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Bando per il 5G: perché interviene lo Stato e quali sono i nodi da sciogliere

Dopo il bando per il Piano 1Giga, è il momento del bando 5G che finanzierà le telecomunicazioni mobili con risorse pubbliche: gli obiettivi comunitari, i rilievi della Corte dei conti europea, i dettagli del piano strategico 5G, il precedente del bando spagnolo, le criticità da affrontare

Pubblicato il 16 Feb 2022

bando 5G

Due miliardi di euro per le reti 5G su 6,7 miliardi di investimenti: dopo il bando per il Piano 1 Giga, è il momento della gara che finanzierà per la prima volta le reti di telecomunicazioni mobili con risorse pubbliche.

La strategia per le reti ultraveloci del Piano Italia Digitale 2026 si fonda infatti su due pilastri: l’infrastruttura di rete fissa, a garantire la piena copertura ad almeno 1 Gbit/s, e l’infrastruttura mobile.

È opportuno ricordare che gli operatori mobili hanno speso 6,6 miliardi di euro per le frequenze e, oltre al pagamento, si sono impegnati a rispettare l’obbligo di copertura del 99,4% della popolazione entro cinque anni dalla disponibilità delle frequenze a 700 MHz (da liberare a metà del 2022).

Il 5G per la ripresa italiana: portata e innovazioni delle nuove reti

Bando per il 5G: il vantaggio dell’Italia e i rilievi della Corte dei conti europea

L’Unione Europea ha fissato degli obiettivi comunitari in merito alla copertura delle reti 5G: entro il 2025 il raggiungimento delle aree urbane e dei principali assi di trasporto, entro il 2030 di tutte le zone abitate.

Ma la Corte dei conti europea ha avanzato dei rilievi sul dispiegamento delle reti 5G rispetto a questi obiettivi: un dispiegamento che presenta luci e ombre, anche tralasciando le preoccupazioni in materia di sicurezza delle reti, che rimangono elevate.

Sebbene il lancio commerciale dei servizi sia avvenuto sostanzialmente in tutti i Paesi europei e i piani di azione nazionali siano stati avviati, permane il rischio che la maggior parte degli Stati membri non riesca a rispettare gli obiettivi comunitari, con la creazione di un primo divario rispetto ai Paesi più avanzati già nel 2025, in particolare in termini di peso delle connessioni 5G sul totale delle connessioni mobili (attorno al 35%, contro livelli molto superiori dei paesi asiatici più avanzati e degli Stati Uniti).

Tra i rilievi della Corte dei conti vi è anche l’assenza di un quadro definitorio univoco in materia di qualità dei servizi.

Tuttavia, il posizionamento dell’Italia è decisamente positivo: il Paese è tra gli undici considerati ad “alta probabilità” di raggiungere l’obiettivo 2025 e, verosimilmente, anche quello 2030.

Un vantaggio da difendere.

Perché si parla di “fallimento di mercato” per il 5G

Anche se con ricavi in calo progressivo, le telecomunicazioni mobili sono generalmente considerate come un settore pienamente competitivo e in continua espansione per applicazioni e utilizzo: può quindi stupire sentir parlare di “fallimento di mercato”, che sono le parole magiche per aprire la porta agli aiuti di Stato della Commissione europea.

In realtà, la novità non sta tanto nella copertura di eventuali aree remote, quanto nell’introduzione di obiettivi prestazionali per abilitare servizi ad altissima capacità sull’intero territorio e nei diversi possibili ambiti di utilizzo.

Per questo motivo, il piano Italia 5G fissa l’obiettivo del salto di qualità nella velocità di trasmissione, in condizioni di punta, di almeno 150 Mbit/s in download e 50 Mbit/s in upload, che è la soglia fissata dalle linee guida europee del BEREC per le reti ad altissima capacità (VHCN – Very High Capacity Network).

Per memoria, si tratta di valori molti simili a quelli che erano stati gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea 2020 per le reti fisse.

Le aree a fallimento di mercato interessate dagli investimenti pubblici relativi al Piano Italia 5G comprendono i tre ambiti oggetto della strategia: ossia i “Corridoi 5G”, le “Strade extra-urbane predisposte per il 5G” e le “Aree mobili 5G a fallimento di mercato”. Verso la Gigabit Society.

