Ecodesign e riparazione

Allungare la vita dei prodotti? La Ue ci sta provando ma non è così semplice



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La proposta di regolamento sull’eco-design e la direttiva su norme comuni che promuovono la riparazione dei beni contribuiranno ad aumentare la consapevolezza dei consumatori, ma le singole scelte da fare esigono ancora una buona dose di pragmatismo e di contemperazione di interessi diversi

Pubblicato il 19 ott 2023

Stefano Milia

Direttore esecutivo Centro politiche europee (CEP-Roma)



Futuristic,Circular,Economy,Concept.,Businessman,Holding,In,Hand,Growth,Graph

L’UE è in procinto di riformare in maniera molto radicale il quadro regolamentare attualmente esistente intorno ad un insieme crescente e comunque estremamente ampio dei prodotti che vengono offerti dal mercato. Il pacchetto è essenzialmente composto da una proposta di regolamento sull’eco-design[1] e da quella per una direttiva su norme comuni che promuovono la riparazione dei beni[2]. Entrambe si inseriscono nella filosofia più ampia dell’affermazione decisa di un’economia di tipo circolare nell’UE.

L’analisi del CEP sulle riforme Ue

Il Network “Centro politiche europee – CEP” ha già analizzato entrambe le proposte[3] e ha dovuto constatare, che in un contesto così complesso e variegato, sarà inevitabile anche il presentarsi di tutta una serie di “conflitti di obiettivi” dal punto di vista della sostenibilità e come l’attuale sfida legislativa risulti veramente estremamente ardua. Risulta, infatti, particolarmente complesso, sia lo stabilire criteri adeguati lungo l’intera catena di valore di un singolo prodotto finale e sia il tenere in conto tutte le variabili specifiche che ne misurano la sostenibilità lungo tutto l’arco della sua vita. Sono elementi che spesso necessiterebbero quasi di vere e proprie valutazioni caso per caso. Nel caso specifico dei prodotti digitali ci si ritrova poi a dover fare anche i conti con la recente proposta di normativa UE sulla resilienza informatica[4], anch’essa in via di definizione.

Mentre l’attualmente esistente direttiva sulla progettazione ecocompatibile stabiliva principalmente requisiti di progettazione ecocompatibile per dati quantificabili, come il consumo energetico, il nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile intende stabilire anche dei requisiti qualitativi. Ad esempio, per dare giudizi su un requisito quale la riparabilità, si possono ottenere risultati diversi a seconda della metodologia scelta per la misurazione. Confrontare i diversi impatti ambientali di prodotti diversi è spesso difficile e non permette di fare alcuna dichiarazione sulla gestione concreta dei prodotti presso il punto di utilizzo finale. L’uso prolungato di un dispositivo può poi anche avere un impatto sulla capacità di innovazione e quindi rallentare il progresso tecnologico. La velocità con cui le innovazioni si diffondono sul mercato è anch’essa rallentata da una vita più lunga del prodotto.

Facilitare il ricorso alla riparazione, il duplice approccio Ue

L’ultima delle proposte avanzate dalla Commissione europea si concentra proprio sull’aspetto del facilitare il ricorso alla riparazione, ma sul fronte del diritto dei consumatori, questo non mancherebbe di avere ripercussioni anche di tipo limitativo sulla scelta finale dell’acquirente rispetto alla situazione attuale. Infatti, entro il periodo di garanzia, il “diritto alla” riparazione diventa un “obbligo alla” riparazione, in quanto i consumatori avrebbero diritto solo alla riparazione di un prodotto difettoso e non più alla sua sostituzione, qualora la riparazione fosse meno costosa.

Grazie alla loro maggiore durata, la riparazione dei prodotti può, in linea di principio, ridurre il consumo di risorse in termini di materie prime primarie ed energia, conseguentemente il volume dei rifiuti e le emissioni di gas a effetto serra da essi causate. Pertanto, il duplice approccio che la Commissione sta portando avanti è in linea di massima condivisibile. Da un lato, nell’ambito delle regole sull’ecodesign, si richiede la progettazione ecocompatibile dei prodotti per facilitarne la riparabilità e dall’altro lato, attraverso numerose misure della proposta di direttiva sulla promozione della riparazione, si agisce per ridurre gli altri ostacoli legati alla riparazione stessa.

I conflitti che possono complicare l’applicazione pratica delle misure Ue

Tuttavia, se consideriamo l’impatto ambientale di un prodotto nelle diverse fasi del suo ciclo di vita dal punto di vista dell’economia circolare, possono sorgere conflitti tra la sua migliore riparabilità attraverso i requisiti di ecodesign ed altri obiettivi ambientali. Ad esempio, i prodotti progettati per essere particolarmente durevoli possono risultare più difficili da smontare e riparare per i non addetti ai lavori. Oppure, la sostituzione delle giunzioni adesive con viti, ad esempio, può rendere un prodotto più facile da riparare, ma richiedere un maggior consumo di materiali.

