diritti dei consumatori

Telemarketing, al varo il Codice di condotta Agcom: ecco le regole per operatori e call center



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Si sono aperte le operazioni di firma del Codice di condotta Agcom, che punta a regolare i rapporti tra operatori e call center nell’interesse dei consumatori

Pubblicato il 21 set 2023

Sergio Aracu

Founding Partner di Area Legale S.r.l.

Eugenio Prosperetti

Avvocato esperto trasformazione digitale, docente informatica giuridica facoltà Giurisprudenza LUISS



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Si apre la stagione dei Codici di condotta del telemarketing. Oggi il Codice di condotta di AGCOM è stato firmato dai principali operatori telefonici e associazioni di call center. Per bloccare sul nascere le telefonate illecite agli utenti.

Ricordiamo che il Codice Agcom è stato approvato a luglio, poco dopo quello del Garante Privacy.

Ma è con le firme di chi deve usare il Codice che partono davvero i giochi. In effetti gli aderenti hanno tempo fino a febbraio 2024 per adeguarsi, ma a quanto risulta molti operatori telefonici hanno già cominciato ad applicare le nuove regole nei contratti call center.

Un lungo percorso: i lavori per il Codice di condotta AGCOM erano iniziati nel 2020 appena prima dell’Emergenza Covid.

Codice di condotta Agcom, le differenze con quello del Garante privacy

Il Codice di condotta AGCOM ha una natura e scopo diversi da quello approvato dal Garante Privacy ed è bene anzitutto chiarire quali siano. Il Codice del Garante è un atto direttamente applicativo del GDPR, che all’art. 41 ne prevede la possibilità.

Esso è rivolto quindi alla categoria commerciale tutta in quanto tratta i dati personali dei soggetti chiamati e contrattualizzati e ha lo scopo di regolare gli aspetti direttamente ed indirettamente conseguenti al trattamento dei dati personali, al fine di rafforzare, monitorare e garantire le tutele dell’interessato.

Gli aderenti – committenti, list provider e outsourcer telefonici, saranno vincolati alle sue regole, volte a stabilire una filiera controllata e trasparente che parte dall’uso di anagrafiche dotate di consenso e controllate presso il Registro Opposizioni, passa per l’effettuazione della chiamata da numeri reali e richiamabili e con contenuti concordati con il committente e arriva al controllo dei contratti stipulati rispetto alla chiamata effettuata.

Codice Agcom, a cosa serve

Il Codice AGCOM non è invece un Codice relativo alla privacy e non riguarda l’intera categoria del telemarketing. Esso è stato promosso da AGCOM nell’esercizio delle proprie competenze di tutela del consumatore che acquista a distanza servizi di comunicazione elettronica (quindi internet, telefonia e similari) ed ha ad oggetto le condizioni contrattuali dei rapporti tra gli operatori telefonici e i call center da essi incaricati, in maniera che esse contengano delle garanzie minime, relativamente alla sola commercializzazione via telefono dei servizi di comunicazione elettronica.

Non rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo Codice di Condotta le modalità di contatto sviluppate tramite canali diversi da quello telefonico vocale quale, ad esempio, il canale SMS oppure le attività relative alla commercializzazione di servizi diversi da quelli di comunicazione elettronica.

Esso mira, principalmente, a limitare il ricorso a subappalti a catena nel settore, che rendono difficile rintracciare chi effettivamente abbia fatto la chiamata ed assicurare che il call center prenda con l’operatore precisi impegni circa la qualità e regolarità delle chiamate effettuate ed anagrafiche utilizzate. Gli operatori potranno sanzionare queste violazioni con penali contrattuali e, qualora non lo facciano, potrà intervenire direttamente AGCOM.

L’importanza di condizioni contrattuali omogenee

È importante l’omogeneità delle condizioni contrattuali poiché, per una piena tutela del consumatore, il sistema contrattuale utilizzato deve essere omogeneo, senza consentire buchi/scappatoie e senza che vi siano operatori telefonici più tolleranti o meno attenti di altri e nemmeno call center che seguono gli obblighi di Legge ed altri che operano nell’illegalità.

Con il Codice AGCOM i principali operatori prendono una posizione comune per affermare che i call center che lavorano con loro e per loro devono rispettare le regole contenute nel Codice.

Codice di condotta Agcom, le regole

Particolare enfasi viene posta:

  • sulla iscrizione al ROC,
  • divieto di camuffamento del numero telefonico,
  • utilizzo di numerazioni richiamabili, che consentano all’utente di rintracciare sempre il call center chiamante.

Il Codice prevede poi un articolato sistema di verifiche preliminari all’ingaggio di un call center, non potranno essere ingaggiati call center che non abbiano aderito al Codice e non iscritti al ROC e si raccomanda l’uso delle certificazioni di sicurezza e qualità.

Il call center avrà il divieto di contattare per offrire i servizi dell’operatore numeri diversi da quelli indicati dall’operatore e, qualora intenda subappaltare, sarà autorizzato solo un livello di subappalto purché i soggetti individuati abbiano gli stessi requisiti e caratteristiche del call center appaltatore.

