il manifesto

“Privacy 2030”: il futuro della protezione dei dati personali visto da Giovanni Buttarelli

“Privacy 2030: Una nuova visione per l’Europa” è uno scritto che raccoglie le riflessioni e gli appunti di Giovanni Buttarelli, che nelle sue intenzioni avrebbero dovuto costituire la base di un manifesto sul futuro della privacy in Europa. Il volume si può scaricare gratuitamente dal sito del Garante

Pubblicato il 28 Set 2020

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Franco Zumerle

Avvocato Coordinatore Commissione Informatica Ordine Avv. Verona

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A poco più di un anno dalla scomparsa, il Garante per la protezione dei dati personali insieme alla IAPP (la International Association of Privacy Professionals) ha pubblicato uno scritto che raccoglie le riflessioni e gli appunti di Giovanni Buttarelli, che nelle sue intenzioni avrebbero dovuto costituire la base di un manifesto sul futuro della privacy in Europa.

Nasce così “Privacy 2030: Una nuova visione per l’Europa”, un volume che è possibile scaricare gratuitamente sul sito del Garante dal 18 settembre e che “rappresenta allo stesso tempo il testamento spirituale di uno dei pionieri della protezione dei dati personali e un forte richiamo a trasformare un diritto della persona in un diritto delle persone, in grado di fare la differenza nelle sfide sociali, culturali, politiche e ambientali che ci attendono o che si vanno configurando.”

La figura di Giovanni Buttarelli

Quella di Giovanni Buttarelli è stata una figura chiave nell’evoluzione del diritto alla protezione dei dati personali in Italia ed in Europa. Il magistrato, che ci ha lasciato lo scorso 20 agosto 2019, ha ricoperto la carica di Segretario Generale presso l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali italiana dal 1997 al 2009.

Dal 2009 divenne poi Garante aggiunto presso il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), quindi venne nominato quale Garante dal 2014. Il 4 dicembre 2014 venne nominato Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea, carica che ricoprì fino alla morte.

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Il volume “Privacy 2030”

Nelle intenzioni di Buttarelli, “Privacy 2030: Una nuova visione per l’Europa” avrebbe dovuto offrire uno stimolo per un dibattito pubblico sul ruolo della privacy e su come questo dovrà adeguarsi al futuro che ci si profila davanti. In questo senso la riflessione deve coinvolgere il ruolo guida dell’Unione Europea nel settore, ma non può non diventare internazionale, confrontando approcci e visioni (nel corso della storia e contemporanee) sulla privacy e sulla protezione dei dati personali.

Il volume che purtroppo Buttarelli non ha potuto portare a compimento, è stato suddiviso in due sezioni distinte:

  • la prima è basata sugli scritti e le riflessioni di Buttarelli;
  • la seconda si basa su contributi di vari esperti di fama mondiale nel settore che, prendendo le mosse dal pensiero di Buttarelli, analizzano le sfide che il diritto alla privacy dovrà affrontare negli anni a venire.

Il testo è ricco di spunti e riflessioni di spicco, in cui Buttarelli si chiede, e ci chiede, come rendere possibile un nuovo umanesimo tecnologico e combattere il culto della massimizzazione dei dati.”

Le riflessioni di Buttarelli

Il contributo di Buttarelli si apre con una significativa equivalenza fra dati e potere, una equivalenza pericolosa se messa in relazione con l’equivoco per cui secondo molti “la digitalizzazione ci avrebbe dato una marcia in più, che sarebbe stata “la bicicletta della nostra mente””, quando invece la digitalizzazione “toglie sempre più spazio a una vita libera da condizionamenti e controlli.”

Buttarelli ci mette quindi in guardia dall’idea per cui la connettività porterebbe solo vantaggi, infatti quando “si frappongono gli algoritmi che puntano a massimizzare i ricavi e i fornitori non rispondono dei rischi legati ai servizi che offrono, connettività si traduce in accentuata polarizzazione e in uno sfilacciamento della trama sociale.”

Vengono poi esaminati i rischi connessi con un malsano bilanciamento degli interessi. Stiamo assistendo infatti al sorgere di iniziative “di matrice commerciale (le smart cities, il riconoscimento facciale) che suscitano l’interesse di soggetti pubblici e di singoli Stati che se ne servono per comprimere o reprimere intere popolazioni o determinate minoranze etniche o socioeconomiche.”

Queste applicazioni vengono solitamente giustificate “in nome della “sicurezza”, della “comodità” o della “efficienza”, senza far molto caso alle conseguenze non contemplate o all’impatto complessivo sulla società e sull’ambiente.”

