L'analisi

Obbligo processo tributario telematico, ecco cosa cambia

Dal primo luglio è entrato in vigore l’obbligo relativo al processo tributario telematico: le parti dovranno svolgere notifiche e depositi in forma digitale. Cambia anche l’interfaccia del sistema S.I.Gi.T. e il tutto è integrato con SPID

Pubblicato il 19 Ago 2019

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Giustizia digitale

Il processo tributario telematico è un obbligo: dal primo luglio è necessario per le parti effettuare notifiche e depositi del rito tributario esclusivamente in forma telematica.

Precisiamo fin da subito che l’obbligatorietà riguarda i giudizi introdotti con ricorsi notificati a far data proprio dal primo luglio 2019. I ricorrenti che avessero notificato in forma cartacea ricorsi in data anteriore potranno quindi procedere alla costituzione nelle forme analogiche senza che alcunché possa essere eccepito dalle controparti.

Processo tributario telematico, l’obbligo

La norma che disciplina la data di obbligatorietà del PTT (art. 16 co. 5 D.L. 119/18) va intesa, a parere di chi scrive e in forza dell’ormai noto principio della scissione degli effetti della notifica, a ricomprendere nell’obbligo delle forme telematiche solamente le notifiche che siano richieste dalla data del primo luglio 2019. Una notifica cartacea consegnata all’Ufficio postale il 28 giugno 2016 e consegnata il 2 luglio 2019 seguirà quindi legittimamente il “rito cartaceo”.

É inoltre da ritenersi, per la formulazione letterale della norma e come ribadito dalla Circolare n. 1/DF del 04.07.2019, che l’obbligo del telematico coinvolga le parti resistenti solamente con riguardo ai procedimenti instaurati dalle controparti con ricorsi notificati a far data dal primo luglio 2019, con facoltà quindi di costituirsi in cartaceo per il resistente anche se il termine per la sua costituzione viene a scadere in data successiva al primo luglio, quando il ricorso sia stato notificato in data antecedente.

La nuova veste grafica del S.I.Gi.T.

Per salutare l’introduzione dell’obbligo delle forme telematiche nel processo tributario, il sistema informativo della Giustizia Tributaria si è vestito a nuovo, con una rinnovata interfaccia home che accoglie gli utenti con numerose funzionalità, suddivise nelle sezioni relative al deposito, all’interrogazione degli atti depositati, ed agli ulteriori servizi e utilità.

L’innovazione non è quindi solo grafica ma comporta l’introduzione di nuove funzioni e l’accessibilità di tutte le utilità del PTT (tra cui il Telecontenzioso, che consente di accedere ai fascicoli) in un’unica sede.

Le consultazioni anonime

Lo stesso Telecontenzioso ha visto l’introduzione di una nuova funzionalità che consente ora di accedere, in forma anonima e quindi senza visualizzare i dati delle parti, ai dati relativi a procedimenti in cui non si è costituiti. La funzionalità consente ad accedere ad informazioni relative alle udienze, agli eventi di deposito atti, alle eventuali pronunce, etc.

Lo strumento consente l’accesso al fascicolo inserendo il numero di ruolo e può essere utile per verificare lo stato del contenzioso prima della costituzione in giudizio.

L’utility di conversione dei file nei formati ammessi

Nel processo tributario telematico esistono rigidi requisiti per il formato file di atti e documenti, che possono essere dimessi solamente in formato PDF/A-1a o 1b (lo standard PDF/A è lo standard di Adobe per la creazione di file che possano essere conservati nel tempo senza alterazioni) e TIF/TIFF (quest’ultimo formato file è ammesso solo per i documenti). La produzione di file in formato diverso da quelli appena elencati genera un errore (non bloccante) in sede di deposito. Per consentire ai depositanti di essere più sereni sul formato file da depositare è stata quindi inserita sul S.I.Gi.T. un’apposita utilità (“Verifica e conversione file PDF/A”) che consente di convertire i file in PDF in file PDF/A compatibili con il PTT, nonché (nonostante il nome dell’utility sembrerebbe escluderlo) convertire i file TIF/TIFF in file TIF/TIFF compatibili con il PTT (e quindi con risoluzione non superiore a 300 DPI, in bianco e nero e con compressione CCITT Group IV (modalità Fax).

