tecnologie e geopolitica

5G, le scelte dei Paesi Ue per bilanciare competitività e sicurezza

Col mercato dell’offerta di apparecchiature ristretto a 3-4 vendor, la necessità di compatibilità tra apparecchiature 4G e 5G e l’evoluzione delle normative volta alla restrizione del mercato per ragioni geopolitiche rischiano di determinare uno stallo nello sviluppo del 5G in Europa. Lo stato dell’arte in Ue e Italia

Pubblicato il 05 Gen 2021

Lorenzo Principali

direttore Area Digitale di I-Com

Domenico Salerno

direttore Area Digitale dell’Istituto per la Competitività (I-Com)

Il lockdown determinato dalla pandemia di Covid-19 ha reso più evidente il ruolo nevralgico svolto dalle reti di comunicazione. Nella fase di quarantena le reti hanno permesso a milioni di persone di lavorare, studiare, fare acquisti e mantenere i propri contatti sociali nonostante le restrizioni domiciliari. Malgrado la resilienza mostrata dalle reti mobili italiane nei momenti nevralgici della crisi pandemica è necessario non rallentare lo sforzo in termini di investimenti, soprattutto in ottica 5G, tenendo in considerazione eventuali ulteriori picchi di traffico derivanti da limitazioni aggiuntive della mobilità dei cittadini.

L’infrastrutturazione delle nuove reti può infatti giocare un ruolo fondamentale nel contenimento della contrazione del PIL e nella auspicabile ripresa nazionale dopo il crollo dovuto al Covid-19, le limitazioni che ne sono conseguite e che ne potrebbero ulteriormente derivare. Attenzione particolare deve essere riservata al tema della sicurezza delle reti, che a sua volta coinvolge ben note questioni geopolitiche, con riferimento particolare alle aziende cinese e agli attriti tra gli Usa e Pechino, che hanno causato effetti a catena anche in Europa. Vediamo allora come i Governi europei stanno facendo fronte a tutte le questioni legate allo sviluppo in sicurezza di un’infrastruttura chiave come il 5G.

Gli investimenti in 5G e il nodo sicurezza

L’infrastrutturazione della rete 5G, oltre ad essere un fattore abilitante per numerose nuove tecnologie, può rappresentare un importantissimo volano per l’economia anche grazie agli importanti investimenti necessari per la sua implementazione. Una stima del fabbisogno complessivo necessario in Europa per l’ammodernamento delle esistenti reti e l’implementazione delle nuove è stata effettuato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) nella ricerca dal titolo “Il 5G per rilanciare l’Italia in sicurezza” incrociando dati della Commissione europea e di GSMA. Dall’analisi sono emersi due scenari che dipendono dalle decisioni politiche riguardanti la tutela della sicurezza delle reti e, in particolare, l’utilizzo delle apparecchiature prodotte da vendor extra-europei. In totale, gli investimenti necessari per l’implementazione delle reti 5G in Europa sono stimati in 535 miliardi di euro in caso di partecipazione dei fornitori extra-europei e in 590 miliardi in caso di esclusione degli stessi. Una forbice di 55 miliardi che sottolinea l’importanza di valutare in modo appropriato il trade-off tra costi e benefici che gli interventi normativi in tema di cyber sicurezza potrebbero determinare nella competitività tecnologica dei Paesi europei.

La tutela della sicurezza delle reti nei maggiori Paesi europei

Osservando l’orientamento nei principali Stati europei emerge come, nell’approccio alla sicurezza delle reti di telecomunicazione e del 5G, siano stati generalmente tenuti in considerazione due principi:

  • la necessità di non mettere a rischio la realizzabilità di progetti ritenuti essenziali per lo sviluppo delle nuove tecnologie,
  • la tutela dei principi economici e commerciali praticati in Italia e nel mondo occidentale.

Fino a pochi mesi fa risultava che quasi tutti i Paesi impegnati nel rafforzamento delle proprie misure di sicurezza e di vigilanza non avessero imposto esclusioni ex-ante rispetto all’ingresso di soggetti extraeuropei nello sviluppo e nella fornitura di prodotti e servizi relativi alle reti 5G. Le circostanze sono tuttavia mutate a causa delle pressioni provenienti dagli USA sui Paesi dell’alleanza NATO, determinando un maggiore irrigidimento di diversi Governi. La Gran Bretagna, in particolare, lo scorso luglio ha ufficializzato la decisione di escludere Huawei dalle forniture per la nuova rete 5G del Paese sottoscritte dal 31 dicembre 2020. Nella stessa direzione si è mosso anche il Belgio, la cui capitale, essendo sede dei quartieri generali della NATO e dell’Unione Europea, è considerata strategicamente importante dagli Stati Uniti. Gli operatori belgi Orange e Proximus hanno infatti affidato la costruzione della rete 5G alla compagnia finlandese Nokia, di fatto escludendo i rivali asiatici.

