le sfide

Big della rete e algoritmi, Morcellini: “Ecco la nuova missione delle Authority”

Distorsioni alimentate dai social; trasformazione delle relazioni in dati; fake news e strapotere degli OTT. Sono le nuove sfide che le autorità come Agcom e il Garante Privacy sono chiamati ad affrontare. Da qui la necessità di nuove regole su Big data e OTT e di nuove competenze per l’Agcom

Pubblicato il 19 Lug 2018

Mario Morcellini

Professore ordinario emerito in Sociologia della Comunicazione e dei Media digitali alla Sapienza Università di Roma

internet governance

L’Autorità deputata alle garanzie nelle comunicazioni non può procrastinare l’avvio di un’attività di regolamentazione, di vigilanza e sanzionatoria verso le piattaforme digitali che, nel bene o nel male, rappresentano la nuova sfida con cui dobbiamo necessariamente misurarci.

I (pochi ma potentissimi) padroni del mercato

L’attuale scenario è, infatti, governato da pochi ma potentissimi soggetti di portata internazionale, dotati di poteri immensi, non circoscritti a singole parti del mercato. La conseguenza è rappresentata da sempre più invalicabili barriere all’ingresso, da oligopoli, da crescenti fenomeni di polarizzazione delle opinioni, da derive di incitamento all’odio e soprattutto dalla mancanza di cura e di attenzione nei confronti dei consumatori, troppo spesso non coscienti dei pericoli che l’internet of me comporta e al tempo stesso nasconde. Per riprendere le parole del Presidente Angelo Marcello Cardani in occasione della presentazione della Relazione Agcom 2017, “viviamo già oggi così, e sempre più vivremo in futuro, un’epoca di trasformazione in dati: già oggi possiamo affermare che Facebook ha trasformato in dati le relazioni sociali, LinkedIn quelle lavorative; Twitter le opinioni e gli orientamenti; Amazon le propensioni al consumo, i gusti le capacità di spesa; Google, ragionevolmente, tutto questo, tutto insieme”.

Internet of me: gli effetti sociali della sorveglianza digitale

Il Presidente dell‘Autorità garante per la privacy, Antonello Soro, nella sua Relazione annuale, ha rilanciato una delle più interessanti definizioni degli ultimi tempi, “l’internet of me: “siamo soggetti – più di quanto ne siamo consapevoli – a una sorveglianza digitale, in gran parte occulta, prevalentemente a fini commerciali e destinata, fatalmente, ad espandersi anche su altri piani, con effetti dirompenti sotto il profilo sociale. La definizione Internet of Me, riferita al flusso di dati che dalla rete giunge al singolo consumatore, con contenuti personalizzati, attraverso oggetti di uso quotidiano capaci di apprendere dall’esperienza e adattarsi in maniera evolutiva ai comportamenti, è in questo senso significativa. Essa è infatti costruita su di un singolare ossimoro: internet dovrebbe essere il mondo, tutto ciò che è al di fuori di me e con cui io interagisco. Diviene invece la porzione di mondo che mi conferma nelle mie idee, la rappresentazione immateriale della realtà che mi sono costruito”.

Il tempo da noi speso e dedicato ai social, in nome del tutto gratis, presenta il suo conto che ciascuno paga naturalmente contactless, ossia senza contanti. Ma ciò non vuole dire che sta usufruendo di quei servizi in maniera gratuita: la nuova moneta è rappresentata dai dati che noi produciamo ad horas, con le nostre ricerche, i nostri acquisti, le nostre visioni audiovisive e sin anche con le nostre camminate.

