l'analisi

Intelligenza artificiale, Pizzetti: “Nasce vecchio il piano italiano, ecco le priorità dimenticate”

La PA è la struttura che in ogni Paese Ue deve guidare la transizione e garantire che le risorse del recovery fund si inscrivano in un’azione coerente con quella europea. In questo quadro, sono evidenti i limiti della nostra strategia IA. A monte occorre affrontare la riforma della PA e dell’organizzazione costituzionale

Pubblicato il 10 Dic 2021

Franco Pizzetti

professore emerito diritto costituzionale all'Università di Torino, ex Garante Privacy

intelligenza artificiale digitale

Il “Programma strategico Intelligenza Artificiale 2022-2024” approvato dal Consiglio dei ministri italiano il 26 novembre 2021 non può che essere letto nel quadro dell’ampia strategia europea volta da un alto a consolidare il Mercato unico digitale e dall’altro promuovere un mercato europeo della IA affidabile e sicuro, rispettoso dei diritti fondamentali e umano-centrico.

Una strategia AI datata

Alla luce del contesto in cui è inserito, è difficile negare che siamo di fronte a un programma già molto datato, nel quale, ad esempio, è dato pochissimo rilievo al tema della condivisione dei dati.

La stessa intelligenza artificiale è affrontata più dal punto di vista dell’incentivazione della formazione delle giovani leve alle discipline STEM che dal punto di vista dell’implementazione dei sistemi produttivi al fine di contribuire alla fornitura dei servizi e dei beni strumentali per un’economia italiana ed europea finalizzata a incentivare e promuovere sia l’uso economico dell’intelligenza artificiale che la produzione di beni e servizi coerenti con uno sviluppo “data centric”.

Strategia italiana sull’IA, l’impatto su Università e Ricerca

In questo quadro, e per usare un linguaggio proprio della “Data age” europea, abbiamo bisogno che la destinazione e l’utilizzo nazionale del Recovery fund siano garantiti da una PA, e in genere da una struttura costituzionale, ispirata ai principi della accountability, attenta a definire “indicatori di digitalizzazione” chiari e misurabili, che non vogliano essere solo “indicatori di spesa” ma anche, e molto più, “indicatori di prestazione”.

Gli obiettivi del Programma italiano per l’intelligenza artificiale

Come dichiarato dal Comunicato stampa reso noto dalla Presidenza nella stessa data, tale programma è stato frutto del lavoro congiunto dei Ministeri Università e Ricerca, da un lato, e Sviluppo Economico e Innovazione tecnologica e transizione digitale, dall’altro.

Questo Piano prevede 24 politiche da sviluppare nei prossimi tre anni per potenziare il sistema della IA in Italia e si incentra sulla creazione e il potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni.

Programma strategico sull’intelligenza artificiale 2022-2024: bello, sulla carta

L’obiettivo dichiarato dai due Ministeri proponenti è quello di rendere l’Italia un centro sull’Intelligenza Artificiale competitivo a livello globale, incentivando anche il trasferimento tecnologico.

In occasione del lancio di questo Programma secondo il comunicato Ansa dello stesso giorno, la Ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, ha dichiarato che “la strategia è una occasione straordinaria di crescita competitiva; creiamo le condizioni per i giovani italiani, soprattutto donne, che decidono di investire in corsi di studio e nella ricerca sull’intelligenza artificiale di poterlo fare ai massimi livelli, rimanendo nel nostro Paese. E stimoliamo scambi e incontri anche con tanti ricercatori provenienti da tutto il mondo”.

Nella stessa occasione, e sempre come riportato dall’Ansa, Il Ministro Giancarlo Giorgetti ha sottolineato che il programma punta a “colmare il ritardo nello sviluppo e nell’adozione di soluzioni innovative in questo ambito tecnologico, dando nuovo impulso alla transizione digitale del nostro sistema produttivo”. Lo stesso Ministro Giorgetti ha inoltre sottolineato che “l’intelligenza artificiale è lo strumento con cui il nostro Paese nei prossimi anni vuole rafforzare l’interazione tra centri di ricerca e impresa, in modo da creare le premesse per uno sviluppo basato sulla capacità di innovazione”.