Attualmente, nei quattro maggiori Paesi europei oltre all’Italia si rilevano approcci differenti: diversificazione e restrizione dell’accesso alla rete agli operatori extra-europei in Gran Bretagna; approccio caso per caso in Francia; rafforzamento dei poteri del Governo in Spagna; rafforzamento della protezione di investimenti ed acquisti esterni nelle aziende tecnologiche e approvazione di dettagliati criteri di sicurezza validi per tutti gli operatori in Germania.

La situazione italiana

Se dal punto di vista della roadmap tracciata dall’Action Plan l’Italia si posiziona tra i primi in Europa, avendo già completato le procedure di assegnazione delle frequenze destinate al 5G, più complesso si sta rivelando il processo di composizione del quadro normativo a garanzia della sicurezza delle reti 5G.

Con il Decreto Brexit il Governo ha infatti esteso l’ambito applicativo dei poteri speciali (il “golden power”) alle reti 5G. Questa mossa ha aperto la strada a possibili interventi governativi nella limitazione delle forniture di apparecchiature di vendor extra-europei, obbligando gli operatori a notificare gli accordi per l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti 5G che vedano coinvolti soggetti esterni all’Unione europea.

Il 21 settembre 2019 è stato varato il decreto legge numero 105/2019, convertito con la legge numero 133/2019, recante disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, con il quale è stato istituito il perimetro di sicurezza nazionale cibernetica. Si tratta di un decreto che delinea un percorso attuativo frazionato con scadenze temporali diversificate attraverso quattro decreti del Presidente del Consiglio dei ministri ed un regolamento atti a stabilire, tra l’altro, le modalità e i criteri procedurali di individuazione dei soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica. Il primo DPCM (il n. 131 del 30 luglio 2020) è intervenuto su quattro punti fondamentali:

  • la definizione delle le modalità e i criteri procedurali di individuazione dei soggetti (pa, enti e operatori pubblici e privati) inclusi nel perimetro;
  • la declinazione dei criteri con i quali i soggetti inclusi nel perimetro predispongono e aggiornano l’elenco delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici;
  • l’attribuzione al Centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN) del potere di effettuare verifiche preliminari ed imporre condizioni e test di hardware e software;
  • l’istituzione di un Tavolo interministeriale per l’attuazione del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica con funzioni di supporto del CISR

Complice l’emergenza sanitaria, il primo decreto è stato pubblicato con un ritardo di circa 7 mesi, mentre lo schema di regolamento sull’attività di CVCV e CV è ancora in fase embrionale. E’ quindi prioritario stringere i tempi per dissipare il clima di generale incertezza che rischia di impattare negativamente su investimenti e sviluppo delle reti 5G, mettendo a repentaglio la posizione d’avanguardia faticosamente guadagnata dal nostro Paese.

L’approccio tedesco alla sicurezza delle reti

A febbraio 2020, il Governo tedesco ha avallato un position paper che raccomanda regole più severe per i vendor extra-UE. Nello specifico viene consigliato l’utilizzo di un approccio multivendor e l’applicazione di criteri di sicurezza particolarmente stringenti per i componenti sensibili della rete.

L’Agenzia Federale per le Reti (BNetzA) ha pubblicato nel 2019 un documento contenente i principi chiave per il prossimo aggiornamento dei requisiti di sicurezza delle reti di telecomunicazioni. Le linee guida sono state sviluppate in accordo con l’Ufficio federale per la sicurezza delle informazioni (BSI) e il Commissario federale per la protezione dei dati e la libertà di informazione (BfDI). In sintesi, il documento prevede che le componenti della rete debbano essere acquistate solo da fornitori affidabili e sottoposte a test preventivi di sicurezza nonché a monitoraggi regolari. Viene inoltre espressamente consigliato agli operatori di evitare di affidarsi ad un unico vendor per l’infrastrutturazione dell’intera rete. Al fine di dare valenza legale a questi requisiti, il Governo Federale intende inserirli nella prossima modifica della sezione 109 della legge sulle telecomunicazioni.

