Con decreto legge n. 117, adottato nella serata del 30 giugno ’16 e immediatamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, l’entrata in vigore delle norme sul processo amministrativo telematico è stata differita dal 1° luglio 2016 al 1° gennaio 2017.
Il rinvio, giunto a meno di tre ore dall’entrata in vigore della nuova disciplina ha lasciato di stucco gli operatori, che al più ipotizzavano qualche intervento correttivo dell’ultim’ora. Superato però lo sconcerto iniziale la speranza è che l’ulteriore proroga serva ad apportare correttivi ad un testo largamente imperfetto.
Emblematico a tal fine appare quanto oggetto della presente riflessione, ovvero le previsioni riguardanti la conservazione dei documenti digitali prodotti dai vari attori del processo.
Con grande soddisfazione degli operatori del diritto, dopo le regole tecniche sul processo tributario telematico anche il dpcm 16 febbraio 2016, n. 40 (contenente appunto le regole tecniche sul processo amministrativo telematico) ha coerentemente affermato, all’art. 5, comma VI, che “l’archiviazione, la conservazione e la reperibilità di tutti gli atti del fascicolo redatti sotto forma di documenti informatici è assicurata secondo quanto previsto dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013 pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2014 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2015”.
Ottima e semplice norma, dunque, che estende al processo in analisi le regole tecniche dettate ai sensi dell’art. 71 del codice dell’amministrazione digitale.
Proseguendo nell’analisi del documento, ci si imbatte però nell’art. 12, il quale così dispone “la trasmissione telematica da parte dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Tribunale Regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige del fascicolo informatico di primo grado al Consiglio di Stato o al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, tramite SIGA, avviene con modalità finalizzate ad assicurarne la data certa, nonché l’integrità, l’autenticità e la riservatezza secondo quanto stabilito dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 19.
La trasmissione del fascicolo informatico o di singoli atti dello stesso, nei casi consentiti dalla normativa vigente, da e verso organi giurisdizionali diversi da quelli indicati al comma 1 avviene, in ogni stato e grado del giudizio, per via telematica su canale sicuro”.
Per completare il quadro, le specifiche tecniche, all’art. 11, dispongono che “la trasmissione dei fascicoli informatici di primo grado con modalità telematiche da parte dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Tribunale Regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige al Consiglio di Stato o al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, avviene, tramite S.I.G.A., mediante accesso diretto al fascicolo di primo grado da parte dei soggetti abilitati.
La trasmissione del fascicolo informatico o di suoi singoli atti, da e verso organi giurisdizionali diversi da quelli indicati al comma 1 avviene, in ogni stato e grado del giudizio, per via telematica con le modalità stabilite in virtù di apposite Convenzioni stipulate dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa”.
Le regole tecniche ipotizzano dunque una trasmissione dei fascicoli informatici su canale sicuro e ipotizzano modalità in grado di assicurare data certa, integrità, autenticità e riservatezza e le specifiche tecniche liquidano la questione in tutta fretta asserendo che tali requisiti sono rispettati da un accesso diretto ai fascicoli.
La regolamentazione complessiva diventa così del tutto irrazionale; le regole tecniche sono chiaramente legate al concetto del fascicolo “cartaceo” che deve viaggiare da un ufficio all’altro mentre le specifiche tecniche sposano invece una linea sin troppo semplicistica (l’accesso diretto al fascicolo); in entrambi i casi si dimentica un dato fondamentale e cioè che i fascicoli del processo amministrativo telematico vengono conservati a norma del dpcm 3 dicembre 2013.
Basta dunque riflettere con un po’ di attenzione per comprendere che le norme in commento sono sostanzialmente inutili (e dannose) visto che prefigurano operazioni già previste, con gli opportuni presidi di sicurezza, dal dpcm appena citato.
Invero, in applicazione dell’art. 5 delle regole tecniche il fascicolo del processo dovrà essere archiviato e diventerà pacchetto di archiviazione ai sensi del dpcm 3 dicembre 2013; lo stesso finirà così nel sistema di conservazione ministeriale e sarà lì mantenuto in condizioni di integrità e autenticità.
Sempre le regole tecniche sulla conservazione ci dicono poi che i soggetti autorizzati possono avere accesso, anche da remoto, al sistema di conservazione (art. 10) e possono chiedere al responsabile della conservazione la generazione del pacchetto di distribuzione. Nel caso in esame, dunque, il giudice superiore (es. il Consiglio di Stato) ben potrà accedere al sistema di conservazione e richiedere il fascicolo archiviato dal TAR in forma di pacchetto di distribuzione, senza la necessità di ulteriori norme quali quelle analizzate nel presente articolo.
Naturalmente tutto questo discorso è valido ad una condizione, e cioè che l’infrastruttura di conservazione del PAT esista davvero e non rimanga solo scritta in Gazzetta Ufficiale; perché se così fosse non esisterebbero pacchetti di archiviazione o di versamento e ci troveremmo di fronte all’ennesimo corto circuito burocratico – normativo che rende necessarie soluzioni tampone (e certamente meno sicure) come l’accesso diretto a fascicoli non conservati.
Il rinvio dell’entrata in vigore delle norme sul processo amministrativo telematico potrà, si spera, consentire di chiarire anche tali aspetti.