Caterina e Martina: competenze digitali al servizio della comunità

Una insegna computer e internet ad anziani. L’altra studia l’influenza dell’egovernment sui nuovi modelli di cittadinanza e propone soluzioni ai ritardi della Pa locale

Pubblicato il 02 Mag 2014

La partecipazione e la condivisione sono principi connotativi il web 2.0, diffusi pertanto nella web society. Esploreremo oggi i casi di due giovani social che hanno voluto condividere le loro competenze e le loro esperienze con la comunità per mezzo di diverse forme di partecipazione: nel primo caso attraverso l’insegnamento dell’utilizzo del PC e del web agli anziani ed una tesi di laurea su questa attività, nel secondo, sempre per una tesi di laurea, con un lavoro di analisi dell’influenza dell’e-government sulla percezione dei cittadini.

Martina è dalle superiori che si dedica al volontariato e nel 2004 fonda con il tutor che la segue ed altri ragazzi una vera e propria associazione “Incontriamo”, con l’obiettivo di essere sia riferimento aggregativo per i ragazzi del suo territorio, la provincia di Gorizia, che un ponte tra i giovani e gli anziani.

Il territorio, tanto per dare un riferimento è quello del film Zoran, una striscia di confine con la Slovenia, ricca di storia, immortalata dalle poesie di Ungaretti e nota alla cronaca nel maggio del ’72 per l’autobomba che uccise tre carabinieri (la strage di Peteano).

E come attività, Martina, sceglie di insegnare agli anziani l’utilizzo del computer e la navigazione in Rete: «reputo che la possibilità per un giovane di trasmettere le proprie conoscenze ad anziani, i quali partecipano alla sua crescita e formazione anche senza rendersene conto, sia importante. Gli iscritti sono persone che non hanno mai avuto nessun genere di rapporto con il computer e quindi incontrano serie difficoltà anche nei gesti semplici».

Pertanto si dedica allo studio sia delle caratteristiche fisiche, cognitive e percettive degli anziani in maniera di poter portare avanti una didattica, sui nuovi media, il più possibile consona alle loro caratteristiche: «Per l’insegnamento è necessario tenere in considerazione l’età e le caratteristiche degli iscritti; infatti il tutor deve essere molto paziente e consapevole dei limiti che può incontrare. Nel mia esperienza personale ho notato che le difficoltà maggiori sono inerenti l’uso di applicativi specifici piuttosto che l’uso di Internet per ricerche. Preparavo delle dispense semplificate ed estremamente intuitive per agevolare e supportare le lezioni. Inoltre suggerivo ai corsisti di prendere appunti relativamente a tutti i passaggi, anche i più banali, in modo da non dover far affidamento solo sulla memoria e rendere possibile un esercitazione a casa».

Inoltre Martina insegna agli anziani come evitare i rischi di cyber crime e ad utilizzare il web per mantenere la loro vita di relazione attiva, con amici e parenti, anche a fronte delle ridotte possibilità di muoversi.

Ha condotto una tesi sull’argomento ed una articolo questionario ed elaborato i dati, con la collaborazione di una statistica.

Nel suo lavoro di ricerca parte dal digital divide:

«Si può notare che il concetto di cultural lag sta alla base di quello di Digital Divide, il quale si presenta come fenomeno globale e sociale, comprendendo dentro sé un’infinità di sfumature che ne rendono complicata la definizione. L’effettiva ricerca sul Divario Digitale inizia nel 1994, negli USA, durante la presidenza Clinton-Gore, quando s’identifica il cyberspazio come “arena competitiva del futuro”. Il termine viene usato dalla National Telecommunications and information Administration per la prima volta nel 1995 nell’ambito della relazione annuale sulle politiche sociali di telecomunicazione dal titolo Falling through the Net, anche se la reale paternità rimane sconosciuta».

Per affrontare poi il Divario Digitale utilizza l’approccio multidimensionale ben noto agli autori di questa piattaforma: Accesso, Autonomia (luogo di connessione e relative limitazione tecniche), Competenze digitali ed uso.

Dimensione tra loro collegate: «infatti è chiaro che una “connessione rapida”, unita ad un buon livello di autonomia e competenze digitali adeguate permettano un buon uso del computer e della rete, rendono possibile il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti e di benefici». Martina pone bene in evidenza come «Il modello cumulativo e ricorsivo originato dall’“effetto San Matteo” è molto evidente nella situazione italiana; le caratteristiche sociali e le posizioni ricoperte nella società, unite alla disponibilità delle risorse, influiscono molto sull’alfabetizzazione digitale e di conseguenza sullo sviluppo dei processi di appropriazione tecnologica».

Confronta poi queste osservazioni con le condizione dell’anziano nell’attuale società contemporanea e le tematiche dell’inclusione: «Osservando un esempio di piramide dell’età che considera il 1861 e il 2011 in base ai dati Istat possiamo notare com’è cambiata la situazione, ad oggi la piramide non ha più la sua forma originale ma assomiglia piuttosto ad un parallelloide a cadenza sbilenca, ad indicare la bassa natalità e l’allungamento della vita. Nei prossimi decenni l’Istat prevede una crescita della quota degli over60 fino al 38.8% nel 2050.

Con l’allungamento della vita è variata anche la classificazione delle fasce generazionali, dando origine ad una fascia anziana molto ampia; ed il “modello tipo” di anziano di riferimento, infatti oggi la classe anziana appare molto più robusta e vitale, in alcuni casi ancora attiva lavorativamente e con un auto-percezione dell’età fortemente inferiore a quella anagrafica».