La Cancelliera Angela Merkel, intervistata dal Financial Times il 1° ottobre 2020, ha affermato che il Governo tedesco starebbe preparando un progetto di legge con l’obiettivo di limitare l’utilizzo di componenti di vendor extra-europei nelle reti nazionali 5G. In questo modo la Germania eviterebbe un divieto assoluto per Huawei e ZTE ma, contemporaneamente, creerebbe ostacoli burocratici che potrebbero rivelarsi insormontabili per le aziende cinesi. Secondo le stime di Deutsche Telekom, Telefonica e Vodafone, una tale decisione non solo creerebbe difficoltà all’adeguamento e all’integrazione della nuova rete 5G sui già esistenti sistemi 4G, ma causerebbe anche un importante incremento dei costi.

La tutela della sicurezza delle reti in Francia

Il Primo Ministro francese Emmanuel Macron, dopo un meeting con il Ministro degli Esteri francese, ha dichiarato che la Francia non escluderà i vendor extra-europei dal suo network 5G. Per acquistare apparecchiature 5G le telco dovranno però richiedere l’autorizzazione del Governo, che si riserva la possibilità di valutare caso per caso. Guillaume Poupard, direttore generale dell’Agenzia nazionale della sicurezza dei sistemi di informazione (Anssi), ha espresso la necessità di sviluppare il 5G in condizioni economiche accettabili per gli operatori di telecomunicazioni, senza essere dipendenti da nessun fornitore specifico. Per gli operatori di rete che stanno già utilizzando apparecchiature di vendor extra-europei, la Francia ha deciso momentaneamente di concedere autorizzazioni per periodi che variano tra i tre e gli otto anni. La decisione del Governo francese sulle apparecchiature dei fornitori extra-europei risulta cruciale in particolar modo per Bouygues Telecom e SFR, due dei quattro operatori di telecomunicazioni del Paese, in quanto circa la metà della loro attuale rete mobile è affidata a fornitori asiatici.

Le strategie della Spagna

Anche in Spagna sono state recentemente approvate delle norme volte a garantire al Governo il potere di intervenire sullo sviluppo delle reti 5G in territorio spagnolo. Il Regio decreto legislativo 14/2019 ha introdotto nella Legge sulle Telecomunicazioni della Spagna alcune misure a tutela della pubblica sicurezza in materia di amministrazione digitale, appalti del settore pubblico e telecomunicazioni. In particolare, la rettifica all’articolo 6 ha conferito al Governo, su base eccezionale e transitoria, poteri di intervento speciali su qualsiasi infrastruttura, risorsa o elemento associato alle reti e ai servizi di comunicazione elettronica nel caso si verifichino circostanze che possono incidere sull’ordine pubblico e sulla sicurezza nazionale.

Le Pubbliche Amministrazioni spagnole devono inoltre informare il Ministero dell’Economia e degli Affari dell’avviamento di qualsiasi progetto per l’installazione di nuove infrastrutture di rete. All’interno del Paese non ci sono soggetti politici di rilievo che propendono per l’esclusione di vendor extra-europei ma, vista l’importanza strategica che avrà il 5G, l’Amministrazione ha comunque deciso di avviare una consultazione pubblica con l’obiettivo di elaborare una norma che contenga requisiti di sicurezza specifici per le reti di quinta generazione.

Con la presentazione del piano di investimenti per il rilancio dell’economia a seguito della pandemia globale, il Governo spagnolo ha dichiarato l’obiettivo di una copertura 5G per il 75% del territorio nazionale entro fine 2020. Per la realizzazione della nuova rete, il Governo spagnolo non escluderà le compagnie extraeuropee, e, al contrario, ha dichiarato di voler fare affidamento sia su di esse che su diversi provider europei e americani.

Il caso Regno Unito

Il Regno Unito è uno dei Paesi più all’avanguardia nell’individuazione degli standard di sicurezza delle reti di telecomunicazioni. Dal 2010 il governo britannico ha istituito insieme a Huawei un centro indipendente di verifica dei prodotti del provider cinese, il Huawei Cyber Security Evaluation Centre (HC-SEC), all’interno del quale operano insieme dipendenti dell’azienda e personale dell’intelligence britannica.

