Il progetto del Politecnico di Torino coinvolge anche l’Università di Torino, grossi partner industriali, prevede una focalizzazione su automotive, aerospazio, energia, puntando in particolare, dal punto di vista tecnologico, su manifattura avanzata e tecnologie additive. «Abbiamo creato tre centri interdipartimentali, su additive manufacturing, mobilità (quindi veic
oli elettrici, macchine a guida autonoma o con sistemi aeronautici), energia, che coinvolgono tutti i dipartimenti del nostro ateneo, e un grande centro di big data e data science, perché Industria 4.0 è l’applicazione di tecnologie digitali avanzate all’ambito industriale» sintetizza Marco Gilli, rettore del Politecnico di Torino, che illustra ad Agendadigitale.eu i punti fondamentali del piano con cui partecipa al bando.
IL QUADRO DELLE UNIVERSITA’ COMPETENCE CENTER
Il PoliTo sarà capofila del competence center. L’Università di Torino metterà a disposizione le proprie competenze in materia di intelligenza artificiale, materiali, chimica, computer science. «Per i partner industriali faremo la manifestazione d’interesse prevista dal bando» specifica il rettore, ma il piano prevede di puntare su grandi imprese con cui l’ateneo collabora da tempo: General Motors, FCA, Thales Alenia, General Electric Avio. «Nel nostro campus di Torino abbiamo un centro GM sui motori diesel, di ricerca e sviluppo e ingegneria, con 700 dipendenti», destinato con ogni probabilità a diventare il quartier generale europeo del colosso americano. Naturalmente il Politecnico che ha sede nel capoluogo piemontese, la città della Fiat, non può non rivolgersi a FCA. Ma il rettore cita anche la collaborazione molto forte con General Electric Avio nel manifatturiero avanzato, in particolare nell’additive manufacturing: «abbiamo dei laboratori congiunti che sono stati visitati dai ministri del G7 che sono stati a Torino in settembre».
Come detto, ci saranno tre centri interdipartimentali e uno dedicato a big data e data science. Tutto questo, sarà messo al servizio delle imprese, soprattutto le PMI. «Le grandi imprese spesso fanno già ricerca», il competence center vuole aprirsi soprattutto alle PMI, che hanno maggiormente bisogno di capire «come le tecnologie consentono di fare innovazione e formazione». Il competence center torinese declinerà tutte e tre le attività previste dal bando. Per quanto riguarda l’orientamento, «mettiamo a disposizione le nostre competenze. Faccio un esempio: un’impresa vede che cosa facciamo ad esempio sul 3D printing in ambito manifatturiero (nei laboratori di GE fanno i motori degli aerei) e si chiede in che modo può utilizzare questa tecnologia. In questo caso, noi la aiutiamo a capire se si tratta o meno di un investimento conveniente, o magari le consigliamo altre tecnologie».
E siamo alla formazione, che secondo Gilli è elemento centrale per vincere la sfida della competitività. E’ un’attività che l’ateneo ha già avviato da tempo, con master (ad esempio i master in alto apprendistato, finanziati anche dalla Regione Piemonte, in cui buona parte degli studenti sono assunti dalle imprese), percorsi curriculari in Industria 4.0 (informatica, meccanica, ingegneria dei materiali), dottorati. La formazione 4.0 «deve essere interdisciplinare, e a vari livelli: l’impresa ha bisogno dell’ingegnere molto specializzato, del Phd, ma anche del livello intermedio, quindi dell’equivalente del diplomato delle Fachhochschulen tedeshe. E anche questa sarà una scommessa dei competence center, che dovranno lavorare insieme agli Its», gli istituti tecnici superiori. «Questo, però, non lo possiamo fare da soli», sottolinea Gilli, è un capitolo che richiede investimenti aggiuntivi».
Infine, i progetti di innovazione, che possono seguire la fase di orientamento. Nel momento in cui l’azienda ha deciso su quale tecnologia puntare, deve provare a capire se funziona o non funziona. E questo si fa attraverso progetti di innovazione. Qui c’è una precisazione importante del rettore: «il competence center non è un centro di ricerca avanzata che produce nuovi risultati sulla frontiera della tecnologia. E’ una struttura che mette a disposizione delle imprese le comoetenze. Noi facciamo già ricerca avanzata, anche con le grandi aziende. Il competence center fa da front end a tutto questo».
Le aziende partner mettono a disposizione le strutture, per quanto possibile. I laboratori congiunti con le imprese in genere prevedono una parte non open (a tutela dei propri brevetti e proprietà intellettuali), e una parte che invece si apre ad altre strutture. Per continuare con l’esempio prima proposto, una PMI che si rivolge al competence center non vedrà il prototipo del motore dell’aereo su cui sta lavorando GE, ma potrà magari avere a disposizione per un certo tempo il macchinario che viene utilizzato per realizzare il motore dell’aereo.
Gilli condivide il piano industria 4.0, «primo esempio di politica industriale del paese», sul quale «ci giochiamo la nostra competitività. Siamo ancora il secondo produttore europeo di manifattura, ma siamo in un momento di grande discontinuità. Le nuove tecnologie, con tempi difficili da prevedere, stanno già rivoluzionando e rivoluzioneranno completamente il mondo dell’industria». E qui, «o siamo in grado di stare dietro all’evoluzione e restiamo competitivi, oppure perdiamo il treno. Il piano ha recepito questa urgenza. Ora bisogna fare in fretta»
Il rettore si definisce «abbastanza ottimista. Nel nostro territorio, dopo la crisi, le imprese che sono sopravvissute hanno investito molto in innovazione. Non solo le grandi aziende, è da tempo che ci stiamo interfacciando con la PMI che cercano le università per fare progetti di innovazione», assumono ingegneri, piuttosto che dottorati in alto apprendistato. «L’innovazione si fa con le persone, con i loro legami e le loro relazioni. Vedo una forte tensione in questo senso da parte della nostra industria, consapevole della trasformazione in corso». Certo, ci vogliono ancora sforzi da parte di tutti, anche (e forse in primis) sul fronte pubblico: «mancano ancora investimenti pubblici. Pensiamo alla Silicon Valley, ha avuto molti investimenti pubblici. Industria 4.0 li sta facendo» ma, ad esempio, sui competence center 4.0, i fondi sono relativamente scarsi. Di fatto, questi poli di innovazione dovranno finanziarsi da soli. E’ vero che queste strutture, se partono, poi sono in grado di generare finanziamenti, ad esempio europei, o regionale, avviando un processo virtuoso.