storage e sostenibilità

Data Center pilastri del digitale sostenibile: strategie e best practice

Il mercato Data Center si sta affermando tra i settori trainanti della digital economy, ma ha un impatto ambientale non indifferente. Le aziende del settore devono pertanto usare strumenti in grado di ridurre il consumo energetico e le risorse usate costruire le strutture

Pubblicato il 29 Set 2022

Davide Suppia

Country Director Italia & Vice President Sales di Data4 Group

Sicurezza-data-center

Tra le principali sfide delineate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) c’è la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione che rappresenta una delle spinte principali per la ripresa, ed è indicata come uno dei sei pilastri per il rilancio delle economie europee nel Recovery and Resilience Facility Plan. In questo senso il PNRR destina a oggi circa il 25% a investimenti in tecnologie, infrastrutture e processi digitali finalizzati a incrementare e promuovere l’efficienza digitale del Paese.

Tra questi investimenti, 900 milioni di euro sono stati destinati al consolidamento e la razionalizzazione dei siti e delle infrastrutture digitali italiane, tramite la costruzione di un polo strategico nazionale articolato in quattro data center che si occuperanno di ospitare i dati e i servizi strategici delle pubbliche amministrazioni centrali, locali e delle strutture sanitarie, per la successiva migrazione delle informazioni e dei dati verso un ambiente cloud. L’obiettivo è la migrazione dei dati di almeno 100 amministrazioni per settembre 2024 e un target finale di 280 entro giugno 2026.

How Data Centers Impact the Environment

How Data Centers Impact the Environment

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Lo storage dei dati sensibili: servono strutture dedicate

Questo processo di digitalizzazione nazionale è guidato dall’agenda politica su più fronti: dalla pubblica amministrazione al settore privato, sul mercato è sempre più crescente il bisogno di strutture dedicate che ospitino i dati di multinazionali e PMI, che si stanno gradualmente spostando dai data center on premise verso un ambiente cloud. Si stima infatti che tra il 2010 e il 2021 il volume di dati creati, copiati e utilizzati sia cresciuto esponenzialmente a livello mondiale, passando da 2 a 79 zettabytes (fonte: Statista). Questi numeri non sono che destinati ad aumentare.

La domanda del mercato esprime quindi, senza alcun dubbio, il bisogno di creare luoghi sicuri per lo storage dei dati sensibili, e spinge alla costruzione di nuovi e sempre più evoluti Data Center che possano abilitare questa transizione digitale nei suoi vari aspetti: dall’evoluzione del mercato del lavoro con lo smart working alla consultazione dei propri documenti fiscali o risultati clinici online; dallo svolgimento di pratiche amministrative da remoto all’utilizzo dello smartphone per pagamenti e intrattenimento online…In Italia, attualmente, come indicato a inizio anno dai dati da una ricerca del tavolo di lavoro Data Center condotta dall’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, esistono 190 strutture di Data Center, e si prevede che questo numero sia destinato a superare le 200 unità nei prossimi tre anni.

Polo Strategico Nazionale, opportunità unica per l’Italia: ma la sfida è l’execution

L’Impatto sull’ambiente e gli strumenti per regolarlo e compensarlo

Il promettente mercato Data Center che è in continua espansione sul territorio italiano, si sta affermando tra i settori trainanti della digital economy, ma ha però un impatto ambientale non indifferente. La sfida del nostro tempo e di questo settore in particolare, che deve essere regolato con urgenza, è quella di compiere un percorso verso la neutralità climatica in linea con le direttive dell’Unione Europea, sfruttando al meglio le opportunità offerte dal PNNR e gli investimenti rivolti alla rivoluzione green. In questo senso le aziende del settore ICT e in particolare i costruttori di data center ricopriranno un ruolo fondamentale nel saper gestire il proprio impatto climatico, che non si limita unicamente ai consumi energetici ma coinvolge anche gli ecosistemi e le risorse naturali utilizzate per costruirli e gestirli.

