Con la nomina dei Viceministri e Sottosegretari, si chiude la fase progettuale del Governo Conte II e si passa alla fase operativa. Ma non sono ancora chiare le assegnazioni di alcune deleghe in area MiSE non menzionate in queste ore, e l’interesse va concentrato soprattutto su quelle per le startup e l’economia dell’innovazione.
È cosa nota sia nei corridoi che tra la stampa che fino a mezz’ora prima dell’approvazione finale della lista delle nomine di sottogoverno ci fosse per certo l’incarico a Luca Carabetta come sottosegretario allo Sviluppo economico e con probabile delega proprio a questo ambito. Il giovane ingegnere piemontese è egli stesso founder di startup tecnologiche, aveva seguito le norme sulla materia da quando nella scorsa legislatura era ancora assistente parlamentare del M5s e – dall’avvio di questa legislatura – da deputato e vice presidente della Commssione Attività produttive della Camera presidiava con molta attenzione il tema, tanto da averne assunto il ruolo informale di centro di competenza per il proprio partito. E proprio per il merito e la competenza riconosciuti gli stava arrivando la nomina per presidiare un argomento sul quale la competenza è fondamentale, perché l’ecosistema startup è basato su paradigmi molto differenti da quelli dell’impresa tradizionale e non conoscendoli è facile inciampare sulle pressioni distorsive di alcuni stakeholder privati che non lavorano tanto per l’apertura e crescita del settore quanto per il tenerlo piccolo purché sotto il proprio controllo. Purtroppo, la nomina di Carabetta è caduta all’ultimo momento sotto la falce delle quote rosa, principio giusto ma che andrebbe applicato nella composizione all’ingresso dei partiti e non al momento di effettuare nomine che andrebbero stabilite prediligendo il puro e semplice merito a prescindere da “quote” di qualsiasi tipo.
Perché per le startup ci vuole un ministro
Ad ogni modo la situazione oggi è questa, e se non c’è più un titolare della delega con una competenza forte e libera da condizionamenti come quella di Carabetta, diventa quanto mai opportuno che la stessa rimanga in capo al ministro, Stefano Patuanelli, per una serie di ragioni che vado a spiegare.
Le verticalità industriali
Innanzitutto, c’è il punto delle verticalità industriali, che sono tutte impattate dal tema delle startup e del venture investing: energia e telecomunicazioni, già solo per rimanere nell’ambito di due deleghe distinte che verranno tenute in mano da un Viceministro ed un Sottosegretario allo Sviluppo Economico, sono entrambe declinazioni del macrosettore di interesse.
Il green new deal
Poi c’è il punto del Green New Deal, così centrale nel programma di Governo, che anch’esso vedrà enorme campo di attuazione nell’ambito delle startup, dato che è più ragionevole aspettarsi maggiore impatto da nuove iniziative imprenditoriali intorno a questo campo che non da imprese esistenti che per definizione si muovono con lentezza perché ancorate ad investimenti e schemi precedenti. Questi temi, tutti affrontati nel MiSE insieme agli investimenti locali ed alla attrazione degli stessi, devono essere tutti subordinati alle politiche in funzione delle startup affinché queste divengano davvero rilevanti quanto meritano nella dimensione del paese. E per subordinare e coordinare questi temi, raccordandoli anche alle attività di ICE ed Invitalia, che sono le due agenzie con attività di competenza e sotto la regia strategica del MiSE, non c’è altra carica se non quella del Ministro per garantire questo ampio punto di osservazione.
Le sinergie col ministero per l’Innovazione
Ma non solo: uscendo dall’area di diretta competenza del MiSE c’è impatto diretto su startup e venture per quanto attiene Turismo ed Arte e Cultura, su Trasporti e Infrastrutture, su Agricoltura, su Ricerca e Scuola, nonché sulla fondamentale direttrice degli Esteri sia per rivedere le norme sull’attrazione di talenti che per quanto attiene allo sviluppo internazionale. Infine, forte è il contatto con le attività del neonato Ministero per l’Innovazione, che si occupa di trasformazione digitale della macchina della Pubblica Amministrazione, sistema di grande impatto sia per la capacità di determinare vita e morte delle imprese attraverso la burocrazia, sia perché bisogna risolvere il nodo del public procurement verso le startup – storico elemento di forza, questo, degli Stati Uniti quanto di debolezza degli stati dell’Unione Europea.