Dal canto suo, come sottolinea il comunicato Ansa, il Ministro per l’innovazione tecnologica e per la transizione digitale Vittorio Colao ha commentato che il programma “è la base per lanciare programmi e investimenti concreti per rendere l’Italia competitiva a livello internazionale e con un sistema pubblico più efficiente”. Inoltre sempre il Ministro Colao ha aggiunto che “prevediamo programmi per le start-up che propongono soluzioni innovative per la PA e iniziative ad hoc per alzare notevolmente la qualità di processi e servizi pubblici e migliorare il rapporto cittadini-Stato. Su questo punto lavoreremo di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione utilizzando anche investimenti presenti nel Fondo Innovazione”.

Va sottolineato infine che, come specificato al punto 6 del Programma, dedicato alla governance del Programma stesso, il coordinamento tra i vari soggetti governativi coinvolti è affidato al gruppo di lavoro permanente sull’IA nato nell’ambito del Comitato interministeriale per la Transizione Digitale.

Questo Comitato, indicato con l’acronimo CITD, è stato successivamente istituito dall’art. 8 del decreto-legge n. 22 del 1° marzo 2021. Esso è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale ed è composto dai Ministri per la pubblica amministrazione, dell’economia e finanze, della giustizia, dello sviluppo economico e della salute. Al Comitato partecipano anche Ministri competenti nelle materie oggetto dei provvedimenti o delle tematiche poste all’ordine del giorno, nonché, quando si tratti di materie che interessano le regioni e le province autonome, il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome o un Presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato, il Presidente dell’ANCI e il Presidente dell’UPI.

Peraltro, in sede di conversione in legge la partecipazione del Presidente della Conferenza è stata prevista come permanente e quindi il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle province autonome è diventato membro permanente del Comitato così come è accaduto per numerosi altri Ministri.

In sostanza, dopo la conversione in legge, fanno parte del CITD oltre al Ministro per l’innovazione tecnologica che lo presiede in caso di assenza del Presidente del Consiglio, anche i Ministri per la Pubblica Amministrazione, il Ministro dell’Economica e delle Finanze, il Ministro della Transizione ecologica, il Ministro dello Sviluppo economico e il Ministro della Salute e il Presidente della Conferenza Stato-Regioni.

Il programma italiano nell’ambito delle strategie Ue

Al programma strategico richiamato è stata dedicata finora scarsa attenzione, salvo alcuni pregevoli articoli pubblicati da Agendadigitale.eu.

Il tema torna però ora estremamente attuale perché il programma italiano si è inserito fin dall’inizio nello sforzo comune europeo, promosso dalla Commissione von der Leyen per promuovere il Mercato unico digitale europeo e in particolare regole europee comuni per l’uso della intelligenza artificiale, considerata come uno strumento essenziale per garantire competitività nell’economia data driven.

Fin dal suo documento programmatico intitolato “A Union that strive for more. My Agenda for Europe” la allora candidata oggi Presidente dell’Unione von der Leyen sottolineò alcuni punti fondamentali, ripresi poi in numerose occasioni e anche nei discorsi sullo Stato dell’Unione da lei pronunciati in questi anni.

I punti fondamentali del pensiero della von der Leyen sono i seguenti:

  • la UE è il punto di arrivo di un lungo processo storico finalizzato alla creazione di un mercato unico che metta in comune o assicuri pari opportunità nell’accesso alle risorse essenziali per lo sviluppo economico dei Paesi dell’Unione. Lo scopo fondativo, insomma, prima delle Comunità e poi della loro evoluzione nell’Unione è stato quello di mettere in comune, in un contesto di libera circolazione delle persone e delle cose, le risorse economiche per il possesso delle quali ben due guerre mondiali erano scoppiate nel ventesimo secolo a iniziativa dei Paesi europei e in particolare come conseguenza dello scontro tra Francia e Germania;
  • in questo quadro è fondamentale per le ragioni stesse di esistenza dell’Europa che il mercato unico europeo sia una realtà in costante sviluppo e rafforzamento anche nell’epoca digitale;
  • di qui il rilancio, anche sulle orme della Commissione Junker del tema del mercato unico digitale europeo, che ha costituito non a caso lo scopo del Digital Package costituito da numerose proposte regolatorie tutte orientate a tal fine che la Commissione ha presentato nel mese di dicembre 2020 il Digital Services Act package (DSA) insieme al Digital Markets Act.