Buttarelli ci ricorda che tutto questo non è inevitabile ed è invece solo il frutto di scelte politiche, rinunciabili nell’ottica di un contemperamento degli interessi che tenga davvero conto di una effettiva sfera di riservatezza del cittadino nei confronti dello stato e degli altri.

L’autore prosegue nella sua riflessione puntando i riflettori sul problema della distribuzione della ricchezza e della deriva tecnologica che ne consegue, con un futuro digitale che non è alla portata di tutti ed un diverso “livello” a cui se ne può godere: spendendo molto per dover pagare meno con i nostri dati o spendendo poco ma accettando di cedere un bene in rapido apprezzamento, ovvero la nostra identità virtuale.

Secondo Buttarelli, quindi, l’Unione Europea dovrebbe occuparsi “non solo della privazione dei diritti digitali e dell’accesso negato alle infrastrutture e ai servizi digitali, ma anche delle diseguaglianze digitali.”

Si apre poi un aspetto geopolitico, con il sud del mondo che, secondo Buttarelli, rischia di diventare facile preda dei giganti tecnologici strategici, che forniscono servizi sempre più essenziali ed hanno quindi un potere sempre più determinante nel decidere se continuare o meno a fornire quel servizio o a quali condizioni offrire lo stesso servizio online che fino a poco prima è stato fruito massivamente tanto da divenire parte del quotidiano.

Buttarelli mette in guardia dal fatto che, soprattutto nel sud del mondo, “i giganti della tecnologia mirano a realizzare la mappatura dei singoli territori e a creare dipendenza nei confronti della rispettiva infrastruttura tecnologica, del loro software e del cloud aziendale, secondo modalità che sono state paragonate al colonialismo degli scorsi secoli.”

Citando un tweet di Zeynep Tüfekçi (sociologa turca esperta di tecnologia), Buttarelli ci ricorda un’altra contraddizione di questa epoca tecnologica, per cui il nostro diritto alla riservatezza deve essere supplicato o ottenuto con minaccia di azioni legali: “Non dovrebbe esserci bisogno di trasformarsi in maghi della tecnologia e mendicanti del diritto per esercitare un diritto fondamentale”.

Quindi Buttarelli censura il cosiddetto “soluzionismo tecnologico”, ovvero quel processo per cui “si investe in soluzioni tecnologiche apparentemente finalizzate a risolvere problematiche sociali, ma che in realtà tendono ad approfondire il divario digitale”.

Buttarelli cita come esempi progetti come la colonizzazione di Marte, l’inversione del processo di invecchiamento o il trasferimento del cervello in un supercomputer, progetti solo in apparenza finalizzati a scopi di interesse sociale, ma in realtà sviluppati con in mente un pubblico elitario.

Buttarelli quindi chiude con una riflessione ambientalista, ricordando che “il culto della massimizzazione dei dati, nonostante la sua dubbia compatibilità con il diritto Ue, oggi appare insostenibile anche in termini ambientali”.

Buttarelli ci ricorda infine che nel prossimo futuro, l’Unione Europea dovrebbe stabilire “i limiti del controllo e della monetizzazione delle persone” e lamenta che, di prassi, oggi le grandi aziende raccolgono molti più dati di quanti siano effettivamente necessari per rendere il loro servizio, censurando specie quelle “frasi fatte del tipo “per offrirvi un servizio migliore” o “per potenziare l’esperienza d’uso” che “funzionano come specchietti per le allodole e consentono rendite di monopolio.”

Secondo Buttarelli l’Unione Europea ha il potere di cambiare le regole del gioco e dovrebbe trovare la forza e l’unità di intenti per farlo, mentre ora non riesce perché è “lacerata dal conflitto fra le proprie convinzioni e l’aspirazione a giocare secondo le regole fissate dagli altri concorrenti.”

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Il decalogo di Giovanni Buttarelli

Buttarelli ci lascia quindi un decalogo per il futuro della privacy nell’Unione Europea ed oltre. Il decalogo si apre con una proposta di trasformazione ecologica del digitale, “che preveda espressamente obiettivi comuni quali la riduzione delle diseguaglianze e la tutela universale dei diritti umani, soprattutto per i profughi nell’epoca delle emergenze climatiche” promuovendo una tecnologia per il trattamento dei dati che possa “conseguire la neutralità climatica entro il 2030”.

Buttarelli propone quindi la creazione di uno “spazio permanente” di confronto dove studiosi, esperti ed attivisti possano confrontarsi sul finanziamento di tecnologie in sede europea, tenendo conto di aspetti etici ed ambientali, imponendo altresì una moratoria sulletecnologie pericolose.

Viene quindi proposto di imporre approcci trasparenti ai big delle tecnologie per consentire la tracciabilità e l’analisi indipendente di processi produttivi e flussi di dati”, utilizzando i “poteri di enforcement per vietare pratiche dannose”

Altra idea essenziale che compone il decalogo è la proposta di una creazione di uno spazio comune digitale europeo, che privilegi l’open source e che si ponga come alternativa al modello dominante di monetizzazione del dato.

