La riforma costituzionale farà bene al turismo digitale: ecco come

Porre nella Costituzione le condizioni per definire standard e specifiche condivise significa dare un segnale fortissimo, utile a costringere alla pratica del riuso e a operare scelte univoche tra le tante migliori buone pratiche sviluppate dai team informatici regionali

Pubblicato il 16 Feb 2015

Edoardo Colombo

esperto di turismo e innovazione

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Avrà effetti anche sul turismo, per la diffusione dell’ecommerce, booking, ticketing, pagamenti, logistica e fruizione in mobilità, l’emendamento appena passato alla Camera per la riforma costituzionale. E’ quello che modifica dell’art. 117 della Costituzione e con cui lo Stato si attribuisce competenze esclusive in materia di sistemi informativi della PA anche a livello regionale e comunale.

In questo contesto la precedente modifica al Titolo V, che attribuì le competenze esclusiva del settore alle Regioni, ha decisamente fallito.

La parcellizzazione della governance e i feudi digitali, generati anche dai criteri di finanziamento all’innovazione fondati sul modello Smart City, non ha infatti consentito di rispondere adeguatamente alle trasformazioni economico-sociali e tecnologiche.

Ne è derivata una proliferazione di siti, portali, e applicazioni non interoperabili, che hanno condotto alla perdita di competitività, delocalizzazione di profitti e a un generale senso di confusione nel turista che fatica a trovare lo “One Stop Shop” dove accedere all’offerta.

Porre nella Costituzione le condizioni per definire standard e specifiche condivise significa dare un segnale fortissimo, utile a costringere alla pratica del riuso e a operare scelte univoche tra le tante migliori buone pratiche sviluppate dai team informatici regionali.

Il coordinamento delle piattaforme informatiche approvato con questo emendamento pone finalmente le condizioni per la riduzione di duplicazioni, sprechi e inefficienze e va nella direzione di uno Smart Country, che si spera diventi anche Smart Destination.

Nel concreto per il turismo potrebbe essere una vera rivoluzione, valorizzando il percorso già aperto con l’ecosistema digitale E015 di Expo, con la possibilità offerta di interazione con il progetto europeo Tourismlink e la Digital Tourism Platform che verrà presentata a Bruxelles il 27 marzo.

Oggi molte Regioni hanno infatti sviluppato diverse piattaforme di prenotazione dell’offerta ricettiva, con questa riforma si può pensare a un unico cloud nazionale su cui porre tutta la disponibilità in tempo reale.

Occorre invertire il concetto di channel manager che impone agli alberghi di porsi sulle molte piattaforme di commercializzazione e creare un mercato che essendo nazionale riporterebbe le intermediazioni nell’ambito del PIL con un beneficio erariale di enormi proporzioni, in quanto le OTA, Online Travel Agency, fatturano “sul” nostro Paese, ma non “nel” nostro Paese.

Sarebbe un’operazione di “rinazionalizzazione” dove tutti i soggetti pubblici o privati che volessero proporre alla propria base clienti una diversificazione personalizzata di offerta turistica, per target o per cluster, troverebbero gli elementi per moltiplicare le occasioni di commercializzazione del viaggio in Italia.

Il discorso varrebbe anche per l’offerta di fruizione dei beni culturali, della ristorazione e degli eventi dove, come ha dimostrato la recente discussione a proposito di verybello.it , non solo manca una piattaforma condivisa ma manca tra le regioni anche la definizione delle metriche di pubblicazione, oltre naturalmente a chi poi garantisca l’aggiornamento dei dati.

Con l’approccio definito dal nuovo art.117 si potrebbe intervenire semplificando e condividendo i dati anche sulla comunicazione delle presenze alberghiere alle Questure, dove se ci fosse una piattaforma unica, con tutti i naturali filtri sulla privacy, ogni giorno potremmo avere un quadro sinottico preziosissimo di flussi turistici e provenienze, definite per target e per cluster di riferimento.

Un’altra rivoluzione sarebbe la condivisione di protocolli univoci nell’ambito del trasporto pubblico locale, consentendo lo sviluppo di strumenti di pagamento abilitanti per il turista che potrebbe muoversi con applicazioni e smart card interoperabili su tutto il territorio nazionale.

C’è poi il tema del roaming telefonico e soprattutto l’interazione di prossimità dove si potrebbe creare una rete aperta e georeferenziata eleggendo i beacon come lo strumento su cui sviluppare applicazioni per fruire di tutte le informazioni di business intelligence che ne deriverebbero.

Si potrebbe gestire digitalmente e centralmente il Tax Refund, cioè il processo amministrativo per la restituzione dell’IVA ai turisti non comunitari, esercitato oggi da operatori privati che dispongono di informazioni preziosissime sulla capacità di spesa dei turisti che non sono rese pubbliche.

Importante sottolineare che per fare tale operazione viene trattenuta una percentuale così rilevante che da sola potrebbe sostenere tutti i costi di infrastrutturazione tecnologica delle azioni suddette.

Questi auspici sono già stati indicati dettagliatamente nel piano strategico del turismo digitale del TDLab, dove si evidenzia come “l’interoperabilità dei sistemi informativi del turismo massimizza il potenziale valore delle attività di Big Data e data analytics per il settore, tende a salvaguardare il sistema da un crescente rischio di concentrazione e permette agli operatori piccoli una chance di sviluppare intelligenza dai dati del settore” speriamo che grazie anche al segnale politico dato dalla riforma costituzionale verranno fatti propri da istituzioni e imprese.’art

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