I nostri dati, abecedario cognitivo delle macchine

Come ho ricordato di recente in un convegno organizzato dal Corecom Toscana sul cambiamento della comunicazione presso la European University Insitute di Fiesole, i Big Data sono il nuovo oro nero della rete. A ciò occorre aggiungere un’ulteriore riflessione a cui non tutti prestano un’adeguata attenzione. Stiamo sempre integrando con le macchine il nostro agire quotidiano, specie quello in mobilità. Ciò significa che i miliardi di dati che noi immettiamo in rete, non si limitano a riempire l’immenso puzzle delle nostre preferenze e dei nostri gusti per indirizzarci al meglio, ma rappresentano l’abecedario cognitivo delle macchine con le quali interagiamo. La cosiddetta internet of machine è anche questo: apprendimento cognitivo progressivo, giorno dopo giorno, dato dopo dato, abitudine dopo abitudine, segnalando una caratteristica comune, quella di adattarsi sempre meglio all’evoluzione tecnologica.

In tale contesto si inserisce il tema degli algoritmi, oggi tra le priorità della nostra agenda politica. Lo stesso Presidente Pitruzzella, durate la relazione annuale Agcm, ha posto problema sul “ruolo che possono svolgere gli algoritmi nel realizzare il coordinamento delle attività economiche, particolarmente dei prezzi, di imprese concorrenti”, domandandosi se “una collusione realizzata non più attraverso l’intesa tra le persone fisiche ma direttamente dalle macchine e dagli algoritmi, potrà essere sanzionata dall’Antitrust. Da Cambridge Analytica in poi, è sotto gli occhi di tutti il rischio di condizionamento persino elettorale da parte dei Paesi stranieri a causa della mancanza assoluta di regole. Alcuni mesi fa il social più famoso al mondo, Facebook, ha disattivato circa 600 milioni di account falsi (la maggior parte di questi è stata bloccata entro pochi minuti dalla loro creazione)”.

I social, nuovo sfogatoio di paure e insicurezze

La continua ed instancabile sete compulsiva di notizie sta rapidamente cambiando la dieta informativa dell’utente. Il mix esplosivo è dato dai talk televisivi e dai social che insieme arrecano una buona dose di ansia e senso di smarrimento. L’immensa potenzialità della rete, calata nella routine quotidiana, distratta, frammentaria e non riflessiva, anziché renderci più informati e consapevoli dei fatti del mondo, ha dato libero sfogo alle paure e all’insicurezza dell’essere umano. Sono interessanti, a tal proposito, le nuove parole che oggi registriamo con maggior frequenza in rete, secondo la Mappa dell’Intolleranza[2]: stranieri, islamici, ebrei e donne sono le categorie contro cui si rivolgono i tweet più violenti della rete. Paura, sensazione di insicurezza, smarrimento ed infelicità, anziché trovare conforto e riparo in rete trovano conferme ridondanti che ne amplificano gli effetti e le percezioni. I social fungono, in questo contesto, da cassa di risonanza che, anziché attutire, amplificano i sentimenti negativi.

Algoritmi, echo chamber e confirmation bias

Tale processo è reso possibile dalleffetto di polarizzazione della rete[3] imposto da algoritmi che dettano i palinsesti dei nostri profili. Come certificato da un nostro recente Rapporto sul consumo di informazione[5], sono proprio gli individui più schierati dal punto di vista ideologico che ricorrono in maniera piuttosto ampia alla rete come mezzo di comunicazione per informarsi; tali soggetti inconsciamente seguono le dinamiche che portano alla formazione di echo chamber, ovvero discutendo solo all’interno di una cerchia di persone vicine ideologicamente, ricalcano e acuiscono le problematiche di esposizione selettiva e di distorsione confermativa (confirmation bias). Le echo chamber non fanno altro che autoalimentare le nostre convinzioni piuttosto che mostrarci i diversi punti di vista.

Il rischio concreto che potremmo correre nei prossimi anni è ben descritto da un ossimoro: apriamo le porte all’evoluzione tecnologica, dettando le regole per l’asta del 5G e l’uso più efficiente dello spettro, ma non prendiamo, sin d’ora, le dovute precauzioni economiche, di mercato e soprattutto sociali nei riguardi dei protagonisti oligarchici della rete.