Un tema di natura trasversale
Il tema delle startup e del venture investing è, quindi, per propria natura trasversale a molti Ministeri e già da tempo sostenevo che fosse necessaria una delega incastonata nella Presidenza del Consiglio per poterlo sviluppare al meglio raggruppando tutte le aree di interesse.
Purtroppo, l’Italia è sempre lenta a recepire ciò che serve, quindi quest’anno – dopo dieci anni dalla richiesta di un Ministro per l’Innovazione da parte di tutto l’ecosistema italiano del digitale – si è finalmente arrivati al Ministro per l’Innovazione (cioè per la trasformazione digitale dello Stato) distaccandolo da quello della Funzione Pubblica. Magari tra altri dieci anni si istituirà il Ministro per l’Economia e Società dell’Innovazione (cioè speculare al primo ma per il privato) distaccandolo dallo Sviluppo Economico, chissà.
Nell’attesa, tutte le ragioni sopra elencate richiedono con certezza che il portatore dell’argomento nel Governo non possa essere altro che un ministro: solo i ministri difatti, e non i sottosegretari, partecipano con il Presidente del Consiglio alle riunioni di Consiglio dei ministri che è il luogo di condivisione e concertazione ed in cui si determinano le politiche di indirizzo generale. Solo un ministro può quindi agevolmente accordarsi da pari a pari con altri Ministri per attività intrinsecamente multistakeholder da coordinare o su cui definire tavoli congiunti che abbiano ambizione di giungere ad un risultato, mentre giammai questo potrebbe succedere se il tema fosse contemporaneamente complesso ed ostico e delegato ad una gerarchia inferiore – come appunto le deleghe di un sottosegretario – richiedendo quindi di convincere prima di tutto il proprio Ministro a concedere parte del prezioso e limitato tempo del proprio ufficio legislativo (i sottosegretari non ne dispongono) e poi a spendersi personalmente per accordarsi con altri Ministri su di un argomento che non è nemmeno strettamente proprio. Fantascienza, difatti non capita nella realtà.
Tutte le urgenze da affrontare
Oggi poi ci sono delle vere urgenze: si deve nominare il CDA del Fondo Nazionale Innovazione – e non solo Presidente e amministratore delegato – e si deve nominare il nuovo AD di Invitalia. In più bisogna definire delle nuove linee di azione per ITA/ICE su questo ambito, disegnandone di più efficaci. Le figure che vanno inserite in tutti questi ambiti, pur se alcuni si occupano anche di molto altro, devono essere libere da condizionamenti, pressate dal ministro competente e soprattutto dotate di reale competenza internazionale nel settore specifico e non in settori contigui. Non si devono più vedere cariche apicali di un fondo di Venture Capital pubblico, in un paese drammaticamente scoperto negli investimenti early stage, decidere di posizionarsi solo su investimenti growth stage perché per carriera arrivano dal Private Equity e sono a digiuno di Venture Investing.
Allo stesso modo c’è bisogno di un ruolo politico forte nel portare la delega sul tema per affrontare e vincere le resistenze degli ambienti finanziari sostenute da Banca d’Italia e da alcuni dirigenti del MEF che iniziano a diventare individualmente responsabili della debolezza di alcune misure che tengono ben saldo il posizionamento dell’Italia in coda alle classifiche internazionali.
A questo punto è quindi fondamentale che la delega alle startup – allargata al loro ecosistema in senso ampio – venga trattenuta dal ministro Patuanelli, auspicando che quest’ultimo si doti di uno staff e di consiglieri che siano davvero preparati sullo scenario e anche sugli errori dei Governi precedenti da correggere urgentemente (e sono fin troppi, dal 2012 ad oggi), conoscendo davvero bene le pratiche internazionali ed i fattori di successo delle filiere del venture business e degli ecosistemi startup di luoghi come Regno Unito, Francia ed Israele.
Non c’è più tempo per reinventare la ruota e nemmeno per fare marchette a nicchie e operatori di riferimento come accaduto troppo a lungo: ora è tempo di recuperare il gap con i paesi che ci precedono, completando l’eccellente lavoro già iniziato da Di Maio nell’anno passato, che era andato energicamente in questo senso pur limitandosi ai meri aspetti di investimento.