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Creare valore pubblico attraverso la formazione: ecco la vera sfida per le PA



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Una recente direttiva del Ministro della PA riporta al centro l’importanza della pianificazione della formazione. Una Direttiva che “mette alla prova” gli orientamenti strategici delle amministrazioni in materia di sviluppo delle competenze del proprio personale. Ecco perché ce n’era bisogno

Pubblicato il 21 lug 2023

Sauro Angeletti

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica



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Il 23 marzo 2023, il Ministro per la pubblica amministrazione ha emanato la Direttiva in materia di “Pianificazione della formazione e sviluppo delle competenze funzionali alla transizione digitale, ecologica e amministrativa promosse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Un atto di indirizzo che colma un vuoto ultradecennale, dà contenuto e spessore alla pianificazione della formazione da parte delle amministrazioni nel Piano Integrato di Attività e di Organizzazione (PIAO) e che individua le priorità formative per l’attuazione della strategia di sviluppo del capitale umano delineata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una Direttiva che “mette alla prova” gli orientamenti strategici delle amministrazioni in materia di sviluppo delle competenze del proprio personale.  

Il valore aggiunto della Direttiva sulla formazione

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) pone la gestione e lo sviluppo del capitale umano al centro della strategia di riforma della pubblica amministrazione: preciso nella diagnosi, chiaro negli obiettivi e puntuale nei risultati attesi, sia dal punto di vista quantitativo – almeno 750.000 dipendenti delle pubbliche amministrazioni iscritti a percorsi formativi; almeno 525.000 dipendenti che completano con successo le attività formative – che qualitativo –  prevedendo, tra l’altro, una “rigorosa misura dell’impatto formativo a breve medio termine”.

C’era bisogno, quindi, di una Direttiva sulla formazione, di un atto di indirizzo per fornire indicazioni metodologiche e operative alle amministrazioni pubbliche per la pianificazione, la gestione e la valutazione delle attività formative al fine di promuovere lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze del proprio personale?

Vi sono almeno tre ragioni per rispondere in maniera affermativa a questa domanda.

Tornare a investire in formazione

L’emanazione da parte del Ministro per la pubblica amministrazione della Direttiva per la formazione e lo sviluppo delle competenze del personale pubblico rappresenta un’ottima notizia, innanzi tutto, perché promuove condizioni concrete per una sostanziale inversione di una tendenza: la possibilità di tornare ad investire in formazione.

Come sappiamo, nel corso dell’ultimo decennio la spesa per la formazione e lo sviluppo delle competenze del personale pubblico si è progressivamente ridotta. Ciò ha determinato, in generale, un grave indebolimento della programmazione della formazione, condotta – nella maggior parte dei casi, non senza eccezioni significative – senza una sistematica rilevazione dei fabbisogni e finalizzata nell’adozione di un piano – quando si è continuato a predisporlo – sostanzialmente e temporalmente scollegato dagli obiettivi strategici e di performance. Un groviglio di cause ed effetti, che rende difficile dire se la debolezza della formazione sia il presupposto o il risultato di politiche di gestione delle risorse umane progressivamente inadeguate e comunque sempre più inefficaci.

Riportare al centro la “questione formazione”

In questo contesto, il merito della Direttiva del Ministro Zangrillo è quello di riportare al centro la “questione formazione”, in molte amministrazioni pubbliche ai margini delle politiche gestionali. E lo fa ripartendo dai principi: principi già presenti in precedenti atti di indirizzo, risalenti e recenti, tra i quali la Direttiva del Ministro Frattini del 2001 e il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, sottoscritto il 10 marzo 2021 dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro per la pubblica amministrazione con i Segretari generali della CGIL, CISL e UIL; principi nuovi, che tengono conto del contesto di riferimento e, in particolare, degli obiettivi fissati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La “formula del valore” della formazione

Volendo sintetizzare, i principi in materia di sviluppo delle competenze del personale pubblico possono essere tutti ricondotti alla “formula del valore” della formazione, che deve saper generare un impatto positivo per le persone e per l’amministrazione. In particolare:

  • per i dipendenti, la formazione e la riqualificazione costituiscono un “diritto soggettivo” e, al tempo stesso, un dovere. Le attività di apprendimento e formazione, in particolare, devono essere considerate ad ogni effetto come attività lavorative;
  • per le amministrazioni, la formazione e la riqualificazione del proprio personale devono costituire un investimento organizzativo necessario e una variabile strategica non assimilabile a mera voce di costo nell’ambito delle politiche relative al lavoro pubblico;
  • per gli utenti dei servizi e i beneficiari delle prestazioni delle amministrazioni, la formazione deve essere in grado di generare “valore pubblico”.

Per dare a questi principi il necessario respiro strategico, è necessario che la formazione sia inserita al centro dei processi di pianificazione e programmazione delle amministrazioni pubbliche. Essa deve essere coordinata e integrata con gli obiettivi programmatici e strategici di performance dell’amministrazione, trovando una piena integrazione nel ciclo della performance e con le politiche di reclutamento, valorizzazione e sviluppo delle risorse umane. È, questo, l’obiettivo e la ratio del Piano Integrato di Attività e Organizzazione, introdotto dall’art. 6 del d.l. n. 80 del 2021.

