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L’era della “hyper personalization”: perché le persone vogliono esperienze su misura



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L’era della hyper personalization: una ricerca McKinsey sostiene che il 71% degli utenti desiderano esperienze d’uso tagliate su misura. Cosa sono queste esperienze, di cosa devono tenere conto e con quali tecnologie possono essere approntate

Pubblicato il 7 dic 2023

Giuditta Mosca

Giornalista, esperta di tecnologia



hyper personalization
(Immagine: https://unsplash.com/@mikofilm)

La personalizzazione entra in una nuova epoca, chiamata Hyper personalization, che induce le aziende a creare esperienze fatte su misura per ogni cliente.

Non si tratta soltanto di mettere in atto esperienze uniche e accattivanti ma, al suo interno, la hyper personalization consente di abbattere i costi pubblicitari e quelli di acquisizione dei clienti.

Una filosofia innovativa che si dimostra essere un contenitore al cui interno si annidano opportunità e insidie. Come vedremo, il 71% dei consumatori desidera un’esperienza di acquisto unica e che li faccia sentire parte integrante del processo che li induce a scegliere per uno o per l’altro prodotto.

Cos’è l’hyper personalization

È la capacità di offrire ai clienti esperienze basate sull’analisi dei dati in tempo reale. È, quindi, qualcosa in più del classico concetto di personalizzazione delle esperienze d’acquisto, perché va ben oltre la raccolta delle informazioni di base del potenziale acquirente e si avvale dell’analisi predittiva per anticiparne esigenze e preferenze.

A complicare le cose interviene la necessità che l’hyper personalization sia messa a disposizione dei clienti a prescindere dal canale di acquisto scelto e ciò esige che le aziende sfruttino ogni possibilità per la raccolta dei dati e che, cosa ben più complessa, ne sappiano fare buon uso.

Per spiegare meglio il concetto ricorriamo a due esempi di aziende note, Netflix e Nike. Esempi che mostrano un’applicazione diversa dell’hyper personalization e che aiutano a farne comprendere genesi e possibilità.

Netflix, azienda che si distingue per l’elevato livello di personalizzazione che offre ai propri utenti, fa un uso approfondito dei dati e da ciò derivano diverse filosofie. Da una parte è in grado di raccomandare contenuti video ai singoli spettatori in base ai loro gusti e, più in profondità, è capace di usare i dati raccolti per creare serie tv originali che incontrano il favore delle platee. Tra queste spicca House of Cards, esperimento che ha fatto da rompighiaccio.

Entrando nella vendita di prodotti fisici e tornando indietro nel tempo al 1999 – quando ancora l’hyper personalization era agli albori – Nike ha varato il programma NikeID che consentiva ai clienti di personalizzare l’abbigliamento sportivo desiderato. Un esperimento che oggi risulta essere un po’ naïf ma che, forse in modo involontario, ha contribuito a gettare le base dell’esperienza di acquisto unica.

L’hyper personalization si rivolge quindi tanto agli utenti (coloro che acquistano servizi) quanto ai clienti di prodotti fisici ed è un terreno fertile sempre più caro all’industria.

I vantaggi dell’hyper personalization

La multinazionale delle consulenze McKinsey ha pubblicato un’analisi secondo la quale, come anticipato, il 71% del campione esige un’esperienza d’acquisto fatta su misura e, dato parimenti interessante, il 76% prova frustrazione quando non riesce a goderne.

I vantaggi, tuttavia, non si fermano soltanto alle vendite e alla soddisfazione dei clienti ma si estendono ai costi di acquisizione della clientela, che possono dimezzarsi, e all’aumento dei ritorni degli investimenti in marketing fino al 30%.

La personalizzazione su larga scala, e questo vantaggio è superiore a tutti gli altri, obbliga le imprese ad avere un’elevata consapevolezza della digitalizzazione e delle potenzialità dell’Intelligenza artificiale, proprio perché l’hyper personalization vive di raccolta di dati e di analisi in tempo reale.

L’hyper personalization e l’Intelligenza artificiale

Per leggere, comprendere e prevedere le esigenze dei clienti servono l’Intelligenza artificiale (AI) e, in particolare, il Machine learning (ML) e l’analisi predittiva. Un lavoro suddiviso in quattro fasi:

  • raccolta dati: avviene collezionando informazioni provenienti dai comportamenti online delle persone, dalle loro interazioni sociali e anche grazie agli acquisti che sono solite fare (le carte fedeltà rivestono un ruolo fondamentale)
  • analisi dei dati: si arriva all’individuazione dei modelli comportamentali e delle tendenze delle persone le quali, e questo è un grado di difficoltà superiore, devono essere impiegate in tempo reale
  • personalizzazione in tempo reale: le analisi producono azioni rapide e precise, sistemi di recommendation evoluti che devono centrare i gusti dei clienti e, se possibile, persino sorprenderli. Consentire il suggerimento di prodotti o servizi pertinenti alle loro aspettative, la personalizzazione degli acquisti e, non da ultimo, l’invio di messaggi di marketing particolarmente mirati
  • machine learning: la capacità di affinare la personalizzazione è un cantiere sempre aperto, non ha fine e non conosce sosta perché le aspettative e i gusti dei clienti sono mutevoli.

Il risultato finale è tagliato su misura e si applica a ogni cliente o utente travalicando il concetto di macro categorie. Ogni singolo è un sé distinto.

Le sfide dell’hyper personalization

Le sfide sono di ordine operativo e legale. Le prime, in particolare, possono essere superate grazie alla cultura digitale e all’adozione delle tecnologie opportune. Tra queste figurano:

  • la capacità di integrare dati: l’hyper-personalization richiede dati provenienti da diverse fonti e questo impone alle imprese di essere in grado di gestirne la completezza, la coerenza e la qualità
  • la personalizzazione in tempo reale: attività che necessita di un’organizzazione flessibile e proattiva e che deve essere coordinata da una leadership capace. Non si tratta soltanto di raccogliere e prevedere le preferenze dei clienti, ma anche di accoglierne i feedback, soprattutto quelli meno positivi, e di adeguarsi in modo immediato alle circostanze
  • l’etica: poiché l’hyper-personalization richiede processi decisionali automatizzati occorre che vengano rispettati gli aspetti etici e sociali al fine di creare discriminazione. Le politiche di trasparenza, oltre a essere premianti agli occhi del mercato, devono essere al centro delle strategie aziendali.

Ci sono poi sfide di carattere più pratico e, tra queste, rientrano a pieno titolo quelle della privacy e della sicurezza.

La privacy e la sicurezza dell’hyper personalization

La raccolta e l’analisi dei dati si estende anche a quelle informazioni potenzialmente sensibili. Il rispetto del GDPR diventa quindi fondamentale ma, andando un pochino più in profondità, il consenso con cui gli utenti autorizzano la raccolta e l’uso dei propri dati, non è sufficiente. Occorre infatti dare spazio ai regolamenti vigenti in modo trasparente, perché gli utenti devono sapere come verranno usati i rispettivi dati.

Le imprese devono impegnarsi, nero su bianco, ad adoperare in modo responsabile le informazioni che trattano, specificando in modo chiaro sia i limiti oltre i quali non si spingeranno sia, parallelamente, quali misure attueranno per proteggere i dati di cui sono in possesso.

L’hyper personalization, nonostante alcune forme arcaiche che, come nel caso di Nike, risalgono al secolo scorso, è una disciplina ancora tutta da scoprire e dotata di un potenziale a tendere: per dare il meglio di sé deve essere condotta in modo serio e appropriato.

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