Tuttavia occorre riconoscere che il legislatore ha dato, attraverso la segnalazione, alle Autorità amministrative indipendenti un potere rilevante. Sino ad oggi lo abbiamo adoperato per segnalare al Parlamento storture di singoli atti normativi. Ma nulla vieta di ampliare tale spettro di azione concentrandosi non solo su un singolo aspetto, seppur fondamentale, ma anche su scenari futuri ad ampio spettro.

Nuove regole in tema di Big Data e OTT

Diventa imprescindibile confrontarsi con la necessità di nuove regole in tema di Big Data e regolazione ex ante e ex post degli OTT. Questo tema è infatti presente in tutti i settori di competenza Agcom: dalla tutela del pluralismo e della libertà di espressione alla tutela dei consumatori nei mercati digitali, dalla tutela della dignità della persona alla protezione dei minori ed infine al contrasto di ogni forma di discriminazione e di illegalità.

Assistiamo ad un anacronistico squilibrio regolamentare tra i mezzi di comunicazione tradizionale (televisione, radio, stampa e servizio postale) e i nuovi protagonisti della rete, gli OTT. Siamo così sicuri che vi sia una differenza così netta tra organizzare un palinsesto televisivo e indicizzare i contenuti di una pagina di ricerca (Google, Tiscali etc.) o di un profilo social (Facebook, Instagram etc.)? Siamo davvero convinti sicuri che i servizi di consegne mediante e-commerce siano così diversi da quelli effettuati dagli operatori postali? E ancora, siamo così convinti che Gmail, WhatsApp non forniscano servizi di comunicazione elettronica al pari di TIM e di tutti gli altri OLO?

L’Agcom nel contesto europeo

Il tratto più innovativo del discorso del Presidente Angelo Marcello Cardani in occasione della presentazione della Relazione Agcom 2017, consiste nel profondo incardinamento della nostra Autorità nel contesto europeo.

A 60 anni dalla sigla dei primi Trattati, l’Unione europea ha sempre più garantito anche nel settore delle comunicazioni elettroniche le quattro libertà fondamentali (libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali). È da poco trascorso il primo anniversario dell’abbattimento del roaming. Si è trattato di una piccola ma importante rivoluzione grazie alla quale oggi, ciascuno di noi, può muoversi liberamente all’interno dello spazio europeo con il proprio profilo tariffario, chiamando e connettendosi come se fosse a casa propria (roam like at home). Più di recente si è aggiunta (grazie al Regolamento UE 2017/1128 in vigore dal 1° aprile 2018) la possibilità di portare con sé i propri abbonamenti televisivi (Netflix tra tutti) fruendo della visione in ciascuno dei 28 stati membri.

Sono solo due esempi più recenti di integrazione tra stati membri dell’Unione, resi possibili grazie al lavoro sinergico della Commissione europea, delle Autorità amministrative indipendenti, delle associazioni dei consumatori e degli operatori del settore. Quello a cui stiamo assistendo è il frutto di non pochi anni di lavori comuni che hanno portato alla luce direttive e regolamenti poi tradotti nei diversi contesti nazionali. Ma di certo, nulla di tutto questo si sarebbe potuto realizzare se non fosse stato concertato dal legislatore europeo e delle autorità delle comunicazioni entro una cornice lungimirante.

Per usare le parole della Commissaria Europea per l’economia e la società digitale, Mariya Gabriel, “perché ciò accada, dobbiamo avere una visione europea comune, l’unico livello pertinente, per definire una regolamentazione nuova, proporzionata ed adatta allo scopo. Le piattaforme online hanno effetti dirompenti sulle nostre politiche e non abbiamo altra scelta che ancorare questa visione sull’essenza stessa del nostro progetto comune: i valori europei. In questo senso, mettere le persone al centro delle nostre azioni è l’unico modo per garantire che il maggior numero, e non il più privilegiato, benefici della rivoluzione tecnologica: dignità della persona, lotta contro le disuguaglianze, protezione dei vulnerabili, rispetto per proprietà privata”.