Il decalogo si chiude quindi raccomandando collaborazione fra le autorità e un ruolo di guida del Comitato europeo per la protezione dei dati.

Gli altri contributi

Il volume si apre con la prefazione del Garante per la protezione dei dati personali Pasquale Stanzione e dell’ex Garante Antonello Soro, e raccoglie contributi di esperti del calibro di Jules Polonetsky (amministratore delegato del Future of Privacy Forum), Marc Rotenberg (presidente dell’Electronic Privacy Information Center nonché autore di “Privacy in the Modern Age: The Search for Solutions”), Malavika Jayaram (direttore responsabile del Digital Asia Hub e professore associato presso il Berkman Klein Center for Internet and Society della Harvard University) e Shoshana Zuboff (autrice di “The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power” e professore emerito presso la Harvard Business School).

In particolare, Malavika Jayaram, nel suo contributo, esamina le ingiustizie nella distribuzione della tecnologia, dal suo punto di vista calato nel contesto asiatico, di inefficiente distribuzione del “futuro” e di intrusione selettiva da parte di vari governi nella vita delle persone. Il contributo ci dà una visione globale del problema rappresentato da Buttarelli, e l’autrice ci ricorda che “Buttarelli segnala la futilità di ogni visione dell’ecosistema dei dati diversa dal suo essere una bomba globale a orologeria, anche se in certe aree se ne sente più forte il ticchettio.”

Nel suo contributo, invece, Mark Rotenberg ci ricorda l’urgenza della riflessione di Buttarelli e del confronto che ne deve scaturire, in quanto “il mondo è già a un bivio fra due futuri molto diversi, legati alle tecnologie e alle scelte in materia di intelligenza artificiale.”

Jules Polonetsky segnala invece che le sfide della privacy va ben oltre il rispetto delle norme, evidenziando come l’approccio regolatorio europeo non sia sufficiente a garantire che la privacy divenga in effetti un diritto globale, finalità necessaria visto che si tratta di regolare un diritto globale (la crassa lesione della privacy di un europeo in Indonesia non per questo è meno pericolosa, sia nel caso in cui questi abbia interessi in Indonesia, sia nel caso in cui non li abbia, in quanto i suoi dati potrebbero finire in mani sbagliate).

Polonetsky dice quindi che occorrerà cercare un consenso su di un’idea globale di privacy, che consenta di “fare fronte comune contro quei paesi che cercano di usare i dati come armi e di minare la democrazia”.

Conclusioni

I ricchi spunti di Buttarelli offrono una preziosa chiave di lettura, di ampio respiro, su quello che ci attende e su come la privacy dovrà affrontare nuove sfide, evolvendosi senza cedere alle insidie che le porrà davanti il progresso.

Nella postfazione, Shoshana Zuboff cerca di riassumere il testo di Buttarelli in un concetto fondamentale, ricordandoci come la privacy non possa essere considerata un affare privato, “un banale calcolo delle convenienze in vista di utili servizi commerciali”, in quanto la privacy è ed è sempre stato un “problema di natura collettiva, inscindibile dalla stessa storia che ha generato la soggettività psicologica, la scoperta della sovranità individuale, l’inalienabilità dei diritti umani, l’idea stessa di democrazia.”

Privacy e democrazia sono quindi concetti fra loro intrecciati, uno non può esistere senza l’altro e il fatto che uno sia messo a rischio comporta una compromissione del suo contraltare.

Abbiamo toccato con mano questo intreccio negli eccessi della pandemia, dove alcuni stati democratici più nella forma che nella sostanza hanno sistematicamente violato la riservatezza dei propri cittadini con la scusa di un controllo sanitario capillare ed alcuni politici anche nel nostro paese hanno auspicato una “sospensione” di alcuni diritti portati dal Regolamento GDPR per la fase di emergenza.

Allo stesso tempo stiamo assistendo ad una difficile convivenza fra la protezione dei dati personali e il difficile controllo che abbiamo degli stessi nella frazione virtuale della nostra identità.

Le sfide della tecnologia incontrano rapide vittorie, mentre sfide ben più difficili devono essere affrontate dal punto di vista dei diritti; come conclude la Zuboff, “Il secolo del digitale avrebbe dovuto essere l’età dell’oro della democrazia. E invece stiamo entrando nel terzo decennio del XXI secolo sotto il segno di nuove, estreme concentrazioni di conoscenze e potere che minacciano di ridefinire la natura umana e la società distruggendo la democrazia. È tempo che il gigante addormentato della democrazia si risvegli.

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