Bando per il 5G: cosa prevede il piano al 2026

Il Piano 5G prevede due linee di intervento pubblico a supporto dell’iniziativa privata entro il 2026: la realizzazione di rilegamenti di backhauling (infrastrutture e apparati) in fibra ottica per le stazioni radio base che ne sono prive; il sostegno alla realizzazione di nuove infrastrutture di rete (nuovi siti) per la fornitura di servizi radiomobili con le prestazioni 150/50 Mbit/s in download/upload in aree caratterizzate da velocità in download inferiori a 30 Mbit/s.

L’identificazione delle aree di intervento è stata effettuata sulla base delle linee guida e delle definizioni comunitarie: l’unità di misura non è più la popolazione o le unità immobiliari e i civici, ma diventano i “pixel”, le aree di dimensione 100×100 metri (30 milioni di pixel per coprire l’intero Paese).

L’analisi dei piani di investimento dei quattro operatori mobili infrastrutturati ha portato ad individuare puntualmente i siti che al 2026 non dovrebbero essere raggiunti da collegamenti di backhauling in fibra ottica.

Escludendo i siti che sono già oggetto degli interventi del concessionario pubblico Open Fiber nell’ambito del Piano Aree Bianche avviato nel 2016, oppure dei piani privati e pubblici per le reti fisse, rimangono circa 18.600 stazioni radio base da collegare, che corrispondono a circa 13.200 siti distinti.

Allo stesso tempo, la mappatura ha identificato i pixel che necessitano di interventi per il salto di qualità prestazionale e che riguardano circa il 15% del territorio nazionale, all’interno dei quali ricadono aree nelle quali è presente l’1,6% della popolazione e aree che interessano vie di trasporto terrestri quali strade e ferrovie.

In linea con le più recenti misure di intervento, il modello prescelto sarà sicuramente quello ad incentivo (gap funding) che si presta maggiormente ad integrare le infrastrutture e i piani in corso di realizzazione.

Nel caso del backhauling, l’esistenza nelle prossimità delle aree di intervento di reti pubbliche in fibra si presterebbe all’utilizzo, almeno parziale, anche del modello ad intervento diretto da parte dello Stato, ma la gestione di modelli ibridi porterebbe ad aggiungere ulteriore complessità all’interno di un progetto che sarà già estremamente complesso.

Bando per il 5G: il precedente spagnolo

Nell’alveo degli aiuti di Stato, il punto di vista dell’Unione Europea è fondamentale, a maggior ragione nell’ambito di interventi nel settore delle telecomunicazioni mobili europee, un conclamato caso di successo del mercato per garantire investimenti, innovazione e concorrenza.

Il bando dovrà passare dalla DGComp europea: la recente approvazione del piano spagnolo rappresenta quindi un precedente di assoluta rilevanza.

Il piano spagnolo approvato ricade all’interno del piano di ripresa e resilienza e prevede un finanziamento pubblico di 150 milioni di euro a fondo perduto per la realizzazione di infrastrutture passive che abilitino l’offerta di servizi con prestazioni di almeno 30 Mbit/s in download e 10 Mbit/s in upload, nonché tempi di latenza inferiori o uguali a 100 millisecondi con un cell load del 30%, in aree non coperte dai servizi 4G, ovvero in aree in cui non è prevista la copertura nei prossimi tre anni. La popolazione coinvolta è relativamente ridotta visto che le aree interessate riguardano circa 163.000 abitanti e poco più di 13.000 km di rete stradale.

Rispetto all’Italia, il piano non prevede prestazioni da 5G e da reti ad altissima capacità, ma i problemi da affrontare sono gli stessi: conciliare il mantenimento di un sufficiente level playing field e la minimizzazione della distorsione della concorrenza senza spiazzare gli investimenti privati e senza dimenticare il ruolo degli attori wholesale only, che sta tanto a cuore a Bruxelles.

Per questi motivi, la misura approvata non è utilizzabile per soddisfare gli obblighi di copertura legati all’utilizzo dello spettro radio, così come per intervenire nelle città con oltre 10.000 abitanti e, naturalmente, nelle aree nelle quali è previsto lo sviluppo della rete nei prossimi tre anni.

Per quanto concerne i criteri di aggiudicazione, è previsto che il 70% del punteggio venga attribuito al livello di copertura delle aree interessate.