L’importanza delle indicazioni metodologiche e operative

E allora, la Direttiva in materia di “Pianificazione della formazione e sviluppo delle competenze funzionali alla transizione digitale, ecologica e amministrativa promosse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” costituisce una buona notizia perché fornisce infatti indicazioni metodologiche e operative per la redazione di una buona sezione del PIAO dedicata alla formazione, ad integrazione della esemplificazione già emanata dal Dipartimento della funzione pubblica. In particolare, la Direttiva esemplifica il “ciclo di gestione della formazione”, indica gli obiettivi (generali e trasversali alle pubbliche amministrazioni; strategici e specifici di ogni amministrazione) e i criteri per la misurazione dei risultati; etc. Rappresenta, in qualche misura, un sintetico vademecum operativo, istruzioni per l’uso tanto più importanti quanto più deboli (nel ruolo e nelle competenze) sono gli uffici preposti alla formazione e, più in generale, alla gestione delle risorse umane.

Come incentivare la formazione nelle amministrazioni pubbliche

Infine, ma non per ultimo, la direttiva affronta il tema dell’incentivazione dell’attività formativa. E lo fa, prima di tutto, attraverso l’individuazione di obiettivi quantitativi per le amministrazioni e obiettivi formativi individuali per ciascun dipendente.

Si può incentivare attraverso la fissazione di un obiettivo?

Rafforzare la cultura del risultato

Si, se si vuole innanzi tutto rafforzare la cultura del risultato anche per gli investimenti in formazione, che divengono in questo modo un obiettivo di performance individuale dei dirigenti e di ciascun dipendente. Se si vuole affermare il principio del “valore in sé” dello sviluppo delle competenze, investimento necessario per il miglioramento della prestazione individuale e quindi spendibile per i percorsi di carriera, secondo quanto previsto dalla legge e dai contratti collettivi nazionali ed integrativi.

Per le amministrazioni, l’obiettivo previsto dalla Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione è quello di formare, a partire dal 2023, attraverso l’adesione alla piattaforma “Syllabus: nuove competenze per le amministrazioni pubbliche”, almeno il 30% dei dipendenti sulle competenze digitali. Priorità alla trasformazione digitale delle amministrazioni, innanzi tutto, ma attenzione al fatto che il raggiungimento dei target del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza devono intendersi quale “responsabilità collettiva di tutte le amministrazioni pubbliche”: è, infatti, la loro adesione alle finalità e agli obiettivi formativi individuati dal PNRR che consente il raggiungimento del risultato di un rafforzamento diffuso e uniforme delle competenze del personale di tutte le amministrazioni, centrali e locali.

Per ciascun dipendente – e quindi anche per i dirigenti – il target formativo annuale, a partire dal 2023, è quello di cogliere opportunità formative per almeno 24 ore/anno, circa sei volte il dato medio 2020.

La formazione che rileva per il conseguimento dell’obiettivo individuale è tutta la formazione: tecnica, obbligatoria (relativa alla sicurezza sul lavoro, alla trasparenza e anticorruzione, etc.), linguistica, etc., promossa dalle amministrazioni e nelle amministrazioni attraverso molteplici iniziative, erogata dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, da Anci-Ifel, da società private, etc. Ma il traguardo delle 24 ore individuali pro-capite può essere colto anche attraverso la formazione fruibile tramite la piattaforma Syllabus: il catalogo formativo già prevede, infatti, oltre al programma formativo sulle competenze digitali, un percorso di approfondimento sul ruolo della PA per la trasformazione sostenibile  – distinto per il personale della pubblica amministrazione centrale e locale – e un programma di formazione per conoscere e comprendere le novità del codice sui contratti pubblici (D.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023), entrato in vigore lo scorso 1° luglio.

Una direttiva, tre profili di misurazione

In questo contesto, la Direttiva emanata dal Ministro Zangrillo costituisce un primo, importante strumento di misurazione:

  • della volontà delle amministrazioni di cogliere le opportunità formative messe a disposizione dal Dipartimento della funzione pubblica attraverso la piattaforma “Syllabus: nuove competenze per le pubbliche amministrazioni”, gratuitamente e senza oneri. L’impianto metodologico per la gestione del “ciclo della formazione” previsto dalla Direttiva e dal Syllabus consente peraltro alle amministrazioni di cogliere un secondo, importante risultato: quello di mappare le conoscenze e le competenze “in entrata” e “in uscita” dei propri dipendenti, e quindi di disporre di una base di conoscenza unica e indispensabile per l’analisi dei fabbisogni; 
  • dell’attenzione dei dirigenti al tema dello sviluppo delle competenze dei propri collaboratori, a prescindere o meno dalla sua declinazione formale quale obiettivo di performance. La gestione e lo sviluppo del personale costituisce, infatti, la prima e principale competenza manageriale dei dirigenti;  
  • dell’interesse, della volontà e della propensione dei dipendenti all’aggiornamento professionale e alla formazione continua. Quest’ultima troverà una sintetica misura nella capacità di portare a termine nei tempi previsti e con successo i percorsi formativi avviati, capacità attestata da Syllabus attraverso il rilascio di open badge. Inizia, in questo modo, la costruzione di un fascicolo per la formazione dei dipendenti uniforme, comune e trasparente.  

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