Inoltre, la riparazione non è sempre automaticamente l’opzione più ecologicamente sostenibile.

Se, ad esempio, un nuovo frigorifero consuma molto meno elettricità del vecchio apparecchio riparato, la riparazione non risulta più necessariamente l’opzione più ecologica. Infine, i prodotti che possono essere utilizzati per molto tempo possono inibire la volontà delle aziende di innovare e quindi rallentare il progresso tecnologico.

In definitiva, spesso dipende dal singolo caso se per un prodotto risulta ragionevole l’essere riparato o meno.

Aumentare la consapevolezza dei consumatori

Le varie misure, spesso di tipo informativo, previste dall’insieme delle proposte UE in discussione, sia che si parli del “passaporto digitale di un prodotto”, sia della fornitura vincolante di diverse istruzioni sulla sua composizione, contribuiranno indubbiamente ad aumentare la consapevolezza dei consumatori e sono quindi in linea di principio adatte a ridurre gli ostacoli alla riparazione. Ad esempio, l’obbligo dei produttori di riparare su richiesta e a spese dei consumatori, anche dopo la scadenza del periodo di garanzia, può risultare una misura fondamentale.

Tuttavia, la creazione di un’infrastruttura di riparazione è anche associata a elevati costi per i produttori. È quindi logico che non debbano necessariamente effettuare direttamente loro le riparazioni, ma che possano subappaltarle. La prevista possibilità di incaricare imprese di riparazione indipendenti e di trovare un’impresa di riparazione adatta attraverso piattaforme nazionali di matchmaking aumenta la probabilità che i consumatori facciano riparare un prodotto difettoso.

L’aggiornamento della componente software

Sempre più prodotti sono poi ormai costituiti non solo da hardware ma anche da software, altrettanto essenziale per il funzionamento del prodotto stesso. Di conseguenza, il prolungamento della durata di vita del prodotto fisico deve essere accompagnato da un corrispondente prolungamento della fornitura di software, se il prodotto deve essere utilizzato più a lungo. Questo punto non è preso in considerazione nella direttiva sulle riparazioni, ma il periodo di fornitura degli aggiornamenti software è attualmente regolato in vari altri atti legislativi dell’UE.

Possibili disallineamenti con le norme attuali

La nuova proposta di legge sulla resilienza informatica COM(2022) 454 prevede l’obbligo di fornire aggiornamenti per un massimo di cinque anni dopo l’immissione del prodotto sul mercato. I requisiti di progettazione ecocompatibile per telefoni cellulari, smartphone, tablet e telefoni cordless, invece, stabiliscono che gli aggiornamenti del sistema operativo devono essere resi disponibili per almeno cinque anni dopo il ritiro del prodotto dal mercato. A questi disallineamenti stanno cercando di ovviare le rispettive commissioni parlamentari competenti durante il processo legislativo in atto, comunque il progetto di regolamento sulla progettazione ecocompatibile prevede che i prodotti non possano più diventare obsoleti prematuramente perché e quindi gli aggiornamenti software devono essere resi disponibili per un “periodo di tempo ragionevole”. Tale affermazione risulta un’espressione ancora troppo poco precisa per dare un giudizio definitivo, però vale sottolineare che, gli effetti di una maggiore disponibilità di aggiornamenti non sono sempre da valutare positivamente. Infatti, in questo modo, con gli articoli più vecchi, le risorse potrebbero ritrovarsi ad essere vincolate a prodotti che non si sono affermati sul mercato e anche ciò potrebbe ritardare ulteriori innovazioni.

Conclusioni

L’equilibrio da raggiungere appare quindi piuttosto complesso qualora l’Ue voglia tenere conto di tutte le variabili in gioco. Anche se gli obiettivi generali risultano piuttosto condivisi, le singole scelte da fare esigono ancora una buona dose di pragmatismo e di contemperazione di interessi diversi prima che questo nodo fondamentale di normative europee possa iniziare a cambiare il nostro modello di consumo e di vita.

Note


[1] COM (2022) 142 del 30.3.2022 – Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che stabilisce il quadro per l’elaborazione delle specifiche di progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili e abroga la direttiva 2009/125/CE

[2] COM (2023) 155 del 22/3/2023- Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa a norme comuni che promuovono la riparazione di beni e che modifica il regolamento (UE) 2017/2394 e le direttive (UE) 2019/771 e (UE) 2020/1828

[3]Eco-progettazione dei prodotti (cepAnalisi) Diritto europeo alla riparazione (cepAnalisi)

[4] COM (2022) 454 del 15/9/2022 – Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativo a requisiti orizzontali di cibersicurezza per i prodotti con elementi digitali e che modifica il regolamento (UE) 2019/1020

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