Lo strumento è di sicura utilità, ma riflette il problema dell’inutile rigidità dei formati nel S.I.Gi.T., che sembra impedire ai legali di produrre documenti con elementi interattivi (es. indici, sommari o richiami che potrebbero essere molto utili per agevolare la lettura degli atti ai giudici tributari) o ulteriori formati (es. EML per dar prova delle notifiche PEC). Per ovviare a questo problema il portale della giustizia tributaria ammette la produzione di ulteriori formati (ma non ne garantisce la conservazione sostitutiva e non è chiaro con quali conseguenze), tra cui appunto EML e PDF “semplici”, ma questa discrasia crea sicura confusione fra gli operatori. Il deposito di ulteriori formati è stato infatti finora “ammesso” solamente nella Circolare n. 1/DF del 04.07.2019, che la ammette come modalità alternativa di prova della notifica: una gestione che continua a generare incertezze e che lascia perplessi, specie ora che lo strumento del telematico non è più rimesso all’iniziativa volontaria delle parti.

L’integrazione con SPID

Va accolta con un plauso, invece, la recente integrazione del S.I.Gi.T. con SPID – Sistema Pubblico di Identità Digitale. Innanzitutto la registrazione alla piattaforma del processo tributario telematico può essere aperta inserendo le proprie credenziali SPID, quindi l’accesso al S.I.Gi.T. (a prescindere dal fatto che la procedura di registrazione sia stata effettuata o meno con SPID), può essere effettuato anche inserendo le credenziali SPID, consentendo così un utile accesso alternativo per il professionista ed il cittadino.

Ci si augura che tale integrazione possa fare scuola anche negli altri processi telematici vigenti in Italia, specie nel processo civile telematico che non consente l’accesso al Portale dei servizi Telematici se non con la complessa autenticazione tramite CNS (salvo il virtuoso esempio del PdA – Cancelleria Telematica della Regione Toscana).

Il pagamento del contributo unificato

La più recente e gradita innovazione al PTT è senz’altro l’introduzione della possibilità di versare le somme dovute a titolo di contributo unificato tramite il sistema PagoPA, che il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 06/06/2019 ha esteso a tutto il territorio nazionale, dopo una sperimentazione che aveva coinvolto le regioni di Toscana e Lazio.

I ricorrenti potranno quindi versare il contributo con questa modalità dopo aver effettuato il deposito con modalità telematiche, utilizzando l’apposita funzionalità raggiungibile dalla rinnovata interfaccia home del PTT e inserendo i riferimenti del ricorso.

Le notifiche (solo) telematiche

Va segnalato che quello tributario è l’unico processo telematico che non si limita ad imporre il deposito telematico degli atti, ma arriva ad imporre anche la notifica telematica degli atti alle parti.

Sebbene nel PTT sia certo più difficile immaginare l’ipotesi in cui il destinatario della notifica non sia munito di PEC (essendo un procedimento che nella maggioranza dei casi vede contrapporsi un ricorrente contribuente, assistito da un professionista, che notifica ad un’amministrazione) è pur vero che possono verificarsi casi (pensiamo ad un ricorso avverso un atto impositivo adottato da una piccola amministrazione locale) in cui la notifica via PEC non vada a buon fine o non possa essere effettuata (ad esempio nel caso di casella piena, di PEC non rinnovata o di PEC non inserita o non aggiornata su IndicePA).

E in questo caso, quid iuris? Se è possibile pensare al rimedio di una notifica da effettuarsi in via analogica giustificando la necessità dell’invio postale producendo gli EML della notifica via PEC non perfezionata per causa imputabile al destinatario, è più difficile immaginare di dar prova del fatto che su IndicePA fosse assente ad una tal data un determinato indirizzo. La Circolare n. 1/DF del 04.07.2019 propone, in questi casi, di effettuare la notifica in formato analogico accompagnata da una dichiarazione nella quale si attesta che la notifica avviene con la modalità analogica prescelta in quanto la precedente notifica a mezzo PEC non è andata a buon fine per cause imputabili al destinatario.