Entrambe queste proposte di Regolamento hanno due obbiettivi comuni: quello di costituire e rafforzare il Mercato unico digitale nell’Unione e quello di dettare regole per difendere la sovranità digitale europea nella competizione globale, definendo i principi che gli operatori europei o i fornitori di servizi al mercato europeo devono rispettare. Un modo, quest’ultimo, per dettare regole che disciplinino l’attività delle OTT e dei gatekeepers quando essi operino nell’ambito del territorio dell’UE o rispetto a servizi forniti sul territorio unionale. Si tratta di strumenti regolatori complessi che si pongono il fine di tutelare la sovranità digitale dell’UE ricorrendo alla regolazione mentre contemporaneamente con altri iniziative, sia regolatorie sia caratterizzate dalla destinazione di elevati fondi unionali si cerca di promuovere anche lo sviluppo industriale e la capacità degli operatori europei, anche attraverso accordi pubblico/privato di dotare gli Stati dell’Unione di risorse tecniche e operative paragonabili a quelle delle OTT o degli ecosistemi cinesi e americani, per rafforzare la sovranità digitale europea e, al tempo stesso, la sua capacità digitale nella competizione globale dell’economia dei dati.

Il nuovo quadro normativo Ue per armonizzare le norme in materia di AI

In questo quadro, qui sinteticamente richiamato, si colloca anche la spinta europea alla messa in comune dei dati tra i diversi Stati dell’Unione attraverso regole vincolanti di data sharing, regolate anch’esse nell’ambito del Governance Act. La spinta a incentivare la data sharing costituisce una parte essenziale di questa strategia perché conta su quella che giustamente la UE considera la sua principale risorsa e cioè sull’enorme quantità di dati che le economie europee producono attraverso gli scambi economici di cui sono protagonisti e che riguardano l’intera data economy planetaria, costituendo così un indubbio vantaggio competitivo per l’economia unionale. Proprio quel vantaggio competitivo che la UE ha sempre cercato di tutelare anche attraverso i vincoli al trasferimento di dati all’estero (in territorio extra UE) fondato sull’obbligo di rispettare i diritti fondamentali della UE e in particolare la protezione dei dati personali ma avente anche il risultato di tutelare e difendere il patrimonio dei dati dell’Unione, che costituisce il suo principale vantaggio competitivo.

Ovviamente, tale vantaggio competitivo è oggi cresciuto ulteriormente grazie all’intelligenza artificiale: un gruppo di tecnologie che fa della quantità dei dati sui quali può operare e che può conservare e processare il principale valore e la più rilevante risorsa economica.

Per questo la Commissione UE, mentre cerca di stimolare lo sviluppo digitale dei Paesi dell’Unione anche con sovvenzioni di grande importanza, quali quelle previste proprio per il digitale dal Recovery fund, ha dedicato particolare attenzione anche a promuovere la intelligenza artificiale nell’Unione.

A tal fine, il 21 aprile 2021 la Commissione ha presentato una proposta di Regolamento del Consiglio e del Palamento dedicata a definire il nuovo quadro normativo europeo per armonizzare le norme in materia di AI. Contemporaneamente e lo stesso giorno la Commissione ha proposto anche un “Piano coordinato di revisione dell’intelligenza artificiale 2021, finalizzato a porre le basi perché Commissione e Stati membri collaborino nell’attuazione di azioni congiunte ed eliminino la Frammentazione dei programmi di finanziamento delle iniziative e delle azioni intraprese a livello dell’UE e dei singoli Stati membri”.

A questa proposta regolamentare si è aggiunta poi quella relativa al “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle macchine, che intende assicurare la libera circolazione delle macchine (e in particolare della robotica) all’interno dell’Unione e, allo stesso tempo, un alto livello di protezione per gli utenti e altre perone esposte”.

Come si vede si tratta di un pacchetto impressionante di proposte legate tutte da un doppio filo: a) promuovere e consolidare il Mercato unico digitale come elemento essenziale della UE nell’epoca dell’economia digitale; b) promuovere un mercato europeo della IA che sia affidabile e sicuro, rispettoso dei diritti fondamentali e umano centrico anche nel rapporto con le macchine.

Data driven economy: verso una visione basata sulla tutela dei dati

Il quadro qui descritto è destinato a subire una ulteriore accelerazione, come dimostra il recente mandato conferito il 1° ottobre del 2021 al Consiglio per trattare col Parlamento europeo al fine di approvare rapidamente il Data Governance Act, considerato come elemento essenziale per dare alla Unione un vantaggio nella gara alla competizione economica nell’epoca digitale.

La parte più importante del Data Governance Act e comunque l’oggetto specifico del mandato assegnato al Consiglio riguarda proprio le norme relative alla data avaliability. L’obbiettivo è di consolidare la normativa relativa alla condivisione dei dati.