Partendo dai primi interventi di Digital Inclusion degli anni Novanta in USA arriva alle esperienze italiane per ampliare l’alfabetizzazione digitale e l’inclusione dei senior in questa nuova era dell’informazione e della comunicazione; a livello sociale, dove «sono particolarmente attive le associazioni di volontariato contro il Gray Digital Divide […e anche…] il mercato sta iniziando ad adeguarsi alle necessità delle generazioni mature creando strumenti maggiormente user-friendly ed applicazioni che rispondano agli interessi emersi dalle ricerche sulla popolazione direttamente interessata».

Infine attraverso un campione di 100 anziani della provincia di Gorizia, confronta i dati con quello di altre ricerche pregresse per approdare a delle linee guida per l’inclusione degli anziani nella web society:

1. Sostenere politiche utili al superamento delle diseguaglianza economiche, di genere e di istruzione emerse, che limitano l’accesso informatico;

2. Lavorare sulle motivazioni, per colmare il divario motivazionale rilevato;

3. Puntare come comunicazione sui benefici dell’utilizzo per far percepire il valore del computer e di internet nella vita quotidiana di un anziano;

4. Utilizzare testimonial anziani, che sfruttino una comunicazione orizzontale;

5. Aumentare i corsi di computer post-pensione e all’interno delle strutture protette, con la collaborazione di istituzioni ed associazioni;

6. Introdurre tutor nella case di riposo che promuovano e seguano attività web, dove invece ora le attività sono per lo più limitate alla tombola o alla visione della televisione;

7. Sviluppare specifiche applicazioni per far allenare la mente dell’anziano, da attività per lo sviluppo della memoria a semplici esercizi discorsivi.

Per questo percorso, sicuramente, le competenze, il punto di vista e la guida di social giovani come Martina, sono insostituibili.

La tesi di Caterina invece «ha avuto come obiettivo […] un’indagine campionaria svoltasi in quattro Comuni del Friuli Venezia Giulia con lo scopo di comprendere il livello di diffusione del Web 2.0 in queste realtà locali, e di verificare come i nuovi strumenti interattivi, offerti dal web, influiscano sul rapporto tra il cittadino e l’istituzione».

La neodottoressa magistrale in comunicazione integrata per le imprese e le organizzazioni, consapevole della distanza tra cittadini e istituzioni, applica il paradigma d’impresa “Enterprise 2.0” all’e-government per comprendere come può influire sul grado di fiducia e sul livello di partecipazione dei cittadini l’applicazione del web 2.0 nella comunicazione pubblica e dei servizi. Caterina parte da considerazioni normative: «Nel 2005 è stato emanato un vero e proprio codice normativo, il CAD, che guidava le pubbliche amministrazioni di tutto il territorio nazionale verso l’adozione di siti istituzionali. Così la PA ha dato lentamente il via a un primo processo di innovazione che coinvolgeva sia l’organizzazione interna del lavoro e dei documenti, sia la riformulazione dei servizi offerti ai cittadini. Si è iniziato così a parlare di Amministrazione Digitale, anche detta e-government. In seguito» all’ampiamento del quadro degli interventi legislativi e le successive modifiche del CAD, di miglioramento sia qualitativo che quantitativo, «si è cominciato a diffondere il concetto di Pubblica Amministrazione 2.0, che comprende lo sviluppo di siti più interattivi, che permettono un maggiore dialogo e favoriscono la cosiddetta e-Participation, riducendo la rigida struttura gerarchica che ha sempre distinto l’Istituzione dalla cittadinanza, e consentono al cittadino una condizione di parità che gli permette di diventare consigliere e supervisore dell’attività dell’amministrazione». L’ipotesi è che il web 2.0 sia veicolo di un miglioramento nella relazione tra il Comune e i suoi cittadini.

Ha pertanto dapprima analizzato il livello di diffusione del Web 2.0 nei siti dei Comuni del Friuli Venezia Giulia: ha potuto così appurare «che nonostante tutti i Comuni abbiano adottato un sito istituzionale per imposizione legislativa, gran parte di questi ha implementato il web mantenendo un approccio 1.0. Solamente poco più di una decina degli oltre 200 Comuni del Friuli Venezia Giulia, ha adottato, in maggiore o minore misura alcuni strumenti del Web 2.0». Di questi ha selezionato quattro diversi per caratteristiche demografiche: Udine, Pordenone, Monfalcone e Tavagnacco. Dal suo campionamento casuale e pertanto rappresentativo è emerso che nei pochi comuni virtuosi che hanno applicato un’agenda digitale di sviluppo e partecipazione dei cittadini, c’è stata un’influenza positiva sulla percezione di trasparenza e fiducia verso la PA. Ma anche che il divario generazionale spinge ancora molti utenti ad utilizzare i canali tradizionali per risolvere le proprie esigenze.

Vengono pertanto prospettate almeno due soluzioni possibili:

1. Un piano di comunicazione integrata per informare i cittadini di queste possibilità offerte dalle amministrazione;

2. Corsi di formazione per i cittadini per utilizzare al meglio i servizi digitali.

Special thanks to

Martina Mauro, 24 anni, dottoressa in Relazioni Pubbliche (Università degli Studi di Udine)

Caterina Casalino, 26 anni, dottoressa magistrale in Comunicazione integrata per le imprese e le organizzazioni (Università degli Studi di Udine)

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