide per la tutela dei diritti fondamentali nella società dell’informazione derivano anche dal settore privato, sembra opportuno domandarsi se l’applicazione orizzontale dei diritti fondamentali possa essere un’opzione praticabile al fine di evitare che l’esercizio di libertà fondamentali si trasformi in potere che sfugga alla cornice costituzionale.

Quali nuove tutele

Il significativo cambiamento di paradigma a cui gli individui stanno assistendo nel rapporto con il potere, sembrerebbe richiedere quindi di concentrarsi su una serie di diritti che possono essere applicati non solo nei confronti dei poteri pubblici, ma anche degli attori privati. Si tratta quindi di comprendere quale livello di tutela sia necessario garantire agli individui, specialmente guardando al ruolo del costituzionalismo digitale nella società dell’informazione. In particolare, un approccio volto alla regolamentazione quale quello avanzato dal Digital Services Act potrebbe sicuramente giovare per rimediare alla mancanza di equità, trasparenza e responsabilità che sembrerebbe la sfida più importante da affrontare rispetto all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale da parte di attori pubblici e privati.

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Bilanciare diritti e innovazione

Tuttavia, sebbene un approccio di hard law quale quello proposto dal Digital Services Act permetterebbe di implementare valori e principi costituzionali all’interno di una normativa vincolante per le piattaforme digitali, allo stesso tempo, il carattere top-down potrebbe condurre a effetti negativi per l’innovazione e lo sviluppo di nuovi servizi nel mercato interno nonché proprio per le libertà e diritti fondamentali degli individui. Sebbene l’introduzione di nuovi diritti possa portare a tensioni costituzionali per ragioni legate principalmente alla compressione delle libertà economiche e di altri diritti fondamentali, il Digital Services Act sembra colmare una lacuna ventennale nel regime di responsabilità delle piattaforme introducendo garanzie che mirano a tutelare i diritti e la democrazia in Europa.

Allo stesso tempo, la tutela delle libertà economiche nel nome dell’innovazione non può costituire un motivo esclusivo che possa giustificare una compressione sproporzionata di altri interessi costituzionalmente tutelati di cui la dignità costituisce il valore fondante nel panorama costituzionale europeo.

Ne consegue quindi che l’adozione di una nuova serie di diritti sostanziali e procedurali costituisce un passaggio fondamentale al fine di colmare il divario tra individui e poteri privati fornendo strumenti di tutela nei confronti dei poteri privati.

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