La decisione di approvare questo mandato e la sua immediatamente successiva approvazione è di grande rilievo proprio perché conferma quanto a Bruxelles si ripete da tempo nei corridoi del Consiglio e del Parlamento: che cioè con la Presidenza francese dell’Unione, che inizierà a gennaio 2022, tutto il processo di esame del Digital Package, ancora neppure avvero iniziato, avrà una grande accelerazione nell’intento di arrivare alla sua integrale approvazione entro la fine del 2022.

Se questo avverrà certamente tutta l’economia europea ne trarrà grande beneficio e finalmente tutti dovremmo passare da una visione tutta incentrata sulla protezione dei dati personali, quale è quella alla base del GDPR a una visione basata invece sulla tutela dei dati (di ogni tipo di dati e di ogni rete di trasmissione di dati) come elemento essenziale della data driven economy. Un quadro nel quale tanto la condivisione dei dati quanto le modalità comuni di utilizzo della IA diventeranno, si spera, un punto di forza dell’Unione che le consenta di incrementare la sua capacità di competizione nell’economia “Data driven” a livello mondiale.

Il ruolo delle Autorità di protezione dei dati nel contesto del nuovo quadro

Le considerazioni svolte meritano di essere molto approfondite sia dagli studiosi che dal CITE che dal Governo medesimo.

Allo stesso tempo, è importante anche che le Autorità di protezione dati personali di tutti i Paesi dell’Unione facciano davvero i conti col nuovo quadro che si sta delineando e che prevede la istituzione di un nuovo sistema di controllo sulla “Data driven economy” e sulla IA basato su Autorità, scelte dai singoli Paesi anche ampliando i compiti di quelle già esistenti, chiamate a operare nella prospettiva della IA più che come vigilatori come “consulenti tecnici” della Commissione, alla quale non a caso spetta la presidenza del nuovo Comitato europeo per l’Intelligenza Artificiale, nuovo istituto questo al quale è affidata, sotto la presidenza della Commissione, la vigilanza e soprattutto la “manutenzione” dei sistemi di intelligenza artificiale posti in essere nel contesto dell’Unione. Alla Commissione, a sua volta, è affidato un ruolo importantissimo da esercitare anche avvalendosi degli atti delegati previsti dal TFUE.

In sostanza, come è detto con chiarezza nella Relazione che accompagna la proposta di Regolamento del 21 aprile 2021, che stabilisce regole armonizzate sull’Intelligenza Artificiale, la proposta è perfettamente coerente col libro bianco sull’intelligenza artificiale. Un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia, pubblicato nel febbraio 2020 e dunque conferma il quadro normativa vigente in UE sul trattamento dei dati, introducendo anche nuove fondamentali prospettive quali quella di valutare il rischio che i trattamenti possono comportare per gli individui e i loro diritti e differenziare la regolazione da applicare a seconda dei livelli di rischio coinvolti.

Non meno rilevante è anche l’apertura che la proposta regolatoria contiene all’uso, ampio e complesso, di Codici di condotta adottabili con le procedure che coinvolgono le Autorità di vigilanza e che consentono di differenziare le regole da adottare nei trattamenti di Intelligenza Artificiale al livello dei rischi e delle responsabilità per gli operatori che i trattamenti stessi comportano.

Le grandi sfide per l’Italia: riforma della PA e organizzazione costituzionale

Le considerazioni svolte anche in un altro intervento inducono anche a una riflessione ulteriore, la grande importanza per il sistema Italia nel quadro della UE oggi.

Il pacchetto di riforme che la UE vuole introdurre per reggere la sfida della competizione globale nella “Data driven economy” e in generale per far fronte al passaggio alla Digital Age costituisce una forte spinta all’Italia per affrontare finalmente e in modo decisivo il tema della riforma della sua Pubblica Amministrazione e anche della sua organizzazione costituzionale.

Sono entrambi temi ai quali ormai molte legislature le forze politiche e culturali hanno dedicato attenzione fino a farli diventare centrali nella discussione pubblica nazionale. Essi sono entrambi temi in cui le riforme fatte in questi anni si sono scontrate con una opposizione senza se e senza ma, spesso organizzata intorno a miti legati a una visione retorica e “retrospettiva” della nostra Carta costituzionale e con una volontà di riformare, comunque e a ogni costo, la nostra amministrazione e la articolazione territoriale dello Stato. Soprattutto sono temi che sono stati affrontati sempre, entrambi, in una prospettiva prevalentemente rivolta al passato più che al futuro, nella quale il tema di fondo era riprendere il cammino iniziato subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, muovendo però lungo vie segnate più dall’influenza della globalizzazione e del cosiddetto “Washington Consensus” che da un progetto originale e ambizioso di marca europea.

