I rischi e le incertezze legati al mondo delle criptovalute non sembrano dissuadere gli italiani dall’operare in criptovalute; al contrario, le statistiche mostrano una attenzione e una propensione all’investimento sempre crescenti.
Una parte dell’interesse che matura in questo contesto, tuttavia, non pare assistito da buone intenzioni, se è vero che la giurisprudenza nazionale continua a intercettare condotte illecite, favorite dall’opacità di questi strumenti finanziari.
Le ultime sentenze della Cassazione su criptovalute
L’ultima decisione della Suprema Corte, di recente molto prolifica sulle criptovalute, risale alla fine di luglio e sanziona alcune condotte riconducibili alla fattispecie di reato di riciclaggio.
Si tratta di un intervento significativo perché stavolta ad essere colpito è stato un un intermediario, operante nel settore blockchain, che avrebbe agevolato alcuni imprenditori a trasformare ingenti capitali in criptovalute, per poterli trasferire all’estero e perderne traccia.
Non ha probabilmente aiutato la posizione dell’imputato il fatto che la polizia giudiziaria abbia rinvenuto, all’interno della sua abitazione, centinaia di migliaia di euro e dollari in contanti, bitcoin e oggetti preziosi, la cui provenienza pare non essere stata convincentemente spiegata e considerata, quindi, provento dei reati compiuti.
Ancora la Cassazione, con la sentenza n. 27023 del 13 luglio 2022, la Cassazione ha ricondotto nel delitto di autoriciclaggio la condotta di chi, in qualità di autore del delitto presupposto di truffa, impieghi le somme accreditategli dalla vittima trasferendole, con disposizione “online”, su un conto intestato alla piattaforma di scambio di “bitcoin” per il successivo acquisto di tale valuta.
Valute virtuali, nuove regole per gli operatori: ecco cosa cambia col Registro
Proviamo allora a definire quelle che sono le principali problematiche legate al mondo delle criptovalute e le contromisure che le Autorità stanno cercando, non senza difficoltà, a definire.
Criptovalute: il perimetro delle regole
Le criticità del mercato delle criptovalute, almeno quelle fin qui emerse, ruotano intorno al concetto di “confini”.
Probabilmente è prematuro stabilire che questi strumenti rappresentino un problema in sé, mentre per ora è chiaro come molti problemi siano già sorti sul perimetro di regole – alcune ancora interamente da definire – che dovrebbe farne da cornice, e garantirne una legittima e ordinata applicazione.
A questa actio finium regundorum, azione di regolamento confini tra lecito e illecito, stanno dedicando significativi sforzi le istituzioni europee, mentre la giurisprudenza dei singoli stati continua a intercettare – e sanzionare sempre più severamente – esempi di uso distorto dei nuovi strumenti finanziari.
La posizione della BCE sugli investimenti in cripto
La BCE, di recente, si è concentrata sull’esasperata aleatorietà degli investimenti, di fatto estranei al controllo pubblico.
Le monete virtuali, difatti, secondo un orientamento ormai consolidato, possono considerarsi “attività speculative”, quelle in cui il soggetto che le compie persegue un utile, ma si assume anche il rischio di subire rilevanti perdite.
Un concetto, quest’ultimo, che Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo BCE, durante un evento organizzato dal National College of Ireland, nel maggio scorso ha esasperato senza mezzi termini, affermando: “chiunque investa in criptovalute deve essere pronto a perdere tutto il proprio investimento”.
Bisogna fare molta attenzione – questo il parere della Banca Centrale – a non confondere gli strumenti privati con il denaro, visto che i primi non possono essere convertiti in ogni momento nel secondo, mentre le valute basate sulla tecnologia blockchain, sempre secondo Panetta, “si comportano più come attività speculative e sollevano molteplici problemi di ordine pubblico e stabilità finanziaria”.
Sul fronte BCE, in definitiva, emerge con chiarezza l’esigenza di mantenere e intensificare il controllo su tutti gli strumenti di pagamento, in primis quelli digitali.
Per altro verso, sempre la BCE investe molte aspettative sul varo dell’euro digitale, che considera in grado di offrire qualità ed equilibrio al mercato.
Panetta: We will design the digital euro in a way that makes it attractive to users, who would like to use it to pay anywhere.
We will strive for the highest standards of privacy and aim to contribute to financial inclusion and foster digital innovation
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— European Central Bank (@ecb) June 15, 2022
Proprio su quest’ultimo tema, la Commissione Europea ha di recente avviato una consultazione pubblica.