A luglio 2020 però il National Cyber Security Center (NCSC) ha disposto la rimozione di Huawei dalla rete 5G nazionale entro il 2027, oltre ad un divieto sull’acquisto di nuove tecnologie del vendor dopo il 31 dicembre 2020. La decisione è tesa a migliorare sostanzialmente la sicurezza e la resilienza delle reti UK e si pone come conclusione della revisione della supply chain delle telecomunicazioni, pubblicata per la prima volta nel luglio 2019.

Dal punto di vista economico, un report di Assembly ha calcolato che una decisione di tale portata potrebbe determinare perdite fino a 18,2 miliardi di sterline. Nel rapporto si evidenzia anche come il divieto influenzerebbe l’attuale vantaggio competitivo del Regno Unito nella leadership sul 5G. Queste conclusioni si basano sulle stime, effettuate dallo stesso Governo britannico, relative ad un ritardo fino a 3 anni per l’implementazione della rete 5G come conseguenza al divieto.

Il Ministro del Digitale, Matt Warman, in una dichiarazione datata settembre 2020, ha affermato che la rimozione di Huawei dall’infrastruttura 5G del Regno Unito, pur fornendo nuove opportunità, causerà anche un “grande fattore di fastidio” per il governo, che dovrà anche evitare che il nuovo assetto finisca per favorire un ridotto numero di vendor. Tuttavia, è stato anche stimato che un “reset” di questo tipo potrebbe aiutare altri vendor che fino a questo momento non hanno avuto modo di competere per via degli accordi pluriennali già stipulati tra gli operatori di rete e i vendor di maggiori dimensioni.

D’altro canto, Vodafone e British Telecom (BT) hanno dichiarato che i propri consumatori potrebbero incorrere in problemi di connessione se non verrà fornito abbastanza tempo per l’annunciata transizione. Secondo fonti interne a Vodafone, per implementare la parte core della rete 5G senza la componentistica fornita da Huawei, la telco dovrà sostenere una spesa aggiuntiva di 200 milioni di sterline. BT ha invece dichiarato che la decisione della Gran Bretagna di limitare il coinvolgimento di Huawei farà aumentare il costo del suo piano di sviluppo di circa 500 milioni di sterline. L’ingente esborso deriva dall’acquisto da parte dell’azienda di EE nel 2016, altro operatore di primo piano nel Paese, che ha realizzato l’intera infrastruttura 4G utilizzando apparecchiature Huawei e ha iniziato il roll-out del 5G con lo stesso vendor.

Le scelte di fornitura dei maggiori operatori mobili europei

Analizzando le scelte degli operatori dei maggiori Paesi europei relative alla fornitura di apparecchiature di rete 5G, appare opportuno fare una serie di considerazioni.

In primo luogo, per gli operatori di rete l’upgrade al 5G non può essere considerato come un nice-to-have. Infatti, nei limiti della disponibilità di frequenze per il nuovo standard, l’upgrade si configura come un must-have che nessun operatore, se vuole rimanere competitivo, può permettersi di non avere.

In secondo luogo, osservando il trend e i risultati relativi alla sottoscrizione degli accordi a livello mondiale, emerge come il mercato si mantenga piuttosto ristretto e, con particolare riferimento all’Europa, la scelta sia confinata a tre operatori principali: Huawei, Ericsson e Nokia.

In terzo luogo, si osserva come, in particolare nelle reti mobili, le posizioni di mercato siano direttamente collegate alla compatibilità delle apparecchiature: per evitare problemi di interoperabilità, un operatore che intenda cambiare fornitore per l’upgrade della rete al 5G dovrebbe aggiornare con le apparecchiature del nuovo fornitore anche la propria rete 4G già esistente. A conferma di ciò, la mappa degli accordi per il 5G degli operatori di rete dei maggiori Paesi europei mostra la generale tendenza al rinnovo degli accordi con il precedente fornitore, salvo che per due motivazioni principali: diversificazione della fornitura o ragioni regolamentari.

In definitiva, dunque, si osserva come il mercato dell’offerta di apparecchiature 5G ristretto a 3-4 fornitori, la necessità di compatibilità tra apparecchiature (e quindi fornitori) 4G e 5G e l’evoluzione delle normative tendente ad un’ulteriore restrizione del mercato dell’offerta per ragioni geopolitiche determinino una situazione di stallo o rallentamento nelle operazioni di infrastrutturazione che rischia di avere a sua volta effettivi negativi in termini di minore sviluppo tecnologico e ritardati (e probabilmente anche minori) benefici economici derivanti dalla rivoluzione 5G.

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