Le firme in PADES

A far data dal 6 luglio 2019 è possibile utilizzare, nel processo tributario telematico, anche la firma in formato PADES (che mantiene il file in formato pdf), oltre che CADES (che aggiunge l’estensione p7m al file sottoscritto), ci si augura che questa possibilità tecnica trovi coordinamento con la normativa, che ora prescrive, all’art. 10 DM 04.08.2015, l’utilizzo della firma in formato CADES.

In ogni caso l’innovazione trova fondamento nella giurisprudenza della Cassazione che, facendo leva anche sulla normativa comunitaria, ha riconosciuto la validità e l’equivalenza di entrambi i formati di firma (SS.UU. Cass. 10266/2018). Di fronte a questa innovazione nel PTT, sarà interessante verificare come reagiranno i massimi vertici della Giustizia Amministrativa, che hanno creato un processo telematico fondato unicamente su PADES (anzi su una certa modalità di applicazione della firma PADES tramite Acrobat Reader).

Problemi irrisolti

Oltre alla nota problematica della non chiara (sia in termini normativi che in termini tecnici) ammissibilità del deposito degli EML di notifica, che rischia di indurre le parti ad escludere la prova piena della notifica (possibile solo dimettendo gli EML) portandole invece a preferire un’“appiattimento” della prova della notifica via PEC su stampa PDF, va segnalata un’ulteriore problematica che sta affannando gli utenti del PTT: quella dei malfunzionamenti del sistema.

Sebbene il sistema S.I.Gi.T. rappresenti, virtualmente, l’assetto ideale del processo telematico, consentendo l’upload del deposito su una piattaforma gestita interamente dal sistema giustizia, è anche vero che questo assetto costituisce la debolezza del PTT, che può funzionare solo se i server ministeriali sono in grado di reggere il carico di lavoro che gli sottoporranno gli utenti. Qui i primi segnali di allarme. Ancora nella fase di facoltatività del PTT sono stati rilevati alcuni malfunzionamenti della piattaforma, a volte anche prolungati, che impedivano ai difensori di accedere ai fascicoli e di effettuare i depositi.

Questi malfunzionamenti finora non sono stati preannunciati, né riconosciuti dal S.I.Gi.T. sul proprio sito istituzionale. L’unica cosa che compare è la dicitura, presente sulla schermata di accesso al PTT, che riporta: “Si comunica che il servizio tributario telematico PTT è momentaneamente interrotto. Ci scusiamo per eventuali disagi.” Cosa può fare il difensore in quei casi? In forza del richiamo del D.P.R. 546/92 alle norme del processo civile, da applicarsi al processo tributario in quanto compatibili, possiamo fare affidamento sul principio di cui all’art. 153 c.p.c., che dispone che: “La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini.” Sul punto è senz’altro da accogliere con favore il disposto della Circolare n. 1/DF del 04.07.2019 che, al punto 9, promette, in caso di indisponibilità delle funzionalità del PTT, la pubblicazione di appositi avvisi sul portale della giustizia tributaria, e che tali avvisi potranno essere utilizzati ai fini di una eventuale richiesta di remissione in termini. La Circolare poi richiama, per i malfunzionamenti prolungati del S.I.Gi.T., la procedura prevista per interruzioni di servizio di natura eccezionale (calamità naturali, sciopero) dal D.L. 21 giugno 1961 n. 498.

Il legale può quindi ottenere la remissione in termini se versa in un ritardo a lui non imputabile, ma quando il ritardo non è imputabile alla parte? In tal caso il mancato funzionamento viene accertato e dichiarato con l’emissione di un Decreto a firma del Direttore della Giustizia Tributaria, che viene poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale e rimette in termini la parte processuale nel caso in cui non abbia potuto provvedere ad adempimenti di legge, a causa del mancato o irregolare funzionamento. Il deposito è quindi consentito nei 10 giorni successivi alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di mancato funzionamento.

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