L’Operatore dovrà fornire dettagliate istruzioni di contatto ed eliminare dalle campagne le anagrafiche già contattate e che abbiano chiesto di non essere contattate o non siano interessate.

I call center dovranno dettagliatamente riferire i dinieghi ricevuti.

Non si potranno incaricare soggetti esteri di effettuare chiamate senza l’espressa autorizzazione dell’Operatore. In caso di acquisizione dell’ordinativo si verificherà si darà corso al contratto unicamente se tutti i requisiti del Codice risulteranno rispettati nella procedura che ha condotto al contratto (in questo c’è una tutela, nei fatti, coincidente con il Codice del Garante Privacy).

In caso il call center non rispetti il Codice, l’Operatore dovrà risolvere il rapporto.

La sinergia tra i due codici di condotta

Potremmo scrivere fiumi di inchiostro sulle differenze formali e sostanziali tra i due codici ma è innegabile che per evitare l’ingenerarsi di confusione e, soprattutto, l’erosione di efficacia reciproca tra i due codici, le Autorità favoriscano sinergie volte ad individuare i punti di complementarietà tra i due importanti documenti. L’obiettivo a nostro modo di vedere più auspicabile (a livello di efficacia) è la razionalizzazione di tutti gli strumenti che attualmente si avviano ad essere a disposizione di chi intende contrastare il fenomeno del telemarketing illegale.

Ciascuno strumento dovrebbe essere in grado – grazie ad una azione coordinata tra tutte le Autorità, le Istituzioni e gli Organismi che li gestiscono – di essere di supporto agli altri, massimizzando le peculiarità ed i punti di forza e limando, in sede di altrettanto auspicabili tavoli congiunti, i punti che dovessero eventualmente rivelarsi in contrasto con gli altri strumenti.

Anche il mondo politico e istituzionale non dovrebbe esimersi dal ricercare il confronto con le Autorità e con gli Operatori, per non cadere nella tentazione di agire in modo scoordinato e potenzialmente esiziale per quella parte di mercato sana che opera in modo del tutto legale e spesso virtuoso.

Le iniziative parlamentari

Risultano infatti a chi scrive ben due iniziative parlamentari volte ad ottenere un cambio di paradigma dal sistema di opt-out (registro delle opposizioni) verso un sistema di opt-in inteso come possibilità di contattare i soli contraenti che si siano iscritti in un determinato registro (registro dei consensi). Un tale sistema, oltre a determinare il fallimento di aziende che, attualmente, generano circa 4 miliardi di PIL e occupano oltre centomila persone, paradossalmente, non risolverebbe le difficoltà attuali del telemarketing, che – come si diceva – dipendono dalla pratica dello spoofing (svolta per lo più da operatori esteri che non chiamano dall’Italia). Lo spoofing è attivamente bloccato a livello tecnico in vari altri Paesi (Francia, UK, USA) e sarebbe importante che tutte le istituzioni si coordinassero per attuare anche in Italia sistemi tecnici che riescano a non far arrivare al consumatore le chiamate da numeri falsi.

I vincoli europei

Dal punto di vista meramente legale, inoltre, occorre ricordare che qualunque codice di condotta e norma nazionale sul punto è comunque soggetta a vincoli europei.

La direttiva 58/2002 (c.d. E-Privacy) che disciplina le Comunicazioni Indesiderate, prevede già il consenso (opt-in) come base di legittimità. Lascia poi agli Stati Membri l’opportunità di scegliere – per le sole comunicazioni indesiderate a fini di commercializzazione diretta e poste in essere con sistemi che prevedano l’uso del telefono con operatore o la posta cartacea – se queste ultime debbano essere permesse solo previo consenso e se sia possibile un opt-out preventivo (come ha fatto il nostro Legislatore con il Registro delle Opposizioni).

Il Consenso cui fa riferimento la Direttiva E-Privacy, per sua espressa previsione, corrisponde a quello di cui alla Direttiva che precede il GDPR e, oggi, a quello di cui al GDPR. Pertanto, non si vede come una eventuale norma di legge nazionale possa andare a limitare le opportunità di raccolta e comprova del consenso da parte dei Titolari del trattamento, i quali sono tenuti a basarsi sulle prescrizioni di cui all’art. 7 del Regolamento GDPR.

In tal senso, la funzione di circostanziare queste indicazioni non può che essere di un codice di condotta ai sensi dell’Art. 40 GDPR, quale è quello approvato dal Garante Privacy, che dunque ha una valenza diversa rispetto a quello AGCOM, relativo al solo settore comunicazioni e per aspetti che non hanno a che fare con la privacy.

Conclusione

Visto che gli strumenti ci sono e che hanno tutte le potenzialità per poter essere efficaci, torniamo, quindi, a sollecitare l’istituzione di una cabina di regia, che coinvolga anche le associazioni del settore e della committenza, per il contrasto al telemarketing illegale che possa scongiurare i rischi sopra descritti a detrimento della qualità della vita dei consumatori e, soprattutto, di una importante fascia di produttività del Paese.

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