Una prospettiva certamente in chiaro contrasto con la visione dell’Unione Europea in quegli stessi anni peraltro coltivata con entusiasmo, e spesso non senza retorica, dal mondo politico italiano ed europeo.

Ora il quadro è profondamente diverso perché la nuova inevitabile ondata riformatrice deve essere inevitabilmente guidata non solo dalle risorse ingenti messe a disposizione dall’Unione Europea che ne stabilisce anche in larga misure obbiettivi e modalità di uso, ma da una necessaria e condivisa ambizione nazionale ed europea di costruire, anche in Italia, le condizioni per consentire all’Unione di reggere la sfida mortale che con la Commissione von der Leyen ha lanciato e ogni giorno lancia per riconquistare la sua sovranità digitale e, soprattutto, per costruire un sistema economico continentale adatto alla nuova epoca e alla nuova economia.

Il ruolo della Pubblica amministrazione nella transizione digitale europea

In questo quadro è evidente che non solo la Pubblica Amministrazione è il terreno sul quale ogni Paese dell’Unione deve misurare le proprie capacità e le proprie ambizioni ma è anche la struttura nazionale che in ogni Paese europeo deve guidare la transizione e garantire che ingenti risorse messe a disposizione dalla UE si inscrivano in una azione nazionale coerente con quella dell’Unione e in sintonia con le ambizioni comuni e condivise.

Questo significa che la Pubblica Amministrazione e la classe politica nazionali devono essere al medesimo tempo il terreno strategico e la forza trainante di ogni innovazione che sia capace di rendere concreti questi progetti in un quadro uniforme e condiviso.

In questo contesto la Pubblica Amministrazione, e in generale il sistema pubblico, non deve essere solo l’acquirente di innovazione e ricercare la cooperazione col privato al fine primario di riformare sé stessa, ma deve essere anche il traino principale dell’attuazione dei progetti europei e dell’uso delle risorse messe in campo.

Abbiamo bisogno, insomma, di soggetti pubblici che siano committenti consapevoli di nuove tecnologie e di nuovi processi di erogazione dei servizi necessari all’economia dei dati in una competizione digitale globale.

È in questo senso che è estremamente importante e urgente che i proclami governativi sull’attuazione del Recovery fund e l’attuazione degli obbiettivi europei si trasformino rapidamente (subito!) in programmi e progetti concreti, chiari e chiaramente definiti, misurabili nelle loro ambizioni e nella loro attuazione.

Conclusioni

È necessario garantire la capacità di misurare in modo concreto gli avanzamenti e i benefici per i cittadini, come si fece quindici anni fa per la prima fase della progettazione e attuazione infrastrutturale dell’Agenda Digitale.

Questa è dunque la sfida che la “Data driven economy” e la volontà di mettere in campo una Intelligenza Artificiale capace di massimizzare il valore dei dati e del loro uso pone alla generazione attuale, e cioè alla nostra generazione.

In questo senso tutti noi, la classe politica come l’Amministrazione, l’Industria come la Ricerca e il sistema di istruzione nazionali, saremo giudicati su come avremo saputo usare le risorse del Recovery fund non solo per migliorare il benessere dei cittadini di oggi (come troppo spesso si continua a dire) ma anche e soprattutto per costruire una Unione Europea più moderna, più avanzata e più capace di competere nel mondo nuovo nel quale le nuove generazioni dovranno vivere e costruire il benessere per loro e per i figli dei figli.

Auguriamoci dunque che finalmente si avvii davvero una discussione seria e consapevole sull’uso del Recovery fund, a partire, perché no, da una discussione seria e consapevole sul Progetto strategico italiana sull’Intelligenza Artificiale e sui suoi contenuti.

Il fatto che studiosi di riconosciuto e indiscusso valore come Giusella Finocchiaro, Oreste Pollicino e Luciano Floridi abbino aperto col loro intervento sul Sole 24 ore del 7 dicembre un faro di luce sul progetto italiano fa ben sperare.

È ora dunque che anche gli studiosi della Pubblica Amministrazione come gli studiosi dei sistemi decisionali e costituzionali riprendano a riflettere seriamente e rapidamente sulla realtà in cui siamo e sul futuro che verrà, e che noi dobbiamo volere avvenga nel modo più utile e promettente per noi e per tutta l’Unione Europea.

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