Regolamento Mica: le quattro direttrici dell’azione Ue
La stessa Commissione, già nel 2020 aveva adottato una proposta di Regolamento, nota come MICA (Markets in Crypto Assets), sulla quale il 29 giugno 2022 la Presidenza del Consiglio UE e il Parlamento europeo hanno finalmente raggiunto un accordo provvisorio.
L’obiettivo del Regolamento è quello che poc’anzi si anticipava, vale a dire la delimitazione dei confini del mercato, attraverso un adeguato bilanciamento di interessi: da un lato l’esigenza di proteggere gli investitori e preservare la stabilità finanziaria, dall’altro promuovere la crescita ordinata delle criptovalute.
Se lo si volesse figurare, il perimetro disegnato dal Regolamento MICA assomiglierebbe a un quadrato, poiché quattro sono le direttrici sulle quali il legislatore europeo sembra propenso a intervenire.
I temi antiriciclaggio
In primo luogo, i temi antiriciclaggio, che sono in realtà già definiti dalla normativa specifica in materia (che ora si occupa anche di criptovalute), ma che il Regolamento prevede di integrare con l’istituzione di un registro pubblico dei fornitori di servizi non conformi.
L’Autorità Bancaria Europea (EBA) dovrebbe essere incaricata della tenuta di questo registro, e inoltre di monitorare, con controlli rafforzati, i fornitori di servizi di criptovalute la cui società madre si trovi nell’elenco Ue dei paesi terzi considerati ad alto rischio per attività antiriciclaggio, nonché nell’elenco delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali.
Stablecoin
Un secondo lato del quadrato dovrebbe coinvolgere l’attività degli emittenti di stablecoin, che saranno costretti a costituire una riserva sufficientemente liquida, con rapporto 1/1 e in parte sotto forma di prestiti.
L’EBA, peraltro, dovrebbe intervenire anche in questo settore, vigilando su tutte le cosiddette stablecoin, accertando la presenza dell’emittente su territorio UE come prerequisito per qualsiasi emissione.
L’attività dei fornitori di criptovalute
Il terzo lato del quadrato dovrebbe occuparsi di definire l’attività dei fornitori di criptovalute (Casp), che saranno chiamati ad acquisire una specifica autorizzazione per operare all’interno della UE.
Gli operatori di più grandi dimensioni, inoltre, saranno sottoposti ad un particolare regime di trasparenza cui collaboreranno, attraverso lo scambio di informazioni rilevanti, le autorità nazionali e anche l’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati).
L’impatto ambientale
Il quarto e ultimo confine, nell’ottica dell’ormai immancabile svolta green, riguarderà l’impatto ambientale.
L’Esma detterà le linee guida, mentre la Commissione europea dovrà redigere un rapporto sull’impatto ambientale delle criptovalute e sull’introduzione di standard minimi obbligatori di sostenibilità per i meccanismi di consenso, compreso il proof-of-work.
A meno che non rientrino in qualche categoria di criptovaluta già esistente, resteranno estranei al perimetro del Regolamento gli NFT, i token non fungibili che rappresentano oggetti appartenenti al mondo dell’arte, della musica e del video.
Nell’arco di 18 mesi, tuttavia, la Commissione europea dovrebbe preparare una valutazione globale nonché, se necessario, redigere una proposta legislativa specifica per la regolamentazione di questo nuovo mercato.
Conclusioni
Tornando sulla recente sentenza della Cassazione, a parere della Suprema Corte, l’elevato grado di anonimato offerto dalle criptovalute già di per sé “si presta ad agevolare condotte illecite”.
Alcune (molte) monete virtuali, difatti, si caratterizzano per una sostanziale mancanza di trasparenza e grazie all’utilizzo di avanzate tecniche crittografiche, permettono la massima riservatezza sia con riferimento all’identità dell’utente, sia in rapporto all’oggetto delle transazioni.
Indipendentemente dalle registrazioni sulla blockchain e sul distribuited ledger, è possibile garantire un significativo grado di anonimato (sistema cd. permissionless), senza previsione di alcun controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito.
In un contesto chiaramente fluido, il legislatore è al lavoro e la giurisprudenza inizia a vigilare con una certa attenzione.
Appare chiaro, tuttavia, quanto sia complessa la costruzione di meccanismi di tutela adeguati, di fronte a strumenti finanziari in grado di evolvere rapidamente, massimizzando il proprio fascino al pari del rischio connaturato al loro utilizzo.