Ricorre quest’anno il ventesimo anniversario dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Mai come adesso, il soggetto pubblico dotato di indipendenza dal mondo politico e di autonomia nelle proprie azioni, si trova così disarmato non tanto verso i big della rete, quanto nei confronti del cambiamento che tali soggetti stanno apportando al mercato e ai comportamenti sociali. Quando nel 1997 venne adottata la Legge Maccanico, era ben chiara l’intenzione del legislatore di affidare ad un’Autorità amministrativa Indipendente specifici compiti di regolazione del mercato delle telecomunicazioni. Era cioè già chiara la necessità di avviare una nuova fase per garantire l’accesso di più soggetti al mercato delle comunicazioni elettroniche passando dalla privatizzazione alla liberalizzazione del settore. La stessa logica è stata seguita, pochi anni dopo, con la Legge sulla Par Condicio (Legge n. 28/00), nata con l’idea di garantire a tutti i soggetti politici parità di accesso ai mezzi di informazione. Il discorso potrebbe estendersi ad altre leggi che hanno perseguito la strada dell’innovazione affidando, per quanto di competenza, ad Agcom la progettazione dei passi relativi alla comunicazione.

Nuove competenze per Agcom

L’ultimo e fondamentale nodo consiste nel far sì che il Legislatore, nazionale o europeo che sia, riconosca la necessità di dotarci di nuove competenze, partendo dalla valorizzazione degli strumenti di autoregolamentazione e di codecisione. Su tale linea l’Agcom ha adottato a fine 2017 un importante Tavolo di confronto per combattere la disinformazione in rete, al fine di promuovere l’autoregolamentazione delle piattaforme digitali e, allo stesso tempo, lo scambio di buone prassi per l’individuazione ed il contrasto dei fenomeni di disinformazione online, troppo spesso frutto di strategie mirate[5].

Non possiamo però limitarci ad attendere un più aggiornato supporto legislativo. Diventa necessario ed urgente che Agcom si senta protagonista rappresentando le priorità da seguire. Circa un anno fa, in un contributo per Agendadigitale.eu, ho elencato le priorità dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. I temi principali su cui l’Agcom ha concentrato la propria attenzione sono state: analfabetismo digitale, fake news, neutralità della rete, copyright, regolamentazione dell’internet delle cose e sviluppo del 5G. Oggi tanto è stato fatto su quelle tematiche: abbiamo avviato la modifica del Regolamento sul diritto d’autore (includendo anche il fenomeno degli alias e dei casi di recidiva violazione), dettato le linee guida per la tutela del diritto all’informazione (grazie al Tavolo tecnico) e, non da ultimo, scandito le modalità per lo svolgimento delle gare per assegnare i diritti d’uso del 5G.

Ora occorre una definitiva presa di coscienza che dimostri una vera e piena consapevolezza dell’internet of me. Si tratta di una nuova forma di tutela dei consumatori nei confronti non soltanto degli operatori telefonici tradizionali, ma anche verso le nuove piattaforme OTT.

Per riprendere una bella espressa usata da Cardani nella nostra Relazione annuale, “tutto questo dovrà essere “un pezzo del nostro pane quotidiano”.

____________________________________________________

  1. la suggestione di questa citazione è stata saggiamente richiamata da Franco Marcoaldi in un trafiletto apparso su La Repubblica il 15 luglio 2018 a proposito di mal di mare da social.
  2. Si tratta di un progetto ideato dall’Osservatorio Italiano sui diritti, in collaborazione con l’Università Statale di Milano, l’Università degli Studi di Bari, La Sapienza di Roma e il Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano.
  3. Si veda l’articolo dal titolo “Opinionismo” di Antonio Nicita su Formiche n. 137 di giugno 2018.
  4. Disponibile su https://www.agcom.it/documents/10179/9629936/Studio-Ricerca+19-02-2018/72cf58fc-77fc-44ae-b0a6-1d174ac2054f?version=1.0.
  5. Per un approfondimento si veda un mio articolo dal titolo “Informazione di qualità”, pubblicato sulla rubrica Lo Specchio nel n. 138 di Formiche di luglio 2018.

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