Che ruolo gioca il digitale nella crisi greca e soprattutto come potrebbe aiutare il paese a superarla?
Si è parlato della campagna di crowdfunding “Greek Bailout Fund”, lanciata dall’inglese Thom Feeney, con l’ambizioso obiettivo di raccogliere 1 miliardo e 600 milioni di euro per sostenere le casse greche, chiusasi lo scorso 6 luglio, con 1.930.577 euro raccolti. Si è più volte sottolineato il ruolo che potrebbero rivestire i Bitcoin, a seguito delle restrizioni imposte dagli istituti di credito internazionali, col blocco dei bancomat, a cui si è aggiunto quello dei sistemi di pagamento elettronico, come PayPal. Al riguardo si è parlato di un aumento delle transazioni giornaliere realizzate con Bitcoin, ma il dato non convince Sotiris Papantonopoulos, fondatore di Insurance Market e membro dell’Endeavor Network Greece: “Forse qualcuno sta usando i Bitcoin per proteggere i propri patrimoni, ma sono in pochi. La maggior parte dei greci è avversa ai cambiamenti e alle innovazioni, non si fidano, tendono ad associare la nuove tecnologie in generale e i Bitcoin nello specifico, agli hacker; c’è molto scetticismo”.

Altri due dati che emergono dal Report DESI e che offrono una significativa panoramica sulla situazione greca riguardano il commercio elettronico, praticato dal 9% delle imprese, e il settore dei servizi pubblici, dove sono necessari rilevanti miglioramenti per accrescere l’efficienza e contenere la spesa pubblica. “Eppure i costi degli strumenti per digitalizzare i servizi governativi sono sempre meno cari – sottolinea Sotiris Papantonopoulos –. Negli ultimi dieci anni i costi si sono ridotti di almeno 10 volte, molti servizi sono disponibili su open platform. Nel 2010 il governo Papandreu ha provato a intraprendere, seppur molto lentamente, la strada del digitale, poi si è fermato tutto. Oggi i cittadini greci non hanno alcun accesso ai dati e alle informazioni del governo e degli enti pubblici”.
Quello che manca principalmente, ascoltando le voci di chi quotidianamente si scontra col problema, è una visione del digitale come infrastruttura, che può modificare e migliorare tutti i settori dell’economia e della pubblica amministrazione. “Il digitale è importante per i pagamenti digitali e per sostenere l’e-commerce, che sarebbero preziose risorse in questo momento – spiega Socratis Ploussas –. Ma anche in altri ambiti meno evidenti, penso alle possibilità di valutare e aumentare la produttività nella produzione e nella logistica, campi dove la diffusione del digitale è molto bassa; penso ai servizi pubblici, come la sanità e l’istruzione, dove sarebbe prezioso per colmare la distanza, soprattutto con le isole: l’e-learning e la telemedicina sarebbero un’ottima soluzione, in termini di efficienza e di risparmio. Penso anche all’e-taxation, che ha iniziato a svilupparsi, ma c’è ancora molto da migliorare. In generale, in tutti gli aspetti della vita la penetrazione del digitale in Grecia è molto bassa, svilupparne la diffusione, soprattutto in questo momento, sarebbe di grande aiuto”.
In questa direzione, non è particolarmente ottimista Sotiris Papantonopoulos: “Non si è mai sviluppato un dibattito pubblico sui temi del digitale. I politici mi sembrano intenzionati a creare un sistema non trasparente, perché quando diventi trasparente è possibile valutare l’operato, i costi e le performance. Oggi dal punto di vista tecnologico siamo nel 1980”. Ciò nonostante, Papantonopoulos ha deciso di provare a spendersi in prima persona per cercare una strada verso una rivoluzione digitale, assieme all’Università di Economia di Atene: “Lavoriamo su tre filoni: da una parte stiamo cercando di fare una fotografia della situazione attuale in Grecia, inoltre cerchiamo esempi e buone pratiche a livello internazionale, focalizzando l’attenzione su 6 o 7 aree tematiche principali: sanità, istruzione, tassazione, ecc. Infine vogliamo provare a capire come possiamo replicare nel nostro paese quelle esperienze. Contiamo di finire il nostro lavoro entro settembre, a quel punto sottoporremo i risultati al dibattito pubblico e spingeremo per la nomina di un digital champion”. Il paese a cui si guarda con maggiore attenzione è l’Estonia, oggi uno dei modelli di riferimento a livello europeo, simile alla Grecia per quanto riguarda la dispersione della popolazione sul territorio. “Anche per quanto riguarda i privati e le imprese, puntare al digitale è l’unica via per creare lavori più professionalizzanti e sostenere l’imprenditorialità”, commenta Papantonopoulos.
In tema di sostegno alle imprese e alle startup – settore che negli ultimi anni aveva fatto segnare numeri incoraggianti, ma oggi in difficoltà – sottolinea l’importanza del digitale anche Socratis Ploussas: “Mi occupo di Equity Crowdfunding, quindi uso gli strumenti digitali per raccogliere fondi a sostegno delle startup greche. Ora che le banche hanno chiuso i rubinetti e i fondi strutturali dell’Unione Europea saranno limitati, questa sarà la strada fondamentale per finanziare le imprese greche. Il nostro obiettivo è quello di sostenere l’imprenditorialità, elemento fondamentale soprattutto in momenti di crisi; anche il governo e l’Unione Europea dovrebbero fornire supporto e motivazioni affinché possano nascere nuove imprese e riescano a sopravvivere senza troppe difficoltà”.
“Io lavoro in ambito assicurativo – aggiunge Sotiris Papantonopoulos –. Avendo fatto un’analisi delle modalità operative delle agenzie di assicurazioni in Grecia, mi sono reso conto che non è possibile stipulare assicurazioni online. Magari si prendono i primi contatti via Internet, si comunica via e-mail, poi in ogni agenzia ci sono almeno 5 persone che si occupano di imbustare i contratti per inviarli ai clienti. Se riuscissimo a digitalizzare il processo, potremmo riprofessionalizzare quelle persone e impiegarle in mansioni più utili. Qui in Grecia abbiamo un buon capitale umano, con buoni livelli di scolarizzazione e buona preparazione e poi si trovano a imbustare lettere”.
Tornando ai rapporti con la Pubblica Amministrazione, non ci sono servizi digitalizzati, per qualsiasi pratica è necessario recarsi presso gli uffici pubblici, affinché un funzionario autentichi la firma del richiedente, nonostante la firma digitale sia stata introdotta per legge nel 2001.

Su un punto sono assolutamente d’accordo Socratis Ploussas e Sotiris Papantonopoulos: “La Grecia deve restare nell’Unione Europea e l’Europa dovrebbe da un lato sostenerci nella creazione di un governo digitale, dall’altro supportare e non ‘sopprimere’ l’imprenditorialità”.