Una nuova norma dell’UIT sottolinea infatti come il rispetto dell’Accordo di Parigi esigerà dal settore ICT una riduzione delle emissioni del 45% entro il 2030. Per raggiungere questo obiettivo, le aziende operanti nel settore Data Center devono avvalersi di strumenti che permettano l’intervento sul fronte del consumo energetico e delle risorse utilizzate per la costruzione delle strutture. Secondo una ricerca condotta dall’Università di Padova tra gli strumenti più utilizzati per bilanciare l’impatto ambientale del settore ICT c’è l’utilizzo di energia rinnovabile per alimentare i Data Center da un lato, e l’analisi del ciclo di vita delle infrastrutture dall’altro.

L’impatto ambientale dei datacenter: approcci e sfide per uno sviluppo sostenibile

Quest’ultimo metodo rappresenta il sistema di riferimento per la valutazione dell’impatto ambientale di un prodotto o in questo caso di uno o più data center, tenendo in considerazione tutta la durata della sua esistenza dalla sua creazione, sviluppo e smaltimento, utilizzando 14 criteri di monitoraggio che analizzano e che riguardano, oltre al consumo energetico, anche altri fattori importanti come l’utilizzo dell’acqua e delle terre rare. L’analisi del ciclo di vita è utilizzata al momento dal 33% delle aziende nei propri Data Center, tra cui Data4.

Best Practice europee: il caso Data4

Per quanto riguarda la misurazione diretta delle proprie emissioni i grandi gruppi che operano nel settore Data Center, appoggiandosi alla metodologia raccomandata dal Protocollo GHG per misurare le emissioni di gas a effetto serra, devono essere in grado di realizzare un bilancio che possa analizzare il proprio impatto ambientale sui 3 ambiti Scope 1, Scope 2 e Scope 3. Grazie a questo strumento, abbiamo lavorato dapprima sulla riduzione delle emissioni globali di CO2 legate alle sue attività, ed è poi riuscito a compensare la quota restante ottenendo la neutralizzazione di tutte le emissioni derivanti dalle sue attività in Europa nel 2021 tramite l’accordo con un importante operatore del settore della silvicoltura, FRANSYLVA per il quale la società finanzia e promuove numerosi progetti di rimboschimento per le foreste in Francia, rappresentando una Best Practice per il settore Data Center, sempre più attento al tema della sostenibilità (secondo la ricerca dell’Università di Padova il 64% delle aziende che si sono sottoposte al Survey dichiara di possedere già una policy ambientale esplicita, mentre un altro 22% lavora per svilupparla).

Questi progetti, certificati dal PEFC come garanzia di gestione sostenibile e rientranti anche nell’ambito della categoria “Bas Carbone” del Ministero della Transizione Ecologica Francese, consentiranno in particolare di contribuire localmente al rinnovamento della foresta francese, agevolare l’adattamento al cambiamento climatico, proteggere la biodiversità, fornire alternative ai combustibili fossili per l’edilizia e sviluppare l’occupazione locale, dimostrando come la sostenibilità ambientale del settore ICT non dipenda unicamente dai consumi energetici ma da un approccio ad ampio respiro che sappia tenere conto della complessità dei fattori che influenzano il reale impatto di un Data Center sul territorio in cui opera.

Best practice di matrice interamente europea devono essere un modello di riferimento per il mercato dei Data Center italiano: l’Italia ha infatti molto da imparare dai suoi vicini di casa per implementare una transizione virtuosa seguendo linee guida già percorse e che hanno dimostrato di portare risultati solidi e duraturi. La strategia “Bas Carbone” adottata in Francia può infatti essere estesa ad altri territori e realtà aziendali anche in Italia per supportare la transizione ecologica di pari passo con la digitalizzazione, delineando la possibilità per il Paese di sviluppare una digital economy tanto remunerativa quanto sostenibile.

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