Gli altri aspetti fondamentali sono: il coinvolgimento degli operatori mobili (verticalmente integrati) e degli operatori di rete (TowerCo); il vincolo del dimensionamento per garantire la copertura da parte di tutti gli operatori mobili (quattro) dotati delle frequenze per la copertura delle aree di interesse, l’impegno di effettiva erogazione dei servizi al dettaglio (mediante almeno un accordo se il vincitore dovesse essere una TowerCo).

In aggiunta, qualora tra i vincitori vi fosse un operatore verticalmente integrato, oltre alla piena disaggregazione dei servizi all’ingrosso dovrà anche essere garantito l’accesso alle componenti attive della rete. Si tratta di un precedente che verrà, tuttavia, sicuramente adattato allo specifico contesto italiano.

Bando per il 5G: i nodi da sciogliere

L’ecosistema italiano presenta una serie di aspetti legati all’assetto competitivo che vale la pena di richiamare e che saranno sicuramente oggetto della “calibratura” del bando 5G delle ultime settimane, nella classica ricerca di un equilibrio tra gli interessi dei diversi stakeholder.

Il dilemma degli operatori wholesale only

Alcuni anni di dibattito sull’importanza degli attori wholesale only nel mercato delle reti fisse e la specificità del ruolo delle TowerCo che gestiscono le infrastrutture passive (tralicci, cavidotti, fibra, locali tecnici e impianti tecnologici) per le reti mobili potrebbe portare alla logica conclusione che siano appunto le TowerCo i protagonisti annunciati delle nuove misure di intervento. Nulla però di meno scontato.

A differenza della rete fissa, dove esiste di norma un unico vero operatore integrato verticalmente su tutto il territorio, nel caso della rete mobili gli attori sono diversi (tipicamente tre o quattro a seconda dei Paesi), aspetto che rende meno forti le preoccupazioni anti-concorrenziali e più pressante la loro candidatura per giocare un ruolo diretto.

La paura delle cattedrali nel deserto

Memori di passate esperienze, è però anche vero che gli interventi puramente infrastrutturali rischiano di condurre alla realizzazione di opere non utilizzate se non nel medio-lungo periodo o che richiedono ulteriori forme di supporto.

Dalla decisione sul caso spagnolo traspare chiaramente questa preoccupazione e la conclusione è che si prospetta un interessante confronto tra TowerCo e operatori mobili verticalmente integrati.

A questo punto l’esito dipenderà fondamentalmente dai requisiti richiesti e dai criteri di valutazione che verranno definiti dalla stazione appaltante.

Il livello di disaggregazione dell’accesso

Il livello di disaggregazione dell’accesso alle nuove infrastrutture è un tema chiave per garantire effetti limitati sul level playing field tra gli attori e la minimizzazione della distorsione della concorrenza, a maggior ragione nel contesto del mobile, dove agiscono diversi operatori con pari livello di infrastrutturazione.

Ad ogni modo, non sarà semplice definire le specifiche di gara su due materie eterogenee come la realizzazione di collegamenti di siti esistenti e la progettazione di nuovi siti, che hanno gradi di libertà sostanzialmente diversi e che possono abilitare servizi all’ingrosso più o meno articolati.

Il cerino della sostenibilità

Un aspetto che di norma non viene preso in considerazione riguarda la sostenibilità in termini di costi di realizzazione delle opere.

Di norma, i partecipanti alle gare presentano un’offerta economica che rispecchia valutazioni tecnico-economiche, ma anche strategiche, consapevoli del fatto che le condizioni economiche diventano poi un vincolo per i partner che si candideranno per la realizzazione delle reti (tipicamente le “imprese di rete”).

L’attuale contesto di scarsità di manodopera rende questo aspetto molto più delicato rispetto al passato, al punto che ci si potrebbe chiedere se non vi possa anche essere un modello di intervento che preveda una prima fase di pianificazione e progettazione neutrale di un intervento efficiente (anche dal punto di vista del rispetto dei vincoli elettromagnetici), per poi assegnare direttamente la realizzazione alle imprese di rete.

Si tratta, naturalmente, di una provocazione, ma in fondo non è molto dissimile, ceteris paribus, da quanto in corso di sperimentazione per la strategia sul Cloud della Pubblica Amministrazione. Si tratta in qualche modo di uno Stato pianificatore, che supera il ruolo di Stato imprenditore o solo visionario. Nessuna paura, comunque, non risulta previsto dal copione…aspettando il bando 5G.

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